Cave di Carrara: i beni estimati non sono privati.

imageSecondo il parere arrivato al Comune l’editto del 1751 sancì solo diritti di godimento e non di proprietà  ».

Da Il Tirreno, 8 maggio 2014. CARRARA I beni estimati non sono privati: questo il parere ufficiale del professor Emanuele Conte dell’Università di Roma Tre a cui l’Amministrazione Comunale si era rivolta per dirimere la questione delle cave intestate a soggetti privati e che il primo febbraio 1751 erano iscritte da oltre 20 anni negli Estimi dei Particolari. Con il suo famoso editto, Maria Teresa Cybo Malaspina duchessa di Massa e Carrara, volle disciplinare le concessioni degli agri marmiferi che facevano parte dei beni delle Vicinanze carraresi. E così tutelò i soggetti privati “possessori” ultraventennali delle cave vicinali. Le Vicinanze furono soppresse nel 1812 per volere del principe di Lucca e Piombino, Felice I Baciocchi, investito dei poteri anche sul ducato di Massa e Carrara. Il dominio delle Vicinanze si trasferì ai nuovi soggetti di diritto pubblico fino all’ordinamento attuale. La patata bollente è passata al Comune. Ieri 7 maggio il parere è stato distribuito ai membri della Commissione Comunale Marmo presieduta da Massimo Menconi. Secondo il professor Conte, l’editto di Maria Teresa non ha attribuito la proprietà piena e perfetta dei fondi concessi ai soggetti iscritti nell’estimo come possessori, ma ha consolidato il godimento di quei beni. C’è da ricordare che un tempo le concessioni erano perpetue e non onerose. Il Comune nel 1994 ha adotto un regolamento degli agri marmiferi abrogando, sottolinea Conte, la disciplina estense «benché sussistano in dottrina isolate voci dissenzienti». Insomma, le cave sono state identificate come patrimonio indisponibile del Comune, ma la questione dei Beni estimati, intestati al catasto come piena proprietà, è rimasta aperta. Non soggiacciono al regime concessorio pubblicistico che prevede l’acquisizione a titolo oneroso del diritto di escavazione. Cioè il canone comunale. Secondo le conclusioni dell’esperto incaricato dal Comune di dare il parere, «Conservando il dominio eminente sui terreni concessi, le Vicinanze hanno trasferito il proprio astratto diritto agli enti pubblici che hanno rilevato la titolarità pubblicistica dei territori in questione, giacché su di essi né il diritto comune degli ordinamenti previgenti, né successivamente il diritto pubblico e privato degli Stati preunitari, del Regno d’Italia e infine della Repubblica, ammettevano né ammettono usucapione né prescrizione acquisita». La relazione del prof. Conte, ricevuta dal Comune in aprile ma diffusa solo il 7 maggio, ha avuto ieri un primo passaggio nella Commissione Marmo dove sono intervenuti il vice sindaco Andrea Vannucci e il dirigente Marco Tonelli. Di fatto ora il Comune, confortato da tale parere, procederà ad una nuova regolamentazione, tesa a cancellare di fatto i beni estimati, in sinergia con la Regione che sta mettendo mano alle legge 78/98. Probabilmente ci sarà un periodo di transizione più o meno lungo.«Le conseguenze – ha detto Vannucci – sono: contenuto economico, possibilità di affidamento di tutte le concessioni con procedura di evidenza pubblica. Il parere ci conforta». Obiezioni da parte dei consiglieri De Pasquale (5 Stelle) e Bienaimé (Carrara bene comune, Idv, Verdi e Fabbrica della sinistra) la quale ha alzato i toni della discussione in Commissione contestando l’operato dell’amministrazione. Vannucci ha replicato che il regolamento degli agri marmiferi del 1994 si è occupato essenzialmente delle concessioni pubbliche, ma non risolse il problema dei Beni estimati. Il vice sindaco rispetto al parere avuto dal Comune, prevede ricorsi da parte di chi ha i Beni estimati: «Non credo ci siano intenzioni bellicose, quanto conservatrici. Ma, o si evolve il sistema o il sistema crolla. Il cambiamento è l’unica garanzia per la continuità dell’attività alle cave. Sì, ci aspettiamo ricorsi ma secondo me se ci saranno, faranno un danno alla collettività CARRARA. La consigliera comunale Claudia Bienaimé commenta: «I beni estimati non costituiscono diritti privati ma semplici diritti di godimento». Sostiene che il professor Conte «non fa che ribadire ciò che anche altri in passato avevano sostenuto, ricordiamo i pareri dei Dott.ri Battistoni Ferrara, Piccioli e Barile che affermavano un’unica verità: Maria Teresa con il suo editto volle ribadire che gli agri marmiferi erano di proprietà delle Vicinanze (oggi Comuni) e che gli occupanti senza titoli sarebbero stati iscritti in catasto ma prevedeva a loro favore solo un diritto di godimento e non un diritto di proprietà, stante che il dominio diretto rimaneva in capo alle Vicinanze. Questo principio della proprietà di tutte le cave in capo al Comune venne ribadito in tutti gli atti successivi in particolare nel Catasto estense del 1824 e nel regolamento comunale approvato nel ’94. Questa vicenda – conclude la consigliera – chiude una fase dove vi erano cavatori di serie A, di serie B; e chi paga e chi non paga».

