Quel bene di tutti chiamato paesaggio.

maddalena (1)Paolo Maddalena,

Il territorio bene comune degli italiani, 

Donzelli, pp. 210, € 18.

 

Recensione di FRANCESCO ERBANI, La Repubblica, 02 Marzo 2014.

La partita del territorio italiano, del paesaggio e della loro tutela, si gioca tutta intorno a un’espressione latina, ius aedificandi.

Secondo Paolo Maddalena, professore di Diritto romano, poi giudice della Corte dei Conti e, per un decennio, della Corte Costituzionale, se si chiarisse per bene, senza ambiguità, che una cosa è essere proprietari di un suolo altra cosa è aver diritto a farci quel che si vuole, forse per territorio e paesaggio italiano si può immaginare un futuro più sereno. Ma che cosa c’entra lo ius aedificandi?

C’entra, spiega Maddalena in questo saggio di lettura agile (con introduzione di Salvatore Settis), nonostante la mole di sapienza giuridica che vi è riversata, perché un presunto diritto a costruire si ritiene sia connaturato al diritto di proprietà. È una convinzione molto diffusa in Italia: ne è prova il successo di uno degli slogan simbolicamente più efficaci del berlusconismo, “padroni in casa propria”, che ha fatto proseliti sia fra i grandi che fra i piccoli possessori di aree, a dimostrazione che esiste nel nostro paese un nutrito, multiforme “blocco edilizio” tenuto insieme da una smodata intolleranza verso le regole. Ma uno ius aedificandi così inteso, baluardo di un oltranzismo privatistico, è uno sgorbio giuridico, insiste Maddalena, senza riscontri nelle fonti del diritto romano, anzi ampiamente smentito da questo, e soprattutto in patente contrasto con la nostra Costituzione. Ciò nonostante sul diritto a costruire vige una specie di consuetudine, avallata da alcune norme del codice civile e da qualche sentenza della Corte Costituzionale (risalente a prima che Maddalena vi facesse parte) e poi da un sentire diffuso che autorizza sia abusi edilizi sia piani casa.

E invece possedere un suolo non è come possedere un tavolo. Non lo si può trasformare o manipolare a piacimento. L’edificazione, scrive Maddalena, «produce effetti non solo sui beni in proprietà del privato, ma anche sui beni che sono in proprietà collettiva di tutti, come il paesaggio, che, essendo un aspetto del territorio, è in proprietà collettiva del popolo, a titolo di sovranità».

Stendere un velo di cemento anche solo su duecento metri quadrati di suolo sottrae irreversibilmente a questo alcune funzioni che sono di interesse della collettività. Quella porzione di suolo sarà impermeabilizzata, con un acquazzone la pioggia vi scivolerà e non sarà assorbita ricaricando le falde. Il suolo non potrà più essere coltivato. Non immagazzinerà più carbonio. Se sopra il velo si innalzerà un edificio, questo altererà la prospettiva esistente, attirerà più persone, produrrà più scarichi. Se invece che uno, gli edifici sono tanti, tutti questi effetti si moltiplicheranno. Non può essere solo il proprietario a decidere che cosa fare del suo suolo.

La proprietà privata non dà diritti illimitati. Diritti che, per fare un esempio, un costruttore ritiene di poter esercitare quando va a contrattare la trasformazione di un area con un’autorità pubblica troppo spesso soggiogata politicamente. Ma – ed è qui uno dei punti cruciali del saggio di Maddalena – non è la proprietà privata limitata dagli interessi pubblici. La prospettiva va ribaltata. È il territorio nel suo complesso un bene appartenente alla collettività (come sostenevano già i romani), essendo il territorio il luogo nel quale si esercita la sovranità popolare. E ciò determina, scrive Maddalena, una prevalenza giuridica dell’interesse pubblico su quello privato. Detto in altri termini (sperabilmente non troppo elementari): se in qualunque modo si tocca il territorio sono gli interessi pubblici che vanno considerati più di quelli privati.

