È uscito il n. 2 de “La Città invisibile”.

lacittainvisibile_pucÈ uscito il secondo numero de “La Città invisibile”, la rivista online edita dal laboratorio politico perUnaltracittà. (clicca qui per leggerla).

In questo numero sono presenti contributi di Cristiano Lucchi che ha curato una timeline sulle persone morte in carcere in Toscana, Eros Tetti sullo scandalo dello sfruttamento delle Apuane, Ornella De Zordo sulle commistioni mafiose negli appalti della Tav a Firenze e di Stefano Cecchi e Silvia Gabbrielli sullo stato del mondo del lavoro. Tra i contenuti delle rubriche il video sulla chiusura di Amon, negozio storico di via Palazzuolo, curato da Silvia Chiarantini, Francesca Conti e Alessandra Cinquemani; la video-testimonianza di Andrea Magherini, fratello di Riccardo ucciso mentre veniva fermato dai carabinieri e il caso Ferrulli, di Maurizio De Zordo. Inoltre le cronache dal Palazzo di Giacomo Trombi, l’inutilità della terza corsia tra Incisa e Firenze Sud denunciata dal gruppo per una cittadinanza attiva di Bagno a Ripoli, gli appuntamenti in città e la ricetta della minestra di tenerume di Barbara Zattoni.

Dopo 10 anni in cui perUnaltracittà ha cercato di dare voce alle vertenze e alle realtà di movimento in Consiglio comunale, il gruppo di attivisti e attiviste persegue con “La Città invisibile” le stesse finalità fuori dal Consiglio, potenziando una più stretta collaborazione con le realtà insorgenti presenti in città. Il periodico online, una sorta di Osservatorio territoriale sulle conflittualità sociali esistenti e sui fronti ancora da aprire, nasce quindi per mettere a fuoco e divulgare in modo comprensibile i troppi meccanismi sotterranei della politiche liberiste attuate a Firenze e in Toscana (e non solo).

Paesaggio, l’esempio toscano

15-consiglio-regionaledi RICCARDO CHIARI, il manifesto, 05 Luglio 2014.

Il pro­blema dell’estrazione spesso sel­vag­gia del marmo nel parco delle Apuane, ter­ri­to­rio patri­mo­nio Une­sco, resta aperto. Per tutto il resto però il nuovo piano pae­sag­gi­stico adot­tato dalla regione Toscana è il primo esem­pio nazio­nale di una pia­ni­fi­ca­zione che rie­sce a valo­riz­zare l’identità dei luo­ghi, tute­lan­dola guar­dando al futuro. Per que­sto il gran lavoro fatto dall’assessore toscano Anna Mar­son è stato pre­sen­tato anche a Roma, gra­zie all’associazione Bian­chi Ban­di­nelli e con una fat­tiva discus­sione fra i col­la­bo­ra­tori di Mar­son, Fabio Zita e Sil­via Ron­cuzzi, e rico­no­sciuti esperti come Vezio De Lucia, Rita Paris, Gio­vanni Caudo e Daniele Iacovone.

Anche la Rete dei comi­tati per la difesa del ter­ri­to­rio pro­muove il piano: “È vero che rispetto al pro­getto ini­ziale appro­vato dalla giunta di Enrico Rossi sono state inse­rite alcune cor­re­zioni non accet­ta­bili – rico­no­sce Mauro Chessa — ma l’impianto gene­rale è rima­sto. E que­sto vale soprat­tutto se si tiene conto delle forti pres­sioni eser­ci­tate da chi si è pre­oc­cu­pato di difen­dere inte­ressi pri­vati e par­ti­co­lari. Resta il fatto che con il piano fini­sce in Toscana la sta­gione degli eco­mo­stri e delle vil­lette a schiera: regole rigo­rose sono state intro­dotte nella valu­ta­zione degli inter­venti di tra­sfor­ma­zione del ter­ri­to­rio, e da oggi diverse aree hanno spe­ci­fici vin­coli di tutela”. “Non si può non apprez­zare il com­por­ta­mento della giunta toscana – osserva a sua volta Alberto Asor Rosa – che ha por­tato a con­clu­sione l’impegno che aveva assunto per porre le basi per la difesa del paesaggio”.

