Una Occasione per la Val D’Orcia:

images (1)Il Parco Agricolo. 

La Regione Toscana ha in corso di approvazione il Piano Paesaggistico: Piano che intende indicare alcuni obbiettivi di riqualificazione o di mantenimento del paesaggio agrario,  da raggiungere in sinergia con gli Enti locali.

Nel corso della redazione del Piano Paesaggistico, da Parte del Comitato per la Val d’Orcia, è   avanzata l’ipotesi di caratterizzare la Valle come Parco Agricolo. L’attuale  Parco Artistico Naturale e Culturale della Val d’Orcia, protetto dall’Unesco, è di fatto una ANPIL (Area Naturale Protetta di Interesse Locale). L’ ANPIL  è  uno strumento di tutela del territorio fragilissimo per un’area di 60.000 ettari, in cui non sono obbligatori neanche Regolamento e Piano. Sulla base delle esperienze in atto nel nostro Paese ci siamo riferiti in particolare al Parco Agricolo Sud di Milano,  attivo dal 1991, che nel 2009 vedeva la partecipazione, oltre della Regione Lombardia e della Provincia di Milano, di 61 Comuni e di 65 aziende multifunzionali.  

Cosa è un Parco Agricolo ?

Un Parco Agricolo, a differenza dei Parchi, nazionali o regionali, delle Riserve naturali e delle Aree naturali protette di interesse locale (ANPIL) non è un ente che nasce dall’alto con organi e strutture definite. In teoria, potrebbe non avere alcune sponda istituzionale, costituendosi come pura associazione di aziende agricole e imprese collegate all’agricoltura, anche se è preferibile che il Parco agricolo sia soggetto di una governance condivisa fra enti pubblici e imprese private.

  • Gli obiettivi e le attività di un Parco agricolo. Un Parco agricolo si propone tre tipi di obiettivi. Il primo riguarda la qualità dell’ambiente e del paesaggio nel territorio interessato. Il secondo riguarda la qualificazione e l’integrazione delle attività economiche che si svolgono nel parco: l’esempio più noto è la filiera produttiva-agrituristica da cui possono diramarsi una serie di attività che coinvolgono anche soggetti  extra-agricoli. Il terzo tipo di finalità riguarda gli abitanti urbani che nel Parco agricolo trovano una pluralità di offerte: dall’acquisto di cibi sani e genuini e a filiera corta, alla partecipazione ad attività organizzate, come visite a ‘fattorie didattiche’ e a laboratori di produzioni alimentari e artigianali tipiche
  • Perché un Parco Agricolo. Il Parco agricolo è un obiettivo fondamentale, ma anche, e forse più di tutto, è importante il processo che porta alla formazione del Parco, a partire dalla costruzione di consenso e di una partecipazione attiva dei soggetti potenzialmente interessati. Vantaggi competitivi, come quelli di cui attualmente gode la Val d’Orcia, possono essere rapidamente annullati da competitori emergenti in grado di proporre un’offerta più innovativa e articolata. Ogni rendita di posizione è destinata a esaurirsi rapidamente. Progettare un Parco agricolo significa guardare in avanti; realizzarlo significa essere in un futuro di sostenibilità e di cura del patrimonio territoriale.
  • Gli attori. Il nucleo propositivo e gestionale di un Parco agricolo deve essere costituito da un gruppo di imprese, enti, istituzioni, soggetti individuali, che traggono vantaggi (economici, ma anche ambientali, paesaggistici, culturali, estetici) dalla realizzazione e funzionamento del parco. In un Parco agricolo, il gruppo fondamentale degli stakeholders (portatori d’interesse) è formato dalle aziende agricole – meglio se multifunzionali – da cui può partire una filiera produttiva e gestionale che coinvolga altri soggetti.
  • Il coordinamento con piani e programmi regionali. Il parco agricolo facilita il coordinamento fra aziende agricole che possono così meglio utilizzare le occasioni offerte dal Programma di sviluppo rurale e dalla PAC. Una prima iniziativa può essere di attivare all’interno del Programma di sviluppo rurale (PSR) 2013-2018 della Toscana un Progetto territoriale integrato. I progetti integrati territoriali comprendono aziende presenti nello stesso territorio, ‘integrano’ qualità dei prodotti con sviluppo di servizi e sono particolarmente utili nella promozione e nello sviluppo dell’agricoltura biologica. I progetti integrati territoriali e i progetti di filiera hanno una riserva privilegiata nell’assegnazione dei finanziamenti del PSR. Un’occasione (particolarmente importante in Val d’Orcia, dove vi è una assoluta preponderanza di seminativi e una debole infrastrutturazione ecologica) è la nuova PAC 2014-2020 che prevede che il 30% dei sostegni agli agricoltori sia condizionato al cosiddetto greening. L’occasione è di contribuire con le aree a greening alla formazione di una rete ecologica in Val d’Orcia, seguendo gli indirizzi del nuovo Piano paesaggistico della Regione toscana prossimo all’adozione.

