Tutela del paesaggio collinare

Un bell’esempio a San Casciano (FI).

Come la nave Costa Crociere davanti al Giglio, Villa San Martino è un mostro piombato a deturpare una bella collina di olivi. Con le sue finestre a oblò, le scale in cemento armato, i tetti da capannone industriale senza tegole, coppi o travi, con colori infelici e oscene vetrate bianche in alluminio. Vista dalla chiesa di Santa Maria in Argiano rivela per intero la sua bruttezza, e davvero somiglia ad un transatlantico che, come la Costa Crociere, non dovrebbe essere lì.

Da mesi i visitatori che incontriamo ci chiedono “ma cos’è successo? Cos’è quell’orrore?”

Un orrore che resterà ben vivo nel curriculum di amministratori, tecnici, architetti e ingegneri che vi hanno contribuito.

Che idea può avere un cittadino di San Casciano delle autorità che hanno permesso questo orrore?

Forti con i deboli e deboli con i forti, succubi e intimiditi dal ricco e dal potente, onorati anche solo del suo saluto e prostrati ai suoi interessi.

Possibile che tutto il sistema sia così sbagliato da non riuscire a bloccare questi scempi?

Davvero non ci sono stati incompetenza, ignavia, interessi illeciti? Ancora una volta nessuno ha sbagliato? Nessuno pagherà (tranne tutti noi)?

Con (involontario?) sarcasmo l’invito all’inaugurazione descrive una struttura “nel cuore del Chianti, immersa nel verde degli oliveti tipici delle sue colline” descrivendo proprio l’ambiente che essa ha deturpato.

Parleranno retoricamente di sviluppo, servizi, progresso, opportunità, occupazione come se fossero ancora credibili, come se fossero argomenti inevitabilmente opposti alla cura dell’ambiente, come se non fosse possibile costruire questi mostri in luoghi meno visibili, come se non si potesse innovare riusando spazi esistenti invece che cementando gli olivi.

Siamo cittadini di San Casciano, non invitati all’inaugurazione. Affidiamo a questo messaggio il nostro saluto ai tanti che hanno contribuito a questo scempio.

No ai pannelli nei campi

Roccastrada (Gr): invia una mail per fermare un impianto fotovoltaico in un’area agricola pregiata.

Il Comitato Val di Farma lancia l’appello “S.O.S. Roccastrada” e invita tutti i lettori ad inviare una mail affinché non venga distrutto un pezzo di paesaggio toscano.

Il Comitato Val di Farma esprime forte preoccupazione per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico in località Collelungo, in seguito all’ultima conferenza dei servizi svoltasi presso la Regione Toscana lo scorso 6 maggio durante la quale la società NS proponente il progetto ha presentato nuove integrazioni, considerate dal Comitato “non significative”, ribadendo la volontà di chiedere alla regione ingenti danni qualora la richiesta di sospensione della procedura di VIA venga accolta.

Dopo che la NS srl si era rivolta al TAR chiedendo la sospensione del provvedimento di Valutazione di Impatto Ambientale sul progetto, lamentando perdite di tempo e invocando la sua non necessità, e avendo il TAR respinto tala richiesta, il proponente ha presentato ricorso in appello al Consiglio di Stato, il quale lo ha accolto invitando la Regione a riconsiderare la necessità della procedura di VIA. Questo nonostante la già espressa volontà dell’ufficio regionale, nel giugno 2012, di ricorrere alla VIA, emettendo un decreto riconoscente le problematiche che un’opera di tali dimensioni può provocare e documentando ampiamente i motivi per cui debba sussistere una attenta analisi del progetto.

L’impianto fotovoltaico previsto, della capacità di 48 MW e con una superficie a terra di 100 ha complessivi, dislocati in terreno agricolo, rientra infatti in un’area di pregio appartenente alla D.O.C. del Monteregio di Massa Marittima e all’I.G.P. del Distretto Rurale della Maremma, che vanta caratteristiche di integrità paesaggistica ormai molto rare, con numerose coltivazioni, alberi pregiati e filari di cipressi.

Per questi motivi Enti e cittadini, singoli e organizzati in associazioni hanno da subito apportato osservazioni al progetto manifestando il proprio dissenso verso un impianto che se realizzato avrebbe gravi effetti negativi sul paesaggio e l’ambiente (vedi precedente articolo correlato >)

In particolare cittadini e associazioni lamentano il fatto che le amministrazioni locali si siano servite dello strumento della “deperimetrazione” e della variante urbanistica al fine di ovviare all’ostacolo delle aree D.O.C. e I.G.P., indicate dalla L.R. 6/2011 non idonee alla realizzazione di impianti fotovoltaici a terra: la Provincia di Grosseto, sentito il Comune di Roccastrada, ha infatti provveduto a “deperimetrare” un’area all’interno della zona di pregio coincidente proprio con la superficie dell’area destinata all’impianto.

