Cosa rimarrà delle Apuane.

magghianiIntervista con Maurizio Maggianidi SIMONE SILIANI, su Cultura Commestibile 84, luglio 2014. Abbiamo intervistato lo scrittore Maurizio Maggiani sul conflitto che si è consumato nei giorni scorsi intorno alle Alpi Apuane sul Piano Paesaggistico della Regione Toscana. Maggiani, già vincitore del premio Campiello e il premio Viareggio con “Il coraggio del pettirosso” nel 1995.  Nel 2005 ha vinto, con il romanzo “Il viaggiatore notturno”, i premi Premio Ernest Hemingway e Premio Parco della Maiella e il Premio Strega. Nato a Castelnuovo Magra è uomo di montagne.

Siliani – Nei giorni scorsi, sulle Apuane, si è combattuta una battaglia: cavatori (o meglio imprese) vs. ambientalisti, intorno al Piano Paesaggistico redatto dall’assessore Marson per la Giunta Regionale Toscana. Sembra una guerra fra chi considera il paesaggio un bene privato (o comunque, asservito all’interesse privato) e un bene comune, fra l’egoismo e l’altruismo. Tu hai raccontato la vita delle genti di Vagli nel Distretto, incastonato fra i monti delle Apuane e le vallate della Garfagnana in Meccanica Celeste. Il Distretto è forse il vero protagonista del tuo libro: quell’ambiente naturale e mitologico, in cui la giovane della tribù delle montagne piange l’uccisione da parte delle centurie romane del suo amato principe guerriero della piana pisana e lo piange tanto da plasmare con le sue lacrime un’intera montagna (l’Omo Morto). Ci racconti queste montagne, questo paesaggio dal punto di vista delle genti di Vagli?

Maggiani – Il paesaggio raccontato dalle genti di Vagli bisognerà chiederlo a quelli di Vagli, di cui non conosco nemmeno la lingua e credo nessuno fuori da Vagli sappia nemmeno capirla bene tanto sono riservati. Io non so cosa sia il paesaggio per i misteriosi abitanti di Vagli; posso intuirlo attraverso le loro azioni, attraverso il modo che hanno di vivere, il modo che hanno di rappresentare la propria vita e che è una vita dentro un paesaggio. Voglio però prima fare una precisazione. Io non sono un ecologista, perché non ho la cultura dell’ecologia essendo figlio di contadini. Se c’è della gente che non riesce ad afferrare la cultura ecologista sono proprio i contadini perché per loro la natura, intesa come luogo inumano, è una assoluta estraneità. Il contadino si rapporta con la natura in genere, con gli animali, con il paesaggio, con gli esseri viventi e soggiacenti di vita come le pietre, per sé, per la sua vita. La natura che il contadino capisce è la sua vita; dentro quella vita, la propria vita. Se mio nonno Garibaldi lo mettevi davanti ad un paesaggio selvaggio, la prima cosa che gli veniva in mente è “chi è che mettan il vigne? Chi mettan di coi? Chi’l che porta l’acqua a le bestie?” Questo è importante perché io parto da lì, quella è la mia cultura. Non esiste per me il concetto di valore a sé, L’ecosistema comprende anche gli umani; come comprende gli scorpioni e la grandine. Ora, forse gli scorpioni e la grandine hanno poche amicizie in giro, però sono parte dell’ecosistema. I cavatori sono parte dell’ecosistema e lo sono, forse, anche gli ecologisti, Mia moglie è stata commissario d’esame in un liceo artistico di Ravenna. Un giovane candidato ha portato una tesina sui  nuovi sistemi di agricoltura biologica di un tale giapponese che non conosco. Questo ragazzo spiegava come si mescolano i semi insieme all’argilla e si gettano in terra. Questo ragazzo, che ha sicuramente una forte sensibilità ecologica, probabilmente ricava il suo reddito (o i suoi genitori) ignorando completamente che cosa vuol dire metter su un pezzo di pane. Non si falcia il grano andando a spiluccare le sue spighe tra la gramigna, l’avena selvatica e loglio. Allora, le Apuane. C’è sempre stato, per obbligo neppure per sensibilità estetica, una cura che si rivela anche estetica nel rapporto con l’ambiente che ti dà da vivere e dunque con le Apuane da parte delle genti di Vagli che erano in gran parte fatte di cavatori. C’è una bellezza in sé in una vecchia cava, ma questa bellezza in sé viene perché è stato un lavoro ben fatto. L’idea di bellezza che io ho, l’unica idea di bellezza su cui io sono cresciuto, è quella generata per forza di cose da un lavoro ben fatto. Un lavoro ben fatto lo riconosci subito perché brutto a vedersi e poi perché non dà frutto, o non lo dà abbastanza e non lo dà nel tempo. Una potatura ben fatta di una vigna è veramente bella da vedersi; sembra un ritmo decorativo, una cosa adatta ai poeti; ma io non sono cresciuto fra i poeti, bensì fra i contadini, eppure quella bellezza c’era. Ora, quella potatura ben fatta, bella da vedersi, in realtà era buona perché dava il giusto frutto, nel giusto modo e soprattutto lo dava nel tempo: vigne che duravano perché non era possibile pensare di cambiare gli impianti ogni 5 o 10 anni. La cava doveva durare secoli perché dovevano mangiarci i figli, i figli dei figlio, i figli dei figli dei figli. E poi le cave più preziose erano quelle del bianco e il bianco doveva essere lavorato con grande attenzione e non solo, ma con un’arte straordinaria perché è raro, prezioso e soprattutto deve essere integro quando viene venduto a Rodin o a Michelangelo. Ma adesso tutto questo non c’è più. Intanto perché le cave più prezioso sono in gran parte estinte. Ma soprattutto il reddito maggiore non viene dalla cava tradizionale ma dalle nuove necessità commerciali, cioè dal carbonato dove non è necessaria nessuna cura, nessuna cautela, nessuna arte se non quella strettamente necessaria, mi auguro, almeno per non far morire gli operatori che ci lavorano.