 

Le emergenze presenti nel territorio e nella sua amministrazione

  • Alla luce di quanto sin qui descritto, nella formulazione del Piano Agricolo possono trovare una riposta  i  problemi specifici che angustiano gli agricoltori e gli operatori economici della Val D’Orcia..
  • semplificazione delle procedure amministrative ora diffuse tra Amministrazioni Locali, Comunità montana, Sovrintendenze,  necessarie per iniziare una attività economica o per interventi sull’esistente
  • tutela del paesaggio agricolo: cura  dei  sentieri e dellle strade bianche , tutela dei siti storici quali la Via Francigena con rispetto dei tracciati originari, ripristino delle cave dismesse, riconversione degli stabilimenti industriali abbandonati quali gli stabilimenti Crocchi a Torrenieri, la fornace di Pienza, il ripristino dei manufatti storici crollati  come il Ponte sul fiume Orcia, il ponte (medievale?) che collega il versante amiatino a Pienza, la demolizione della diga di San Piero.
  • Pievi. Ce ne sono sparse su tutto il territorio: lasciate negli ultimi cinquant’anni al più completo abbandono, raccontano storie  dai tempi della Francigena. Oggi in molti casi sono ruderi prossimi a crollare.
  • gestione degli argini e manutenzione dei fossi, dell’alveo dei corsi d’acqua: Prevedere incentivi, anche in forma di detrazioni fiscali, per quegli agricoltori che si adoperano per la manutenzione di argini e sentieri
  • gestione della selvaggina : programmare gli abbattimenti all’interno delle zone ZRC, assicurare contributi  per pagare i danni: la gestione della selvaggina, come sanno bene gli agricoltori, è complementare a quella delle coltivazioni. ,
  • recupero edilizio dei fabbricati agricoli, rispetto del loro uso come componente essenziale dell’attività agricola, controllo dell’uso dei materiali di restauro,  semplificazione delle procedure per ristrutturazioni e rifacimenti grazie a precise regole costruttive.
  • rispetto del paesaggio agricolo, per garantire la conservazione  delle culture vocate,
  • difendere e dare maggiore credibilità ai marchi di qualità della Val d’Orcia. la doc Val d’Orcia sconfina abbondantemente dal perimetro della valle, estendendosi su un territorio troppo disomogeneo, ed è disciplinata da un regolamento troppo poco vincolante: così il pecorino di Pienza (che poi storicamente era chiamato pecorino della Val d’Orcia), è un marchio costantemente a rischio. Non esiste un disciplinare di produzione. Tutelare la produzione biologica della Valle valorizzazione del turismo che in Val D’Orcia si condensa principalmente nelle attività di Agriturismo. L’agriturismo è accessorio all’azienda agricola e non deve necessariamente diventare un esperienza a “cinque stelle”. Gli agriturismi dovrebbero aiutare il reddito dell’agricoltore, mentre tra molti balzelli e norme sempre nuove, sta diventando per molti operatori una nuova spesa in aggiunta alle altre spese aziendali.
  • toponomastica. Rimodulare e aggionare le indicazioni stradali, i cartelli descrittivi dei siti storici. Per le insegne commerciali e turistiche. è indispensabile formulare  una normativa chiara che ne spieghi fattezza e modalità d’istallazione.
  • centro astronomico. Il centro astronomico di Radicofani è attualmente un valido progetto incompiuto, unico nel suo genere per concezione e per visibilità, con grandi potenzialità turistiche
  • incrementare fiere ed eventi di promozione trovando le condizioni di dialogo con i consorzi (che giustamente spendono per fare conoscere i prodotti dei loro soci in tutto il modo )
  • creare la scuola di arti e mestieri della Val d’Orcia.  esiste già un progetto molto convincente
  • energie alternative. è difficile immaginare una prossima espansione a macchia d’olio di centrali a biomassa o di coperture a pannelli solari. Per aiutare a compiere investimenti fruttuosi, dovrebbe essere allestito un sito di monitoraggio, per confrontarsi e per selezionare le esperienze migliori.
  • comunicazione e promozione del Parco Agricolo: dar vita ad  un ufficio stampa  del Parco Agricolo unitamente ad un Ufficio per le informazioni sia turistiche che di ricezione alberghiera

