SALVIAMO IL MASSO DELLE FANCIULLE

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Chiediamo alla Regione Toscana di revocare l’autorizzazione ad una attività che darebbe il via alla distruzione di una delle ultime aree incontaminate della Toscana.

L’area naturalistica che circonda il Masso delle Fanciulle, nella Riserva Naturale di Berignone, compresa tra i comuni di Pomarance, Volterra e Casole d’Elsa, è uno dei luoghi più suggestivi e incontaminati di tutta la Toscana.

La riserva è attraversata da una gola rocciosa ricoperta da un abbondante vegetazione mediterranea, dove scorre il fiume Cecina, in uno scenario paesaggisticamente unico.

Il luogo, descritto in molte guide turistiche internazionali, è meta delle visite degli abitanti locali e dei turisti da Siena, San Gimignano, Volterra, Casole d’Elsa, Radicondoli, Colle Val d’Elsa e dalla Toscana tutta.

La presenza di turisti durante tutto l’anno rende l’area del Masso delle Fanciulle una importante risorsa economica per un’area vastissima.

Molti turisti vengono in queste zone solo per poter visitare la Riserva Naturale di Berignone e poter fare il bagno nelle acque cristalline del fiume Cecina.

Oggi questo luogo unico è minacciato dalla costruzione di un impianto industriale per la produzione di energia geotermoelettrica a pochi metri dal fiume.

La società GESTO Italia Srl ha presentato domanda di avvio del procedimento di valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di pozzi esplorativi per verificare la presenza di un potenziale serbatoio geotermico.

Se le prove di produzione avranno successo verranno realizzate centrali geotermiche e pozzi di produzione che distruggeranno irreversibilmente quest’area incontaminata e molto delicata dal punto di vista ecologico, idrico, ambientale ed economico.

Per questi motivi chiediamo alla Regione Toscana di revocare l’autorizzazione ad una attività che darebbe il via alla distruzione di una delle ultime aree incontaminate della Toscana.

Chiediamo che l’autorizzazione agli impianti venga negata e che il luogo venga protetto per preservare un ambiente che è una enorme risorsa sostenibile per l’economia locale.

Comitato Difensori della Toscana, Ass. Casole Nostra, Ass. Ecomuseo Borgo LA Selva, Comitato Toscana Terra Pulita.

Per firmare la petizione

NO ALLE PALE SUL MONTE GAZZARO

unnamedLa Conferenza dei Servizi della Regione Toscana dice No alle pale sul Gazzaro.

COMUNICATO CONGIUNTO COMITATO MONTE GAZZARO – NO EOLICO SELVAGGIO, ITALIA NOSTRA, RETE DI RESISTENZA DEI CRINALI.

15 aprile. Intorno alle due del pomeriggio il colpo di scena: dopo una mattinata trascorsa ad esaminare se le varie prescrizioni formulate dai diversi enti erano state correttamente recepite da Hergo Wind e dopo che il Settore Energia della Regione Toscana aveva dichiarato di non condividere dal punto di vista procedurale il cambiamento di parere da parte della Soprintendenza ai beni paesaggistici, espresso nella precedente riunione della Conferenza dei Servizi (18 marzo), è stata proprio la Soprintendenza a tagliare la testa al toro.

Con un ragionamento serrato e ben argomentato, sia dal punto di vista giuridico sia da quello tecnico, è stato riconosciuto che l’impianto eolico sul Monte Gazzaro avrebbe provocato danni gravissimi alla superficie boscata (tutelata dalla legge) e anche al paesaggio nel suo complesso. E questo basta per dire no all’impianto.

Il Ministero dei Beni Ambientali (a nome del quale si è espressa la Soprintendenza) ha potuto recepire i princípi contenuti nel nuovo Piano del Paesaggio della Toscana, in discussione in questi giorni in Consiglio Regionale, riconoscendo cosí esplicitamente il grande valore della pianificazione territoriale della nostra Regione.

I rappresentanti di Hergo Wind non sono riusciti a nascondere la loro rabbia per i danni gravissimi dal punto di vista economico derivanti dal rifiuto dell’autorizzazione e hanno messo subito in dubbio la legittimità del parere della Soprintendenza. Gli osservatori del Comitato e della Associazioni Ambientaliste hanno invece aspettato di raggiungere il piazzale della Regione per manifestare la loro soddisfazione.

Il Comitato Monte Gazzaro – no eolico selvaggio, Italia Nostra e la Rete di Resistenza dei Crinali hanno dichiarato di apprezzare moltissimo il lavoro della Soprintendenza, che ha dovuto superare un forte handicap iniziale rappresentato dal suo iniziale giudizio favorevole espresso in sede di valutazione di compatibilità ambientale. Ma un riesame accurato della documentazione e soprattutto almeno due sopralluoghi sul posto negli ultimi mesi hanno fatto emergere tutti i ben fondati motivi per un no definitivo all’impianto che, per primo, avrebbe violato il crinale principale del nostro Appennino.

