Il Piano che salva il Paesaggio.

Untitled-1di Tomaso Montanari, Il Fatto Quotidiano. 5 luglio 2014.

Nel 2010 il libro Paesaggio, Costituzione, cemento di Salvatore Settis si chiudeva arrischiando una profezia: “I segnali molto positivi che vengono dalla nuova amministrazione regionale toscana, per bocca del presidente Enrico Rossi e dell’assessore Anna Marson, sono molto incoraggianti: forse questa regione così ricca di civiltà e di meriti potrà segnare una svolta”. Quattro anni dopo si può dire che Rossi e Marson non hanno tradito questa aspettativa: da martedì scorso la Toscana ha un Piano Paesaggistico Regionale, il primo redatto insieme al ministero per i Beni culturali.
Ma che cos’è un Piano Paesaggistico? È un lavoro enorme (a quello toscano ha lavorato un centinaio di tecnici) che innanzitutto “fotografa” l’intero territorio regionale, in tutta la sua complessità di geomorfologia ed ecosistemi, sistemi agrari, produttivi e urbanistici. Dopo il Piano, l’evanescente definizione di “paesaggio toscano” non coincide più con la collinetta coronata da cipressi, ma si traduce in una montagna di carte dettagliate, schede, elenchi di beni naturali, paesaggistici, archeologici. Ora sappiamo esattamente cosa vogliamo difendere, e cosa, e come, possiamo usare. Già, perché un Piano è esattamente il contrario di un vincolo: quest’ultimo strumento (prezioso, ma limitato) mi dice quello che non posso fare in un certo posto, mentre il Piano dice come, dove e quanto la Toscana vuole continuare a crescere.
A crescere in modo uniforme e (appunto) pianificato: evitando la balcanizzazione del territorio dovuta al moltiplicarsi e all’intrecciarsi delle competenze. E, soprattutto, a crescere in modo sostenibile: tenendo ben presente che “il paesaggio rappresenta un interesse prevalente rispetto a qualunque altro interesse, pubblico o privato, e, quindi, deve essere anteposto alle esigenze urbanistico-edilizie” (così una sentenza del Consiglio di Stato del 29 aprile scorso).
L’approvazione del Piano toscano ha una forte valenza politica nazionale. In un momento in cui Matteo Renzi dice che le regole e le soprintendenze sono un intralcio allo sviluppo (leggi: al cemento), è fondamentale far capire che dall’altra parte non ci sono solo i “no” dei vincoli: ma c’è anche la capacità di una comunità di decidere come trasformare il proprio territorio in modo responsabile e unitario. Come dire: non ci sono solo gangster e sceriffi, c’è spazio anche per un progetto di crescita condivisa. Come ha scritto Enrico Rossi (nel suo Viaggio in Toscana, in uscita presso Donzelli) “il Piano offre una cornice di regole certe, finalizzate a mantenere il valore del paesaggio anche nelle trasformazioni di cui esso è continuamente oggetto”.
Certo, nel Piano ci sono anche rigorose prescrizioni: come, per esempio, quelle che dicono dove non si potranno collocare impianti eolici o centrali elettriche a biomasse. Per capirsi: se il Molise si fosse dato un simile Piano, il suo territorio e la sua archeologia non sarebbero state massacrate da un eolico selvaggio che solo gli sforzi eroici del Direttore regionale del Mibac Gino Famiglietti stanno ora arginando. E se lo avesse fatto l’Emilia Romagna, non rischieremmo di perdere definitivamente il Palazzo San Giacomo a Russi, minacciato da una centrale a biomasse.
Nei giorni precedenti all’approvazione la discussione si è accesa soprattutto sul futuro delle cave delle Apuane. Ma nonostante le minacce e gli insulti della lobby del marmo, la Giunta ha sostanzialmente tenuto. Le associazioni ambientaliste hanno ragione a lamentare alcuni gravi cedimenti, ma ora le vette sopra i 1200 metri saranno finalmente salve, alcune cave saranno chiuse, e non sarà più possibile aprirne nei territori vergini del Parco delle Apuane. E soprattutto ogni futura decisione sull’apertura di nuove cave dovrà passare attraverso un percorso decisionale aperto ai cittadini: insomma, il Piano dà ottimi strumenti alla resistenza di chi si oppone al genocidio delle montagne del marmo.
Il merito principale va alla competenza e alla tenacia della mite e preparatissima Anna Marson, ordinaria di Pianificazione territoriale allo Iuav di Venezia e assessore alla Pianificazione: il suo lavoro dimostra che il rapporto tra sapere scientifico e amministrazione pubblica non deve per forza ridursi alle complici consulenze del Mose o dell’Expo. Il successo politico, invece, è di Enrico Rossi: se troverà il coraggio di riunire e rappresentare l’anima di sinistra che ancora sopravvive nel Partito democratico, avrà nel Piano Paesaggistico il suo miglior biglietto da visita.

