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Prato: il depuratore/inceneritore produce diossine

La denuncia di Medicina Democratica e dell’Associazione Vita Ambiente e Salute.

L’inceneritore di Baciacavallo, che dal 1979 tratta circa 90 tonnellate/giorno di fanghi da depurazione industriale e civile, da molto tempo avrebbe dovuto sollevare un “allarme diossina”: tanti sono stati infatti i segnali che nel tempo si sono succeduti ma che purtroppo sono rimasti sempre inascoltati, sia da parte del Sindaco ( massima Autorità locale in campo sanitario) che da parte delle Istituzioni preposte.

NON sono bastate infatti le indagini epidemiologiche che, eseguite a più riprese dal 1998 al 2005, hanno sempre dimostrato una maggiore incidenza di malattie tumorali fra i cittadini residenti in prossimità dell’impianto, in particolare per cancro al polmone.

NON è bastato neppure il riscontro nel 2007 di diossine oltre 11 volte il limite al momento in vigore (46,2 ng/kg di PCDD/F-PCB – WHO TEQ a fronte di un limite di 4 ng/Kg) in un pollo ruspante allevato a circa 700 metri dall’impianto. Ricordiamo che questo campione era stato individuato come riferimento (“bianco”) nel corso delle indagini su matrici biologiche effettuate dall’ASL di Pistoia a seguito del doppio superamento dei limiti per emissioni di diossine nell’inceneritore di Montale e proprio questo campione risultò quello più fortemente contaminato fra gli oltre 40 campioni analizzati nel corso della suddetta indagine.

Non sono bastate le numerose diffide che la Provincia, su segnalazione degli organi di controllo (ARPAT), ha emesso negli anni nei confronti di Gida SPA; Gestore dell’impianto, che ha costantemente disatteso le prescrizioni contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale. In particolare sono state disattese le prescrizioni relative allo SME (sistema di monitoraggio degli inquinanti in continuo); del tutto recentemente, il gestore ha poi chiesto ed ottenuto dalla Provincia stessa di non misurare il parametro dell’HCL (acido cloridrico).

L’HCL è un inquinante molto importante in particolare quando si ha a che fare con inceneritori di fanghi industriali, quale quello di Baciacavallo, in quanto è un precursore dell’esaclorobenzene (HCB), sostanza tossica, persistente che rientra fra i 12 POPs ( Persistent Organic Pollutant) identificati e messi al bando dalla Convenzione di Stoccolma già nel 2001 per le gravi conseguenze per la salute umana e per l’ambiente che la loro esposizione comporta.

In particolare, da un recente Rapporto dell’ ISPRA l’inceneritore di Baciacavallo risulta essere la più importante fonte emissiva di ESACLOROBENZENE (HCB) in Italia.

A fronte di questo assordante silenzio si è costituita una Associazione senza scopo di lucro VAS (VITA AMBIENTE SALUTE) che sulla base di esperienze fatte anche in altre località italiane interessate da insediamenti industriali o inceneritori (quali Taranto, Forlì, Ravenna…) e col supporto scientifico dell’Associazione o.n.l.us. di Medicina Democratica nazionale, ha raccolto i fondi per effettuare analisi su campioni di polli allevati nell’area di ricaduta dell’inceneritore di Baciacavallo in un raggio massimo di 2 km.

I risultati delle analisi hanno purtroppo confermato tutte le nostre preoccupazioni: tutti e tre i campioni sono risultati positivi , ovvero sopra i limiti imposti dalle normative per la sicurezza alimentare e, se consideriamo anche il campione del 2007, possiamo affermare senza ombra di smentita che il 100% dei campioni esaminati è gravemente contaminato per presenza di diossine e FURANI (PCDD/F) e PCB diossino simili. In tutti i campioni si riscontra inoltre presenza di HCB, che nel campione 1 raggiunge valori oltre 4 volte quelli mediamente riscontrati in indagini analoghe.

Cosa sono DIOSSINE E PCB e quali gli effetti sulla salute?

