Una sfida ambientalista per il corridoio tirrenico

LEGAMBIENTE – WWF ITALIA – RETE DEI COMITATI PER LA DIFESA DEL TERRITORIO – COMITATO PER LA BELLEZZA – COMITATO TERRA DI MAREMMA
UNA SFIDA AMBIENTALISTA PER IL CORRIDOIO TIRRENICO AL CENTRO LA VOCAZIONE DEL TERRITORIO E LA DOMANDA DI MOBILITA’

La Maremma laziale e toscana è uno dei tratti meglio conservati del nostro territorio, sia sotto il profilo ambientale che culturale. Gli ambientalisti chiedono che questo patrimonio non venga cancellato, per questo le diverse associazioni di tutela hanno lavorato e continueranno a lavorare congiuntamente. Le associazioni ribadiscono che sarebbe sufficiente adeguare e riqualificare l’attuale Aurelia, tale da renderla un’arteria con standard di sicurezza omogenei, integrata con il territorio, con il sistema del trasporto pubblico e della viabilità locale. Un’infrastruttura inserita in un sistema di mobilità sostenibile, che preveda, nel contempo, il potenziamento dei servizi ferroviari passeggeri e merci e del trasporto merci via mare, mettendo fine al taglio dei servizi veloci su ferro (appena 2 al giorno gli Eurostar) e alle colpevoli inadempienze istituzionali e ritardi nella gestione del sistema degli scali toscani. Ciò eviterebbe il pericolo di gravi speculazioni sul territorio e sarebbe in linea con gli obiettivi che l’Italia ha assunto in sede internazionale per la riduzione delle emissioni dei gas serra. In tale direzione va il documento redatto per conto di Legambiente, WWF Italia, Rete dei Comitati per la Difesa del Territorio, Comitato per la Bellezza e Comitato Terra di Maremma da Maria Rosa Vittadini (Università IUV Venezia) e Anna Donati (esperta di trasporti, già presidente della Commissione LLPP del Senato).
Esso esamina le diverse soluzioni presentate negli anni a partire dal progetto ANAS del 2000 per l’adeguamento e la messa in sicurezza dell’Aurelia, al progetto preliminare di “autostrada costiera” presentato da SAT e approvato dal CIPE nel dicembre 2008, fino al progetto definitivo attualmente allo studio.