L’enorme lavoro di appro­fon­di­mento alla base del piano ha con­vinto anche la con­si­gliera di oppo­si­zione Monica Sgherri a dare voto favo­re­vole: “ E’ un piano basato su un qua­dro cogni­tivo pun­tuale – ricorda l’esponente di Rifon­da­zione — arti­co­lato su venti ambiti che valo­riz­zano l’identità col­let­tiva dei luo­ghi, fatta di pae­sag­gio rurale, poli­cen­tri­smo degli inse­dia­menti, bacini idro­gra­fici. Non sono stati posti vin­coli decon­te­stua­liz­zati, con il rischio di una musei­fi­ca­zione del ter­ri­to­rio. Piut­to­sto è stata tute­lata l’identità col­let­tiva facen­dola vivere, guar­dando al futuro e non pun­tando a una foto­gra­fia sta­tica dell’esistente”.

Sod­di­sfatta, va da sé, l’assessore Mar­son: “Penso che il piano sia un signi­fi­ca­tivo pro­getto per il futuro della Toscana. Il segnale di un diverso svi­luppo pos­si­bile”. Quanto al nodo delle cave, nei 60 giorni per le osser­va­zioni, prima dell’approvazione defi­ni­tiva, la Rete gui­data oggi da Chessa pro­mette bat­ta­glia. Così come Sgherri: “Pos­si­bi­lità di sca­vare, ma con regole certe e non con­tra­rie al piano: quindi che non si pos­sano più can­cel­lare, come avve­nuto in pas­sato, le cre­ste dei monti, e no a nuove cave sopra i 1.200 metri. A tutela del lavoro c’era e c’è il man­te­ni­mento delle cave esi­stenti, con nuove regole fra cui l’obbiettivo della lavo­ra­zione in filiera corta del 50% del mate­riale estratto”.

 

Il Piano che salva il Paesaggio.

Untitled-1di Tomaso Montanari, Il Fatto Quotidiano. 5 luglio 2014.

Nel 2010 il libro Paesaggio, Costituzione, cemento di Salvatore Settis si chiudeva arrischiando una profezia: “I segnali molto positivi che vengono dalla nuova amministrazione regionale toscana, per bocca del presidente Enrico Rossi e dell’assessore Anna Marson, sono molto incoraggianti: forse questa regione così ricca di civiltà e di meriti potrà segnare una svolta”. Quattro anni dopo si può dire che Rossi e Marson non hanno tradito questa aspettativa: da martedì scorso la Toscana ha un Piano Paesaggistico Regionale, il primo redatto insieme al ministero per i Beni culturali.
Ma che cos’è un Piano Paesaggistico? È un lavoro enorme (a quello toscano ha lavorato un centinaio di tecnici) che innanzitutto “fotografa” l’intero territorio regionale, in tutta la sua complessità di geomorfologia ed ecosistemi, sistemi agrari, produttivi e urbanistici. Dopo il Piano, l’evanescente definizione di “paesaggio toscano” non coincide più con la collinetta coronata da cipressi, ma si traduce in una montagna di carte dettagliate, schede, elenchi di beni naturali, paesaggistici, archeologici. Ora sappiamo esattamente cosa vogliamo difendere, e cosa, e come, possiamo usare. Già, perché un Piano è esattamente il contrario di un vincolo: quest’ultimo strumento (prezioso, ma limitato) mi dice quello che non posso fare in un certo posto, mentre il Piano dice come, dove e quanto la Toscana vuole continuare a crescere.
A crescere in modo uniforme e (appunto) pianificato: evitando la balcanizzazione del territorio dovuta al moltiplicarsi e all’intrecciarsi delle competenze. E, soprattutto, a crescere in modo sostenibile: tenendo ben presente che “il paesaggio rappresenta un interesse prevalente rispetto a qualunque altro interesse, pubblico o privato, e, quindi, deve essere anteposto alle esigenze urbanistico-edilizie” (così una sentenza del Consiglio di Stato del 29 aprile scorso).
L’approvazione del Piano toscano ha una forte valenza politica nazionale. In un momento in cui Matteo Renzi dice che le regole e le soprintendenze sono un intralcio allo sviluppo (leggi: al cemento), è fondamentale far capire che dall’altra parte non ci sono solo i “no” dei vincoli: ma c’è anche la capacità di una comunità di decidere come trasformare il proprio territorio in modo responsabile e unitario. Come dire: non ci sono solo gangster e sceriffi, c’è spazio anche per un progetto di crescita condivisa. Come ha scritto Enrico Rossi (nel suo Viaggio in Toscana, in uscita presso Donzelli) “il Piano offre una cornice di regole certe, finalizzate a mantenere il valore del paesaggio anche nelle trasformazioni di cui esso è continuamente oggetto”.
Certo, nel Piano ci sono anche rigorose prescrizioni: come, per esempio, quelle che dicono dove non si potranno collocare impianti eolici o centrali elettriche a biomasse. Per capirsi: se il Molise si fosse dato un simile Piano, il suo territorio e la sua archeologia non sarebbero state massacrate da un eolico selvaggio che solo gli sforzi eroici del Direttore regionale del Mibac Gino Famiglietti stanno ora arginando. E se lo avesse fatto l’Emilia Romagna, non rischieremmo di perdere definitivamente il Palazzo San Giacomo a Russi, minacciato da una centrale a biomasse.
Nei giorni precedenti all’approvazione la discussione si è accesa soprattutto sul futuro delle cave delle Apuane. Ma nonostante le minacce e gli insulti della lobby del marmo, la Giunta ha sostanzialmente tenuto. Le associazioni ambientaliste hanno ragione a lamentare alcuni gravi cedimenti, ma ora le vette sopra i 1200 metri saranno finalmente salve, alcune cave saranno chiuse, e non sarà più possibile aprirne nei territori vergini del Parco delle Apuane. E soprattutto ogni futura decisione sull’apertura di nuove cave dovrà passare attraverso un percorso decisionale aperto ai cittadini: insomma, il Piano dà ottimi strumenti alla resistenza di chi si oppone al genocidio delle montagne del marmo.
Il merito principale va alla competenza e alla tenacia della mite e preparatissima Anna Marson, ordinaria di Pianificazione territoriale allo Iuav di Venezia e assessore alla Pianificazione: il suo lavoro dimostra che il rapporto tra sapere scientifico e amministrazione pubblica non deve per forza ridursi alle complici consulenze del Mose o dell’Expo. Il successo politico, invece, è di Enrico Rossi: se troverà il coraggio di riunire e rappresentare l’anima di sinistra che ancora sopravvive nel Partito democratico, avrà nel Piano Paesaggistico il suo miglior biglietto da visita.