Sono vari i motivi che spingono il Comitato Val di Farma a manifestare la propria preoccupazione. Si riportano di seguito come segnalati:

– l’area interessata è una delle poche zone nei dintorni del comune di Roccastrada rimasta finora intatta nelle sue caratteristiche rurali;

– nell’area sono presenti numerose aziende dedicate all’agricoltura e all’agriturismo con campi irrigui e fertili che rischiano di scomparire a causa di uno scempio ambientale senza precedenti;

– la realizzazione di una superficie riflettente di simili proporzioni avrà ripercussioni importanti sul microclima della zona con possibili effetti sulle condizioni climatiche di una vasta area anche nei dintorni dell’impianto stesso;

– l’impianto in questione è ritenuto frutto di intenti speculativi, poiché proposto da una società immobiliare coinvolta in precedenti casi di attività speculativa su realtà industriali in difficoltà portate a fallimento. La società NS srl di Fausto Saccaro di Treviso ha infatti rilevato qualche anno fa, con il nome di “Easy Green” la Electrolux di Scandicci, sfruttando finanziamenti regionali per la riconversione da produzione di elettrodomestici a produzione di pannelli solari, mettendo tutti gli operai in cassa integrazione.

Si domanda quindi il Comitato: “con queste premesse, quali garanzie sul recupero e lo smaltimento futuri? Quale futuro per il territorio?”

È dunque su questa base che il Comitato si appella alla Regione Toscana chiedendo, in vista della prossima conferenza dei servizi del 22 maggio:

– che il progetto sia sottoposto ad una attenta procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (in analogia a quanto deciso per tre impianti fotovoltaici nella zona di Manciano rispettivamente di 81, 65 e 29 MW), in quanto la sua realizzazione va ad incidere notevolmente in aree di pregio ancora intatte dal punto di vista paesaggistico. È importante, sottolinea il Comitato, che scelte di tale portata vengano prese con la partecipazione di tutti i cittadini, adeguatamente, ampiamente e tempestivamente informati, come recita la Legge Regionale 69 del 27 dicembre 2007;

– che, prima di prendere una decisione in merito, venga eseguito fisicamente un sopralluogo dell’area oggetto di questo scempio (come già richiesto e al quale il Comitato intende partecipare come previsto dalle già citate leggi sulla partecipazione del cittadino in materia ambientale).

“Ci stupiamo” – sostiene infatti Loretta Pizzetti, portavoce del Comitato – “che proprio nella regione con più leggi in materia di salvaguardia del paesaggio, riconosciuta in tutto il mondo come esempio di bellezza paesaggistica, gli amministratori si trincerino dietro carte, norme e cavilli che delineano una falsa realtà, quando sono di fronte a progetti che soprattutto muovono denaro”.

Il ComitatoVal di Farma ed ESorride
(per le energie sostenibili, rinnovabili e democratiche)

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Il tour “rifiuti zero”


COMUNICATO STAMPA DELLA RETE RIFIUTI ZERO

Il Presidente della Regione Toscana Rossi ha dichiarato sulla stampa e nel convegno organizzato a Capannori che vuol “riscrivere il Piano Regionale Rifiuti” confrontandosi con l’esperienza di Rifiuti Zero.

Accogliamo positivamente queste dichiarazioni dal momento che troppe volte in passato la Regione Toscana ha fatto finta che non esistessero in maniera concreta ed anche sul proprio territorio pratiche virtuose di molti comuni che hanno già aderito a Rifiuti Zero e che, peraltro, si trovano ad opporsi alle scelte di nuovi impianti d’incenerimento appoggiate dall’assessore regionale Bramerini.

Valga per tutti l’esempi del comune di Greve in Chianti che ha di recente aderito alla strategia rifiuti zero ma deve combattere contro la scelta di costruire un nuovo inceneritore!

Se il presidente Rossi crede in ciò che ha detto deve prendere atto che troppe amministrazioni locali sono ancora ben sotto la soglia di raccolta differenziata del 65% prevista dalla legge nazionale e perciò obbligano, addirittura, i propri cittadini a pagare penali salate per lo smaltimento rifiuti.

La Toscana potrebbe oggi attingere alla preziosa esperienza di Rossano Ercolini (vincitore del Goldman Environmental Prize proprio per Rifiuti Zero e direttore del Centro Ricerca Rifiuti Zero) e del comune di Capannori (primo comune italiano ad aver aderito a Rifiuti Zero) per spingere in avanti la raccolta differenziata sfruttando anche la consulenza di esperti europei come Enzo Favoino che già ha collaborato con tante amministrazioni nel passaggio dalla raccolta stradale al Porta a Porta.

