SALVIAMO IL MASSO DELLE FANCIULLE

PBJyyFZNrUFLXuz-556x313-noPad

Chiediamo alla Regione Toscana di revocare l’autorizzazione ad una attività che darebbe il via alla distruzione di una delle ultime aree incontaminate della Toscana.

L’area naturalistica che circonda il Masso delle Fanciulle, nella Riserva Naturale di Berignone, compresa tra i comuni di Pomarance, Volterra e Casole d’Elsa, è uno dei luoghi più suggestivi e incontaminati di tutta la Toscana.

La riserva è attraversata da una gola rocciosa ricoperta da un abbondante vegetazione mediterranea, dove scorre il fiume Cecina, in uno scenario paesaggisticamente unico.

Il luogo, descritto in molte guide turistiche internazionali, è meta delle visite degli abitanti locali e dei turisti da Siena, San Gimignano, Volterra, Casole d’Elsa, Radicondoli, Colle Val d’Elsa e dalla Toscana tutta.

La presenza di turisti durante tutto l’anno rende l’area del Masso delle Fanciulle una importante risorsa economica per un’area vastissima.

Molti turisti vengono in queste zone solo per poter visitare la Riserva Naturale di Berignone e poter fare il bagno nelle acque cristalline del fiume Cecina.

Oggi questo luogo unico è minacciato dalla costruzione di un impianto industriale per la produzione di energia geotermoelettrica a pochi metri dal fiume.

La società GESTO Italia Srl ha presentato domanda di avvio del procedimento di valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di pozzi esplorativi per verificare la presenza di un potenziale serbatoio geotermico.

Se le prove di produzione avranno successo verranno realizzate centrali geotermiche e pozzi di produzione che distruggeranno irreversibilmente quest’area incontaminata e molto delicata dal punto di vista ecologico, idrico, ambientale ed economico.

Per questi motivi chiediamo alla Regione Toscana di revocare l’autorizzazione ad una attività che darebbe il via alla distruzione di una delle ultime aree incontaminate della Toscana.

Chiediamo che l’autorizzazione agli impianti venga negata e che il luogo venga protetto per preservare un ambiente che è una enorme risorsa sostenibile per l’economia locale.

Comitato Difensori della Toscana, Ass. Casole Nostra, Ass. Ecomuseo Borgo LA Selva, Comitato Toscana Terra Pulita.

Per firmare la petizione

NO ALLE PALE SUL MONTE GAZZARO

unnamedLa Conferenza dei Servizi della Regione Toscana dice No alle pale sul Gazzaro.

COMUNICATO CONGIUNTO COMITATO MONTE GAZZARO – NO EOLICO SELVAGGIO, ITALIA NOSTRA, RETE DI RESISTENZA DEI CRINALI.

15 aprile. Intorno alle due del pomeriggio il colpo di scena: dopo una mattinata trascorsa ad esaminare se le varie prescrizioni formulate dai diversi enti erano state correttamente recepite da Hergo Wind e dopo che il Settore Energia della Regione Toscana aveva dichiarato di non condividere dal punto di vista procedurale il cambiamento di parere da parte della Soprintendenza ai beni paesaggistici, espresso nella precedente riunione della Conferenza dei Servizi (18 marzo), è stata proprio la Soprintendenza a tagliare la testa al toro.

Con un ragionamento serrato e ben argomentato, sia dal punto di vista giuridico sia da quello tecnico, è stato riconosciuto che l’impianto eolico sul Monte Gazzaro avrebbe provocato danni gravissimi alla superficie boscata (tutelata dalla legge) e anche al paesaggio nel suo complesso. E questo basta per dire no all’impianto.

Il Ministero dei Beni Ambientali (a nome del quale si è espressa la Soprintendenza) ha potuto recepire i princípi contenuti nel nuovo Piano del Paesaggio della Toscana, in discussione in questi giorni in Consiglio Regionale, riconoscendo cosí esplicitamente il grande valore della pianificazione territoriale della nostra Regione.