Siliani – Infatti, il paesaggio di cui dobbiamo discutere, l’unico paesaggio possibile in Toscana, è quello artefatto dall’uomo, costruito dall’uomo. E, in questo caso anche le Apuane hanno indubbiamente questa caratteristica. Il problema è quando le esigenze industriali fanno smarrire quelle capacità, competenze, quella cura, anche quell’amore per il territorio in cui vivi, giusto?

Maggiani – Sì, è un totale disinteresse perché la multinazionale con sede, ad esempio, a Toronto non sa nemmeno cosa sono le Apuane e non ha nessun interesse a saperlo. Quello chela riguarda è il profitto e i dividendi. Per cui le Apuane equivalgono a delle cave nello stato del Rio Grande do Sol. Ora, il problema è che i poveri, i salariati sono in conflitto eterno con altri poveri e salariati che non prendono il pane da dove lo prendono loro. I seringueiros, che sono persone degnissime, si affrontano a colpi di machete con gli indigeni della zona amazzonica: non possono vivere insieme, cavare caucciù e continuare a vivere nel paleolitico come certe popolazioni desiderano e hanno diritto di vivere, nella foresta vergine. Questo è un  caso, ma ve ne sono moltissimi analoghi. I cavatori contro gli ecologisti sono la parte peggiore di un conflitto che comunque esiste. Non puoi dire ai cavatori “cercatevi un altro lavoro”; puoi dire agli ecologisti “levatevi di qui”. A meno che gli ecologisti non siano gli abitanti, gente che abita lo stesso paesaggio dei cavatori; e allora sono i fratelli contro i fratelli, i padri contro i figli, però è una cosa diversa. E la battaglia per la difesa del patrimonio paesistico comune può essere solo vinta, e secondo me vale la pena di essere combattuta, solo se è la comunità che si confronta con se stessa. Se viene un professore di Harvard a spiegarmi che io faccio male a scavare carbonato di calcio in questo meraviglioso giogo di montagne incantate, non ho grandi difficoltà a cacciarlo giù da un pozzo di cava; se invece è mio figlio o sono i bambini della  scuola del paese, è molto diverso. Penso alla TAV, che è un tema che riguarda molto la Toscana: io ho l’idea che la TAV se mai potrà succedere che non si farà, sarà perché avranno vinto gli “egoismi  locali”, non il movimento ecologista mondiale; cioè se avranno vinto le comunità locali che intendono difendere se stesse e per questo parlo di egoismo. Anzi, probabilmente l’ecologista mondiale così malamente rappresentato in certe occasioni, non dà un contributo particolarmente positivo, mi sembra. Allora, la difesa del territorio, del paesaggio, ivi compresa la bellezza del paesaggio se essa è – come io penso – una cosa ben fatta, il frutto di un buon lavoro: gli “egoismi locali” possono discutere quando anche gli interessi all’interno della comunità sono diversi. Mi chiedo quanto questo accada. In questo momento ti parlo da un posto, dove ormai vivo da tempo, sulle colline della campagna romagnola e intorno a me  vedo migliaia di ettari di paesaggio che mi commuovono, ed è tutto paesaggio lavorato. Qui la gente vive di quello, di agricoltura. Lo stesso studente di mia moglie si scagliava contro gli anticrittogamici, lamentava che non ci sono più le rane, ecc.: certo, è vero, ma vorrei prenderlo per le orecchie e portarlo qui dove non si dorme di notte per il gracidare delle rane. Non è più come nel 1950 e non si danno più gli anticrittogamici che uccidono le rane. Le cose  sono cambiate perché ha vinto una battaglia l’egoismo locale che rappresenta il lavoro  ben fatto che quindi considera che anche le rane hanno un loro posto.