Il devastante progetto preliminare di “autostrada costiera” sottoposto al CIPE nel dicembre 2008 aveva con un tracciato interamente in variante di 110 km da Civitavecchia a Grosseto, posizionato tra i 30 e i 100 metri da una SS1 Aurelia destrutturata e riportata per intero a due corsie, oltre all’ampia deviazione anche in galleria tra Ansedonia e Fonteblanda. Insomma: un impatto ambientale, paesaggistico, territoriale e sulla stessa economia agricola pesantissimo. La sua pretesa redditività risultava indimostrabile pur gonfiando i livelli di traffico del 2030 sino ai 52 mila veicoli giorno, dagli attuali 18 mila. A meno di non applicare pedaggi vessatori per l’utenza (non dichiarati), prorogare la durata della concessione dal 2028 al 2046 (risultato, questo, conseguito dalla SAT con l’assenso del Governo), calcolando un “valore di subentro” di ben 3,8 miliardi di euro (soluzione, questa, contrastata dal Ministero dell’economia). Ultimo elemento scabroso della lacunosa progettazione SAT del 2008 era che l’autostrada costiera, proprio per conseguire il massimo introito dai pedaggi non aveva previsto di applicare sistemi di pedaggiamento aperto e intelligente che consentissero la ripartizione tra traffico pagante e non pagante, la diversa tariffazione tra traffico a lunga percorrenza e traffico locale. Ora, segnalano gli ambientalisti, SAT dichiara di voler abbandonare tale progetto di autostrada costiera in variante e di scegliere il potenziamento in sede dell’Aurelia: costo 2,2 miliardi di euro, senza complanari o altri interventi distruttivi ma con strade di servizio realizzate potenziando e integrando la viabilità locale esistente, riducendo le stime dell’aumento del traffico da 52 mila a 31 mila veicoli/giorno, applicando un sistema fluido e selettivo (free flow mutilane) di esazione di pedaggio, senza caselli ma con barriere. Un modello progettuale molto simile a quello del progetto ANAS di adeguamento dell’Aurelia del 2000 e pertanto un oggettivo passo avanti in termini di compatibilità ambientale e consumo del territorio. Gli ambientalisti attendono di vedere le carte del progetto definitivo dell’intera tratta tra Tarquinia e Cecina e di capire come verranno risolti i problemi territoriali e ambientali, consapevoli che molti sono i problemi sul tappeto per un’infrastruttura che ha comunque impatti rilevanti. Bisognerà capire: a) quali saranno gli standard costruttivi e le soluzioni che verranno adottate per il tratto Ansedonia-Fonteblanda (si era adombrata una soluzione inaccettabile a ridosso del massiccio di Orbetello); b) come potrà essere contenuto il peggioramento del clima acustico (la velocità sale da 75 a 115 km/ora) e l’aumento delle emissioni, per l’incremento di traffico da 18 mila a 31 mila veicoli, di CO2 stimabile tra le 120 mila e le 300 mila tonnellate/annue; c) come si ipotizzerà di sviluppare un sistema intermodale sulle brevi distanze, che integri la rete di treni locali con le linee dei bus e crei le condizioni infrastrutturali e di servizio per sviluppare gli spostamenti in bici e una Metro del mare; d) come verranno calcolate nel piano economico-finanziario l’acquisizione in uso di tratte già a quattro corsie realizzate con fondi pubblici e come verrà recuperata l’elargizione di 172 miliardi di lire, corrisposta dallo Stato a SAT nel 2000 per compensare la sospensione della concessione autostradale; e) quale sarà il sistema di pedaggiamento che dovrà garantire l’esenzione sulle brevi percorrenze e per il traffico locale. Gli ambientalisti lanciano la sfida e attendono di conoscere le carte del progetto definitivo SAT per capire se ci sarà davvero lo spazio per un ripensamento radicale con la progettazione di un’infrastruttura realmente innovativa, rispettosa degli elevati standard ambientali e paesaggistici della Maremma e delle esigenze delle comunità locali, annunciando fin d’ora un’iniziativa pubblica di confronto e valutazione con la popolazione e gli enti pubblici interessati. 
Vittorio Cogliati Dezza, presidente Legambiente 
Stefano Leoni, presidente WWF 
Alberto Asor Rosa, presidente Rete dei Comitati per la Difesa del Territorio 
Vittorio Emiliani, presidente Comitato per la Bellezza 
Valentino Podestà, coordinatore Comitato Terra di Maremma  
25 febbraio 2011 

Convegno sull’Amiata e geotermia

Le Istituzioni non c’erano Le riflessioni di Alberto Asor Rosa pubblicate anche dal Corriere della Sera del 11 febbraio 2011
Il 5 febbraio U.s. si è svolto ad Abbadia S.Salvatore un appassionante e partecipato CONVEGNO sul tema: “L’ Amiata e la geotermia”. Ho avuto il privilegio di concluderlo, sintetizzando al massimo la ricca discussione in questo modo: oltre a problemi ambientali e paesistici più generali (che in una visione più ampia andrebbero anch’ essi affrontati), lo sfruttamento geotermico dell’ area dell’ Amiata sembra porre due problemi assai gravi:

1) L’abbassamento del livello,e possibile e relativo inquinamento, del bacino idrico di cui l’Amiata è prezioso depositario;
2) la pericolosità delle emissioni per la salute dei cittadini della zona.