I rappresentanti di Hergo Wind non sono riusciti a nascondere la loro rabbia per i danni gravissimi dal punto di vista economico derivanti dal rifiuto dell’autorizzazione e hanno messo subito in dubbio la legittimità del parere della Soprintendenza. Gli osservatori del Comitato e della Associazioni Ambientaliste hanno invece aspettato di raggiungere il piazzale della Regione per manifestare la loro soddisfazione.

Il Comitato Monte Gazzaro – no eolico selvaggio, Italia Nostra e la Rete di Resistenza dei Crinali hanno dichiarato di apprezzare moltissimo il lavoro della Soprintendenza, che ha dovuto superare un forte handicap iniziale rappresentato dal suo iniziale giudizio favorevole espresso in sede di valutazione di compatibilità ambientale. Ma un riesame accurato della documentazione e soprattutto almeno due sopralluoghi sul posto negli ultimi mesi hanno fatto emergere tutti i ben fondati motivi per un no definitivo all’impianto che, per primo, avrebbe violato il crinale principale del nostro Appennino.

I rappresentanti del Comitato e delle Associazioni ambientaliste hanno anche sottolineato l’importanza decisiva del proprio lavoro, della caparbietà con cui hanno portato avanti una battaglia giusta. Ed anche della loro scelta di confrontarsi a trecentosessanta gradi con le istituzioni, dai Comuni alla Soprintendenza, alla Regione. Se le richieste sono giuste e bene argomentate, anche se portate avanti da un piccolo gruppo di Don Chisciotte, possono farsi spazio e essere ascoltate e condivise laddove c’è il potere effettivo di decidere per o contro il bene comune.

 

Considerazioni di Luciano Ardiccioni, addetto stampa del Comitato Monte Gazzaro:

LA CONFERENZA DEI SERVIZI SUL GAZZARO E I MUGELLANI

Nel manifesto che abbiamo stampato per invitare alla Camminata contro l’eolico sul Gazzaro, il 16 marzo scorso, abbiamo scritto che molto probabilmente quelli che avrebbero dovuto decidere sull’autorizzazione non sanno nemmeno come sia fatto, il Monte Gazzaro. Quando, nel corso della Conferenza dei Servizi del 15 Aprile, ho sentito un funzionario della Regione parlare del sentiero CA 100 (ca cento) per indicare il CAI 00 (cai zero zero) mi sono reso conto che questi non soltanto non sanno dov’è il Gazzaro, ma nemmeno che cosa è la Grande Escursione Appenninica (il CAI 00, appunto), il percorso di crinale interamente protetto dal nuovo Piano del Paesaggio della Regione Toscana.

Per fortuna c’era anche qualcuno che si è dato la pena di guardarlo di persona quel monte e qualcun altro, mugellano o che lavora in Mugello, sapeva bene su che cosa si doveva decidere. Fra questi i funzionari della Soprintendenza che negli ultimi tempi sul Gazzaro hanno fatto almeno due sopralluoghi, uno dei quali insieme ai tecnici dei Comuni interessati. E poi proprio i  tecnici di Firenzuola, Barberino e Scarperia. Tre persone molte diverse fra loro. L’ing. Del Zanna, di Firenzuola, forte di un deciso giudizio negativo dell’Amministrazione comunale, con la sua naturale pacatezza, ha ribadito con forza e decisione il parere già espresso: sí all’autorizzazione idrogeologica, no all’autorizzazione paesaggistica, no alla variante urbanistica. La responsabile del Settore Gestione del Territorio del Comune di Barberino, ing. Simona Guerrizio, ha dovuto gestire la posizione un po’ altalenante degli amministratori barberinesi, ma durante la conferenza dei servizi ha difeso e argomentato il diniego all’autorizzazione dell’impianto. Ha dimostrato anche una grande sensibilità per i problemi del nostro territorio sostenendo l’incompatibilità tra lo storico sentiero (Sentiero degli Dèi) e un impianto eolico industriale, sia in fase di cantiere, sia in fase di gestione.