Siliani – il paesaggio toscano è veramente soltanto il paesaggio “ben fatto”, o quando non lo è, è “mal fatto”, ma comunque è “fatto”. Non esiste niente di naturale, nel senso assoluto, vergine.

Maggiani – Certo. Un’operazione simile a quella del carbonato, ad esempio, si sta consumando nelle Cinque Terre. Esse sono esclusivamente frutto dell’intervento umano, altrimenti sarebbero solo un pezzo di 15 chilometri di falesia in un complesso che si sviluppa fra la Liguria e un pezzo di Francia. Le falesie sono belle, però non solo le Cinque Terre, che non sono altro che l’incredibile secolare lavoro per ricavare dalla falesia – che è il posto più ingrato possibile – terreno agricolo e terrazzamenti. Cosa è successo? Da 20 anni le Cinque Terre vivono dello sfruttamento turistico di massa di quel panorama. E quel panorama si sta sfaldando pezzo per pezzo; viene consumato da 2/4 milioni di presenze annue. Gli abitanti delle Cinque terre sono diventati tutti improvvisamente ricchi, anche perché lavorano esentasse. Ma saranno ricchi loro e i loro figli; i ricchi si mangeranno la ricchezza accumulata dai padri e poi non ci sarà più niente. Secondo me non è un tema diverso da quello delle Apuane. Bisogna capire oggi cosa rimarrà fra 30 anni delle Apuane.

Dossier Apuane 4 (Luglio 2014)

La guerra delle Apuane continua…

Ancora: 2 luglio

Apuane: penultimo atto

nocaveeambientalistiNUOVA MAGGIORANZA NELLA REGIONE TOSCANA?

di Paolo Baldeschi, da Eddyburg, 28 giugno.