Sul primo punto non appaiono esserci ragionevoli dubbi: gli stessi tecnici regionali, presenti al Convegno, lo hanno ammesso molto onestamente e illustrato. Qualche differenza di valutazione si manifesta invece a proposito della portata di tale abbassamento: attribuibile in ogni caso all’uso di tale riserva da parte delle centrali geotermiche.
Sul secondo punto il contrasto invece è aperto. Il Presidente Rossi, come sempre cortese e disponibile, ha dichiarato, intervenendo, che “i 43.000 abitanti di queste aree (vi comprende anche la zona geotermica a nord) hanno un livello di salute in linea con la Toscana, che ha un livello di salute tra i migliori del mondo (“la Repubblica”, 6 febbraio). Non pare che tale affermazione sia fondata, almeno per la parte che riguarda l’Amiata. I tecnici della Regione, che io ho ascoltato al Convegno, hanno parlato anche loro di un eccesso di morti “statisticamente significativo” nella zona in questione rispetto al resto al resto della Toscana; e i medici di base,presenti in gran numero, hanno avuto al proposito accenti molto preoccupati. I medici dell’ARS, tuttavia, sostengono che la geotermia non c’entra per niente; e per spiegare il fenomeno, chiamano in causa una categoria che si definisce “stili di vita” pregressi delle medesimi popolazioni categoria che io, da ignorante, avrei definito più letteraria che scientifica.
Come che sia (se potessi insisterei molto su questo “come che sia”), il mio ragionamento, che è anche lo stesso che ho ascoltato dalla grande maggioranza degli intervenuti al Convegno, spesso di alto livello scientifico, è il seguente: non bastano dei ragionevoli dubbi (e ce ne sono a iosa) sull’uno come sull’altro punto, – insomma, sull’insieme dell’emergenza in questione, – per mettere in discussione una strategia economica fondata, come del resto è ovvio, sul raggiungimento del massimo profitto e per ridurre progressivamente lo sfruttamento geotermia invece di prevederne, come sta accadendo, il suo allargamento? Questa è la domanda che rivolgiamo agli amministratori toscani. Lo avremmo fatto anche ad Abbadia se qualcuno di loro si fosse fatto vivo a discutere con gli scienziati e i cittadini presenti. Nella mia esperienza questa latitanza si ripete in maniera sistematica in tutte le preziose occasioni di dibattito e di confronto che i Comitati mettono in piedi. In compenso, il giorno dopo, dai bureaux del potere, roventi comunicati di scomunica e di riprovazione, del resto in sintonia con i contemporanei e trionfanti comunicati ENEL. Non è l’ ennesima riprova che, anche laddove sarebbe più lecito aspettarsi il contrario, politica e società, politici e popolo marciano ormai su due binari paralleli e incomunicabili?
A.A.R.
Versione integrale

Consumo di suolo, una legge per fermarlo



TERRITORI          Manifesto 6 gennaio 2011-02-06
CONSUMO DI SUOLO, UNA LEGGE PER FERMARLO
di Piero Bevilacqua

Ci sono almeno due buone ragioni per sostenere la proposta di Carlo Petrini (Repubblica del 18/1/2011) in consonanza con quanto già scriveva Paolo Berdini (il manifesto 21/11/2010) nella quale il presidente di Slow Food invoca una moratoria generale nel consumo di suolo in Italia. La prima di questa riguarda la natura del fenomeno. La distruzione del territorio, la cementificazione del suolo agricolo è pressoché irreversibile. Una volta ricoperto di asfalto o di manufatti quel territorio sarà perduto all’agricoltura e all’ambiente chissà per quante generazioni. La partita che si gioca sul territorio ha un’ampiezza temporale che trascende la nostra vita. Petrini spiega bene le ragioni profonde di questa difesa. Il manifesto del 28/11/2010 ha dedicato ampio spazio al tema, del «nuovo ambientalismo» introdotto da Asor Rosa e Viale. Ma occorre ritornare sull’argomento.