Il commento di Legambiente, su Greeen Report, 14 maggio

Cave, i beni estimati sono pubblici: inizia il coro dei piagnistei? Non si è ancora spenta l’eco della divulgazione del parere giuridico che conferma la proprietà pubblica dei beni estimati e già iniziano a levarsi le prime voci di quello che, immaginiamo, diventerà un coro straziante volto a impietosire i carraresi sul triste destino che ha colpito i titolari di beni estimati. Gara pubblica per le concessioni di cava: un vero esproprio? Apre il coro il titolare della cava Artana B, preoccupato dalla prospettiva che le concessioni siano assegnate mediante gara pubblica e, pertanto, la sua cava, acquistata dal nonno, domani possa essere assegnata ad altri. Gli alti lai, peraltro, sono accompagnanti dall’esclamazione «se il Comune la metterà a gara, sarà un vero e proprio esproprio!», rivelatrice della convinzione che i beni estimati siano proprietà privata, come i titolari hanno sempre rivendicato. Non mancano le solite argomentazioni, economiche (se acquisto macchinari e poi perdo la cava, come li ripago?) e perfino ambientali (se sapessi di avere la cava per un periodo limitato scaverei a man bassa senza curarmi delle conseguenze, lasciando i problemi al concessionario successivo). Segue la proposta: fateci pure pagare il canone come gli altri, ma non mettere a gara le cave e lasciatele alle famiglie che hanno pagato quei terreni. Primi appoggi politici: il soccorso azzurro. A loro supporto, in perfetta sincronia, interviene il centrodestra locale sostenendo che i beni estimati devono essere considerati come un “affitto perpetuo” e quindi i titolari di cava sono come inquilini che devono pagare l’affitto, ma non possono essere sfrattati. Concedi un dito e ti prendono il braccio. Sembra di assistere alla stessa recita già inscenata dai balneari contro la direttiva Bolkestein: in tanti anni di concessione demaniale abbiamo migliorato la spiaggia e fornito servizi, ed ora avete il coraggio di mettere a gara il frutto del nostro lavoro? È evidente il totale capovolgimento del concetto di concessione: anziché ringraziare perché è stato loro “concesso” di sfruttare (per un dato periodo e a certe condizioni) un bene pubblico, rivendicano il “diritto” di continuare ad usufruirne indefinitamente. Allo stesso modo, i titolari di beni estimati, anziché ringraziare per aver sfruttato per decenni le cave (senza peraltro pagare alcun canone!), si atteggiano a povere vittime e rivendicano di fatto la perpetuità della concessione (peraltro mai rilasciata). Sembrano dimenticare che da ormai venti anni la Corte Costituzionale ha sentenziato l’onerosità e la temporaneità delle concessioni e che il Comune (non solo per rispettare le direttive europee) è tenuto a mettere a gara le cave (suoi beni indisponibili), evitando rendite di posizione nell’interesse di tutti i carraresi. Gara pubblica: uno stimolo positivo anche per l’imprenditoria. Merita ricordare infine che l’assegnazione mediante gara pubblica delle concessioni (per le quali proponiamo una durata decennale) è uno stimolo al continuo miglioramento dell’imprenditoria del marmo e delle ricadute sulla città: se il Comune accoglierà la nostra proposta, infatti, le cave saranno assegnate a chi avanza la miglior offerta economica, garantisce la maggior percentuale di blocchi lavorati in loco (quindi maggior occupazione), il minor impatto ambientale e il piano d’escavazione più razionale. Se gli attuali titolari sapranno raccogliere la sfida non avranno nulla da temere: potranno addirittura assicurarsi la concessione di una cava migliore dell’attuale. Legambiente Carrara http://www.greenreport.it/news/urbanistica-e-territorio/cave-i-beni-estimati-pubblici-inizia-coro-dei-piagnistei/#prettyPhoto