 

 

La Rete sul Piano Paesaggistico.

UntitledIL PIANO, UN PUNTO FERMO PER LA DIFESA DEL PAESAGGIO “Ieri in Toscana, con l’approvazione del Piano paesaggistico ha prevalso il disegno riformatore ”, questa la posizione della Rete dei Comitati per la difesa del territorio espressa dal suo presidente Mauro Chessa. “La tormentatissima vicenda ha raggiunto un punto fermo: il Piano toscano è il primo in Italia ad essere stato adottato da un consiglio regionale in difesa del paesaggio”.. È vero che rispetto al progetto iniziale presentato dall’assessore Anna Marson e approvato dalla Giunta di Enrico Rossi sono state inserite alcune correzioni sicuramente non accettabili, ma l’impianto generale è rimasto. E questo vale soprattutto se si tiene conto delle forti pressioni esercitate in questi mesi da chi si è preoccupato di difendere interessi privati e particolari. Resta il fatto che con il Piano finisce in Toscana la stagione degli ecomostri e delle villette a schiera. E d’ora in poi l’attività di estrazione del marmo sarà sottoposta a regole che non piacciono a chi ha difeso in questi giorni a oltranza le rendite di posizione rifiutando di misurarsi con l’interesse collettivo. Con il Piano regole rigorose sono state introdotte nella valutazione degli interventi di trasformazione del territorio, e diverse aree sono da oggi assoggettate a specifici vincoli di tutela. La Rete ricorda inoltre l’enorme lavoro di approfondimento che è alla base del Piano, un lavoro che ha permesso la sistemazione degli elementi che definiscono i paesaggi toscani. “Non si può non apprezzare il comportamento della Giunta regionale toscana – dichiara il fondatore della ReTe, Alberto Asor Rosa – che, tra difficoltà e pressioni di ogni genere, ha portato a conclusione l’impegno che aveva assunto per porre le basi per la difesa del paesaggio”. Ci sono ora 60 giorni per presentare osservazioni e tornare in aula per l’approvazione definitiva. “Sarà un’occasione determinante per riconsegnare al Piano il senso e la dignità che aveva quando, nel gennaio scorso, è stato licenziato dalla Giunta regionale – dichiara il presidente della ReTe Mauro Chessa –. Ci auguriamo che vengano  ripristinati i valori fondanti della prima stesura facendo prevalere le posizioni di chi difende il paesaggio come bene comune”.