I rappresentanti del Comitato e delle Associazioni ambientaliste hanno anche sottolineato l’importanza decisiva del proprio lavoro, della caparbietà con cui hanno portato avanti una battaglia giusta. Ed anche della loro scelta di confrontarsi a trecentosessanta gradi con le istituzioni, dai Comuni alla Soprintendenza, alla Regione. Se le richieste sono giuste e bene argomentate, anche se portate avanti da un piccolo gruppo di Don Chisciotte, possono farsi spazio e essere ascoltate e condivise laddove c’è il potere effettivo di decidere per o contro il bene comune.

 

Considerazioni di Luciano Ardiccioni, addetto stampa del Comitato Monte Gazzaro:

LA CONFERENZA DEI SERVIZI SUL GAZZARO E I MUGELLANI

Nel manifesto che abbiamo stampato per invitare alla Camminata contro l’eolico sul Gazzaro, il 16 marzo scorso, abbiamo scritto che molto probabilmente quelli che avrebbero dovuto decidere sull’autorizzazione non sanno nemmeno come sia fatto, il Monte Gazzaro. Quando, nel corso della Conferenza dei Servizi del 15 Aprile, ho sentito un funzionario della Regione parlare del sentiero CA 100 (ca cento) per indicare il CAI 00 (cai zero zero) mi sono reso conto che questi non soltanto non sanno dov’è il Gazzaro, ma nemmeno che cosa è la Grande Escursione Appenninica (il CAI 00, appunto), il percorso di crinale interamente protetto dal nuovo Piano del Paesaggio della Regione Toscana.

Per fortuna c’era anche qualcuno che si è dato la pena di guardarlo di persona quel monte e qualcun altro, mugellano o che lavora in Mugello, sapeva bene su che cosa si doveva decidere. Fra questi i funzionari della Soprintendenza che negli ultimi tempi sul Gazzaro hanno fatto almeno due sopralluoghi, uno dei quali insieme ai tecnici dei Comuni interessati. E poi proprio i  tecnici di Firenzuola, Barberino e Scarperia. Tre persone molte diverse fra loro. L’ing. Del Zanna, di Firenzuola, forte di un deciso giudizio negativo dell’Amministrazione comunale, con la sua naturale pacatezza, ha ribadito con forza e decisione il parere già espresso: sí all’autorizzazione idrogeologica, no all’autorizzazione paesaggistica, no alla variante urbanistica. La responsabile del Settore Gestione del Territorio del Comune di Barberino, ing. Simona Guerrizio, ha dovuto gestire la posizione un po’ altalenante degli amministratori barberinesi, ma durante la conferenza dei servizi ha difeso e argomentato il diniego all’autorizzazione dell’impianto. Ha dimostrato anche una grande sensibilità per i problemi del nostro territorio sostenendo l’incompatibilità tra lo storico sentiero (Sentiero degli Dèi) e un impianto eolico industriale, sia in fase di cantiere, sia in fase di gestione.

Un atteggiamento del tutto diverso quello del responsabile del Settore Quarto del nuovo Comune Scarperia-San Piero, Rodolfo Albisano. Certamente in una situazione non facile, visto che è “nuovo” dirigente di un comune nuovo, senza consiglio, senza giunta e senza sindaco. Durante la prima riunione della Conferenza dei Servizi non ha esitato ha dare parere favorevole alla variante urbanistica. Chiamato a esprimersi sull’autorizzazione paesaggistica, si  è guardato bene da imitare i colleghi di Firenzuola e Barberino, che hanno confermato i pareri precedenti. Albisani aveva a disposizione un parere negativo estremamente articolato e argomentato redatto dalla Commissione del Paesaggio del Comune di Scarperia, ma lo ha ignorato del tutto e ha scritto un nuovo parere del tutto favorevole all’impianto, che, quasi quasi, lascia intendere che l’eolico industriale può migliorare il paesaggio del Gazzaro. E poi – non so quanti lo abbiano notato – ha pronunciato in sede di Conferenza dei Servizi il nome che per anni ha aleggiato intorno alla vicenda eolico sul Gazzaro: Panna-San Pellegrino! Per quanto riguarda la questione delle sorgenti e dei pozzi ha espresso un parere favorevole, come Comune di Scarperia-San Piero, dopo essersi consultato con Panna-San Pellegrino.

Ci eravamo sempre domandati come mai Panna, che sempre è stata molto attenta all’integrità del Gazzaro, rispetto a questo impianto industriale sia sempre stata in silenzio. Nonostante la citazione di Albisani, continuiamo a chiedercelo ancora.

