Amiata: il TAR ferma Bagnore 4.

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Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi!

Accolte le nostre ragioni, ora le amministrazioni facciano il loro dovere.

Il TAR Toscana annulla l’AIA, l’autorizzazione per i lavori della centrale geotermica Bagnore 4, perchè le prescrizioni contenute nella VIA non sono state soddisfatte.

Esulta Sos geotermia, che, affiancata dal Forum Ambientalista di Grosseto, dal WWF e da Italia Nostra, vede riconosciuta la denuncia che la concessione della VIA da parte della Regione Toscana era stata forzatamente rilasciata e per fare ciò era stata infarcita di oltre 30 prescrizioni di difficile attuazione e che da sole, mettevano in evidenza come il progetto non fosse autorizzabile.

Tutto sarebbe passato sotto silenzio se Sos geotermia non avesse, da subito, denunciato lo scempio di un’altra centrale da 40 MW, con la complicità della Regione ed il colpevole silenzio dei sindaci, ma il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi e la traballante autorizzazione è crollata.

E dire che ancor prima che si iniziasse l’iter avevamo chiesto alle amministrazioni una moratoria per poter discutere nel merito di tutta la questione, ma non abbiamo mai trovato amministratori disponibili a difendere il territorio.

Oggi, alla luce anche delle prese di posizione contrarie alla centrale GESTO di Montenero, è il momento di rimettere in discussione, una volta per tutte, il modello di sviluppo che si vuole per tutto l’Amiata e la Maremma: è così stridente e lampante la contraddizione che vede gli amministratori contrari alla centrale di 5 MW a ciclo binario di Montenero e favorevoli al raddoppio fino ad oltre 120 MW a rilascio libero delle centrali Enel.

Oltre al fermo di Bagnore 4 conseguente al pronunciamento del TAR, gli amministratori facciano propria la richiesta di ‘moratoria immediata’ di ogni attività. Oggi non hanno più scuse, conoscono gli effetti dell’attività geotermica sulla salute e sull’ambiente, non potranno mai più dire ‘non sapevamo’, nè nascondere le loro responsabilità dietro prescrizioni regionali ‘a futura memoria’ che poi nessun ente pubblico verifica.

 

Posted on 21 gennaio 2014 by sos geotermia

 

Geotermia, Progetto Mensano

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La Regione Toscana non ascolta le richieste dei cittadini che hanno chiesto a gran voce la Valutazione di Impatto Ambientale prima di qualsiasi trivellazione nei comuni di Volterra, Casole D’Elsa e Radicondoli.

La società Magma Energy Italia, controllata oggi dalla società Graziella Green Power di Arezzo, in data 18 ottobre 2013 aveva richiesto alla regione il permesso per la trivellazione di tre pozzi geognostici allo scopo di cominciare a misurare le temperature del sottosuolo in previsione della costruzione di nuove centrali geotermoelettriche.

La mobilitazione dei comitati, delle associazioni e dei singoli cittadini è stata immediata e sono giunte alla Regione osservazioni contrarie da parte di cinquantasei soggetti diversi, che avevano semplicemente chiesto che venisse valutato l’impatto ambientale dei pozzi geognostici.

Ad una prima lettura gli argomenti della Regione per il rifiuto della V.I.A. sono stati principalmente due.

Il primo è la richiesta di produzione energetica da fonti alternative diverse da quelle fossili da parte dell’Europa, richiesta che non tiene conto delle caratteristiche dei singoli stati e territori e delle economie nelle quali queste produzioni energetiche si dovrebbero inserire.

Sarebbe stato compito della Regione Toscana valutare l’impatto delle richieste europee sull’economia turistica e rurale ed attivare la procedura di V.I.A..

Un secondo argomento della Regione Toscana è che:

le localizzazioni individuate dal proponente per la perforazione dei pozzetti termometrici ricadono in aree soggette a vincolo idrogeologico e non ricadono in aree soggette a vincolo paesaggistico o archeologico.

Questo nonostante 3000 cittadini delle zone interessate dalle prospezioni abbiano richiesto la valutazione dei vincoli da anni, sollecitata lo scorso luglio dallo stesso Ministero dei Beni Culturali e Ambientali.

La Regione argomenta affermando che:

si prende atto della richiesta di attivazione di una procedura di apposizione del vincolo paesaggistico avanzata da Italia Nostra il 10.01.2008 per le aree situate nel Comune di Casole d’Elsa e che tale richiesta è rimasta senza risposta da parte delle Autorità competenti.