Il Parco Agricolo sarà in grado di dare una risposta alle questioni accennate ad una sola condizione, che esso si costituisca grazie alla ferma convinzione delle Amministrazioni locali e della cittadinanza attiva. Solo da questa sinergia si potrà assicurare uno sviluppo armonioso che coniughi lo sviluppo delle attività economiche con il rispetto e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della Val D’Orcia.

 

 

 

 

 

 

Spuntano come funghi, nel bosco…

DSC_0261Magari fossero funghi, invece sono piloni di cemento che l’ENEL sta posando nel bosco senza chiedere l’autorizzazione a nessuno: tantomeno agli interessati, ossia la comunità “nascere liberi” che ha ottenuto la gestione dei terreni della valle di Campanara (comune di Palazzuolo sul Senio) in attuazione della delibera n. 67 del 23/6/2004 del Consiglio Regionale toscano. Si tratta di un progetto innovativo, che ha come obiettivo il ripopolamento della montagna come condizione indispensabile per la difesa del territorio. Proprio in virtù di questo progetto è stata impedita la vendita di questi terreni demaniali da parte della Regione: e ora gli stessi terreni sono deturpati da una fungaia di piloni, il cui impatto negativo le foto non rendono a sufficienza, per scopi che non sono affatto chiari, e che non riguardano di certo la domanda locale di energia, che la comunità di Campanara intende affrontare con criteri di autosufficienza.

Si veda il sito dove è documentato il progetto.

Così ci scrivono:

Le comunità che si prendono a cuore il territorio sono comunità che hanno deciso di compiere un salto di qualità culturale: superata l’esclusiva preoccupazione della sopravvivenza, aspirano ad assumere un ruolo attivo per il miglioramento della qualità della vita. Per costruire un futuro migliore del presente, a partire dalla cura dell’ambiente. Più incisiva sarà l’azione se riuscirà a coinvolgere e organizzare forze e risorse della comunità civile. 

Noi attuali abitanti dell’antico insediamento rurale di Campanara, posto sui pianori terrazzati in alta valle del Senio sotto il passo della Sambuca, insieme a quelli e quelle che qui vengono spesso e collaborano, senza abitarci stabilmente:  Riteniamo INCOMPATIBILI con l’identità del Luogo la posa e la messa in funzione di Piloni per l’elettricità alti oltre 7m, di metallo e di cemento di oltre 50cm di diametro.

Per questo chiediamo

IL BLOCCO DEI LAVORI E IL RIPRISTINO DEI LUOGHI.

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PER LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA

La Delibera n.120-8feb2010 parla di Valorizzazione,invece l’installazione dei Piloni nel cuore dell’area di Campanara porta una SVALORIZZAZIONE.

