Rassegna Stampa

Marzo 2014

Rassegna aggiornata al 20 marzo

L’ASSEMBLEA DELLA RETE

IL DOSSIER APUANE (continua)

IL DOSSIER AEROPORTO

ALTRE NOTIZIE

 

Quel bene di tutti chiamato paesaggio.

maddalena (1)Paolo Maddalena,

Il territorio bene comune degli italiani, 

Donzelli, pp. 210, € 18.

 

Recensione di FRANCESCO ERBANI, La Repubblica, 02 Marzo 2014.

La partita del territorio italiano, del paesaggio e della loro tutela, si gioca tutta intorno a un’espressione latina, ius aedificandi.

Secondo Paolo Maddalena, professore di Diritto romano, poi giudice della Corte dei Conti e, per un decennio, della Corte Costituzionale, se si chiarisse per bene, senza ambiguità, che una cosa è essere proprietari di un suolo altra cosa è aver diritto a farci quel che si vuole, forse per territorio e paesaggio italiano si può immaginare un futuro più sereno. Ma che cosa c’entra lo ius aedificandi?

C’entra, spiega Maddalena in questo saggio di lettura agile (con introduzione di Salvatore Settis), nonostante la mole di sapienza giuridica che vi è riversata, perché un presunto diritto a costruire si ritiene sia connaturato al diritto di proprietà. È una convinzione molto diffusa in Italia: ne è prova il successo di uno degli slogan simbolicamente più efficaci del berlusconismo, “padroni in casa propria”, che ha fatto proseliti sia fra i grandi che fra i piccoli possessori di aree, a dimostrazione che esiste nel nostro paese un nutrito, multiforme “blocco edilizio” tenuto insieme da una smodata intolleranza verso le regole. Ma uno ius aedificandi così inteso, baluardo di un oltranzismo privatistico, è uno sgorbio giuridico, insiste Maddalena, senza riscontri nelle fonti del diritto romano, anzi ampiamente smentito da questo, e soprattutto in patente contrasto con la nostra Costituzione. Ciò nonostante sul diritto a costruire vige una specie di consuetudine, avallata da alcune norme del codice civile e da qualche sentenza della Corte Costituzionale (risalente a prima che Maddalena vi facesse parte) e poi da un sentire diffuso che autorizza sia abusi edilizi sia piani casa.

E invece possedere un suolo non è come possedere un tavolo. Non lo si può trasformare o manipolare a piacimento. L’edificazione, scrive Maddalena, «produce effetti non solo sui beni in proprietà del privato, ma anche sui beni che sono in proprietà collettiva di tutti, come il paesaggio, che, essendo un aspetto del territorio, è in proprietà collettiva del popolo, a titolo di sovranità».

Stendere un velo di cemento anche solo su duecento metri quadrati di suolo sottrae irreversibilmente a questo alcune funzioni che sono di interesse della collettività. Quella porzione di suolo sarà impermeabilizzata, con un acquazzone la pioggia vi scivolerà e non sarà assorbita ricaricando le falde. Il suolo non potrà più essere coltivato. Non immagazzinerà più carbonio. Se sopra il velo si innalzerà un edificio, questo altererà la prospettiva esistente, attirerà più persone, produrrà più scarichi. Se invece che uno, gli edifici sono tanti, tutti questi effetti si moltiplicheranno. Non può essere solo il proprietario a decidere che cosa fare del suo suolo.

La proprietà privata non dà diritti illimitati. Diritti che, per fare un esempio, un costruttore ritiene di poter esercitare quando va a contrattare la trasformazione di un area con un’autorità pubblica troppo spesso soggiogata politicamente. Ma – ed è qui uno dei punti cruciali del saggio di Maddalena – non è la proprietà privata limitata dagli interessi pubblici. La prospettiva va ribaltata. È il territorio nel suo complesso un bene appartenente alla collettività (come sostenevano già i romani), essendo il territorio il luogo nel quale si esercita la sovranità popolare. E ciò determina, scrive Maddalena, una prevalenza giuridica dell’interesse pubblico su quello privato. Detto in altri termini (sperabilmente non troppo elementari): se in qualunque modo si tocca il territorio sono gli interessi pubblici che vanno considerati più di quelli privati.

Il libro di Maddalena ripercorre in modo assai coinvolgente la storia di come il territorio sia stato considerato un bene collettivo ed enumera le norme giuridiche che hanno supportato questa concezione. Dall’età classica alla nostra Costituzione. Inoltre il libro è percorso dall’idea di quanto sia necessario riferirsi a questi principi nella pratica legislativa, in quella politica e in quella amministrativa. Qui non è possibile neanche sintetizzare tale ricchezza di documentazione, salvo sottolineare come il saggio di Maddalena segni un punto fermo nella saggistica dedicata al territorio e al paesaggio. E nelle battaglie per la loro tutela.

 

Rassegna Stampa

Febbraio 2014

DOSSIER APUANE

 DOSSIER AEROPORTO

 

 

No all’eolico selvaggio

cima monte gazzaro (m 1125) foto caiIl Comitato di Monte Gazzaro (Firenzuola) contesta il progetto di impianti eolici sul crinale dell’Appennino.

Martedì 18 febbraio ci sarà la conferenza dei servizi (Settore Energia della Regione Toscana) per l’autorizzazione unica a un impianto di 6 grandi pale eoliche (altezza 90/95 metri, potenza complessiva 5,1 GW) sul crinale principale dell’Appennino tra il passo della Futa e la Cima del Monte Gazzaro.