Il libro di Maddalena ripercorre in modo assai coinvolgente la storia di come il territorio sia stato considerato un bene collettivo ed enumera le norme giuridiche che hanno supportato questa concezione. Dall’età classica alla nostra Costituzione. Inoltre il libro è percorso dall’idea di quanto sia necessario riferirsi a questi principi nella pratica legislativa, in quella politica e in quella amministrativa. Qui non è possibile neanche sintetizzare tale ricchezza di documentazione, salvo sottolineare come il saggio di Maddalena segni un punto fermo nella saggistica dedicata al territorio e al paesaggio. E nelle battaglie per la loro tutela.

 

sassi

8 marzo: assemblea della Rete.

Un anno di lavoro: ipotesi, progetti e lotte per il futuro.

1. Sintesi del lavoro fatto.

Per la Rete dei Comitati per la Difesa del Territorio il 2013 è stato un anno di intensa attività. Oltre alla consueta attenzione alle vertenze in atto è stata elaborata la ‘Piattaforma toscana’, un documento che nasce dal durevole interscambio con le associazioni e i comitati e rappresenta il frutto degli ultimi anni di lavoro della Rete. In essa sono esaminati e riuniti in un unico testo i principali aspetti della situazione ambientale, territoriale, urbanistica e paesistica della Regione Toscana.

La Piattaforma è stata presentata e discussa nel corso dell’Assemblea plenaria dei comitati del 3 febbraio 2013. Sulla scorta di quel lavoro è stato possibile instaurare un dialogo più strutturato con la Regione Toscana, che ha avuto inizio il 15 aprile con il primo incontro tra tra la Giunta regionale e la Giunta della Rete, durante il quale è stata consegnata la Piattaforma al presidente Rossi ed agli assessori.

In quella occasione sono state consegnate anche 9 schede, riguardanti:

1. Il dissesto idrogeologico;

2. Lo sfruttamento fuori norma e misura delle risorse energetiche;

3. La distruzione delle Alpi Apuane;

4. La revisione della Legge 1 e il nuovo Piano paesaggistico regionale;

5. La situazione urbanistica fiorentina;

6. La questione della Piana fiorentina;

7. La “nuova questione agricola” (cui, connessa, aderisce la problematica dei “parchi agricoli”, di cui, a mo’ d’esempio, viene chiamata in causa la Val d’Orcia);

8. Il “corridoio tirrenico”;

9. Il sotto-attraversamento ferroviario di Firenze.

2. Il confronto con la Giunta Regionale Toscana.

Nel corso del 2013 si sono tenuti complessivamente due incontri tra la Giunta regionale e la Giunta della Rete e quattro incontri con gli assessori Bramerini, Ceccarelli e Marson.

In coerenza con la propria ragione sociale la Rete ha condiviso l’organizzazione e la partecipazione agli incontri con gli esponenti dei comitati di volta in volta interessati.

La discussione ha affrontato alcuni degli argomenti di più rilevante interesse regionale: l’assetto urbanistico della piana fiorentina, con particolare riferimento al Parco della Piana e all’ampliamento dell’aeroporto Leonardo da Vinci; il sotto-attraversamento TAV di Firenze e la politica trasportistica regionale e nazionale; il corridoio tirrenico; la geotermia, le prospettive di sviluppo in particolare della media entalpia, l’impatto dell’alta entalpia; le attività estrattive nelle Apuane, il rapporto tra queste ed il Parco delle Apuane, la sostenibilità di queste attività e l’impatto sul territorio.

A corollario dei principali temi siamo entrati nel merito dell’attività legislativa della Regione, in particolare della legge urbanistica (ex LR 1/05), del Piano paesaggistico (per cui si veda più avanti), della futura legge sulle attività estrattive, della futura legge sulle aree protette. La Rete si è inoltre espressa sul Piano Ambientale ed Energetico Regionale (PAER) e su alcuni altri elementi ed aspetti della produzione normativa ed amministrativa regionale.