 

La testimonianza di Fabrizio Nazio, membro molto impegnato del comitato “monte Gazzaro – no eolico selvaggio”:

Abbiamo vinto. Niente pale su Monte Gazzaro. L’ha decretato la conferenza dei servizi di stamani mattina. Il punto fondamentale è stato il parere negativo della soprintentenza ai beni paesaggistici, motivato dalle argomentazioni che proprio noi avevamo a lei fornito e che ha ritenuto di fare proprie.
Personalmente una soddisfazione quintupla. Non solo perché ad argomentare mesi fa in sovrintentenza a Palazzo Pitti c’ero anche io. Non solo perché dopo mesi di battaglia s’è difeso e tutelato un patrimonio enorme dal punto di vista ambientale, ma soprattutto storico e turistico (luogo descritto in libri e depliant tradotti in più di cinquanta lingue). Non solo perché abbiamo dimostrato che una squadra fatta di persone provenienti da estrema sinistra ai popolari, laici e cattolici, riescono non solo a lavorare bene ma a farlo ad un livello altissimo. Non solo perché il materiale prodotto è stato pertinente, competente, perfettamente in linea con le direttive paesaggistiche regionali che fanno eco all’indirizzo nazionale sulle tematiche ambientali, in maniera tale da essere un riferimento valido anche per la stessa sovrintendenza.
Ma la cosa che mi dà più soddisfazione è l’aver ribadito che non vince sempre il più grosso, chi smuove più soldi, chi ha più agganci, chi è più arrogante, chi ha sempre vinto. E a tutti quelli che ieri dicevano “Lascia fare, è sempre stato così”, oggi dico, non solo con la forza della fede, ma anche la concretezza incontestabile dei fatti: “NON E’ VERO!”
Oggi vince l’interesse pubblico, oggi vince l’aquila reale, oggi vince il faggio, la formica e ogni singolo essere vivente che in quei luoghi ha la sua casa e il suo ecosistema.
Oggi vince il lavoro di una squadra che non ha guadagnato un euro, ma ha portato a casa la certezza di poter lasciare il patrimonio ambientale, storico, culturale e turistico di quel monte e dei suoi percorsi alle generazioni a venire.
Un tesoro che ripaga di tutte le ore e le notti passate a studiare documenti tecnici complessi per trovare la ragione oggettiva che li invalidasse, ripaga l’apertura mentale che ti permette di sedere e discutere in maniera propositiva e fattiva, con totale spirito di servizio, con persone che magari inizialmente ti guardavano con diffidenza anche solo per essere afferente ad una diversa storia politica.
Si può cambiare.

 

 

LA FURIA CIECA DEI CAVATORI DELLE APUANE

apuaneDi Paolo Baldeschi, da Eddyburg, 9 aprile 2014.

In un comunicato di inaudita violenza il Coordinamento delle attività estrattive lapidee del Parco delle Apuane  chiede al Tar l’annullamento della delibera con cui la Giunta della Regione Toscana ha approvato il nuovo Pit con valenza di Piano paesaggistico, nonché del Piano stesso “pieno zeppo di errori procedurali, istruttori e legislativi” e – sempre secondo il Coordinamento – in violazione della Costituzione e di diritti incoercibili della proprietà privata. Al centro del fuoco Anna Marson, accusata di ogni nefandezza, “responsabile di un’azione violenta, illegittima, ….volta unicamente a ledere l’identità del territorio, della sua attuale realtà produttiva e del suo futuro”. L’Assessore Marson di cui le “aziende tutte, e i lavoratori, chiedono le dimissioni per i gravi danni che già sta provocando ad una realtà territoriale salda e solida da centinaia di anni”. E ce ne è anche per Italia Nostra, Legambiente e le associazioni ambientaliste, cui “qualora queste non interrompessero le loro azioni delatorie (sic), le imprese … domanderanno in sede giudiziaria risarcimenti per il danno economico e di immagine”.

La furia vendicatrice del Coordinamento, sia pure espressa in modo sintatticamente sgangherato e giuridicamente inconsistente, trova una spiegazione nella situazione di rendita super privilegiata in cui si trovano le imprese lapidee che dalle Apuane estraggono blocchi o, per lo più, detriti di marmo: canoni concessori minimi, il 13% di un valore del marmo generalmente sottostimato, e praticamente nulli dove – come nel territorio del comune di Massa – ancora vigono le leggi estensi del diciottesimo secolo. Concessioni perpetue (sempre secondo il diritto estense) e negli altri casi aggiudicate senza gara per un tempo lunghissimo e rinnovabili automaticamente. Una vera pacchia! A fronte sta un’occupazione ridotta al minimo (circa mille addetti e non cinquemila come il Coordinamento aveva millantato in un primo comunicato), la gran parte del materiale esportato, l’indotto locale sempre più esiguo. I costi tutti scaricati sul territorio, mentre il tunnel in costruzione, che migliorerà la situazione di inquinamento aereo nel centro di Carrara, sarà pagato dai cittadini a tutto vantaggio delle imprese che usufruiranno di una consistente riduzione dei costi di trasporto.