Un atteggiamento del tutto diverso quello del responsabile del Settore Quarto del nuovo Comune Scarperia-San Piero, Rodolfo Albisano. Certamente in una situazione non facile, visto che è “nuovo” dirigente di un comune nuovo, senza consiglio, senza giunta e senza sindaco. Durante la prima riunione della Conferenza dei Servizi non ha esitato ha dare parere favorevole alla variante urbanistica. Chiamato a esprimersi sull’autorizzazione paesaggistica, si  è guardato bene da imitare i colleghi di Firenzuola e Barberino, che hanno confermato i pareri precedenti. Albisani aveva a disposizione un parere negativo estremamente articolato e argomentato redatto dalla Commissione del Paesaggio del Comune di Scarperia, ma lo ha ignorato del tutto e ha scritto un nuovo parere del tutto favorevole all’impianto, che, quasi quasi, lascia intendere che l’eolico industriale può migliorare il paesaggio del Gazzaro. E poi – non so quanti lo abbiano notato – ha pronunciato in sede di Conferenza dei Servizi il nome che per anni ha aleggiato intorno alla vicenda eolico sul Gazzaro: Panna-San Pellegrino! Per quanto riguarda la questione delle sorgenti e dei pozzi ha espresso un parere favorevole, come Comune di Scarperia-San Piero, dopo essersi consultato con Panna-San Pellegrino.

Ci eravamo sempre domandati come mai Panna, che sempre è stata molto attenta all’integrità del Gazzaro, rispetto a questo impianto industriale sia sempre stata in silenzio. Nonostante la citazione di Albisani, continuiamo a chiedercelo ancora.

 

La testimonianza di Fabrizio Nazio, membro molto impegnato del comitato “monte Gazzaro – no eolico selvaggio”:

Abbiamo vinto. Niente pale su Monte Gazzaro. L’ha decretato la conferenza dei servizi di stamani mattina. Il punto fondamentale è stato il parere negativo della soprintentenza ai beni paesaggistici, motivato dalle argomentazioni che proprio noi avevamo a lei fornito e che ha ritenuto di fare proprie.
Personalmente una soddisfazione quintupla. Non solo perché ad argomentare mesi fa in sovrintentenza a Palazzo Pitti c’ero anche io. Non solo perché dopo mesi di battaglia s’è difeso e tutelato un patrimonio enorme dal punto di vista ambientale, ma soprattutto storico e turistico (luogo descritto in libri e depliant tradotti in più di cinquanta lingue). Non solo perché abbiamo dimostrato che una squadra fatta di persone provenienti da estrema sinistra ai popolari, laici e cattolici, riescono non solo a lavorare bene ma a farlo ad un livello altissimo. Non solo perché il materiale prodotto è stato pertinente, competente, perfettamente in linea con le direttive paesaggistiche regionali che fanno eco all’indirizzo nazionale sulle tematiche ambientali, in maniera tale da essere un riferimento valido anche per la stessa sovrintendenza.
Ma la cosa che mi dà più soddisfazione è l’aver ribadito che non vince sempre il più grosso, chi smuove più soldi, chi ha più agganci, chi è più arrogante, chi ha sempre vinto. E a tutti quelli che ieri dicevano “Lascia fare, è sempre stato così”, oggi dico, non solo con la forza della fede, ma anche la concretezza incontestabile dei fatti: “NON E’ VERO!”
Oggi vince l’interesse pubblico, oggi vince l’aquila reale, oggi vince il faggio, la formica e ogni singolo essere vivente che in quei luoghi ha la sua casa e il suo ecosistema.
Oggi vince il lavoro di una squadra che non ha guadagnato un euro, ma ha portato a casa la certezza di poter lasciare il patrimonio ambientale, storico, culturale e turistico di quel monte e dei suoi percorsi alle generazioni a venire.
Un tesoro che ripaga di tutte le ore e le notti passate a studiare documenti tecnici complessi per trovare la ragione oggettiva che li invalidasse, ripaga l’apertura mentale che ti permette di sedere e discutere in maniera propositiva e fattiva, con totale spirito di servizio, con persone che magari inizialmente ti guardavano con diffidenza anche solo per essere afferente ad una diversa storia politica.
Si può cambiare.

 

 

Se finisce la terra

avatars-000022990785-ytz6xr-original-586x441Intervista di Franco Marcoaldi con PASCAL ACOT, La Repubblica, 16 Settembre 2013.