Ci troviamo quindi nella situazione paradossale di una Regione che rifiuta ai cittadini la Valutazione di Impatto Ambientale perché la Regione stessa, in sei anni, non ha mai risposto alla richiesta di vincolo.

La risposta della Regione Toscana ha quindi un valore politico.

La richiesta di una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale avrebbe infatti portato a considerare la possibilità dell’impatto economico dei pozzi (l’economia della Toscana è legata al paesaggio più di quella di qualsiasi altro luogo) e quindi avrebbe fornito elementi per valutare i primi effetti di un evidente processo di industrializzazione del paesaggio rurale.

La risposta della Regione Toscana, di fatto cerca in modo inaccettabile di considerare separata la trivellazione dei pozzi di prospezione dal processo industriale del quale sono solo un passo, processo che potrà avere come conseguenza la trasformazione di una economia florida e distribuita tra migliaia di piccoli proprietari in una economia energetica concentrata nelle mani di pochi gruppi industriali. Sarebbe stato un dovere politico e morale della Regione, specialmente in un momento economico così delicato, avviare una procedura di valutazione di questo impatto.

Viene invece favorito ancora una volta un modello di sviluppo incerto e favorevole a pochi che contrasta con le vere ricchezze davvero inesauribili che il nostro territorio offre, turismo, agricoltura di qualità, biodiversità, ecc. basi portanti di un’economia diffusa e ben radicata che mal si sposa con questo tipo di geotermia che devasta il territorio inquinandolo e impoverendolo.

E’ quindi evidente la difficoltà politica della Regione Toscana di comprendere l’economia delle piccole imprese legate al paesaggio, e la trasformazione economica verde che l’intero pianeta sta intraprendendo.

Non si può non osservare con una certa perplessità che tra le centinaia di possibilità alternative all’industrializzazione del territorio rurale, prima fra tutte quella della costruzione di una fitta rete di microimpanti domestici, la Regione Toscana, attraverso i permessi di prospezione ha scelto la strada dei megaimpianti. E ciò nonostante i catastrofici effetti che questo tipo di produzione energetica ha prodotto sull’economia del turismo nella zona di Larderello e in tutte le località geotermiche più sfruttate.

Prendiamo atto di questa scelta politica che certamente condizionerà le scelte dei cittadini di tutta la Toscana quando si dovrà votare per il rinnovo del Consiglio Regionale. La risposta della Regione indica infatti che per tutelare i posti di lavoro e le migliaia di imprese legate all’economia del paesaggio è necessaria una classe dirigente in grado di comprendere il significato e il valore economico di uno dei più importanti settori agricoli e turistici del pianeta.

Comitato Difensori Della Toscana

http://difensoridellatoscana.wordpress.com/

Toscana: approvato il Piano paesaggistico

Paesaggio toscano

Codice di regole condivise per il buon governo.

Toscana notizie, 18 gennaio 2014.

Approvato dalla Giunta regionale, su iniziativa dell’assessore Anna Marson, il Piano paesaggistico della Toscana, che costituirà integrazione al Pit. Gli elaborati verranno ora inoltrati al Consiglio per l’adozione e approvazione.

“Un piano ‘ciclopico’ – così lo ha definito il presidente Enrico Rossi – che stabilisce regole più precise per tutelare il nostro territorio e garantire il buon governo delle possibili trasformazioni. Riduce la discrezionalità sugli interventi con l’obiettivo di evitare speculazioni ed ecomostri e tutelare il carattere di bene comune del nostro paesaggio. Un paesaggio che è tutelato sulla base di 365 vincoli per decreto e di quelli della legge Galasso, che insieme coprono oltre il 60% del territorio. Questo ci consentirà di lasciare in eredità alle future generazioni una regione ancora bella e attraente”.

“E’ un piano che approfondisce la conoscenza, l’interpretazione e la rappresentazione dei paesaggi presenti sull’intero territorio regionale – spiega l’assessore Marson – codificandone gli obiettivi di qualità da garantire nelle trasformazioni. L’insieme dei suoi elaborati consente di superare pareri eccessivamente discrezionali, a favore di un insieme di regole pubblicamente deliberate e condivise, capaci di indirizzare le trasformazioni verso il buon governo del paesaggio”.

A differenza degli altri strumenti di pianificazione regionale, concepiti come strumenti di prevalente indirizzo di un’attività comunale in buona misura autonoma, il piano paesaggistico, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e dei suoi contenuti “copianificati” con il Ministero competente, è un piano sovraordinato cui sono tenuti a conformarsi gli altri piani e programmi di livello regionale e locale.