Diossine e Furani costituiscono un gruppo di 210 molecole, di cui è capostipite la “diossina di Seveso” (TCDD). Le diossine si formano come sottoprodotti involontari sia nei processi di combustione di plastiche clorurate o altre sostanze organiche in presenza di cloro, catalizzatori ed in particolari condizioni di temperatura, sia nel corso di processi chimici ( produzione di pesticidi). A differenza delle diossine, i PCB (Policlorobifenili) sono stati prodotti deliberatamente dall’uomo tramite processi industriali ed usati sia in sistemi chiusi (trasformatori) che come additivi per ritardanti di fiamma, antiparassitari ecc. Si tratta di composti molto stabili, anche ad alte temperature che si decompongono solo oltre i 1000-1200 C. La loro produzione è iniziata negli anni ’30 ed è perdurata per oltre 50 anni, fino al 1985, quando sono stati ufficialmente banditi stante la loro pericolosità. Se ne conoscono 209 congeneri; 12 di questi, denominati “dioxin-like” (PCB dl), sono molto affini alle diossine, ma anche i restanti 197 rappresentano un rischio per la salute.

Diossine, PCB ed Esaclorobenzene rientrano fra i POPs messi al bando dalla Convenzione di Stoccolma già nel 2001. Questa Convenzione, che aveva lo scopo di proteggere la salute umana da queste pericolose molecole, è stata sottoscritta anche dall’Italia ma mai ratificata a differenza di quanto accaduto in tutti gli altri paese europei!

La TCDD già nel 1997 è stata riconosciuta come cancerogeno certo per l’uomo ad azione multiorgano e successivamente anche un furano ed il PCB 126 sono stati classificati nel medesimo modo, tuttavia anche se l’effetto cancerogeno è stato quello affrontato per primo e quindi più studiato, ciò che oggi emerge con sempre maggiore evidenza per l’insieme di queste molecole è la complessa azione di squilibrio endocrino-immuno-metabolico che esse comportanto per cui l’effetto oncogeno appare essere più una conseguenza, che non una diretta azione. Di fatto l’esposizione a diossine è correlata sia allo sviluppo di tumori (in particolare, per la diossina di Seveso (TCDD) a linfomi, sarcomi, tumori a fegato, mammella, polmone, colon) sia , per la loro azione di molecole “ormonomimetiche” a disturbi quali: danni riproduttivi, abortività, malformazioni specie urogenitali, endometriosi, anomalie dello sviluppo cerebrale, endocrinopatie (in particolare diabete e tiroide), disturbi polmonari, danni metabolici con innalzamento di colesterolo e trigliceridi, danni cardiovascolari, epatici, cutanei, deficit del sistema immunitario. Purtroppo ì rischi per esposizione a queste molecole non si limitano alle persone esposte, ma possono essere transgenerazionali in quanto vengono danneggiate gli stessi gameti. Questi dati sono assolutamente preoccupanti soprattutto se letti in un contesto di scelte strutturali che comporteranno un pesante aggravio di una situazione ambientale e sanitaria già gravemente compromessa e che faranno della Piana Firenze – Prato – Pistoia una vera e propria “camera a gas.”

INCENERITORE DI SELVAPIANA – INCENERITORE DI CASE PASSERINI – POTENZIAMENTO DELL’AEROPORTO DI PERETOLA – INCENERITORE DI BACIACAVALLO – POTENZIAMENTO DELL’INCENERITORE DI MONTALE: SONO TUTTE OPERE INUTILI, COSTOSE, ESTREMAMENTE DANNOSE PER NOI E PER LE GENERAZIONI A VENIRE

I CITTADINI DICONO BASTA!

Ampugnano e i voli umanitari

Risponde il Comitato, che non ci sta a fare da capro espiatorio.

SIENA.
Dal momento che la Società Aeroporto di Siena spa ha deciso la liquidazione e la conseguente cessazione dei voli da Ampugnano, tutta l’attenzione si è concentrata sul fatto che l’aeroporto non è più agibile per i voli “umanitari” (trasporto di organi). Numerose e comprensibili sono state le prese di posizione da parte di associazioni direttamente coinvolte da questo evento che, in qualche modo, andrà a incidere sull’attività di trapianto organi dell’ospedale Santa Maria alle Scotte. Meno comprensibili sono quegli interventi che, mentre si rammaricano per la cessazione dei voli, in modo neppure velato, se la prendono con il Comitato contro l’Ampliamento dell’Aeroporto di Ampugnano – Siena quale responsabile di questa vicenda. La cosa più strana è che al coro degli appelli si aggiunga quello del PSI Riformisti Siena, proprio coloro che per ossequiare come sempre il potente di turno e assecondarne i capricci e la megalomania, hanno sostenuto l’assurda e inattuabile richiesta di un “hub” internazionale (4.000.000 pax anno, ridotti successivamente a 700.000 e poi ancora a 100.000).