In merito alla discussione con la Regione il bilancio è articolato, è stato certamente utile a comprendere meglio alcune posizioni strategiche dell’Ente e degli assessorati, quindi a meglio articolare critiche e contributi: siamo convinti di aver apportato riflessioni non banali all’attenzione degli assessori.

In generale riteniamo di aver messo nell’agenda dell’amministrazione regionale maggiore attenzione alle questioni che ci sono care, a fronte dell’oggettiva osservazione che da parte delle forze politiche nazionali il ruolo riservato nel dibattito pubblico ai temi dell’ambiente, del territorio, del paesaggio, dei beni culturali, risulta più che modesto.

Abbiamo persino la presunzione di pensare che questa Giunta regionale, per l’incisiva azione della Rete nel periodo 2007- 2010, sia nata con qualche attenzione alle attese della ReTe stessa.

3. Un giudizio di massima sull’attività legislativa della Regione in materia urbanistica e paesaggistica.

La proposta di riforma urbanistica in discussione nel Consiglio regionale della Toscana è un provvedimento ampio e complesso, che affronta tutte le questioni del governo del territorio: dalla prevenzione e mitigazione dei rischi sismici e idrogeologici alla valorizzazione dell’attività agricola e del mondo rurale; dal rafforzamento dei poteri d’intervento regionali alla riorganizzazione delle procedure relative all’informazione e alla partecipazione.

Ma la svolta rispetto alla precedente esperienza legislativa riguarda l’inibizione del consumo di suolo, mediante la suddivisione del territorio in due categorie: quella urbanizzata e quella rurale. All’interno della prima deve essere concentrato ogni nuovo intervento di nuova edificazione o di trasformazione urbanistica. All’esterno del territorio urbanizzato non sono consentite nuove edificazioni residenziali.

Il disegno riformatore della Toscana in materia di assetto del territorio è completato con la formazione del nuovo Piano paesaggistico, anch’esso in discussione in Consiglio regionale. Un piano non più di solo indirizzo dell’attività comunale, sostanzialmente autonoma, ma di regole e procedure cogenti cui sono tenuti a uniformarsi gli altri piani e programmi di livello regionale e locale, nel rispetto del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Questi due elementi normativi, nuova legge urbanistica e Piano paesaggistico – qualora venissero approvati senza stravolgerne i principi ispiratori e risultassero efficacemente applicabili – giustificherebbero la speranza che in Toscana la stagione degli ecomostri e delle villette a schiera possa concludersi.

4. Una più forte dimensione politica della Rete.

Per aggredire l’impostazione retriva della politica tradizionale – che le cronache mostrano troppo spesso interessata a mantenere una non commendevole prevalenza economicista e speculativa su ogni altro valore e prospettiva – ci pare necessaria una più forte dimensione politica della ReTe, una diversa politica: nel senso della polis e non dell’impegno di carattere partitico, in coerenza con l’enunciato presente nella Piattaforma Toscana “La prospettiva politica in cui sincolloca la ReTe salda la difesa e la valorizzazione di territorio, ambiente e paesaggio con le questioni dell’occupazione e del reddito.”.

Tale obbiettivo presuppone un rapporto forse maggiore, certamente diverso con i comitati: la Rete non come mero strumento di supporto all’azione dei comitati ma come reale e riconosciuto luogo di elaborazione e confronto collettivo, tra e con i comitati, tra e con diverse componenti sociali.

E’ quanto nel corso della nostra storia, abbiamo definito come “neoambientalismo”: ossia un ambientalismo che nasce dal basso, si dirama in tutte le direzioni di lotta, esprime gli interessi più diretti della cittadinanza, ma è capace anche di elaborare una visione strategica generale e di aggredire con efficacia i livelli delle istituzioni e dello Stato. Non rifiutiamo, come altri fanno, l’organizzazione democratica della rappresentanza; ma pensiamo di esprimere un’altra forma della rappresentanza, quella che si muove nel circuito stretto e diretto fra cittadinanza e Comitati.