Il documento del CAI sulle Apuane

PrunoCLUB ALPINO ITALIANO. COMMISSIONE TUTELA AMBIENTE MONTANO TOSCANA

Presidente del Consiglio Regionale, Alberto Monaci, Presidente della VI Commissione Consiliare, Gianfranco Venturi

e p.c. Assessore Anna Marson, Presidente Enrico Rossi, Prof. Massimo Morisi, Garante per la Comunicazione per il Governo del Territorio

 

Il Club Alpino Italiano – attraverso la propria Commissione di Tutela Ambiente Montano, invia questo documento quale contributo per la consultazione promossa dalla VI Commissione del Consiglio Regionale sulla proposta di Piano Paesaggistico formulata dalla Giunta Regionale.

Il Club Alpino Italiano pone alla Vostra attenzione le seguenti riflessioni e contributi in particolare sulla “questione Apuane”

La proposta di Piano Paesaggistico della Giunta Regionale non può che essere letta e accolta positivamente. Innanzitutto perché finalmente pone l’accento e contestualizza, in un documento formale con valore di Piano sovraordinato, la grande contraddizione esistente nel territorio delle Apuane: l’esistenza di un Parco Naturale Regionale che racchiude all’interno del suo perimetro (anche se formalmente con l’escamotage della creazione delle cosiddette aree contigue di cava) attività industriali fortemente impattanti sul delicato sistema ambientale e naturale delle Alpi Apuane e, grande novità, cerca di trovare una valida soluzione alternativa.

Pur nella legittimità delle diverse posizioni espresse non si può rilevare come gli imprenditori del comparto lapideo di fronte alla proposta della Giunta Regionale

1. abbiano prima formulato alla Regione Toscana la proposta dello “stralcio” della parte riguardante l’attività estrattiva dall’approvazione del Piano Paesaggistico. Ma è bene ricordare che la Regione Toscana ha commesso un’errore con la legge regionale 63 del 2006 che ha stralciato dalla redazione del Piano del Parco quello relativo alle attività estrattive con il risultato che, a distanza di quasi 30 anni di Parco (sic!), non si ha nè il primo nè il secondo. Le attività estrattive hanno pertanto già goduto di deroghe su deroghe: ad iniziare dalla deperimetrazione del Parco, con esclusione di gran parte del territorio di Carrara per la presenza, appunto, delle attività estrattive; della deroga del Piano del Parco, ora vorrebbero toccasse anche al Piano Paesaggistico.

2. abbiano poi scomodato addirittura il Presidente della Repubblica e le testate giornalistiche di livello nazionale, per portare sotto i riflettori di livello più ampio rispetto a quelli locali/regionali una Regione (quella Toscana!) che in un momento di crisi economica globale vorrebbe togliere posti di lavoro piuttosto che garantirli. E a questo proposito: sappiamo bene di cosa stiamo parlando? E’ incredibile che nel 2014 dopo secoli di lavorazione del marmo, il cosiddetto primo comparto economico delle Province di Massa-Carrara e Lucca e l’istituzione di un Distretto Lapideo, non si abbiano ancora dati certi sulla incidenza dell’economia lapidea nel territorio apuo versiliese e si indichino con leggerezza dati che oscillano tra 1.500 e 5.000 occupati diretti! 
Ben vengano studi e ricerche se condotte con oggettività per definire veramente l’impatto che tale economia riveste nel territorio, un impatto che però deve essere analizzato e studiato anche da un punto di vista ambientale perché non si può più prescindere dalla tutela, parimenti degna di considerazione rispetto a quella economica, del valore Ambiente inteso come tutela della biodiversità che le Apuane racchiudono (le Apuane rappresentano circa il 50% di siti SIC e ZPS del territorio toscano), tutela dei crinali e delle vette delle Alpi Apuane, tutela delle acque e pertanto della Salute, bene costituzionalmente garantito, tutela delle popolazioni che in questo territorio vivono.

