Rassegna Stampa

21 – 30 Aprile 2013

Incontro Rete-Regione, finalmente un buon articolo

Business dell’eolico: indagato assessore regionale all’ambiente

eolico_riparbella

Notizie dai comitati

SEGNALAZIONI

Cicerone

Terra bene comune

Manifesto per l’assemblea che si terrà a Firenze sabato 27 aprile, presso la Facoltà di Agraria alle Cascine.

NO alla vendita delle terre pubbliche, SÌ alla custodia dei beni comuni

L’Art.66 del decreto Salva Italia prevede la vendita delle terre agricole pubbliche. Permettere questo significa impedire alle comunità locali di decidere territorialmente come gestirle, consegnare una risorsa vitale agli speculatori, accettare che l’interesse privato sia messo al di sopra del bene comune

Noi ci opponiamo a tutto ciò, spinti da 3 bisogni forti:

1 – SOVRANITÀ ALIMENTARE

È necessario ritrovare il senso di un’economia reale che metta in relazione in modo concreto le comunità locali e soprattutto urbane con il proprio territorio agricolo naturale e tradizionale. Un’economia fatta di relazioni creative e percorsi condivisi tra i produttori di cibo (contadini) e i co-produttori (cittadini) al cui centro stiano con pari dignità il rispetto e la custodia dell’ambiente e la giustizia sociale.

2 – ACCESSO ALLA TERRA e ai saperi contadini

Rivendichiamo il diritto di ogni individuo di poter trarre almeno una parte del proprio fabbisogno alimentare dal lavoro della terra e quindi il diritto di poter accedere alla terra a prescindere dalle proprie possibilità economiche.

Incoraggiamo e sosteniamo tutti i luoghi e le occasioni di scambio gratuito delle conoscenze tra vecchi e nuovi contadini, affinché pratiche agricole tradizionali e buone nuove pratiche si incontrino per arricchirsi a vicenda.

3 – NO ALLA VENDITA DEI TERRENI AGRICOLI PUBBLICI E DEGLI USI CIVICI

Partendo da quello che già appartiene alla collettività, vogliamo dare vita ad esperienze nuove e vitali di agricoltura rurale svincolate dal concetto di proprietà. Sono proprio i terreni pubblici quelli più “fertili” per far nascere un’economia alimentare sana e condivisa dalle comunità locali. Per fare questo è fondamentale che i terreni agricoli pubblici diventino BENI COMUNI soggetti ad uso civico, inalienabili e gestiti dalle comunità locali.

I beni demaniali rurali – e particolarmente quelli abbandonati ed incolti – sono risorse importanti con cui, senza alcun costo, le amministrazioni pubbliche hanno la possibilità di affidare spazi ed occasioni di vita, di lavoro, di progettualità a persone – e segnatamente a giovani – che intendono sperimentare modelli diversi di vita e di economia, potenzialmente utili a tutta la società e con ciò ricercare alternative praticabili e sostenibili ad un modello socioeconomico manifestamente in crisi.

Che cosa proponiamo

• una gestione sostenibile dei terreni e dei beni agricoli di proprietà pubblica, con i quali promuovere “progetti di neo-ruralità”, attraverso concessioni di lunga durata (min. 20 anni);

• la diffusione di un’agricoltura contadina, locale, naturale e di sussistenza; perché è l’unica in grado di assicurare alla comunità prodotti sani e genuini a prezzi accessibili, nel pieno rispetto dell’ambiente e del territorio;

• percorsi decisionali partecipati, che sappiano coinvolgere nella progettazione la comunità locale e le realtà contadine di nuovo insediamento;

• la nascita di piccole e diffuse realtà, volte al soddisfacimento delle esigenze della rete dei contadini locali, attraverso progetti concreti, come ad esempio la costruzione di piccoli vivai per la produzione di piantine da orto di varietà locali, usando metodi naturali e a risparmio energetico;

• una collaborazione con tutte le persone che si riconoscono nei principi di questo manifesto e sono disposte a lavorare per la sua attuazione.

Che cosa richiediamo

• Il riconoscimento del diritto ad abitare la terra da parte di chi pratica l’agricoltura contadina. Oggi le leggi impediscono di fatto la riconquista delle terre abbandonate o incolte da parte di soggetti diversi dalle medie-grandi aziende agricole tradizionali, sole titolari del diritto di edificare annessi o abitazioni rurali.

Chiediamo di poter auto-costruire con materiali naturali (come legno e paglia), fabbricati rurali a bassissimo impatto ambientale, totalmente degradabili e vincolati senza limiti di tempo all’attività agricola.

Rassegna Stampa

1 – 9 marzo 2013

La proposta di modifiche alla L.R. 1/2005  sul governo del territorio suscita prevedibili opposizioni

Firenze. Si ricomincia a discutere il Piano di Castello?