Ciò che occorre dire con chiarezza, sul piano strettamente economico, è che una tendenza inarrestabile dall’industria manifatturiera è quella di produrre merci con sempre meno valore. L’aumento crescente della produttività, l’entrata in scena sul mercato mondiale dell’industria cinese e asiatiche, del Brasile, fra poco dell’India, stanno già producendo la riduzione del fenomeno della scarsità che dà valore alle merci. I capi di abbigliamento che si trovano sulle bancarelle anche a pochi euro testimoniano di questa realtà già in atto. Il destino della produzione manifatturiera sarà quello di inseguire una novità, un’unicità di prodotto nel mare delle merci standardizzate con sempre meno valore.
Per questa ragione, in Italia, dovremmo guardare al nostro territorio come a un patrimonio destinato a vedere crescere esponenzialmente il suo valore, che nella nostra epoca tenderà sempre più a rifugiarsi nei servizi e nei beni industrialmente non riproducibili. Il pregio del territorio da noi è già elevato, in certi casi è unico per ragioni naturali, storiche ed estetiche, ma diventerà ben presto inestimabile per via della domanda mondiale che ne farà richiesta. Milioni di nuovi ricchi, russi, cinesi, brasiliani, ecc. vorranno ben presto possedere una villa sulle Langhe, in Val d’Orcia, nelle Cinque terre, sul Lago di Como, vicino ai templi di Paestum o di Agrigento, per passarvi una settimana l’anno o per godersi una dorata vecchiaia. Ma verranno anche per poter godere dei nostri formaggi, del sapore della nostra frutta, per l’eccellenza dei nostri vini, per la varietà delle nostre cucine locali. Ci chiederanno tutto ciò che è frutto del nostro suolo agricolo, quello che noi continuiamo a distruggere per alimentare lo sviluppo. È evidente, dunque, che abbiamo di fronte una grave minaccia, ma anche una grande opportunità. Il nostro suolo diventa sempre più prezioso e occorre pensare a forme collettive di accoglienza per chi ne fa domanda.minaccia, ma anche una grande opportunità. Il nostro suolo diventa sempre più prezioso e occorre pensare a forme collettive di accoglienza per chi ne fa domanda.minaccia, ma anche una grande opportunità. Il nostro suolo diventa sempre più prezioso e occorre pensare a forme collettive di accoglienza per chi ne fa domanda.minaccia, ma anche una grande opportunità. Il nostro suolo diventa sempre più prezioso e occorre pensare a forme collettive di accoglienza per chi ne fa domanda.
Ma dobbiamo trovare forme concertate di decisione democratica del suo uso – non solo a livello locale – per rispondere a una così vasta ed elevata pressione.
La seconda ragione per sostenere la proposta di Petrini riguarda la modalità del fare oggi politica. Occorrerà ritornarci, ma intanto chiediamoci: che cosa possono fare le tante organizzazioni attive oggi nei territori del nostro Paese, spesso protagoniste di esperienze di vera democrazia partecipata a livello comunale? Come superare la drammatica separatezza tra la straordinaria, benché frantumata e dispersa, conflittualità sociale e la sua rappresentazione e voce nel cuore dello Stato? Occorre allora pensare a strumenti sempre più mirati di pratica politica, in cui dalla società si entra direttamente nelle istituzioni, mirando a trasformare i bisogni popolari e le ragioni delle lotte in leggi generali. Aggiungere alla vasta e sinistra sociale disseminata nei territori, o divisa in varie istituzioni, la capacità di percorrere il tratto finale del conflitto politico: ossia la capacità di imporre scelte di governo.

La mobilitazione per l’acqua pubblica, ad esempio, va in tale direzione. Bisogna rammentare che la nostra Costituzione prevede la legge di iniziativa popolare: uno strumento che gli esperti dovrebbero aiutarci a utilizzare anche per la salvezza del nostro territorio, bene comune per eccellenza. È vero che a valle si troverà poi la strozzatura di un Parlamento indifferente o apertamente ostile. Ma non bisogna dimenticare che le lotte così finalizzate hanno il merito di unificare le forze, di radunare conflitti e speranze sotto un orizzonte comune. E al tempo stesso schiudono tra le masse popolari e il ceto politico di governo divaricazioni sempre più nette e alla lunga insostenibili.