Nessuno ha il coraggio e l’onesta intellettuale di ricercare una precisa individuazione delle vere responsabilità. Nessuno di quanti hanno contribuito allo spreco di soldi pubblici (più di dieci milioni), gettati per ripianare le perdite degli ultimi anni, senza alcun risultato concreto, accenna un minimo di doverosa autocritica. Forse non c’è bisogno perché, l’unico responsabile è stato individuato nel Comitato e quindi, il Sindaco di Sovicille, gli ex Sindaci di Siena, i Presidenti della Provincia, i Presidenti della Camera di Commercio, della Fondazione e del Monte dei Paschi, i Presidenti ed i membri del CDA della società Aeroportuale e i partiti che li hanno sostenuti possono stare tranquilli: a loro nessuno chiederà di rendere il conto. Non ci meraviglieremo se qualcuno oserà imputare al Comitato anche il disastro del MPS perché, pare che l’inchiesta abbia preso le mosse dalla denuncia del Comitato sulle irregolarità della gara e se la sig.ra Corinne Namblard (che aveva ”incantato Siena”) è stata costretta alle dimissioni dal CDA della compagnia di bandiera australiana Qantas per le vicende giudiziarie su Ampugnano. Nessuno (compreso i sindacati, che oggi esprimono, come tutti, la loro preoccupazione per le sorti dei lavoratori) pensa che il Comitato non sarebbe nato se gli amministratori avessero agito con prudenza, nel rispetto dei luoghi e della popolazione: mai una parola critica di fronte ad assunzioni facili e senza una vera prospettiva come i fatti dimostrano. E’ stata l’incapacità e la megalomania del gruppo di potere, del “groviglio armonioso” e dei loro lacchè, tutti schierati in prima fila all’Assemblea 18.10,2007, convocata dal Sindaco di Sovicille e dal Presidente della Provincia per la presentazione ufficiale del progetto della Sig. Namblard, a convincere la popolazione a lottare duramente contro quel progetto assurdo, irrazionale, insostenibile e pericoloso.

Volevano il grande aeroporto internazionale per risolvere in un colpo solo tutti i problemi economici e d’isolamento di Siena e del suo territorio. Le strade di collegamento e la ferrovia che non hanno mai realizzato avrebbero potuto continuare ad aspettare. Chi non ricorda quando, con la complicità della stampa locale, auspicavano per Ampugnano una copia di Orio al Serio o di Baden Baden e la venuta di Ryanair per i voli “low cost” pagati dalla comunità. Quante volte in questi anni hanno annunciato nuovi progetti e voli di linea mai decollati, per giustificare nuove assunzioni e corsi di formazione per addetti al ricevimento dei passeggeri. Anche questa è una colpa del Comitato? In questi anni, chi ha impedito alla società di gestire l’attività aeroportuale? Sono stati capaci soltanto di sperperare i milioni della Fondazione e del MPS. Il Comitato una cosa l’ha fatta: ha contribuito a impedire che questa gente continuasse ad operare nel dispregio delle regole e della legalità. In Australia, la Sig.ra Namblard è stata allontanata in quarantotto ore; in Italia, quelli implicati, sono rimasti al loro posto o sono stati promossi ad alti incarichi, come Mussari, nominato presidente dell’ABI. Questo dovrebbe preoccuparci e farci meditare su chi siano i veri responsabili del disastro Ampugnano.

Il Comitato Contro l’Ampliamento dell’Aeroporto di Ampugnano – Siena

chiaia

Guai a toccare le falde acquifere: a Firenze come a Napoli?

L’Ansaldo scava e Chiaia si sbriciola.

ADRIANA POLLICE sul Manifesto del 11.03.2013

Ventidue avvisi di garanzia e quasi 200 famiglie sfollate sono il risultato del crollo dello spigolo di Palazzo Guevara di Bovino alla Riviera di Chiaia a Napoli. Sotto accusa i lavori al cantiere della Linea 6 della metropolitana. Quattro stabili sgomberati venerdì, l’intera area è a rischio. Per ora sono ospitati in albergo a spese dell’Ansaldo, ma è una situazione che non potrà reggere a lungo.

Ieri i periti nominati dalla procura hanno intimato di demolire la parte pericolante del palazzo crollato e chiudere la falla sotterranea che ha allagato la stazione.