Naturalmente il Coordinamento dimentica di dar conto delle inadempienze sistematiche delle aziende impegnate nelle attività estrattive: la mancanza di raccolta delle acque a piè di taglio, l’assenza o il mancato utilizzo degli impianti di depurazione spesso esistenti solo sulla carta, i rifiuti abbandonati nelle cave dismesse, la mancata attuazione dei piani di ripristino, una diffusa e impunita inosservanza di regolamenti e prescrizioni. Si dimentica, altresì, il Coordinamento dell’inquinamento delle falde, delle sorgenti e dei torrenti, della diffusione di polveri sottili, degli innumerevoli danni ambientale e paesaggistici; considerazioni già contenute nell’articolo Le Apuane e lo scandalo del Piano Paesaggistico, ospitato da eddyburg.

Ma quale è il peccato mortale del Piano? La colpa è di cercare di frenare il taglio delle vette al di sopra dei 1200 metri e di limitare l’estrazione all’interno del Parco delle Apuane, facendo salve le concessioni esistenti, ciò che ha provocato la netta contrarietà del Presidente del Parco, (vicepresidente uscente, già segretario del Pd di Fivizzano), evidentemente più sensibile agli interessi dei cavatori che a quelli dell’ente da lui presieduto.

L’attacco forsennato del Coordinamento, contro tutto e contro tutti, rivela una concezione di rapina del territorio e tutto sommato la miopia di chi non capisce che sarebbe saggio accettare una contenuta riduzione dei profitti a fronte del vantaggio di essere coprotagonisti di uno sviluppo economico più equilibrato, diffuso, capace di valorizzare le risorse dell’intero contesto territoriale e di migliorare la qualità di vita delle popolazioni. Una miopia e una resistenza che annoverano il Coordinamento come socio onorario del movimento dei forconi, in un metaforico rogo di leggi, piani, regole e buon senso. In attesa che qualcuno spieghi ai cavatori che la tutela del paesaggio secondo la Costituzione (da loro impropriamente evocata) prevale sugli interessi economici e che , sempre secondo la Costituzione, la salute è un “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Ma forse dietro ai forconi apuani vi è qualcuno che soffia sul fuoco: si bombardano le Apuane per fare fuori la nuova legge urbanistica e il piano paesaggistico con le loro assurde pretese di contenimento del consumo di suolo e di tutela del paesaggio.

 

 

 

 

 

La Orte-Mestre e il paesaggio che scompare

no-autostrada-orte-mestre“Chi semina asfalto, raccoglie traffico”. È un’attacco all’articolo 9 della Costituzione il via libera all’autostrada di 396 chilometri tra Lazio e Veneto. Costerà quasi 10 miliardi di euro.

L’itinerario tra Orte e Mestre è un viaggio lungo l’articolo 9 della Costituzione perché attraversa aree straordinarie del punto di vista paesaggistico. Si risale il Tevere fino alle sorgenti, attraversando Umbria e Toscana, poi il Parco nazionale del Casentino, e si scende verso la Romagna. Da lì, si arriva a Venezia attraversando le valli di Comacchio e del Mezzano e infine il Parco del Delta del Po e la bellissima Riviera del Brenta.

È un viaggio unico se si sceglie di compierlo a “passo lento”, ma potrebbe diventare l’ennesimo paesaggio che scompare veloce lungo un’autostrada: a novembre 2013 il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) ha dato il via libera al progetto preliminare della Orte-Mestre. Lunga 396 chilometri, “l’Autostrada del Sole del ventunesimo secolo”.

L’opera costerà almeno 9,844 miliardi di euro e dovrebbe essere realizzata in regime di concessione di costruzione e gestione, cioè in project financing: a pagare, cioè, dovrebbe essere il “privato”
“legge Obiettivo”, tra le opere strategiche – ha scelto di sostenere indirettamente parte dei costi, visto che nei primi 15 anni di gestione il come riassumono gli attivisti che in Veneto sono impegnati per contrastare l’opera, sono “gli interessi di pochi sulla pelle di molti”, come si legge su uno striscione, appeso lungo il Naviglio del Brenta.

Dietro lo striscione ci sono campi coltivati. Terreni agricoli che non sono attraenti per “chi semina asfalto”, e “raccoglie traffico”, come spiega il sito della Rete nazionale Stop OR_ME, che da Terni a Mira raccoglie associazioni ambientaliste e comitati di base contrari all’opera. Potete seguirli su www.stoporme.org

Luca Martinelli (Altreconomia)

Il video di Altreconomia