Gruppo d’Intervento Giuridico o.n.l.u.s.: seminari di diritto ambientale e ambiente news! da Stefano Diliperi

Cari amici,  
grazie alla preziosa collaborazione del C.N.R. di Sassari, proponiamo tre interessanti Seminari sulla pianificazione paesaggistica e territoriale (17 dicembre 2010), sui demani civici e i diritti di uso civico (11 gennaio 2010) e sulle valutazioni di impatto ambientale (18 gennaio 2010): tutte le informazioni necessarie a seguente link:                                                            http://gruppodinterventogiuridico.blog.tiscali.it/2010/11/30/seminari-sulla-pianificazione-paesaggistica-e-territoriale-sugli-usi-civici-e-sulle-valutazioni-di-impatto-ambientale/

E ancora: crolli preoccupanti al “gioiello” dell’archeologia mineraria Laveria La Marmora di Nebida (Iglesias), vagoni e veicoli abbandonati alla Stazione ferroviaria di Tempio Pausania, la difesa popolare dell’unico spazio verde nel quartiere di S. Avendrace (Cagliari), un approdo a Cugnana (Olbia) del quale accertare la legittimità, riprende quota il progetto di strada di scorrimento dentro l’area di Tuvixeddu (Cagliari).
Aggiornato anche il dossier “Cronaca di una speculazione edilizia annunciata, Malfatano e Tuerredda”:
qui la prima parte , qui la seconda parte  e  qui la terza parte (video).
Qui come fare qualcosa di concreto per fermare le ruspe e i mattoni:                                            http://gruppodinterventogiuridico.blog.tiscali.it/2010/08/30/fai-anche-tu-la-cosa-giusta-difendi-malfatano-e-tuerredda-dal-cemento/Un semplice messaggio di posta elettronica può fare poco, ma mille, 5 mila, 10 mila semplici messaggi di posta elettronica possono portare a grandi risultati. Coinvolgiamo amici, parenti, conoscenti, colleghi di lavoro o di studio, tutti i nostri contatti. Inseriamo la campagna sui nostri siti e blog.   Diamoci da fare.
Buona lettura, con i più cordiali saluti. 
Stefano Deliperi
Gruppo d’Intervento Giuridico o.n.l.u.s.
Il Vs. indirizzo di posta elettronica è nella mailing list del Gruppo d’Intervento Giuridico per fini informativi: se non si desiderano ricevere messaggi, ai sensi dell’art. 13 del decr. lgs. n. 196/2003 (codice della privacy), è sufficiente inviare un messaggio di risposta con richiesta di cancellazione.
firma la petizione No all’energia nucleare, sì all’energia solare !  
un blog tutto per la Sella del Diavolo e le escursioni guidate: http://selladeldiavolo.wordpress.com/ 
da L’Unione Sarda on line, 21 novembre 2010
Nebida: crolla parte della laveria, sos degli ecologisti.
Le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra, dopo alcuni crolli verificatisi nei giorni scorsi relativi a parti della laveria La Marmora a Nebida (Iglesias), hanno lanciato un appello alle autorità competenti affinchè dispongano provvedimenti rapidi ed efficaci per la salvaguardia “di uno dei gioielli dell’archeologia mineraria europea”. Gli ambientalisti si sono rivolti al Ministero per i Beni e le attività culturali, alla Presidenza della Regione, alla Direzione generale per i beni culturali e paesaggistici per la Sardegna, alla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Cagliari, al Comune di Iglesias e al Consorzio di gestione del Parco geo-minerario. “Quanto è avvenuto – hanno sottolineato gli ecologisti – è uno dei sintomi più evidenti dell’inefficacia della gestione di un patrimonio di straordinaria importanza da parte di quel Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna, istituito dal 2001 e fregiato anche del riconoscimento internazionale Unesco. La laveria La Marmora, realizzata nel 1897 (era una degli impianti minerari all’avanguardia, all’epoca), ha lavorato per decenni (fino agli anni ’30 del secolo scorso) blende, calamine e galena provenienti dalle miniere di Masua e di Malfidano. Oltre al valore storico-culturale ad essa è legato il ricordo di rilevanti vicende umane. Basti pensare ai trasporti marittimi a vela e a remi del minerale dalle sponde iglesienti e arburesi al porto di Carloforte per il reimbarco verso le destinazioni di lavorazione finale”.