Vogliamo innanzitutto ricordare che l’art.9 della Costituzione pone sullo stesso piano il Paesaggio con un bene artistico e storico e si deve sottolineare che,secondo la nostra Costituzione,che ha dato vita allo Stato Sociale di Diritto,l’interesse pubblico prevale comunque sull’interesse privato.

Si deve parlare  di un bene artistico e storico,posto sullo stesso piano del Paesaggio dall’art.9 della Co

stituzione,proprietà collettiva delle Popolazioni di contadini di montagna che vivevano su tutto l’Appennino dove ne avevano organizzato i territori,poi del Popolo di san Michele da cui la chiesa di san Michele a Campanara,poi dei proprietari terrieri,per lo più valligiani,dove vi avevano fatto costruire parte degli edifici ora rimasti,fino all’Esodo dei contadini dagli anni ’50 in poi, con la vendita allo Stato.

Così che da allora, ricordiamo che si tratta di un “patrimonio non disponibile”sottoposto alla disciplina dei ”beni demaniali”,dunque “inalienabile,inusucapibile e inespropriabile.”

Ma, da allora questo patrimonio è RIMASTO CONGELATO

Si tratta ora di SCONGELARE AD UN USO SOCIALE QUESTO PATRIMONIO E QUESTO PROGETTO organizzando ALTERNATIVE ALLA CRISI E  BASI DEL CONTROESODO.

Per questo i paletti messi dalla Comunità Montana,la negazione di molte delle terre e del legnatico

per il progetto impediscono l’uso sociale di questo Patrimonio e di questo Progetto,la crescita delle pratiche comunitarie di Autodeterminazione e l’Autorecupero Sociale di villaggi e terre abbandonate.

-VALORIZZAZIONE SOCIALE O SVALORIZZAZIONE

-RINNOVAMENTO DELL’INTERESSE PUBBLICO SULLE MONTAGNE

-CONSERVAZIONE,GESTIONE E USO CIVICO E SOCIALE DI QUESTI

PATRIMONI O GESTIONE CLIENTELARE

-AUTORECUPERO SOCIALE O RISTRUTTURAZIONI E DEMOLIZIONI

Questo è il passaggio in cui siamo in mezzo. Questa è la partita

Prima della Delibera si poneva “semplicemente” un problema di conservazione e gestione di questo bene:funzioni che spettano sia alle Istituzioni che ai cittadini “singoli o associati”,si trattava di un interesse alla conservazione e gestione che doveva prevalere su tutti gli altri interessi.

Si deve sottolineare che su questo bene,oltre il  profilo dell’appartenenza al Popolo Sovrano,rileva anche il profilo dell’ ”uso pubblico” del bene stesso da parte della popolazione. Su questo bene,dunque,

gravano,nello stesso tempo,un “diritto sostanziale di proprietà”del Popolo italiano, e un “diritto di uso pubblico” della popolazione mugellana. Cosa che si è verificata poco.

D’altro canto,come poco sopra si accennava,il “diritto-dovere” alla conservazione e gestione di questo bene non appartiene esclusivamente alle pubbliche Istituzioni,poichè la “funzione amministrativa”a differenza delle funzioni legislativa e giurisdizionale non costituisce un “Monopolio” della Pubblica Amministrazione,ma è assegnata anche ai singoli cittadini. Infatti,molto chiaramente,l’art.118,ultimo comma,della Costituzione,dichiara che “Stato,Regioni,città metropolitane,Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini,singoli o associati,per lo svolgimento di attività di interesse generale,sulla base del principio di sussidarietà”.

Ci siamomessi in movimento proprio in base al principio di “sussidarietà”, giovani e meno giovani,agendo non in “rappresentanza” ma con spirito comunitario,come “comproprietari” per salvare dalla distruzione e socializzare questi patrimoni,senza scopo di lucro, ma nell’interesse esclusivo di tutte e tutti  per costruire una alternativa alla società liquida e alla disgregazione. Questo ha smosso soggettività e competenze,anche all’interno delle istituzioni, ora però è fondamentale uscire dalla liquidità e concretizzare Tavolo e Osservatorio.