 

 

La Rete sul Piano Paesaggistico.

UntitledIL PIANO, UN PUNTO FERMO PER LA DIFESA DEL PAESAGGIO “Ieri in Toscana, con l’approvazione del Piano paesaggistico ha prevalso il disegno riformatore ”, questa la posizione della Rete dei Comitati per la difesa del territorio espressa dal suo presidente Mauro Chessa. “La tormentatissima vicenda ha raggiunto un punto fermo: il Piano toscano è il primo in Italia ad essere stato adottato da un consiglio regionale in difesa del paesaggio”.. È vero che rispetto al progetto iniziale presentato dall’assessore Anna Marson e approvato dalla Giunta di Enrico Rossi sono state inserite alcune correzioni sicuramente non accettabili, ma l’impianto generale è rimasto. E questo vale soprattutto se si tiene conto delle forti pressioni esercitate in questi mesi da chi si è preoccupato di difendere interessi privati e particolari. Resta il fatto che con il Piano finisce in Toscana la stagione degli ecomostri e delle villette a schiera. E d’ora in poi l’attività di estrazione del marmo sarà sottoposta a regole che non piacciono a chi ha difeso in questi giorni a oltranza le rendite di posizione rifiutando di misurarsi con l’interesse collettivo. Con il Piano regole rigorose sono state introdotte nella valutazione degli interventi di trasformazione del territorio, e diverse aree sono da oggi assoggettate a specifici vincoli di tutela. La Rete ricorda inoltre l’enorme lavoro di approfondimento che è alla base del Piano, un lavoro che ha permesso la sistemazione degli elementi che definiscono i paesaggi toscani. “Non si può non apprezzare il comportamento della Giunta regionale toscana – dichiara il fondatore della ReTe, Alberto Asor Rosa – che, tra difficoltà e pressioni di ogni genere, ha portato a conclusione l’impegno che aveva assunto per porre le basi per la difesa del paesaggio”. Ci sono ora 60 giorni per presentare osservazioni e tornare in aula per l’approvazione definitiva. “Sarà un’occasione determinante per riconsegnare al Piano il senso e la dignità che aveva quando, nel gennaio scorso, è stato licenziato dalla Giunta regionale – dichiara il presidente della ReTe Mauro Chessa –. Ci auguriamo che vengano  ripristinati i valori fondanti della prima stesura facendo prevalere le posizioni di chi difende il paesaggio come bene comune”.

Dossier Apuane 4 (Luglio 2014)

La guerra delle Apuane continua…

Ancora: 2 luglio

Apuane: penultimo atto

nocaveeambientalistiNUOVA MAGGIORANZA NELLA REGIONE TOSCANA?

di Paolo Baldeschi, da Eddyburg, 28 giugno.