da La Nuova Sardegna, 21 novembre 2010
AMBIENTE. Ferrovie, denuncia del gruppo giuridico.
TEMPIO. Le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico si interessano dell’area ferroviaria delle ex strade ferrate sarde. Una situazione di degrado ambientale già ampiamente trattata dal nostro giornale. Le associazioni, in una missiva indirizzata a forze di polizia, amministrazioni, magistratura e ministero segnalano la «presenza di materiale rotabile e veicoli in disuso all’interno della Stazione Ferroviaria di Tempio Pausania. Nella medesima area è stata documentata anche la presenza di rifiuti di vario genere e natura. Le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico hanno richiesto le opportune analisi e verifiche sulla consistenza dei materiali abbandonati nonché l’adozione dei necessari provvedimenti, in primo luogo quelli finalizzati alla bonifica ambientale. Si auspicano rapidi accertamenti e i conseguenti provvedimenti da parte delle Amministrazioni pubbliche coinvolte». (re.te.)
da La Nuova Sardegna, 28 novembre 2010
Più di mille firme contro la rotatoria. Cresce la mobilitazione in difesa del giardino di Sant’Avendrace. Mauro Lissia
CAGLIARI. Sono 1400 le firme raccolte dal comitato popolare Sa Cruxi Santa di Sant’Avendrace contro l’espianto degli alberi deciso dal Comune nella piazza di fronte al liceo Siotto per garantire all’Immobiliare Europea dell’editore Sergio Zuncheddu un agevole accesso al nuovo quartiere ‘I Fenicotteri’. Il 24 novembre quasi 400 persone hanno manifestato il proprio dissenso e già si annunciano nuove iniziative a difesa del verde pubblico. La mobilitazione di protesta è imponente: il comitato organizzatore, coordinato da Claudia Sitzia, è formato per la gran parte di studenti e può contare sull’adesione degli Amici della Terra, del Gruppo di intervento giuridico, di Italia Nostra e del Cagliari social forum. La richiesta rivolta all’amministrazione comunale è chiara: gli alberi del giardinetto e la croce medievale di Sant’Avendrace non devono essere toccati. Sarà poi la Sovrintendenza ai beni culturali – che ha già ordinato la sospensione dei lavori di costruzione della rotatoria – a stabilire se la presenza di un’antica cisterna sia compatibile con l’apertura del cantiere. La rotatoria servirebbe ad assicurare l’accesso alle torri dei Fenicotteri e a collegare il quartiere dell’Immobiliare Europea al nuovo sistema viario che comprende anche la strada per Tuvixeddu, quella che si vorrebbe realizzare nel canyon scavato in tempi remoti e oggi protetto da un vincolo imposto dalla Sovrintendenza. E’ stato nei giorni scorsi il parlamentare del Pdl Mauro Pili a parlare di «sviluppo della città» riferendosi alla costruzione della rotatoria collegata al prossimo ingresso di Tuvixeddu. Pili ha trovato appoggio nel centrosinistra: il consigliere comunale Claudio Cugusi si è dichiarato favorevole all’intervento, che secondo il vicesindaco Maurizio Onorato dovrebbe salvare gli alberi e offrire alla città una maggiore superficie verde. Ma a giudicare da quanto sta avvenendo a Sant’Avendrace – alberi potati drasticamente e piante ritagliate a forma di parallelepipedi – e da quanto avvenuto in piazza Maxia non sembra che la politica comunale sia rivolta a difendere le aree verdi della città. Soprattutto – è stato detto nel corso della manifestazione – se gli interessi in gioco sono alti e gli interventi sono utili agli imprenditori vicini all’amministrazione comunale di centrodestra.
da La Nuova Sardegna, 28 novembre 2010
Le associazioni ambientaliste inviano un dossier alla procura. Caccia ai «pontili selvaggi» nel mirino c’è anche Cugnana. (red. ol.)