Apuane: vi è una riserva di marmo ancora per mille anni di escavazione, sostengono gli industriali. E chi se ne frega se questo comporterebbe la sparizione di uno straordinario monumento paesaggistico, ambientale e geologico. L’importante – come si è anche accorta la famiglia Bin Laden che ora vuole entrare nel business – è di continuare a godere di colossale rendite inquinando sorgenti, fiumi e aria. Intanto, un passo in questo senso è stato fatto con l’approvazione nella Commissione ambiente e territorio della Regione Toscana, nonostante l’eroica resistenza dell’assessore Marson, di ulteriori emendamenti peggiorativi del Piano paesaggistico. Di cui, il più negativo è la possibilità di riaprire le cave dismesse da non più di 20 anni al di sopra dei 1200 metri, in aree vincolate. E non è improbabile che in fase di approvazione da parte del Consiglio regionale, qualche soldatino alle dipendenze di Confindustria proponga ulteriori codicilli per la distruzione della Montagna. Ma in attesa dell’assalto finale, si possono già fare alcune considerazioni. La prima è che, nonostante che le autorizzazioni di apertura di nuove cave dovrebbero ora essere inquadrate in “piani di bacino” soggetti al parere preventivo della Regione, saranno i Comuni a decidere e a dire l’ultima parola; e l’esperienza insegna che in Toscana l’osservanza dei piani sovraordinati è stata finora un’eccezione. Con l’aggravante, che qui l’osmosi fra amministratori, imprese e Parco delle Apuane ha creato un blocco di interessi che nessun meccanismo regolativo di piano può seriamente intaccare. Bisogna, perciò, cambiare politica e l’unica chance in questo senso è di mandare a casa gli attuali amministratori e sostituirli con persone che si preoccupino più della salute del territorio e dei cittadini che dei profitti delle imprese. Da qui alle prossime elezioni questo è il compito dei comitati. La seconda considerazione è che il grande sconfitto di questa prova di forza è il Presidente Enrico Rossi, il quale all’inizio e durante il suo mandato aveva ribadito che la sua era una maggioranza di sinistra. “Il nuovo piano garantisce insieme alla tutela ambientale, anche le legittime istanze di crescita e sviluppo economico”; non è un esponente della giunta a dichiaralo, ma la portavoce di Forza Italia che così sancisce la nascita di una nuova maggioranza. La Regione Toscana perciò si omologa alla politica di Matteo Renzi, il premier che intende sfasciare la Costituzione vigente in combutta con un corruttore di giudici e di minorenni, compratore di senatori, evasore fiscale, ma “votato da milioni di italiani”. Fine del modello toscano? Vi è da dire che questo modello, che significava uno sviluppo che non distruggesse paesaggio e ambiente, ma anzi ne facesse preziose materie prime da salvaguardare e riprodurre, è esistito solo come proposta politica e tecnica di minoranze fra cui la Rete dei Comitati per la difesa del territorio. E, tuttavia, il tentativo e in qualche caso la speranza erano che le istituzioni, sapessero raccogliere la sfida, in tale senso era stato possibile registrare qualche cauta apertura del Presidente della Regione. Ora, un Consiglio di nominati dai partiti, ignaro di quanto avviene nel mondo, culturalmente arretrato (e cattiva cultura fa cattiva politica) affonda questa speranza. Ribadisce che lo sviluppo si ottiene distruggendo un patrimonio che non appartiene ai cavatori, ma al mondo. Scavalca i sindacati, molto più cauti e consapevoli che la monocultura marmifera deve essere sostituita da un’economia più equilibrata che valorizzi tutte le risorse del territorio. Puntella le rendite dell’oligopolio dei cavatori senza accorgersi che la rendita storica del partito ex Pci, ex Pds, ex Ds, … “ex” si esaurirà definitivamente quando sulla scena elettorale prenderà posizione un partito degno di credibilità che faccia propri gli interessi dei cittadini.

E mentre attendiamo gli sviluppi della situazione, ecco il comunicato che annuncia la “serrata” delle imprese del marmo (in rosso), nonché l’ANSA del 27 giugno, che riporta l’opinione del presidente Enrico Rossi (in verde):

Blocco totale delle attività delle cave e dei laboratori Comunicato alla Stampa Il Coordinamento delle Imprese Lapidee Apuo-Versiliesi, Consorzio Cosmave, CAM, Assindustria Lucca, Assindustria Massa Carrara, LegaCoop Massa Carrara, LegaCoop Lucca, il Consorzio Marmi della Garfagnana, le aziende tutte del distretto lapideo della Versilia e di Massa Carrara lunedì 30 giugno e martedì 1 luglio attueranno il blocco totale di tutte le attività in segno di protesta per il Piano Paesaggistico che il Consiglio Regionale sta per adottare. La decisione è stata presa nelle assemblee che si sono svolte in questi giorni a Pietrasanta e Carrara organizzate dalle Associazioni Industriali e dalla Legacoop di Lucca e di Massa Carrara. Con questa prova, alla quale le associazioni di imprese notoriamente ricorrono solo in casi eccezionali, prende corpo il profondo senso di preoccupazione delle imprese sia per la netta avversione nei confronti delle attività estrattive alla base del Piano che per il mancato confronto su questo atto intenzionalmente teso a spezzare il primo e più importante anello (le cave) della catena di un settore che dà lavoro a migliaia e miglia di persone. Nei due giorni i protagonisti del settore faranno sentire la propria voce e spiegheranno i motivi della singolare protesta con iniziative e con una serie di striscioni appesi ai tetti dei laboratori.

(ANSA) – CARRARA (MASSA CARRARA), 27 GIU – ‘Serrata’ alle cave di marmo di tutto il distretto apuo-versiliese lunedì e martedì prossimi per protestare contro il piano di indirizzo territoriale in discussione alla Regione Toscana. Lo ha annunciato il presidente di Assindustria di Massa Carrara Giuseppe Baccioli. La protesta interesserà circa 3.300 lavoratori di cave, segherie e laboratori. Il governatore della Toscana Enrico Rossi difende il piano definendolo ‘una rivoluzione’ per la tutela del paesaggio.