5. Una nuova fase costituente.

L’assemblea plenaria dei comitati che ci accingiamo ad affrontare è propedeutica a quella immediatamente successiva, che vedrà il rinnovo della Giunta della Rete. Entriamo quindi in una fase di rinnovamento, una fase costituente dove la qualità e la quantità della partecipazione dei comitati, e delle persone vicine alla Rete, condizionerà la possibilità di dare alla Rete quella dimensione politica che serve ad essere ancora più efficacie nel portare all’attenzione dei decisori regionali le istanze dei comitati, nel quadro politico di grande respiro delineato con la Piattaforma toscana.

Febbraio 2014

No autostrada, Sì adeguamento dell’Aurelia

aurelia

Tirrenica, manifestazione davanti alla Regione.

Da Greenreport, 26 febbraio 2014.

Oggi associazioni ambientaliste, comitati NO SAT e forze politiche hanno manifestato davanti alla sede del Consiglio Regionale della Toscana per sottolineare l’importanza di adeguare l’attuale Aurelia rendendola sicura e non realizzare l’autostrada Tirrenica. «Questa opera – dicomno ambientalisti, cittadini e forze politiche – sarebbe infatti, oltre che impattante per il territorio, un enorme sperpero di denaro pubblico, peraltro non giustificato dai flussi di traffico previsti».

Secondo Angelo Gentili e Fausto Ferruzza, rispettivamente membro della segreteria nazionale di Legambiente e presidente di Legambiente Toscana, «La scelta più sensata e razionale, ottenibile in tempi brevi, oltre che ambientalmente ed economicamente sostenibile, è senza dubbio quella di mettere in sicurezza la variante Aurelia che a nord ha solo bisogno di un’opera costante di manutenzione, mentre a sud è necessario raddoppiare fin da subito i km a due corsie, che hanno un altissimo tasso di incidentalità, eliminare gli ingressi a raso adeguando l’arteria stradale, come previsto dal progetto Anas del 2001. Chiediamo alla Regione Toscana di rivedere la propria posizione rispetto all’assurdo progetto autostradale della Sat per favorire invece una soluzione che rispetti le esigenze dei territori e dei cittadini che li abitano, e che dia la priorità alla sicurezza, oltre che alla salvaguardia ambientale. Non ha alcun senso sperperare denaro pubblico in opere inutili come l’autostrada tirrenica che non serve al territorio, ma occorre invece favorire un progetto di mobilità integrata, basato sull’intermobilità, che valorizzi trasporto su ferrovia e cabotaggio».

In particolare, secondo Angelo Gentili, «la partecipata e significativa manifestazione di protesta contro il progetto per l’autostrada tirrenica, realizzata oggi davanti al consiglio regionale della Toscana, dimostra con evidenza l’esistenza di un movimento vasto e capillare che si oppone alla realizzazione di questa grande opera proveniente proprio dai territori che sarebbero attraversati dall’infrastruttura.

Chiediamo con forza alla regione Toscana di rivedere il progetto previsto e di dare la priorità alla messa in sicurezza dell’Aurelia, proprio a partire dalla. Manutenzione corretta del tratto a nord di Grosseto (che non presenta problematiche come asse stradale ) ed il raddoppio dei tratti a due corsie a sud di Grosseto,che rappresentano un evidente pericolo ,considerata l’alta incidentalità, per l’incolumità degli automobilisti che la percorrono».