Nei due anni di lavoro alla redazione del piano, per il quale la competente struttura regionale ha potuto avvalersi del contributo scientifico di tutti gli atenei toscani, e del lavoro di numerosi giovani ricercatori, e’ stata approfondita sia la conoscenza dei fattori e delle relazioni che definiscono i diversi paesaggi toscani, e la loro percezione, che codificati i valori, le criticità e la disciplina delle aree interessate da vincoli paesaggistici.

I vincoli paesaggistici, che riguardano le 365 aree oggetto di specifici decreti ministeriali nel corso del tempo e le aree vincolate per legge come coste, fiumi, torrenti e corsi d’acqua, territori coperti da foreste e boschi, e così via, sono stati contestualizzati, specificati e puntualmente disciplinati in coerenza con le conoscenze, le interpretazioni e le discipline strutturate dal piano per l’intero territorio regionale.

“I diversi elaborati del piano – aggiunge l’assessore regionale – alla scala regionale, alla scala d’ambito, e per le diverse categorie di beni paesaggistici formalmente riconosciuti, costituiscono nel loro insieme un formidabile avanzamento delle conoscenze relative al territorio e al paesaggio regionale e una maggior certezza delle regole che verranno applicate nel valutare i progetti di trasformazione proposti”.

Un piano per il paesaggio toscano

“Il paesaggio in Toscana conta – dice ancora l’assessore – è un bene comune di tutti i suoi abitanti, che incorpora la memoria del lavoro delle generazioni passate e costituisce un patrimonio per le generazioni a venire. Questo bene comune, la cui riproduzione richiede non solo tutela, ma anche cura e manutenzione continua, rappresenta un valore aggiunto straordinario in termini di riconoscibilità ma di attrattività anche economica del territorio. Per fare questo occorre riuscire a superare la settorialità delle attuali politiche di sviluppo economico a favore di una maggiore contaminazione e integrazione reciproca fra politiche di sviluppo e politiche per il paesaggio. E’ questa la chiave decisiva per il futuro del paesaggio toscano e del benessere della regione. Ed è con questo spirito che la Regione nell’attuale legislatura ha intrapreso e portato a compimento il percorso di redazione del nuovo Piano paesaggistico”.

Gli obiettivi del Piano paesaggistico

I “metaobiettivi” del piano sono una migliore conoscenza delle caratteristiche identitarie dl territorio della Regione Toscana, e dunque anche del ruolo che i suoi paesaggi possono svolgere nelle politiche di sviluppo regionale; una maggiore consapevolezza del fatto che una più strutturata attenzione al paesaggio può portare alla costruzione di politiche più integrate ai diversi livelli di governo; e infine un rafforzamento del rapporto tra paesaggio e partecipazione, tra cura del paesaggio e cittadinanza attiva.

Dentro a questa cornice complessiva si collocano gli “obiettivi strategici”. Tra i principali ci sono quello di garantire la fruizione collettiva dei diversi paesaggi della Toscana (accesso alla costa, ai fiumi, ai territori rurali) e quello di assicurare che le diverse scelte di trasformazioni del territorio e del paesaggio abbiano come supporto conoscenze, rappresentazioni e regole adeguate. Quest’ultimo obiettivo, secondo Marson, significa anche certezza delle regole, e quindi riduzione della discrezionalità relativa ai procedimenti, ai tempi e alle stesse valutazioni di merito che incidono sulle decisioni.

L’architettura del piano

Il piano è organizzato su due livelli, quello regionale, e quello d’ambito. Il livello regionale a sua volta è articolato in una parte che riguarda l’intero territorio regionale, trattato in particolare attraverso le “invarianti strutturali”, e una parte che riguarda invece i “beni paesaggistici” formalmente riconosciuti in quanto tali.

Gli ambiti in cui è stato suddiviso il territorio regionale sono 20: Lunigiana, Versilia e costa apuana, Garfagnana e Val di Lima, Lucchesia, Val di Nievole e Val d’Arno inferiore, Firenze-Prato-Pistoia, Mugello, Piana Livorno-Pisa-Pontedera, Val d’Elsa, Chianti, Val d’Arno superiore, Casentino e Val Tiberina, Val di Cecina, Colline di Siena, Piana di Arezzo e Val di Chiana, Colline Metallifere, Val d’Orcia e Val d’Asso, Maremma grossetana, Amiata, Bassa Maremma e ripiani tufacei.