In conclusione,può dirsi che ora la parola passa alle Istituzioni,le quali devono operare per la conserva

zione di questo bene culturale di altissimo valore storico e sociale e devono condividere la loro attività di conservazione e gestione del bene con coloro che hanno cominciato a impedire la perdita di questo patrimonio e che venisse meno la “funzione sociale”e fosse violato il prevalente interesse pubblico alla conservazione e al godimento di questi antichi luoghi di cultura.

ASS. NASCERE LIBERI con il contributo di Paolo Maddalena

versione completa

Il progetto della fattoria aperta

DSC_1594VERSO MONDEGGI BENE COMUNE. Documento approvato nell’Assemblea tenuta a Pozzolatico il 12 gennaio (si veda anche il documento pubblicato a dicembre),

La Carta dei Principi

  1. Promuovere la gestione di Mondeggi come bene comune e impedirne la privatizzazione.
  2. Creare percorsi sperimentali di custodia del bene comune da parte di comunità di persone che si uniscono con questo intento, mantenendo una forte relazione con la comunità territoriale.
  3. Generare ricchezza diffusa (sociale, ambientale, relazionale) costruendo un’economia locale che si autosostiene, che conserva il patrimonio naturale ed edilizio e lo mantiene accessibile e fruibile, impedendo ulteriori sprechi di denaro pubblico.
  4. Sostenere esperienze di ritorno alla terra come scelta di vita e opportunità di lavoro alternativo al lavoro dipendente attraverso forme di autogestione.
  5. Promuovere l’agricoltura contadina come strumento di autodeterminazione alimentare e salvaguardia del patrimonio agro-alimentare, e sostenere un’agricoltura naturale nel pieno rispetto dell’ambiente, degli esseri viventi e della dignità umana.
  6. Innescare percorsi inclusivi di aggregazione e partecipazione  con particolare attenzione al disagio sociale e alla disabilità, attraverso pratiche di accoglienza e condivisione del lavoro.
  7. Promuovere stili di vita sobri basati sulla pratica:
  • di forme di autocostruzione e autorecupero.
  • dell’autosufficienza energetica con tecniche povere e nuove tecnologie che non compromettano la vocazione agro-alimentare della terra.
  1. Stimolare e accogliere tutte le forme di arte che rispettino lo spirito di questa carta e che sono sale e nutrimento della vita comunitaria.
  2. Custodire e curare i valori storici e paesistici del territorio, garantendo l’uso comunitario delle Acque, dei Boschi e dei Percorsi Storici e di tutti i valori ambientali ed ecologici, in una progressiva acquisizione partecipata del valore culturale dei luoghi.

 

Carta degli Intenti – Verso Mondeggi Bene Comune

L’intento principale è quello di riabitare Mondeggi, insediando nuclei familiari e singole persone nelle abitazioni rurali già esistenti della Fattoria, in modo da ricostituire il “popolo di Mondeggi” che dovrà essere composto in primo luogo da coloro che si dedicheranno al lavoro della terra.

All’interno del nuovo villaggio contadino verrà praticata un’agricoltura familiare dedicata all’autosufficienza alimentare dei poderi, attraverso orti condivisi e piccoli allevamenti da cortile, inoltre gli abitanti – assieme anche a persone non residenti a Mondeggi, ma che vorranno lavorarci tutti insieme nell’intento di ridurre progressivamente l’impronta ecologica costituiranno la “Fattoria senza padroni” che si articola mediante due forme assembleari: l’Assemblea di Fattoria e l’Assemblea plenaria territoriale.