Ancora sulla questione Apuane.

downloadDopo l’articolo di Tomaso Montanari del 23 giugno, pubblichiamo le schede preparate per la Conferenza stampa di oggi mercoledì 25, nonché il successivo Comunicato stampa.

Per quanto riguarda gli emendamenti al Piano Paesaggistico, introdotti per precisare e articolare meglio la disciplina delle attività di cava, vale la pena di leggere il testo presentato dall’assessore Anna Marson alla Sesta Commissione consiliare “Territorio e Ambiente” lo scorso 11 giugno:

Emendamenti alla proposta di PIT con valenza di Piano Paesaggistico approvati dalla giunta regionale con delibera n. 485  del 10 giugno 2014.

A seguito della richiesta di revisione della disciplina del piano, da parte della Sesta commissione consiliare “Ambiente e Territorio”, relativamente al rapporto tra attività estrattive e tutela del paesaggio con particolare riferimento al contesto delle Alpi Apuane, la proposta approvata dalla giunta il 17 gennaio è stata riconfigurata in modo più articolato. Il divieto generalizzato al rilascio di nuove autorizzazioni nelle aree di cava intercluse nel territorio del parco è stato sostituito da una lettura di maggior dettaglio di ciascun Bacino estrattivo, e da norme più specifiche.  

Al tempo stesso è stato introdotto per tutti i bacini estrattivi delle Apuane, interni ed esterni al Parco, l’obbligo di piani attuativi che facciano propri gli obiettivi di qualità paesaggistica definiti dal Piano paesaggistico, individuando quantità sostenibili, promuovendo le lavorazioni del materiale escavato in filiera corta e tutelando i beni e i valori paesaggistici presenti.

Più nel dettaglio, la proposta approvata dalla giunta il 17 gennaio contemplava una disciplina unitaria per le diverse categorie di beni paesaggistici formalmente riconosciuti (e dunque vincolati), differenziando la norma riferita ai “parchi e riserve nazionali e regionali” soltanto fra “aree contigue di cava intercluse” all’interno del parco e aree contigue non intercluse. Per le autorizzazioni all’escavazione in essere all’interno delle aree contigue intercluse era previsto che, alla relativa scadenza, non vi fosse alcuna possibilità di rinnovo, mentre nelle aree contigue non intercluse le stesse erano state condizionate alla non interferenza con vette e crinali e alla valutazione paesaggistica.

In generale l’autorizzazione all’apertura di nuove attività estrattive, l’ampliamento dell’attività in essere nonché il recupero dei fronti di cava abbandonati e/o dismessi era stata subordinata, all’art.7 delle norme generali, al preventivo parere favorevole di conformità al PIT.

La nuova proposta del 10 giugno è basata su specifici approfondimenti del quadro conoscitivo e interpretativo delle aree Apuane interessate dalle attività di cava, nonché sull’esigenza di codificare, relativamente all’attività di escavazione e ai suoi riflessi sugli aspetti paesaggistici, dispositivi di tutela delle Alpi Apuane maggiormente unitari, rivolta anche alle aree esterne ai beni paesaggistici formalmente riconosciuti, coinvolgendo attivamente i Comuni, enti responsabili del rilascio dell’autorizzazione all’escavazione a valle del procedimento istruttorio, nel perseguimento degli obiettivi di tutela.

E’ stato pertanto prodottoinnanzitutto un nuovo elaborato di piano (Allegato 5 alla Disciplina di piano “Schede Bacini estrattivi Alpi Apuane”), che approfondisce lo stato di fatto per ciascuna delle 21 aree interessate dall’attività estrattiva. A tal fine sono state prese a riferimento le diverse Aree contigue di cava individuate dalla LR 65/1997 istitutiva del Parco delle Apuane, oltre all’area estrattiva di Massa e Carrara (esterna al Parco), identificate come “Bacini estrattivi”.

L’allegato 5 contiene, per ciascun Bacino, una scheda che evidenzia la presenza dei diversi beni paesaggistici formalmente vincolati, nonché dei valori paesaggistici riferiti alla struttura idrogeomorfologica, ecosistemica/ambientale, antropica e percettiva/fruitiva, individuando le criticità paesaggistiche specifiche e i relativi obiettivi di qualità da perseguire, oltre a dettare eventuali ulteriori prescrizioni (rispetto a quelle contenute nella disciplina generale). Queste ultime prevedono, in alcuni casi specifici, la non ammissibilità di ulteriori autorizzazioni all’attività di cava.