3. Imprenditori che contestano la proposta di un Progetto Integrato di Sviluppo come riqualificazione e alternativa alla riduzione (c’è scritto riduzione nella Disciplina di Piano, non chiusura!) delle attività estrattive intercluse nel territorio del Parco. Dopo anni di estrazione e lavorazione questi lungimiranti imprenditori del lapideo non sono riusciti neppure a tutelare e valorizzare il “loro prodotto marmo” né attraverso la costituzione di una filiera di estrazione/lavorazione, che tuteli quindi una buona e piena occupazione, né con una tutela del bene in termini di “marchio” risolvendo l’escavazione così in un mero “saccheggio” del monte e un invio attraverso i porti toscani del semplice materiale scavato.

4. Infine, nonostante il dialogo aperto dalla Regione, in particolare del Presidente Rossi sulla questione, gli imprenditori del lapideo hanno presentato, è notizia di ieri, un ricorso al TAR contro la delibera della Giunta Regionale, con un documento uscito sulla cronaca locale di ieri in cui tacciano e minacciano di azioni legali chiunque la pensi diversamente (in particolare le associazioni ambientaliste, ma anche l’assessore Marson a cui va tutta la nostra solidarietà per il lavoro ad oggi condotto).

Alla luce di quanto sopra ci sembra di poter affermare che siamo di fronte a un soggetto economico che vuole salvaguardare i propri esclusivi interessi economici, la libera iniziativa economica privata, che, è bene rimarcare, incide però su una risorsa pubblica non ripetibile ed esauribile, a scapito di un dibattito necessario che riguarda la collettività tutta, perché attiene a beni e tutele che prescindono, vanno e devono andare oltre al mero interesse e profitto di una attività/categoria economica.

Un’ulteriore riflessione: con l’approvazione del Piano Paesaggistico e con l’attuazione di quanto previsto in termini di riduzione delle attività estrattive intercluse e di realizzazione di un Progetto Integrato di Sviluppo, il Parco delle Apuane, quel Parco che in quasi trenta anni di attività non è ancora riuscito a rendersi protagonista di una politica pubblica “tipica” di un Ente Parco, di una gestione “consapevole e sostenibile” del proprio territorio, potrebbe finalmente recuperare questo ruolo suo proprio.

E finalmente dare attuazione all’art. 3 del proprio Statuto “L’Ente persegue il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali” non solo (e quasi esclusivamente) in termini di un miglioramento che passa attraverso le attività estrattive presenti, ma anche in termini di tutela della biodiversità, della risorsa acqua, dei crinali e delle vette delle Apuane.

Un Parco motore di uno sviluppo alternativo che passa quindi attraverso turismo e cultura. Non a caso nel Piano del Parco, in attesa di approvazione, il turismo sostenibile e la valorizzazione culturale vengono posti come motore di sviluppo per le comunità locali, sviluppo che sicuramente rimarrà sulla carta se non si porrà una importante revisione della attività estrattiva all’interno dell’area Parco, cosa che temono anche molti degli operatori turistici del territorio che da anni attendono scelte lungimiranti in termini di uno sviluppo diverso e alternativo a quello lapideo.

Il Club Alpino Italiano, associazione di tutela ambientale riconosciuta dal Decreto di Istituzione del Ministero dell’Ambiente del 1986, non ha come esclusiva alternativa quella dello “stare contro” fine a se stesso, il rigetto nel trovare soluzioni, ma piuttosto si propone come un soggetto attivo, mettendo a disposizione le proprie competenze, conoscenze e risorse umane anche a supporto della stessa Regione Toscana, per la costruzione di quella valida alternativa per le Alpi Apuane, oggi non più rinviabile anche nella agenda politica del Consiglio Regionale.

09 aprile 2014

Per il CAI Gruppo Regionale Toscano

Riccarda Bezzi

Presidente Commissione Regionale Tutela Ambiente Montano del Club Alpino Italiano

Consigliera Ente Parco Alpi Apuane

 

LA FURIA CIECA DEI CAVATORI DELLE APUANE

apuaneDi Paolo Baldeschi, da Eddyburg, 9 aprile 2014.