L’Assemblea di Fattoria stabilirà la forma associativa, lo statuto e il regolamento e definirà i metodi di funzionamento interno inclusa la turnazione dei responsabili della gestione, inoltre sarà lo strumento primario di organizzazione del lavoro, delle risorse, e dei piani colturali, basandosi sui seguenti principi cardine:

  • la solidarietà al posto della concorrenza;
  • la giustizia sociale;
  • l’uguaglianza e la reciprocità dei diritti;
  • l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali;
  • la salute dei produttori e dei consumatori;
  • la salvaguardia e l’incremento della biodiversità e della fertilità dei suoli.
  • l’utilizzo di forme di finanza mutualistica e solidale e di pratiche di scambio e di baratto.

Sulla base di questi principi l’Assemblea di Fattoria si occuperà delle colture più impegnative per estensione e reddito, organizzandosi in gruppi di interesse, ritenendo vitale lo scambio di manodopera e il mutuo soccorso.

I mezzi di produzione potranno essere di proprietà collettiva o individuale, mentre i locali di spaccio, trasformazione e stoccaggio saranno comunitari. I prodotti contadini verranno distribuiti al pubblico direttamente nello spaccio della Fattoria e attraverso il circuito dei Mercati Contadini e dei Gruppi d’Acquisto Solidale.

Dato che la Fattoria di Mondeggi è per tutti noi un bene comune, riteniamo che appartenga alla comunità territoriale che con essa ha rapporti storici e culturali.

Nostro intento quindi, sarà quello di includere per quanto possibile, la comunità nella gestione partecipata.

L’Assemblea di Fattoria, con questi intenti assumerà le decisioni al suo interno mediante il Metodo del Consenso e le sottoporrà all’Assemblea plenaria territoriale che potrà esprimere pareri e modifiche con il medesimo metodo. Le due Assemblee sono composte da persone singole, nel rispetto della Carta dei Principi.

 

La fattoria aperta

La prossimità di Mondeggi all’area urbana risulta strategica per rinnovare le relazioni fra città e campagna, sensibilizzando e coinvolgendo cittadini-consumatori sempre più consapevoli e contadini-produttori sempre più responsabili in percorsi di co-produzione.

Per questi motivi la “Fattoria senza padroni” sarà sempre aperta alla popolazione attraverso varie attività: laboratori didattici per bambini e non solo, un calendario di visite alla fattoria sul modello dei percorsi di Garanzia Partecipata, programmi di integrazione della disabilità, momenti di festa e convivialità legati alle produzioni stagionali, ma soprattutto attraverso un confronto costante tra l’Assemblea dei residenti e l’Assemblea plenaria territoriale per Mondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni, in un virtuoso rapporto di reciproca dipendenza.

Questa mutua dipendenza dovrà essere sempre salvaguardata.

A scuola dai contadini

Sappiamo bene che non si può parlare di ritorno alla terra, di “rinascimento dell’agricoltura” se non si creano momenti di trasmissione gratuita dei saperi e delle buone pratiche.

Per questo riteniamo che il villaggio contadino che potrebbe nascere a Mondeggi sarebbe il luogo ideale per una scuola di vita contadina.

Questo tipo di attività formativa potrebbe inoltre avvalersi del contributo dell’Ass.WWOOF Italia, vista la sua esperienza pluridecennale nel mettere in relazione le persone che vogliono fare pratica di agricoltura naturale e le aziende che già la fanno.

Oltre alla conoscenza diretta delle pratiche agricole la Scuola Contadina potrebbe anche offrire incontri e seminari dedicati, proporre mostre e presentazioni di libri sulla civiltà contadina e l’agricoltura naturale, convegni, mostre e tutte quelle attività volte alla promozione dei contenuti della presente Carta dei Principi e degli Intenti in collaborazione con tutti coloro che vi ci si riconoscono.