Intanto continua la battaglia contro la nuova pista di Peretola

 

SEGNALAZIONI

Semi

Nasce il movimento per l’accesso alla terra

Con un appello contro la vendita delle terre di proprietà  pubblica

Si sono venduti l’energia, i trasporti, gli acquedotti, gli immobili, le strade e adesso si vendono pure la Madre.
Si concepisce la Terra solo in termini di possesso, come bene escludente, oggetto di diritti di proprietà.
In nome della proprietà la terra continua a essere violentata: dal folle processo di urbanizzazione senza regole se non quelle della rendita e del profitto.
Un paese che vende le terre agricole pubbliche rinuncia definitivamente alla propria Sovranità Alimentare
Forse non tutti sanno che l’Art.66 del decreto-legge n.1 del 24 gennaio 2012 programma l’alienazione (vendita) dei terreni agricoli o a vocazione agricola demaniali.

Eccoci dunque arrivati a quella che potrebbe essere l’ultima tappa di un oscuro cammino iniziato 2 decenni fa circa, un processo di svendita dei beni pubblici a privati in nome di una più efficiente gestione, come se la logica del profitto privato avesse mai reso dei servigi alla collettività. Si sono venduti l’energia, i trasporti, gli acquedotti, gli immobili, le strade e adesso si vendono pure la Madre: si vogliono vendere la terra in un contesto internazionale dove sta crescendo a ritmo costante il fenomeno denominato land grabbing, l’accaparramento di terreni agricoli da parte di soggetti economicamente forti (paesi in forte crescita e multinazionali) e da parte di speculatori finanziari senza scrupoli, interessati unicamente ad individuare nuove fonti di profitto per i propri capitali da investire. Ecco quindi chi sono i veri destinatari di questa manovra, non certo i giovani imprenditori agricoli di cui parla il comma 3: “…al fine di favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli”. Garantire l’accesso alla terra ai giovani o a chiunque voglia lavorarla non vuol dire garantirne la proprietà e la compravendita – meccanismo questo che per un giovane agricoltore comporta l’indebitamento con le banche – bensì elaborare una serie di normative che favoriscano e sostengano chi vuole iniziare un’attività agricola mettendogli a disposizione l’uso agricolo della terra garantito contro ogni possibile speculazione.

Proseguendo nella lettura si resta stupiti difronte al comma 6: “Per i terreni all’interno di aree protette (…) l’Agenzia del demanio acquisisce preventivamente l’assenso alla vendita da parte degli enti gestori delle medesime aree.” Quindi si ritiene utile vendere a privati anche parte delle aree protette, duramente strappate alla devastazione ambientale, pur di far cassa. Ci domandiamo se le suddette aree una volta vendute rimarranno protette.

Al termine della lettura troviamo lapidario il comma 9: “Le risorse nette derivanti dalle operazioni di dismissioni di cui ai commi precedenti sono destinate alla riduzione del debito pubblico.” Le risorse nette derivanti equivarrebbero a circa 6 miliardi di euro, una goccia nel mare del debito (circa 1800 miliardi) quando il costo stimato delle opere per la TAV in Val di Susa è di 20 miliardi! Con il risultato di essersi sbarazzati del patrimonio senza tappare alcun buco di bilancio, senza poter tornare indietro visto l’articolo che tutela la proprietà privata. Le terre che saranno vendute non potranno mai più tornare pubbliche!

A questo punto sentiamo l’urgenza di dire che un paese che vende le terre agricole pubbliche è un paese che rinuncia definitivamente alla propria Sovranità Alimentare, è un paese che mette con prepotenza l’interesse privato al di sopra del bene comune, è un paese che non saprà come raccontare ai propri figli che si è venduto la terra in nome del bilancio finanziario.

La vendita delle terre dello stato deve essere fermata!

Ridiscutiamo, invece, le modalità di gestione delle terre agricole di proprietà degli enti pubblici.

PROPOSTE

Noi rete delle associazioni contadine proponiamo che le terre di proprietà pubblica individuate in base all’art. 66 della legge n.1 siano oggetto non di vendita ma di nuovi piani di allocazione:

  • che ci si indirizzi verso affitti di lunga durata a prezzi equi a favore di agricoltori o aspiranti tali, sulla base di progetti che escludano attività speculative.
  • si favorisca l’agricoltura contadina di piccola scala, che è l’unica che può sfamare il mondo senza causarne il dissesto, ma anzi arricchendolo e preservandone la biodiversità seguendo le richieste della Campagna per l’Agricoltura Contadina.
  • si prediligano progetti di cohousing, cioè di condivisione solidale dei beni e delle risorse, perchè la buona agricoltura è quella fatta con tante braccia pensanti e con poche macchine.
  • Si individuino percorsi partecipati che sappiano coinvolgere nella progettazione la comunità locale e le realtà contadine di nuovo insediamento.
  • si renda possibile la costruzione con materiali naturali di abitazioni rurali a bassissimo impatto ambientale come legno e paglia, ma totalmente vincolate all’attività agricola. Questo perchè chi lavora la terra deve anche poterla abitare.

Movimento per l’accesso alla terra