Per definire i venti ambiti, ai fini di una maggiore efficacia delle politiche territoriali e nel riconoscimento del senso di appartenenza delle comunità locali, sono stati in generale rispettati i confini comunali, con una sola eccezione (Castelnuovo Berardenga) dettata dalla particolare configurazione territoriale. Per ogni ambito è stata redatta una specifica “Scheda d’ambito”, che approfondisce le elaborazioni di livello regionale ad una scala di maggior dettaglio, sintetizzando i relativi valori e criticità, nonché formulando specifici obiettivi di qualità e la relativa disciplina.

Gli elaborati del piano

L’insieme degli elaborati del Piano paesaggistico è costituito dalla disciplina generale, dalle elaborazioni di livello regionale (oltre agli abachi relativi alle invarianti, un approfondimento sui caratteri rurali storici e un’iconografia della Toscana degli ultimi sette secoli), dalle elaborazioni a livello di ambito con le singole schede, dalle nuove cartografie per l’intero territorio regionale, dalle schede e cartografie relative alle diverse categorie dei beni paesaggistici, e da vari allegati, tra cui le carte della”intervisibilità”, un progetto di paesaggio per la valorizzazione dei percorsi della mobilità dolce, linee guida per la riqualificazione paesaggistica dei tessuti urbanizzati di frangia e norme comuni per le energie rinnovabili.

Scritto da Lorenza Pampaloni

Per consultare gli elaborati

Comunicato Stampa No Tunnel TAV

cantiere Macelli nel 2012

Firenze, 17 gennaio 2014.

A un anno dai provvedimenti della magistratura che ha sospeso i lavori TAV a Firenze nulla è cambiato, nemmeno la politica che non si vergogna di perseverare in un progetto folle.

Un anno fa, il 17 gennaio 2013, la magistratura fiorentina emise avvisi di garanzia per oltre 30 politici e manager, sequestrò la fresa e altro materiale dei cantieri dimostrando quanti problemi ci fossero nel cantiere più grande di Firenze denunciati più volte dalla società civile e anche dal Comitato NO TUNNEL TAV.

Il Comitato ritiene importante ricordare questa scadenza perché il silenzio e l’oblio sono diventati l’alleato più importante di chi vuol andare avanti con i lavori a dispetto della razionalità e del buon senso, mentre, giova ricordarlo, tutti i problemi denunciati restano pericolosamente presenti.

Le dichiarazioni del sottosegretario Erasmo D’Angelis di alcuni giorni fa, che prevedono la ripresa dei lavori nel cantiere della stazione ai Macelli, sono la dimostrazione ennesima di come i poteri forti controllino ormai il sistema politico locale e nazionale imponendo i loro desiderata al di fuori di ogni interesse pubblico e sociale.

La situazione del trasporto ferroviario, a parte quello dell’alta velocità, è a livello vergognoso e finalmente costringe anche il presidente della Regione Enrico Rossi a prendere posizione contro le Ferrovie; è però evidente come le dichiarazioni e le proteste cozzino contro il muro di gomma delle Ferrovie che sono ormai un potere cui viene concesso di operare senza alcun controllo o progetto pubblico. Le FS sono una società per azioni, ma la proprietà è totalmente in mano al Ministero del Tesoro; se l’amministratore delegato Mauro Moretti può agire senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze delle sue azioni vuol dire che il sistema delle grandi opere inutili e degli appalti è quello che controlla la politica dei trasporti e delle infrastrutture. Non si tratta solo di malgoverno e di sperpero di risorse pubbliche: la mancanza di controllo pubblico è sostanzialmente un furto di democrazia, una sottrazione di diritti (quello alla mobilità in primo luogo, ma anche quello alla salute).

Dopo un anno di sostanziale fermo per via dell’inchiesta della magistratura i problemi emersi sono tutti lì presenti e conviene essere noiosi, ma ricordarli:

• il reato contestato di corruzione è alla base di questo progetto; senza interventi dolosi di alcuni dirigenti ministeriali e politici questo progetto sarebbe già morto e sepolto, soprattutto per le pressioni fatte sulle normative per lo smaltimento dei rifiuti, sia a livello nazionale che europeo.

• Le gravissime falle nei controlli che hanno portato allo smaltimento di enormi quantità di terre contaminate (soprattutto in Mugello) sono tuttora presenti.

• Le infiltrazioni della camorra sono un rischio sempre presente, soprattutto quando è presente la figura giuridica del “general contractor” che fa dell’opacità uno strumento di gestione dei lavori.

• Materiali e strumenti di costruzione difettosi e pericolosi: dai conci delle gallerie alle strutture interne della fresa. La cosa non sarebbe emersa se non ci fossero state le intercettazioni telefoniche della magistratura. Ad oggi, invece, non si prevedono controlli seri dei lavori nemmeno dopo quanto emerso.