Per quanto riguarda la nostra campagna senz’altro prendiamo sul serio le dichiarazioni del governatore Rossi ma intendiamo rilanciarle per modificare davvero “profondamente” il futuro piano dei rifiuti. Centinaia di cittadini toscani stanno raccogliendo le firme per la Legge d’Iniziativa Popolare per Rifiuti Zero che prevede, tra l’altro, l’obbligatorietà della Raccolta Differenziata Porta a Porta per tutti i comuni e la moratoria sui nuovi impianti d’incenerimento proposti.

Chiediamo alla Regione Toscana di prendere atto di questa realtà innegabile e di anticipare queste proposte nazionali nel proprio futuro Piano Rifiuti.

Al governatore Rossi diciamo che IL FUTURO E’ GIA’ OGGI! E che i cittadini toscani non intendono sopportare ancora le proposte di nuovi impianti d’incenerimento o dell’ampliamento di quelli esistenti. Per questo la nostra campagna prepara per il prossimo fine settimana ben tre serata di lancio della Proposta di Legge per Rifiuti Zero in alcuni dei luoghi più “caldi” per l’opposizione ai nuovi impianti previsti.

IL NOSTRO “RIFIUTI ZERO” TOUR FARA’ TAPPA:

VENERDI’ SERA A PONTEDERA (si pensi alla proposta del gassificatore di Castelfranco di Sotto);

SABATO POMERIGGIO A FIRENZE (contro l’impianto di Case Passerini);

DOMENICA POMERIGGIO A LIVORNO (CONTRO I PROGETTI DI NUOVI INCENERITORI)

Seguirà all’inizio della prossima settimana UN INCONTRO A PISA il cui inceneritore funzionante di Ospedaletto è di nuovo salito alla ribalta delle cronache per lo “sforamento” delle emissioni inquinanti.

INSOMMA GOVERNATORE ROSSI NON LE CHIEDIAMO DI “FARE MIRACOLI” MA DI ASCOLTARE LA VOCE DEI SUOI CITTADINI CHE CHIEDONO DAVVERO UNA SVOLTA VERSO RIFIUTI ZERO E VERSO IL FUTURO!

Paesaggio, trasformare ma senza distruggere.

Un intervento di Anna Marson, assessore regionale, e un’intervista a Salvatore Settis.

La Repubblica, Firenze, 17 e 18 maggio 2013.

UNA delle obiezioni più frequenti alle azioni di regolazione delle trasformazioni del territorio e del paesaggio è un paventato rischio. Quello di ingessare il tutto, impedendo la continua trasformazione che rappresenta, è quasi superfluo ricordarlo, l’essenza stessa della vita. Il piano paesaggistico che la Regione Toscana sta redigendo viene fatto anch’esso in modo ripetitivo oggetto di tale obiezione, come se fosse finalizzato a bloccare lo sviluppo e non a rispettare la missione di tutela prescritta dalla Costituzione e dal Codice nazionale dei beni culturali. In realtà il Piano paesaggistico regionale ha l’obiettivo, qualcuno potrebbe dire la velleita’, di concorrere all’attuazione della Costituzione indirizzando le trasformazioni indotte da esigenze del cosiddetto sviluppo in modo che esse siano conformi al Codice e non distruggano il patrimonio culturale presente ma ne producano invece, ove possibile, sensibili progressi. Un compito impegnativo e non semplice, al quale le Regioni concorrono, in co-pianificazione con il Mibac, con risorse esclusivamente proprie. La nostra Regione ha potuto avvalersi, grazie ad una convenzione di ricerca con i cinque principali atenei toscani, dell’impegno volontario di numerosi docenti universitari di discipline che vanno dall’archeologia alla geologia, dall’architettura all’ecologia, dalla storia dell’arte alla geografia, e del lavoro di decine di assegnisti che vi hanno investito energie e capacità di ricerca. Per valutare il lavoro fatto, e proporne eventuali miglioramenti, è dunque fondamentale entrare nel merito delle sue diverse articolazioni: una che tratta i Beni paesaggistici formalmente riconosciuti dallo Stato, a loro volta articolati in Beni paesaggistici decretati con specifici atti e Beni paesaggistici definiti ex lege, l’altra invece riferita all’intero territorio regionale. Cosa che stiamo d’altronde facendo nei diversi incontri dedicati sia agli enti locali che ai cittadini e alle loro associazioni. La parte del piano riferita ai Beni paesaggistici trova riferimenti assai vincolanti negli atti statali, e va condivisa con tutte le Sovrintendenze competenti. A questo riguardo la valenza del piano, una volta che esso sia adottato, sarà quella di presentare un chiaro quadro di riferimento delle condizioni di trasformazione per le aree che sono interessate da vincoli paesaggistici apposti dallo Stato, non solo limitando il contenzioso ma facendo sì che le condizioni siano note agli stessi committenti e progettisti che si apprestano a presentare domanda di autorizzazione. La parte del piano riferita invece al territorio regionale nel suo complesso si propone innanzitutto, in coerenza non solo con il Codice ma anche con la Convenzione europea del paesaggio, di condividere una maggiore conoscenza della straordinaria ricchezza e varietà dei paesaggi regionali, affinché le diverse pianificazioni ne considerino in modo più riflessivo la sintassi, per comprendere e definire le regole della sua modifica. Un obiettivo innanzitutto culturale, che si appoggia a nuove cartografie del territorio regionale e nuovi approfondimenti interpretativi, per raggiungere il quale speriamo di poter contare anche sulla collaborazione della stampa toscana.