Il parco della condivisione

Perché Mondeggi sia un luogo di condivisione avanziamo queste proposte:

  • dedicare parcelle di seminativo ad orti sociali e condivisi, assegnati dalle assemblee a gruppi di famiglie o singoli che vogliano dedicarsi all’autoproduzione di almeno una parte del proprio fabbisogno alimentare;
  • creare un vivaio “popolare” contadino per la produzione di piantine biologiche che vada incontro alle esigenze dei piccoli produttori, degli amatori e di chi produce per l’autosostentamento e che possa coinvolgere nel ciclo produttivo anche persone in difficoltà. Il vivaio avrà inoltre le funzioni di recupero del germoplasma, valorizzazione della biodiversità agraria e vegetale, di banca del seme, riproduzione di varietà rare o antiche, luogo di incontro, confronto e scambio di conoscenze sui semi/marze, innesti, lieviti ed esperienze su tempi, modi e tecniche colturali senza utilizzo di prodotti chimici di sintesi;
  • allestire un  apiario didattico dove poter osservare in tranquillità il volo delle api;
  • allevare animali dedicati sia a fini produttivi che terapeutici nei principi del benessere reciproco;
  • allestire uno spazio dedicato al gioco dei piccoli e dei meno piccoli;
  • realizzare un teatro di paglia dove organizzare nel periodo estivo rassegne di teatro, musica e balli nell’aia e dinamicamente  tanto altro;
  • fare di Mondeggi il centro di itinerari di conoscenza e di pratica amichevole dei valori del Territorio, a cominciare dalle terre pubbliche di Bagno a Ripoli.
  • organizzare momenti di raduno nazionale delle reti contadine.

Mondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni sarà un percorso di sperimentazione sociale in continua evoluzione. Questo documento, è il risultato di un percorso partecipativo, che si è sviluppato attraverso molteplici incontri, iniziative e assemblee pubbliche.

 

 

Museo Contadino: un appello per salvarlo.

pellegrino-004In Poche ore ha raggiunto le 200 firme la petizione online su Avaaz per far riaprire il Museo di San Pellegrino in Alpe che per materiale raccolto è uno dei musei etnografici più importanti d’italia.Si conservano manufatti provenienti dalla ruralità garfagnina e di tutto l’ Appennino Tosco-Emiliano.

Citiamo qui le parole di Fabio Baroni che è stato direttore di quel museo negli anni ’80 “Il Museo etnografico di S. Pellegrino in Alpe è il frutto di una reazione -che ha visto assieme gruppi culturali della sinistra marxista e mondo cattolico, fra cui tanti preti- alla distruzione dei segni del Mondo Contadino fra anni ’60 e ’70. Ci si rese conto che l’esodo forzato, culturalmente, verso le città e la propaganda anticontadina dei media e del modello di vita americano (leggi: urbano) stava spingendo tantissime persone delle campagne a gettare mobili, suppellettili, oggetti contadini per sostituirli con una bella formica e tanta plastica. Le case a pietra furono coperte di pitture sintetiche, le madie finirono in discarica o nel camino, il dialetto fu bandito (e vietato) nelle scuole, il Canto del Maggio finì. In reazione a ciò i preti, legati alla tradizione, e i giovani che avevano vissuto l’esperienza dell’alluvione di Firenze, del ’68 (la parte positiva), fra anni ’60 e ’70 si gettarono a raccogliere gli oggetti in improvvisati Musei della Civiltà Contadina. Don Pellegrini fu uno di questi e creò una vastissima raccolta che divenne, poi, museo, con migliaia di oggetti che, oggi, la politica, miope, vuota, modernista, dei “giovani rampolli” che vediamo maramaldeggiare in TV, uccide. Difendiamo, un’altra volta, quei segni…”
Questo piccolo grande museo di montagna situato a quasi 1600 m di altitudine è oggi patrimonio importante della cultura contadina, bagaglio di conoscenze al quale dobbiamo attingere per poter superare la crisi malefica che stiamo vivendo, oggi più che mai dobbiamo “spolverare” il passato per ritrovare noi stessi e riprendere il cammino li dove l’ avevamo interrotto! A questo Link  la petizione, vi preghiamo di diffonderla e pubblicarla ovunque lo riteniate possibile. https://secure.avaaz.org/it/petition/Provincia_di_Lucca_e_Comune_di_Castiglione_Riapriamo_il_Museo_delle_Tradizioni_Popolari_della_Valle_del_Serchio/