Nello scorso Giugno, su proposta del settore Valutazione impatto ambientale, la Giunta Regionale ha riconosciuto la “compatibilità ambientale” del progetto. Tale riconoscimento si è basato, secondo il Comitato Monte Gazzaro, su un parere profondamente scorretto della Soprintendenza (addirittura falso). Per questo è stato contestato e la stessa Soprintendenza si è impegnata a formulare un nuovo parere in vista della Conferenza dei servizi.

Anche le commissioni del paesaggio dei tre comuni interessati (Firenzuola, Scarperia e Barberino) hanno formulato pareri negativi, ma le amministrazioni comunali – fatta eccezione per quella di Firenzuola – si sono espresse a favore.

Nel frattempo la Giunta Regionale ha adottato il nuovo Piano Paesaggistico (ora al Consiglio Regionale per l’adozione e la successiva approvazione) che contiene elementi tali da rendere molto problematica la compatibilità dell’impianto. Va ricordato che nella precedente versione del PIT (2009) la Disciplina di piano non si diceva nulla a proposito degli impianti energetici, in ossequio al principio della divisione settoriale delle competenze. Viceversa nella nuova versione l’art. 33 (Le infrastrutture di interesse unitario regionale) così recita al terzo comma:

La Regione promuove la massima diffusione delle fonti rinnovabili di energia. Ai fini del conseguimento della piena efficienza produttiva degli impianti necessari alla produzione di fonti energetiche rinnovabili e della tutela delle risorse naturali e dei valori paesaggistici del territorio toscano, la localizzazione e la realizzazione degli impianti stessi avrà luogo […], sulla base delle determinazioni del Piano di Indirizzo Energetico Regionale previa specifica valutazione integrata a norma del piano paesaggistico regionale di cui al presente PIT e dei vincoli previsti dalla normativa nazionale e regionale.

E in particolare nella scheda relativa all’ambito 07 (Mugello), nella sezione relativa ai Caratteri eco sistemici del paesaggio, nella parte dedicata alle criticità, che Tra le aree critiche per la funzionalità della rete ecologica sono state individuate le seguenti: Agroecosistemi delle alte valli di Firenzuola: con perdita di ecosistemi agropastorali tradizionali, riduzione del pascolo per processi di ricolonizzazione arbustiva e arborea e conseguente perdita di diversità, di habitat e di specie vegetali e animali di interesse conservazionistico. Presenza o previsione di nuovi impianti eolici.

Si dirà che il nuovo Piano Paesaggistico è stato per adesso soltanto approvato dalla Giunta e che i tempi per la definiva approvazione in Consiglio saranno lunghi. Ma l’area del passo della Futa e della conca di Firenzuola è comunque interessata dalla presenza di ben quattro aree classificate come SIR (Siti di Importanza Regionale) per il loro valore naturalistico. Si tratta dei SIR n° 35 Passo della Raticosa, Sassi di San Zanobi e della Mantesca,  n° 36 di Castro-Montebeni, n° 37 Conca di Firenzuola e n° 38 Giogo-Casaglia (da notare che il monte Gazzaro non è compreso nelle aree di interesse naturalistico!). Di queste aree si occupa anche la versione del PIT vigente, nella scheda relativa alla Romagna Toscana, dove troviamo che per la zona di Giogo-Canaglia (sic!: leggasi Casaglia) il relativo obbiettivo di qualità riguarda il Mantenimento degli elevati livelli di naturalità […] della matrice forestale: obbiettivo che può essere raggiunto attraverso un piano complessivo sulla conservazione delle aree aperte […], considerando unitamente i SIR dell’Alto Mugello e i territori esterni adiacenti ai SIR stessi ma con caratteristiche analoghe.

Così, anche se il tratto di crinale del Monte Gazzaro non è compreso in nessuno dei quattro SIR (il che appare se non altro alquanto paradossale), il PIT vigente segnala la necessità di uno strumento di gestione coordinato per la gestione del patrimonio agricolo e forestale delle aree protette come di quelle adiacenti, e dunque di tutti i crinali dal passo della Raticosa alla Colla di Casaglia. Di questa indicazione non troviamo traccia negli atti autorizzativi del parco eolico in questione.

Il Comitato ha presentato a suo tempo (4 gennaio) osservazioni ben articolate e motivate, alle quali rimandiamo (osservazioni Monte GazzaroNuove osservazioni febbraio).  I danni paesaggistici sono evidenti: visibilità delle immense pale, distruzione di aree boscate (pari a 45.000 metri quadri), effetto cumulativo (nel comune di Firenzuola è presente un altro grande impianto eolico, e due impianti sono in territorio emiliano sul confine con la Toscana). Ma in più vanno segnalati due aspetti peculiari del progetto:

–         Le pale sono installate  per un’estensione di 1200 metri proprio sul tracciato della Grande Escursione Appenninica che, in questo tratto, coincide anche con il “Sentiero degli Dei” da Bologna a Firenze.

–         L’impianto sarebbe il primo, almeno in Toscana, sul crinale principale dell’Appennino e quindi potrebbe costituire un precedente pericolosissimo e rimettere in corsa anche impianti già bocciati.

Le foto che alleghiamo simulano i possibili effetti del progetto, visto da diverse angolature.

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