Apuane: vi è una riserva di marmo ancora per mille anni di escavazione, sostengono gli industriali. E chi se ne frega se questo comporterebbe la sparizione di uno straordinario monumento paesaggistico, ambientale e geologico. L’importante – come si è anche accorta la famiglia Bin Laden che ora vuole entrare nel business – è di continuare a godere di colossale rendite inquinando sorgenti, fiumi e aria. Intanto, un passo in questo senso è stato fatto con l’approvazione nella Commissione ambiente e territorio della Regione Toscana, nonostante l’eroica resistenza dell’assessore Marson, di ulteriori emendamenti peggiorativi del Piano paesaggistico. Di cui, il più negativo è la possibilità di riaprire le cave dismesse da non più di 20 anni al di sopra dei 1200 metri, in aree vincolate. E non è improbabile che in fase di approvazione da parte del Consiglio regionale, qualche soldatino alle dipendenze di Confindustria proponga ulteriori codicilli per la distruzione della Montagna. Ma in attesa dell’assalto finale, si possono già fare alcune considerazioni. La prima è che, nonostante che le autorizzazioni di apertura di nuove cave dovrebbero ora essere inquadrate in “piani di bacino” soggetti al parere preventivo della Regione, saranno i Comuni a decidere e a dire l’ultima parola; e l’esperienza insegna che in Toscana l’osservanza dei piani sovraordinati è stata finora un’eccezione. Con l’aggravante, che qui l’osmosi fra amministratori, imprese e Parco delle Apuane ha creato un blocco di interessi che nessun meccanismo regolativo di piano può seriamente intaccare. Bisogna, perciò, cambiare politica e l’unica chance in questo senso è di mandare a casa gli attuali amministratori e sostituirli con persone che si preoccupino più della salute del territorio e dei cittadini che dei profitti delle imprese. Da qui alle prossime elezioni questo è il compito dei comitati. La seconda considerazione è che il grande sconfitto di questa prova di forza è il Presidente Enrico Rossi, il quale all’inizio e durante il suo mandato aveva ribadito che la sua era una maggioranza di sinistra. “Il nuovo piano garantisce insieme alla tutela ambientale, anche le legittime istanze di crescita e sviluppo economico”; non è un esponente della giunta a dichiaralo, ma la portavoce di Forza Italia che così sancisce la nascita di una nuova maggioranza. La Regione Toscana perciò si omologa alla politica di Matteo Renzi, il premier che intende sfasciare la Costituzione vigente in combutta con un corruttore di giudici e di minorenni, compratore di senatori, evasore fiscale, ma “votato da milioni di italiani”. Fine del modello toscano? Vi è da dire che questo modello, che significava uno sviluppo che non distruggesse paesaggio e ambiente, ma anzi ne facesse preziose materie prime da salvaguardare e riprodurre, è esistito solo come proposta politica e tecnica di minoranze fra cui la Rete dei Comitati per la difesa del territorio. E, tuttavia, il tentativo e in qualche caso la speranza erano che le istituzioni, sapessero raccogliere la sfida, in tale senso era stato possibile registrare qualche cauta apertura del Presidente della Regione. Ora, un Consiglio di nominati dai partiti, ignaro di quanto avviene nel mondo, culturalmente arretrato (e cattiva cultura fa cattiva politica) affonda questa speranza. Ribadisce che lo sviluppo si ottiene distruggendo un patrimonio che non appartiene ai cavatori, ma al mondo. Scavalca i sindacati, molto più cauti e consapevoli che la monocultura marmifera deve essere sostituita da un’economia più equilibrata che valorizzi tutte le risorse del territorio. Puntella le rendite dell’oligopolio dei cavatori senza accorgersi che la rendita storica del partito ex Pci, ex Pds, ex Ds, … “ex” si esaurirà definitivamente quando sulla scena elettorale prenderà posizione un partito degno di credibilità che faccia propri gli interessi dei cittadini.

E mentre attendiamo gli sviluppi della situazione, ecco il comunicato che annuncia la “serrata” delle imprese del marmo (in rosso), nonché l’ANSA del 27 giugno, che riporta l’opinione del presidente Enrico Rossi (in verde):

Blocco totale delle attività delle cave e dei laboratori Comunicato alla Stampa Il Coordinamento delle Imprese Lapidee Apuo-Versiliesi, Consorzio Cosmave, CAM, Assindustria Lucca, Assindustria Massa Carrara, LegaCoop Massa Carrara, LegaCoop Lucca, il Consorzio Marmi della Garfagnana, le aziende tutte del distretto lapideo della Versilia e di Massa Carrara lunedì 30 giugno e martedì 1 luglio attueranno il blocco totale di tutte le attività in segno di protesta per il Piano Paesaggistico che il Consiglio Regionale sta per adottare. La decisione è stata presa nelle assemblee che si sono svolte in questi giorni a Pietrasanta e Carrara organizzate dalle Associazioni Industriali e dalla Legacoop di Lucca e di Massa Carrara. Con questa prova, alla quale le associazioni di imprese notoriamente ricorrono solo in casi eccezionali, prende corpo il profondo senso di preoccupazione delle imprese sia per la netta avversione nei confronti delle attività estrattive alla base del Piano che per il mancato confronto su questo atto intenzionalmente teso a spezzare il primo e più importante anello (le cave) della catena di un settore che dà lavoro a migliaia e miglia di persone. Nei due giorni i protagonisti del settore faranno sentire la propria voce e spiegheranno i motivi della singolare protesta con iniziative e con una serie di striscioni appesi ai tetti dei laboratori.

(ANSA) – CARRARA (MASSA CARRARA), 27 GIU – ‘Serrata’ alle cave di marmo di tutto il distretto apuo-versiliese lunedì e martedì prossimi per protestare contro il piano di indirizzo territoriale in discussione alla Regione Toscana. Lo ha annunciato il presidente di Assindustria di Massa Carrara Giuseppe Baccioli. La protesta interesserà circa 3.300 lavoratori di cave, segherie e laboratori. Il governatore della Toscana Enrico Rossi difende il piano definendolo ‘una rivoluzione’ per la tutela del paesaggio.