La Disciplina del Piano è stata contestualmente rivista introducendo un nuovo Capo VIII bis, Compatibilità paesaggistica delle attività estrattive, che detta norme unitarie per l’intero territorio regionale in materia di valutazione paesaggistica, prevedendo anche l’applicazione delle Linee guida per la valutazione paesaggistica delle attività estrattive di cui all’Allegato 4,. 

Sono state altresì previste specifiche Norme per i Bacini estrattivi delle Alpi Apuane Queste ultime, in considerazione del fatto che le Alpi Apuane costituiscono un valore paesaggistico unico, al quale concorrono sia i caratteri geomorfologici naturali che la cultura delle popolazioni insediate caratterizzata nella lunga durata dall’attività di cava, assumono come elemento identitario anche dal punto di vista paesaggistico questo nesso, ammettendo pertanto l’attività di cava come eccezione alla tutela del bene solo se e in quanto essa contribuisca al mantenimento della popolazione insediata e della sua cultura specifica.

In considerazione di ciò, le attività estrattive sono subordinate a un Piano attuativo, a scala di Bacino, che individua le quantità sostenibili dal punto di vista paesaggistico, coerentemente con gli obiettivi di qualità definiti per ciascun Bacino, garantendo al tempo stesso lavorazioni di qualità in filiera corta del materiale lapideo ornamentale estratto con riferimento all’obiettivo di raggiungere al 2020 almeno il 50% delle lavorazioni in filiera corta.

E’ altresì previsto che, laddove i Piani attuativi interessino beni paesaggistici, la Regione convochi apposite conferenze di servizio con la partecipazione di tutti gli altri soggetti istituzionali interessati allo scopo di verificare in via preliminare il rispetto della specifica disciplina paesaggistica.

La revisione della disciplina per le attività estrattive presenti nei territori di protezione esterna del Parco (art.11 Allegato B), esclude inoltre la possibilità che le attività estrattive interessino aree integre o rinaturalizzate,  oltre a porre ulteriori condizioni più specifiche per le montagne sopra ai 1200 metri e i circhi glaciali.

A seguito delle revisioni e integrazioni fin qui descritte sono state apportate alla Disciplina d’uso delle schede d’ambito n. 1 (Lunigiana), n. 2 (Versilia e costa apuana) e 3 (Garfagnana e val di Lima) le modifiche strettamente necessarie a renderle coerenti con la nuova disciplina generale.

Sugli emendamenti si è comunque scatenato il coro delle proteste degli industriali (vedi la rassegna stampa: dossier Apuane n. 3), e sono state espresse critiche anche dai settori ambientalisti: così l’articolo di Franca Leverotti su Eddyburg, che alleghiamo a completamento dell’informazione.

Le Alpi Apuane: vent’anni di errori e cattiva politica

di FRANCA LEVEROTTI,  da Eddyburg, 25 Giugno 2014.

Nel 1994 il Presidente del Consiglio dei Ministri impugnava la legge della Regione Toscana “Disciplina degli agri marmiferi di proprietà dei Comuni di Massa e Carrara” per violazione dell’art. 117 della Costituzione (le cave devono essere normate dalla Stato e non dalle Regioni sosteneva), e in particolare perché prevedendo la Regione la temporaneità e l’onerosità delle concessioni, perpetue in base alla legge vigente, incide sui diritti reali immobiliari preesistenti, disciplinati con normativa speciale risalente alla legislazione preunitaria (Editto di Maria Teresa 1751 e Decreto di Francesco V 1846).
La Regione, che aveva legiferato costretta anche dall’“allarmante fenomeno delle rendite parassitarie” e in considerazione dell’enorme importanza economica dello sfruttamento degli agri marmiferi e della loro rilevanza anche dal punto di vista paesaggistico ambientale , aveva dettato criteri, che andavano, a parere del governo Berlusconi, a danno dei concessionari di cava. La Corte Costituzionale (488/ 1995) non solo confermava la validità della legge “rivoluzionaria” regionale, ma riaffermava la valenza dell’art. 32 comma 8 (L. 724/1994) e cioè che a decorrere dal 1 gennaio 1995 i canoni annui sarebbe stati determinati dai comuni in rapporto alle caratteristiche dei beni, ad un valore comunque non inferiore a quello di mercato. E precisava: “A questa regola i Comuni di Massa e Carrara devono fin d’ora uniformarsi, indipendentemente dall’entrata in vigore dei regolamenti più volte ricordati”.
Che cosa è successo in questo ventennio?