Settis e le regole sul paesaggio: “Va rispettato il principio di legalità”

Intervista di Maria Cristina Carratu’

PROFESSOR Settis, davvero secondo lei non si può riflettere con qualche distinguo sulla pur indispensabile preoccupazione di salvaguardare il nostro patrimonio, perché questo non significhi museificarlo?

«Si tratta di una tesi molto diffusa di stampo neoliberista che io non condivido minimamente. E’ la tesi di chi sostiene che le generazioni future non hanno alcun diritto perché, non esistendo, non possono agire in tribunale contro di noi. Ne deriva la convinzione che l’unico padrone dell’oggi è chi vive oggi, e che non ha alcun dovere verso chi verrà dopo. Io penso, al contrario, che l’oggi si può concepire solo a partire dal domani, dai diritti di chi ci seguirà, così come ha fatto chi ci ha preceduto, e grazie a cui godiamo oggi di un bene unico. L’idea, tutta berlusconiana, per cui il mondo andava bene quando non c’erano regole, va sfatata. E’ la ricetta che ha portato al disastro che abbiamo sotto gli occhi».

Non c’è, secondo lei, il rischio che la tutela possa sconfinare in una sorta di «imbalsamazione » di questo patrimonio, a scapito della sua vitalità?

«Parlare di tutela del paesaggio non significa affatto ibernarlo, sarebbe una stupidaggine altrettanto grave di quella di chi pretendesse di farne quello che vuole. E’ ovvio che niente in natura resta immobile, e anche il paesaggio può e deve cambiare, purché però ciò avvenga secondo regole precise. E’ evidente che il modo di tutelare il paesaggio in Bielorussia non è lo stesso adottato in Italia o in Toscana. E’ questo l’altro principio fondamentale da non dimenticare, insieme alla preoccupazione per ciò che dobbiamo lasciare ai posteri: la legalità. Questo paese ne ha un bisogno disperato, pur essendo l’unico al mondo ad aver inserito nella sua Costituzione un articolo esplicitamente dedicato alla tutela dei beni culturali. Esistono anche un Codice dei beni culturali e paesaggistici che è legge dello Stato e una infinità di altre norme, ma che spesso e volentieri non vengono rispettate, e questo è il vero problema italiano. Sarebbe davvero assurdo pensare che tutte queste regole in fondo non servano a niente perché tanto non sappiamo che cosa potranno volere i nostri nipoti fra cento o duecento anni. Cioè perché non vogliamo ‘ipotecare’ il loro futuro».

Resta il fatto che ciò che abbiamo ricevuto in eredità dal passato non sempre è stato il frutto di regole rigide, ma ha obbedito anche a sviluppi casuali.

«È un errore credere che lo sviluppo del passato sia avvenuto senza regole, le città medievali avevano tutte delle figure che dovevano dare pareri vincolanti su qualsiasi proposta di nuova costruzione o sopraelevazione o di sviluppo urbano, come gli Uffiziali dell’ornato a Siena, o i Magistri viarum a Roma. Insomma, se oggi dell’affermazione dei diritti delle future generazioni, negati da un nefasto neoliberismo, sono pieni per fortuna tutti i documenti dell’Onu, in passato è esistita una preoccupazione identica che era quella per il bonum commune, cioè per l’interesse della collettività, considerato superiore a quello del singolo. E la collettività è ciò che la Costituzione chiama popolo, costituto non solo dai viventi, ma anche da chi non c’è ancora».

La vera sfida, dunque, è che le regole consentano dei margini controllati di cambiamento.

«Sì, e questo è del tutto possibile, come dimostrano, per esempio, il Mart di Rovereto, progettato da Mario Botta in stile contemporaneo ma perfettamente inserito in una strada settecentesca, o le cantine Petra in Maremma, nascoste benissimo nel paesaggio collinare. In Italia manca una cultura diffusa della legalità, e ci sono continui conflitti di competenze sulle normative fra i vari livelli istituzionali. Ma migliorare le regole non dovrà mai voler dire abolirle, bensì renderle capaci sia di non ibernare, che di non offendere, la nostra storia».