«Occorre inoltre senza indugio abbandonare la realizzazione di un ‘autostrada costosissima, non giustificata – precisa l’esponente della segreteria nazionale di Legambiente – dai flussi di traffico attuali e previsti ,di forte impatto ,con altissimo pedaggio e con lunghissimi tempi di realizzazione e prevedere invece sia a nord che a sud l’adeguamento della variante Aurelia come del resto previsto dal progetto ANAS nel lontano 20001 al quale purtroppo non e’ mai stato dato seguito. Questa sarebbe senza dubbio una scelta di buon senso  e di salvaguardia ambientale. che rispetta le esigenze del territorio (al quale questa grande opera non serve) oltre che rispondere alle evidenti ragioni legate alla sicurezza richieste con forza dai cittadini».

Una Occasione per la Val D’Orcia:

images (1)Il Parco Agricolo. 

La Regione Toscana ha in corso di approvazione il Piano Paesaggistico: Piano che intende indicare alcuni obbiettivi di riqualificazione o di mantenimento del paesaggio agrario,  da raggiungere in sinergia con gli Enti locali.

Nel corso della redazione del Piano Paesaggistico, da Parte del Comitato per la Val d’Orcia, è   avanzata l’ipotesi di caratterizzare la Valle come Parco Agricolo. L’attuale  Parco Artistico Naturale e Culturale della Val d’Orcia, protetto dall’Unesco, è di fatto una ANPIL (Area Naturale Protetta di Interesse Locale). L’ ANPIL  è  uno strumento di tutela del territorio fragilissimo per un’area di 60.000 ettari, in cui non sono obbligatori neanche Regolamento e Piano. Sulla base delle esperienze in atto nel nostro Paese ci siamo riferiti in particolare al Parco Agricolo Sud di Milano,  attivo dal 1991, che nel 2009 vedeva la partecipazione, oltre della Regione Lombardia e della Provincia di Milano, di 61 Comuni e di 65 aziende multifunzionali.  

Cosa è un Parco Agricolo ?

Un Parco Agricolo, a differenza dei Parchi, nazionali o regionali, delle Riserve naturali e delle Aree naturali protette di interesse locale (ANPIL) non è un ente che nasce dall’alto con organi e strutture definite. In teoria, potrebbe non avere alcune sponda istituzionale, costituendosi come pura associazione di aziende agricole e imprese collegate all’agricoltura, anche se è preferibile che il Parco agricolo sia soggetto di una governance condivisa fra enti pubblici e imprese private.

  • Gli obiettivi e le attività di un Parco agricolo. Un Parco agricolo si propone tre tipi di obiettivi. Il primo riguarda la qualità dell’ambiente e del paesaggio nel territorio interessato. Il secondo riguarda la qualificazione e l’integrazione delle attività economiche che si svolgono nel parco: l’esempio più noto è la filiera produttiva-agrituristica da cui possono diramarsi una serie di attività che coinvolgono anche soggetti  extra-agricoli. Il terzo tipo di finalità riguarda gli abitanti urbani che nel Parco agricolo trovano una pluralità di offerte: dall’acquisto di cibi sani e genuini e a filiera corta, alla partecipazione ad attività organizzate, come visite a ‘fattorie didattiche’ e a laboratori di produzioni alimentari e artigianali tipiche
  • Perché un Parco Agricolo. Il Parco agricolo è un obiettivo fondamentale, ma anche, e forse più di tutto, è importante il processo che porta alla formazione del Parco, a partire dalla costruzione di consenso e di una partecipazione attiva dei soggetti potenzialmente interessati. Vantaggi competitivi, come quelli di cui attualmente gode la Val d’Orcia, possono essere rapidamente annullati da competitori emergenti in grado di proporre un’offerta più innovativa e articolata. Ogni rendita di posizione è destinata a esaurirsi rapidamente. Progettare un Parco agricolo significa guardare in avanti; realizzarlo significa essere in un futuro di sostenibilità e di cura del patrimonio territoriale.
  • Gli attori. Il nucleo propositivo e gestionale di un Parco agricolo deve essere costituito da un gruppo di imprese, enti, istituzioni, soggetti individuali, che traggono vantaggi (economici, ma anche ambientali, paesaggistici, culturali, estetici) dalla realizzazione e funzionamento del parco. In un Parco agricolo, il gruppo fondamentale degli stakeholders (portatori d’interesse) è formato dalle aziende agricole – meglio se multifunzionali – da cui può partire una filiera produttiva e gestionale che coinvolga altri soggetti.
  • Il coordinamento con piani e programmi regionali. Il parco agricolo facilita il coordinamento fra aziende agricole che possono così meglio utilizzare le occasioni offerte dal Programma di sviluppo rurale e dalla PAC. Una prima iniziativa può essere di attivare all’interno del Programma di sviluppo rurale (PSR) 2013-2018 della Toscana un Progetto territoriale integrato. I progetti integrati territoriali comprendono aziende presenti nello stesso territorio, ‘integrano’ qualità dei prodotti con sviluppo di servizi e sono particolarmente utili nella promozione e nello sviluppo dell’agricoltura biologica. I progetti integrati territoriali e i progetti di filiera hanno una riserva privilegiata nell’assegnazione dei finanziamenti del PSR. Un’occasione (particolarmente importante in Val d’Orcia, dove vi è una assoluta preponderanza di seminativi e una debole infrastrutturazione ecologica) è la nuova PAC 2014-2020 che prevede che il 30% dei sostegni agli agricoltori sia condizionato al cosiddetto greening. L’occasione è di contribuire con le aree a greening alla formazione di una rete ecologica in Val d’Orcia, seguendo gli indirizzi del nuovo Piano paesaggistico della Regione toscana prossimo all’adozione.