Era nelle cose che la nostra inchiesta sui rischi della “fine del limite” affrontasse anche il limite ultimo e ineludibile rappresentato dalla Terra, verso la quale continuiamo a comportarci secondo una logica di rapina cieca e scriteriata. Per rendersene conto basta leggere, tra i tanti, i bei libri che Pascal Acot ha pubblicato in Italia da Donzelli, Storia del clima e Catastrofi climatiche e disastri sociali. Ma la posizione del ricercatore francese è tanto più interessante perché non si appiattisce sulle tendenze ecologiste oggi più in voga. Con le quali anzi, spesso e volentieri, polemizza apertamente.

«Se pensiamo al nostro rapporto con la Terra, il problema del limite si pone sia in materia di risorse (energetiche, minerali, biologiche), che di crescita demografica. Entrambe oggetto di valutazioni controverse. Secondo alcuni, grazie a tecnologie sempre più raffinate, l’umanità sarà comunque in grado di trovare nuove risorse e occupare nuovi spazi. Dunque la crescita, in termini di ricchezza, non cesserà mai. Si tratta di una semplice credenza, perché nessun dato scientifico ci consente di suffragare tale ipotesi. Per contro, coloro che considerano le risorse limitate si appoggiano su costanti di ordine termodinamico: il globo terrestre è un sistema fermo perché non può scambiare materia con il resto dell’universo, pur utilizzando l’energia di calore che proviene dal sole. L’obiettivo dunque diventa quello del riciclaggio o della scoperta di nuovi tipi di risorse, ma non sempre questo è possibile. Senza contare che il rinnovamento naturale di alcune di esse, come per esempio il fosforo sotto forma di fosfati, è troppo lento. Questa posizione è fatta propria dai fautori delle politiche di austerità e dai partiti ecologisti, che difendono l’ossimoro della cosiddetta “abbondanza frugale”».

Sembrano due posizioni assolutamente
inconciliabili.
«Almeno in linea di principio si può però superare tale antagonismo ponendo la questione in questi termini: le risorse del pianeta non sono affatto illimitate, ma non sono neppure limitate in modo fisso e predeterminato. Bisogna far propria un’idea dinamica di limite, utilizzando al meglio i progressi compiuti e concentrando l’attenzione su una gestione razionale delle risorse. Innanzitutto proscrivendo tutte quelle produzioni che soddisfano soltanto bisogni immaginari o dettati da una mera logica di profitto e sopraffazione. Penso ad esempio agli Ogm, alle monocolture su base industriale che mettono in ginocchio le coltivazioni tradizionali. E penso anche al ritardo criminale in materia di transizione energetica al fine di rimpiazzare le risorse fossili con risorse rinnovabili. Senza contare, da ultimo, gli effetti disastrosi delle delocalizzazioni e della mondializzazione, a partire dai costi spropositati dei trasporti».

Lei insomma sposta l’attenzione dal rapporto ecologico uomo-natura a un piano più squisitamente politico.
«Assolutamente sì. La qualità delle relazioni tra gli esseri umani e la natura è strettamente legata al rapporto che gli esseri umani instaurano tra di loro. Il saccheggio delle risorse umane si accompagna sempre al saccheggio delle risorse naturali. Se i rapporti sociali sono brutali e violenti, allora si verifica ciò a cui assistiamo oggi: la razzia indiscriminata dell’ambiente e la devastante mercificazione del patrimonio comune. Al contrario, in un mondo in cui prevalessero rapporti sociali più equi e rispettosi, si potrebbero creare le condizioni di un rapporto più armonioso anche con il pianeta».

Da qui anche una sua vis polemica contro certo ecologismo.