OLBIA. Contro «pontile selvaggio» si mobilitano gli ambientalisti e in Gallura rispunta il caso della struttura realizzata nel golfo di Cugnana dalla società Sardegna navigando. Il Gruppo d’intervento giuridico e Amici della terra nei giorni scorsi hanno presentato una richiesta di atti e informazioni alle autorità, a cominciare dal ministero per i Beni culturali e proseguendo con la Soprintendenza e la direzione regionale del Servizio tutela del paesaggio. Le informazioni richieste riguardano la realizzazione di ben 81 corpi morti in cemento, pontili galleggianti, una strada di accesso e altre strutture realizzate a Cugnana dalla srl Sardegna navigando. Secondo gli ambientalisti, «il comune di Olbia nel 2008 avrebbe ordinato la sospensione dei lavori, riscontrati abusivi sul piano paesaggistico e sul piano urbanistico. Nel 2009, poi, avrebbe emesso una seconda ordinanza di sospensione dei lavori*, in quanto le opere edilizie proseguivano nonostante il divieto. Sempre nel 2009 sarebbe stata respinta dallo Sportello unico per le attività produttive del Comune l’istanza per la realizzazione di pozzetti prefabbricati. Subito dopo sarebbe stata riscontrata da parte di personale tecnico del Comune la violazione di sigilli apposti in via amministrativa. Infine, ancora nel 2009 il Comune avrebbe emesso specifica ordinanza di demolizione delle opere abusive. Senza alcun esito, finora». Sempre secondo gli ambientalisti, «non si ha notizia di alcuna autorizzazione, anche in sanatoria». L’area di Cugnana ricade nel demanio marittimo e la parte a terra ricoperta in buona parte da macchia mediterranea è tutelata con specifico vincolo paesaggistico, mentre la fascia dei 300 metri dalla battigia marina è tutelata con vincolo di conservazione integrale.
da Metro – edizione Cagliari, 3 dicembre 2010
Tuvixeddu, scontro aperto. Anche gli ambientalisti divisi sulla nuova strada-canyon: Italia Nostra si schiera contro il tunnel.  30 gli ettari di parco previsti a Tuvixeddu, dove sta sorgendo il complesso edilizio della Ditta Coimpresa di Cualbu. 42 i milioni di euro stanziati per realizzare il tunnel che risolverebbe molti problemi di traffico nel capoluogoEnnio Neri
La polemica. Scontro su Tuvixeddu. Si accende il dibattito sulla strada-giardino nel canyon di Via Is Maglias. E le posizioni degli ecologisti si dividono tra favorevoli e contrari. Nessun commento dalla Sovrintendenza, che aspetta di esaminare il progetto, mentre gli ambientalisti mettono le mani avanti. “La soluzione precedente era troppo tortuosa”, spiega Stefano Deliperi, del Gruppo di intervento giuridico, “questa mi sembra dispendiosa e non credo che bastino i 42,5 milioni di euro previsti. Per il resto dubito che la strada-giardino sia compatibile con il provvedimento di vincolo”. In via Rovereto resta il problema delle fondamenta delle abitazioni. “La soluzione migliore – aggiunge – è quella di una seria valutazione di impatto ambientale. Ma credo che in generale sia da stravolgere tutta la politica sulla mobilità cittadina in chiave di sviluppo dei mezzi pubblici”. “L’idea del tunnel anche se ricoperto da verde non piace per niente – ammette Maria Paola Morittu di Italia Nostra – anche perché non vedo come potrebbero nascondere i bocchettoni d’areazione. No a strade e multipiano attrattori di traffico e dico invece si a una politica di potenziamento dei mezzi pubblici”.
Si del Polo Civico. Un si convinto è quello di Antonello Gregorini, ecologista del Polo Civico. “Quella strada è fondamentale per la città – spiega – soprattutto per il riequilibrio dell’assetto viario cittadino. Perché alleggerisce il traffico e limita le emissioni di inquinamento. E soprattutto perché ci permetterà di avere un centro storico senz’auto. Trenta ettari di parco a Tuvixeddu sono tantissimo” Gregorini dice no a qualsiasi danno al Liceo Siotto.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus    
Via Cocco Ortu, 32 – 09128 Cagliari