A Carrara il regolamento è stato svuotato dalle amministrazioni succedute alla Fazzi Contigli; a Massa si è scelto di continuare con il decreto del 1846. Il canone rapportato al valore di mercato del marmo estratto, imposto (“devono”) dalla Corte Costituzionale, è stato dimenticato, con il vantaggio dei pochi concessionari di cave, anche percettori di rendite, che a queste rendite improprie e ai guadagni mostruosi non vogliono rinunciare. A Massa, il Comune riscuote 8,30 euro ogni tonnellata di marmo che passa dalla pesa pubblica (e molto non passa dalla pesa), indipendentemente dal valore del marmo (che oscilla da qualche centinaia di euro  ad alcune migliaia di euro)

Vent’anni dopo (2014) è ancora la politica, la cattiva politica, anche di sinistra, che scende in appoggio degli industriali e di fronte ad un piano paesaggistico che cerca di tutelare l’ambiente, le acque, i profili dei monti, i circhi glaciali, le grotte carsiche, geotopi e geositi, le aree di Rete Natura 2000 (SIC-ZPS), un patrimonio che non è solo italiano, ma del mondo intero, un piano paesaggistico che suggeriva di portare a progressiva chiusura le cave all’interno di un Parco, modificando e stravolgendo i diritti della cittadinanza.
Due soli esempi: è sopravvissuto un paragrafo nella disciplina del piano paesaggistico in cui si precisa che l’apertura di nuove cave (che cadranno in zona SIC/ZPS), l’ampliamento delle esistenti (che già ora sono entrate in zona SIC/ZPS) e ampliamenti e recuperi ambientali di cave dismesse (molte di queste sono già oggi in aree individuate come SIC e ZPS) non devono interferire in modo significativo con SIC, SIR, ZPS, emergenze geomorfologiche, geositi e sorgenti, linee di crinale, zone umide Ramsar (fatti salvi i diritti acquisiti di chi ha una attività in corso !).

Che cosa vuol dire “in modo significativo?”
Nel fascicolo Emendamenti, (pag. 7 punto 4) si scrive che si intendono “rinaturalizzate” solo le cave dismesse da almeno 30 anni: la politica dunque stabilisce che la natura si riappropria dello spazio che le è stato tolto…. solo dopo 30 anni.
La sostanza del comma ci dice che, grazie a questa precisazione, si potranno ri-aprire cave chiuse da 30 anni!
Ancora più sorprendente (pag. 8) l’art. 12 relativo alle aree boscate, aree dove sono ammessi interventi di trasformazione a condizione che non comportino alterazione significativa permanente del paesaggio. Il testo originario riportava semplicemente: alterazione significativa. La politica impone che l’alterazione significativa debba essere anche permanente: solo in questo caso non si ri-apriranno cave.
Per volontà politica il grande bacino marmifero di Carrara non è entrato nel Parco delle Alpi Apuane. Leggiamo sui quotidiani di questi giorni che la famiglia Bin Laden sta per comprare il 50% di una società che possiede 1/3 delle cave di Carrara per 45 milioni di euro. Che cosa rende così costoso quel bene? Certamente la materia prima che appartiene, come ha scritto la Corte Costituzionale, alla collettività carrarina. Quanti dei 45 milioni ricadranno nel territorio? Nessuno, ma questa cifra sarà divisa fra TRE famiglie, proprietarie appunto di quel 50%.
Siamo in Europa, ma in questa parte di Europa, nella Toscana da decenni amministrata dalla sinistra, si permette per il guadagno di pochi di tagliare a fette le creste, distruggere l’ambiente, inquinare le acque, e, per gli interessi economici di questi imprenditori, si rischia oggi che la materia paesaggistica dell’intera Regione, ancora una volta, non abbia norme e regole. E’ recente una sentenza del Consiglio di Stato (sez. IV n. 2222, 29 aprile 2014)che definisce il paesaggio un “bene primario e assoluto”, ma gli abitanti della Toscana sono costretti a ricorrere all’Europa perché ciò si realizzi.