In un comunicato di inaudita violenza il Coordinamento delle attività estrattive lapidee del Parco delle Apuane  chiede al Tar l’annullamento della delibera con cui la Giunta della Regione Toscana ha approvato il nuovo Pit con valenza di Piano paesaggistico, nonché del Piano stesso “pieno zeppo di errori procedurali, istruttori e legislativi” e – sempre secondo il Coordinamento – in violazione della Costituzione e di diritti incoercibili della proprietà privata. Al centro del fuoco Anna Marson, accusata di ogni nefandezza, “responsabile di un’azione violenta, illegittima, ….volta unicamente a ledere l’identità del territorio, della sua attuale realtà produttiva e del suo futuro”. L’Assessore Marson di cui le “aziende tutte, e i lavoratori, chiedono le dimissioni per i gravi danni che già sta provocando ad una realtà territoriale salda e solida da centinaia di anni”. E ce ne è anche per Italia Nostra, Legambiente e le associazioni ambientaliste, cui “qualora queste non interrompessero le loro azioni delatorie (sic), le imprese … domanderanno in sede giudiziaria risarcimenti per il danno economico e di immagine”.

La furia vendicatrice del Coordinamento, sia pure espressa in modo sintatticamente sgangherato e giuridicamente inconsistente, trova una spiegazione nella situazione di rendita super privilegiata in cui si trovano le imprese lapidee che dalle Apuane estraggono blocchi o, per lo più, detriti di marmo: canoni concessori minimi, il 13% di un valore del marmo generalmente sottostimato, e praticamente nulli dove – come nel territorio del comune di Massa – ancora vigono le leggi estensi del diciottesimo secolo. Concessioni perpetue (sempre secondo il diritto estense) e negli altri casi aggiudicate senza gara per un tempo lunghissimo e rinnovabili automaticamente. Una vera pacchia! A fronte sta un’occupazione ridotta al minimo (circa mille addetti e non cinquemila come il Coordinamento aveva millantato in un primo comunicato), la gran parte del materiale esportato, l’indotto locale sempre più esiguo. I costi tutti scaricati sul territorio, mentre il tunnel in costruzione, che migliorerà la situazione di inquinamento aereo nel centro di Carrara, sarà pagato dai cittadini a tutto vantaggio delle imprese che usufruiranno di una consistente riduzione dei costi di trasporto.

Naturalmente il Coordinamento dimentica di dar conto delle inadempienze sistematiche delle aziende impegnate nelle attività estrattive: la mancanza di raccolta delle acque a piè di taglio, l’assenza o il mancato utilizzo degli impianti di depurazione spesso esistenti solo sulla carta, i rifiuti abbandonati nelle cave dismesse, la mancata attuazione dei piani di ripristino, una diffusa e impunita inosservanza di regolamenti e prescrizioni. Si dimentica, altresì, il Coordinamento dell’inquinamento delle falde, delle sorgenti e dei torrenti, della diffusione di polveri sottili, degli innumerevoli danni ambientale e paesaggistici; considerazioni già contenute nell’articolo Le Apuane e lo scandalo del Piano Paesaggistico, ospitato da eddyburg.

Ma quale è il peccato mortale del Piano? La colpa è di cercare di frenare il taglio delle vette al di sopra dei 1200 metri e di limitare l’estrazione all’interno del Parco delle Apuane, facendo salve le concessioni esistenti, ciò che ha provocato la netta contrarietà del Presidente del Parco, (vicepresidente uscente, già segretario del Pd di Fivizzano), evidentemente più sensibile agli interessi dei cavatori che a quelli dell’ente da lui presieduto.

L’attacco forsennato del Coordinamento, contro tutto e contro tutti, rivela una concezione di rapina del territorio e tutto sommato la miopia di chi non capisce che sarebbe saggio accettare una contenuta riduzione dei profitti a fronte del vantaggio di essere coprotagonisti di uno sviluppo economico più equilibrato, diffuso, capace di valorizzare le risorse dell’intero contesto territoriale e di migliorare la qualità di vita delle popolazioni. Una miopia e una resistenza che annoverano il Coordinamento come socio onorario del movimento dei forconi, in un metaforico rogo di leggi, piani, regole e buon senso. In attesa che qualcuno spieghi ai cavatori che la tutela del paesaggio secondo la Costituzione (da loro impropriamente evocata) prevale sugli interessi economici e che , sempre secondo la Costituzione, la salute è un “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Ma forse dietro ai forconi apuani vi è qualcuno che soffia sul fuoco: si bombardano le Apuane per fare fuori la nuova legge urbanistica e il piano paesaggistico con le loro assurde pretese di contenimento del consumo di suolo e di tutela del paesaggio.

 

 

 

 

 

Rassegna Stampa

Marzo 2014

Rassegna aggiornata al 20 marzo

L’ASSEMBLEA DELLA RETE

IL DOSSIER APUANE (continua)

IL DOSSIER AEROPORTO

ALTRE NOTIZIE