Presso la Società di studi politici venerdì il geologo Riccardo Caniparoli denuncia: «Lo scavo di una linea sotterranea richiede una valutazione di prefattibilità, di compatibilità e poi di impatto ambientale. In questo caso esiste solo l’ultimo documento, rubato nel 2009. Il decreto Via della Regione è datato 18 marzo 2010, successivo al furto». In origine era la Linea tranviaria rapida (Ltr), mezzo di collegamento tra il centro e la periferia ovest, doveva essere pronta per i mondiali di calcio del 1990. Invece lo scavo si allagò e divenne uno dei tanti scandali di Tangentopoli. Nel 2006, dopo 10 anni di stop, l’Ansaldo trasporti firmò per la ripresa dei lavori cambiando il progetto in Linea 6: sei chilometri di servizio interamente sotterranei, fine lavori nel 2009, costo previsto all’epoca 390,96 milioni di euro.

«Lo scavo – prosegue Caniparoli – ha intercettato tre tipi di acque sotterranee, prima in equilibrio: quelle dolci della falda superficiale, che dalla collina si versavano in mare; quelle salate della falda di intrusione marina con una direzione di flusso opposta, al di sotto delle prime perché più pesanti; le acque della falda artesiana profonda, dal basso verso l’alto. I lavori hanno creato una diga sotterranea, producendo un enorme lago che sale, di conseguenza tutti i fabbricati della zona si allagano». Le acque dolci sono bloccate e le acque salate arrivano sotto la Villa Comunale, provocando la morte degli alberi secolari. Lo scavo, che raggiunge anche i 38 metri sotto il livello del mare, ha sfondato i livelli impermeabili che contengono la falda termominerale, ricca di sostanze aggressive che favoriscono l’invecchiamento delle strutture in cemento armato. Soprattutto, si innesca il fenomeno di subsidenza, cioè il lento abbassamento del suolo, quello che sta disastrano gli antichi palazzi nobiliari delle Riviera. Ma era proprio necessario? «Avevo proposto un percorso alternativo, a monte, nella zona di via Andrea d’Isernia. Si sarebbero evitate le falde e lo scavo si sarebbe effettuato nel tufo, molto più adatto delle instabili sabbie vulcaniche del lungomare». Secondo Franco Ortolani, ordinario di Geologia alla Federico II, «le sorprese geologiche sono incidenti che si vanno a cercare per incrementare il costo delle opere». I lavori, fino al crollo, erano costati 300 milioni di euro a chilometro, il triplo del tunnel sotto la Manica, e ancora non si vede la fine.

Una sorpresa, sgradita, per l’Ansaldo arriva nel 1990. La signora Flora Lauro abita in un palazzo vicino il consolato Usa, a due passi è prevista la stazione. Lo scavo mette a rischio la staticità dell’edificio e allora la signora si procura perizie e avvocati. Il 4 dicembre un’interrogazione alla Camera racconta tutto quello che poi si è verificato oggi. Non solo: viene fuori che il contratto originario siglato tra Atan (l’azienda municipale dei trasporti dell’epoca) e Ansaldo è stato rescisso dopo il disastro dell’interramento della scavatrice, per proseguire si sarebbe dovuto effettuare una gara internazionale, invece l’Ansaldo torna in pista attraverso una transazione tra le parti siglata dal notaio Mario Ferrara e gli affari riprendono lì dove si erano fermati. Per tacitare Flora Lauro la stazione viene spostata un po’ più in là. Lo stesso accade nel 2007 con un edificio di piazza San Pasquale, anche lì doveva sorgere la stazione, ad appena un metro dalle fondamenta del palazzo. I condomini si rivolgono all’ingegnere Bruno Palazzi, docente a Salerno: «Accertai un rischio geotecnico molto grave, consegnai la relazione e il progetto venne modificato». Il professore ha una teoria anche per il crollo: «Il pompaggio continuo delle acque potrebbe aver portato via il materiale su cui poggiano le fondamenta. Probabilmente si è creato un fenomeno di ‘parasifonamento’, se è così il danno è destinato ad aumentare. Lunedì immettevano materiale granulare ma è evidente che bisogna mettere su un gruppo multidisciplinare per intervenire».

La zona era servita dal tram più antico d’Italia, a Fuorigrotta arriva la metropolitana fin dagli anni ’30, perché la Linea 6 a tutti i costi? Un’opera ideata nel 1976 nella Napoli del pentapartito dove Paolo Cirino Pomicino era il referente delle imprese del mattone e delle infrastrutture, come raccontano le inchieste di Andrea Cinquegrani per il mensile La Voce delle Voci: «Tra i primi aggiudicatari degli appalti un certo Michele Zagaria (il vertice dei Casalesi arrestato solo qualche mese fa) che vince la commessa per il noleggio degli escavatori. Un miliardo e mezzo di vecchie lire, tranquillamente pagate dalle tre società consortili costituite dalla crema dei mattonari napoletani (i gruppi Fondedile, Della Morte, De Lieto, Giustino) ai quali negli anni seguenti si sono poi aggiunte altre star delle costruzioni (Vianini del gruppo Caltagirone, Icla, Pizzarotti, Torno, Grassetto, Astaldi)». Costi stratosferici: 1.625 miliardi di vecchie lire per 4.800 metri di strada in galleria.