«Io riconosco a tutto il movimento ecologista uno straordinario merito: quello di aver posto all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale il rischio enorme dell’attuale situazione. Però non condivido alcuni aspetti dell’ideologia ecologista, lo svilimento dell’umanità rispetto a una fantasmatica “natura” che va protetta come una reliquia. Ad esempio, i fautori della decrescita felice non vedono che il problema vero è quello della ripartizione più equa delle risorse. Oppure, tanti ambientalisti pensano che tutto possa risolversi con un generico appello alla coscienza individuale. Ma che senso ha affermare che l’Uomo, in quanto tale, è colpevole? Che siamo tutti colpevoli in eguale misura? Che tutto si risolve attraverso il mutamento delle nostre abitudini? Non è vero. E sono i numeri a dircelo. Io posso anche convertirmi all’auto elettrica, ma il mio gesto risulterà ininfluente se si continua a perseguire la logica folle della mondializzazione nella circolazione delle merci, con l’emissione spropositata di combustibili fossili necessaria al loro trasporto. Mi chiedo: quando finirà l’assurdità di gamberetti pescati nella baia di Baffin, sgusciati in Marocco e impacchettati in Danimarca che arrivano poi sugli scaffali dei nostri centri commerciali? Magari ad opera di quelle stesse catene distributive che hanno anche la faccia tosta di spingerci ad acquistare buste di plastica ecologiche con il logo del Wwf».

Lei però è anche molto critico sull’eventualità che la politica affidi le sue scelte a quanto indicato dalla comunità scientifica.
«È un’idea rovinosa. Intanto perché la scienza non è affatto neutrale. È condizionata da mille fattori: i pregiudizi del momento, l’ideologia delle classi dominanti, la logica del profitto, il percorso biografico degli scienziati, gli investimenti verso questo o quel settore di ricerca a scapito di altri. No, io continuo a credere che solo all’interno di un autentico processo democratico gli uomini possano finalmente riappropriarsi del loro destino, e invertire la rotta che ha condotto a mille catastrofi: da Bhopal a Chernobyl. I veri produttori della ricchezza – coltivatori, tecnici, allevatori, pescatori – sono stati espropriati degli strumenti necessari per intervenire sui processi che hanno portato a quelle sciagure. E questo è accaduto sia all’interno delle società cosiddette socialiste che in quelle liberali. Ciò detto, certo, la politica deve saper ascoltare quanto la scienza le dice. E la scienza ci dice in modo inequivocabile che l’attività dell’uomo influisce sul clima del pianeta e che, se non si fa nulla per bloccare il riscaldamento globale, si va verso il disastro».

Lei ritiene che siamo già arrivati a un punto di non ritorno?
«Posso solo dirle questo: il tempo della politica e quello dell’ecologia non combaciano. La politica ha uno sguardo sempre più corto, mentre, se anche noi oggi prendessimo finalmente le decisioni giuste, gli effetti benefici si vedrebbero soltanto dopo molto tempo, a causa delle inerzie ecologiche su scala planetaria. Provo a spiegarmi con un’immagine che ho già utilizzato in altre occasioni: è come se fossimo a bordo di un camion e, nell’imminenza di un potenziale incidente, decidessimo all’improvviso di frenare. Ma l’inerzia è tale che il camion, prima di fermarsi, percorrerà ancora un bel tratto di strada. Inutile aggiungere che non stiamo affatto frenando, ma al contrario
continuiamo a correre a rotta di collo….».

Quindi?
«Quindi, sulle cause astronomiche dell’andamento climatico non possiamo certo intervenire, ma sui fattori che dipendono da noi sì: in particolare, sulle emissioni di gas a effetto serra. Non è detto che tutto ciò sia sufficiente, ma è evidente che non si può assolutamente eludere quel passaggio. L’ho già scritto e lo ripeto qui: siamo nella stessa situazione di Pascal rispetto a Dio; pur non esistendo la prova, lui scommise sulla sua esistenza. E noi a nostra volta dobbiamo scommettere che non sia troppo tardi per salvare la specie umana e il pianeta Terra. Anche se le confesso che, a momenti, mi sembra una scommessa disperata».

 

Rassegna Stampa

10 – 19 giugno 2013

Regione: Le aperture del presidente ai movimenti e il dibattito precongressuale del PD

Firenze: dopo la sentenza del Consiglio di Stato che annulla i vincoli culturali per i palazzi del centro storico

La voce dei cittadini

SEGNALAZIONI