• Le principali società che dovrebbero realizzare l’opera sono in pessime condizioni economiche: SELI, la proprietaria della fresa, è in odor di fallimento, la Coopsette, vincitrice della gara per il Passante, avrebbe evitato il fallimento ricorrendo al concordato preventivo, sostanzialmente non pagando i fornitori e i debitori; in seguito si sarebbe salvata con una operazione simile a quella fatta per Alitalia ed Etruria, dividendo cioè la società in due imprese, una che si è presa gli appalti più remunerativi e una “bad company” cui sono stati attribuiti tutti i debiti.

• La normativa sulle terre di scavo, introdotta nell’agosto 2012 (decreto 161) emanata per risolvere il problema di 3 milioni di m3 di terra che non si saprebbe dove mettere, confligge con le normative europee; su tutti i progetti mal fatti, che prevedono anomali quantità di terre contaminate, pende la spada di Damocle di un procedimento di infrazione.

• In risposta ad una interrogazione dell’onorevole Bonafede, il ministero dell’Ambiente ha ammesso di aver ritirato l’autorizzazione al piano di utilizzo delle terre di scavo delle gallerie che sarebbero dovute andare a Cavriglia; gli scavi delle gallerie non possono assolutamente iniziare nemmeno con le norme corrive applicate.

• Nel frattempo alcune rilevazioni dell’ARPAT hanno riconosciuto che l’impatto sulla falda è molto forte sia nella zona di Campo di Marte, sia ai Macelli nonostante tutti i proclami e le promesse tranquillizzanti fatte. Ad oggi non è dato sapere che provvedimenti si intendano prendere per ovviare a questo pericoloso inconveniente, anzi, invece di cercare di trovare rimedi si parla di riprendere con gli scavi ai Macelli! Ricordiamo che i rischi sono danneggiamento alle fondazioni degli edifici e possibili cedimenti del terreno.

A questi elementi emersi nell’ultimo anno ci sarebbero da aggiungere tutti problemi documentati e denunciati da esperti e dal comitato: cedimenti del terreno, possibili danni al patrimonio abitativo e artistico, errata progettazione sismica, errate previsioni degli effetti dello scavo, per finire alla mancanza di VIA (valutazione di impatto ambientale) proprio sulla stazione Foster, una grave lacuna sempre ignorata.

Davanti al disastro che si ricava dal noioso elenco riportato sopra, il governo, nella persona del sottosegretario al ministero delle infrastrutture Erasmo D’Angelis, non ha trovato di meglio che annunciare la ripresa dei lavori nella stazione Foster.

Il Comitato denuncia la forzatura di questa operazione: si rischia di gettare una quantità enorme di risorse per realizzare uno scavo che resterebbe solo una ferita nella città, per costringere l’opinione pubblica, in un secondo tempo, ad accettare l’inevitabilità della realizzazione dei tunnel. È un ricatto ignobile.

In questo quadro rifulge il silenzio del sindaco Matteo Renzi, attentissimo a curare mediaticamente la sua immagine; davanti alla vergogna e al disastro di questo progetto la miglior cosa è tacere facendo intendere che il Comune non c’entra nulla: invece c’entra eccome, urbanistica e sicurezza dei cittadini sono competenze del primo cittadino. Il silenzio è stato comprato con diverse decine di milioni di euro da Moretti e c’è anche la promessa di altri soldi per le casse sinistrate di Palazzo Vecchio se i lavori procederanno.

Nelle chiacchiere dei sostenitori dei tunnel di Firenze si è sempre detto che si doveva cominciare a scavare per fare “presto e bene”. Il Comitato si chiede perché non viene abbandonato questo progetto i cui tempi di realizzazione sono ormai fuori controllo (15, 20 anni?) e non si studiano interventi alternativi che avrebbero da subito tre effetti positivi:

  1. con le stesse risorse economiche si realizzerebbero più lavori e si potenzierebbe tutta la rete ferroviaria
  2. si creerebbero da subito molti più posti di lavoro, anche per le ditte toscane che adesso sono scavalcate dal general contractor
  3. si farebbero interventi parziali che hanno tempi di realizzazione molto inferiori e si avrebbero benefici in tempi molto più ravvicinati

Ma questo ormai sono domande affidate al solo buon senso, materiale che scarseggia nella politica italiana.

Il Comitato proseguirà nella sua opera di informazione presso i cittadini – soprattutto nei pressi dei cantieri – preparando un convegno sul Passante di Firenze, sui rischi e sulle possibili alternative.

 

Comitato NO TUNNEL TAV Firenze