Negli anni 2000 i progetti vengono affidati alla Rocksoil, che fa capo ai figli dell’ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi. Nessun conflitto d’interessi certifica l’Autorità garante della concorrenza e del mercato a firma di Antonio Catricalà (sottosegretario con Monti). Fino al 2010 il funzionario del comune a capo del servizio Infrastrutture è Gianfranco Pomicino, cugino del ministro Dc, attuale presidente della Tangenziale di Napoli. Presidente di Metronapoli è Giannegidio Silva, «fino a inizio ‘90 membro del consiglio d’amministrazione di Icla, la società acchiappatutto del dopo terremoto di Agostino Di Falco, il vero trait d’union fra Pomicino e Italo Bocchino», ricorda ancora La Voce delle Voci.

A proposito di (inesistenti) diritti edificatori

Un commento di Paolo Baldeschi.

La recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 6656/2012 del 21 dicembre) ribadisce, con ampie e interessanti argomentazioni, la non irreversibilità della destinazioni urbanistiche (a meno di convenzioni già stipulate fra comuni e privati). Il fatto che le previsioni dei piani regolatori non stabiliscano alcun diritto edificatorio da lungo tempo era stato sostenuto da Edoardo Salzano e da numerosi giuristi, quindi non costituisce una novità. La novità sta piuttosto nelle argomentazioni addotte dal Consiglio di Stato che travalicano l’ambito giuridico e procedurale per entrare nella sostanza della materia, con prese di posizioni di principio, assai importanti:

«l’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del medesimo; uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, non in astratto, ma in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi, sia dei valori ambientali e paesaggistici, delle esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, delle esigenze economico-sociali della comunità radicata sul territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che s’intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione de futuro sulla propria stessa essenza, svolta per autorappresentazione ed autodeterminazione dalla comunità medesima» (corsivo nostro).

Quanti sono i piani regolatori, comunque chiamati, che tengono conto delle effettive esigenze di abitazione, dei valori ambientali e paesaggistici , del modello di sviluppo in considerazione di storia e tradizione? Infine, appare innovativo e significativo che l’urbanistica sia prefigurata come autodeterminazione della comunità interessata.

Sul piano giuridico, quindi, non vi sono novità, ma piuttosto una forte presa di posizione che varrà in futuri contenziosi. Tuttavia vi è da notare che la “trappola” non sta tanto nella pretesa irreversibilità delle destinazioni urbanistiche, quanto nelle tasse (ICI e ora IMU) che vemgono pagate dai proprietari sul valore delle aree fabbricabili, non al momento della loro vendita o utilizzazione, ma a partire dall’adozione del piano. Quindi si crea una situazione paradossale: un Comune può imporre una tassa per un piano regolatore che non sarà mai approvato o per un piano particolareggiato di iniziativa pubblica che non sarà mai realizzato. Succede perciò in molti casi, soprattutto quando vi sia una pluralità di proprietari interessati, che le destinazioni urbanistiche non stabiliscano uno stato di diritto, ma un’impossibilità finanziaria a “tornare indietro” nel caso che il regolamento comunale preveda la restituzione dell’IMU, o un’impossibilità “politica” nel caso contrario. Molto più logico sarebbe, come avviene in tutti i paesi del Nord Europa, che la tassazione fosse imposta al momento in cui la fabbricabilità diventa effettiva: o che fossero introdotte altre forme di “appropriazione” della rendita da parte del pubblico.

Rimane tuttavia un tema assai interessante: se la sentenza, in quanto proveniente dal massimo organo amministrativo, faccia giurisprudenza, cioè se i principi in essa contenute, possano essere applicati, indipendentemente dalla questione della reversibilità delle destinazioni urbanistiche: cioè se i piani debbano essere vagliati per la loro conformità ai principi enunciati e in particolare debbano essere intesi come autodeterminazione della comunità interessata, ciò che, in via minimale, implicherebbe che la partecipazione dei cittadini e le loro osservazioni dovrebbero avere un peso effettivo e determinante e non essere solo stanche formalità come avviene in tutte le regioni e anche in molti comuni toscani: questa sarebbe una vera innovazione.

Paolo Baldeschi