 

Le emergenze presenti nel territorio e nella sua amministrazione

  • Alla luce di quanto sin qui descritto, nella formulazione del Piano Agricolo possono trovare una riposta  i  problemi specifici che angustiano gli agricoltori e gli operatori economici della Val D’Orcia..
  • semplificazione delle procedure amministrative ora diffuse tra Amministrazioni Locali, Comunità montana, Sovrintendenze,  necessarie per iniziare una attività economica o per interventi sull’esistente
  • tutela del paesaggio agricolo: cura  dei  sentieri e dellle strade bianche , tutela dei siti storici quali la Via Francigena con rispetto dei tracciati originari, ripristino delle cave dismesse, riconversione degli stabilimenti industriali abbandonati quali gli stabilimenti Crocchi a Torrenieri, la fornace di Pienza, il ripristino dei manufatti storici crollati  come il Ponte sul fiume Orcia, il ponte (medievale?) che collega il versante amiatino a Pienza, la demolizione della diga di San Piero.
  • Pievi. Ce ne sono sparse su tutto il territorio: lasciate negli ultimi cinquant’anni al più completo abbandono, raccontano storie  dai tempi della Francigena. Oggi in molti casi sono ruderi prossimi a crollare.
  • gestione degli argini e manutenzione dei fossi, dell’alveo dei corsi d’acqua: Prevedere incentivi, anche in forma di detrazioni fiscali, per quegli agricoltori che si adoperano per la manutenzione di argini e sentieri
  • gestione della selvaggina : programmare gli abbattimenti all’interno delle zone ZRC, assicurare contributi  per pagare i danni: la gestione della selvaggina, come sanno bene gli agricoltori, è complementare a quella delle coltivazioni. ,
  • recupero edilizio dei fabbricati agricoli, rispetto del loro uso come componente essenziale dell’attività agricola, controllo dell’uso dei materiali di restauro,  semplificazione delle procedure per ristrutturazioni e rifacimenti grazie a precise regole costruttive.
  • rispetto del paesaggio agricolo, per garantire la conservazione  delle culture vocate,
  • difendere e dare maggiore credibilità ai marchi di qualità della Val d’Orcia. la doc Val d’Orcia sconfina abbondantemente dal perimetro della valle, estendendosi su un territorio troppo disomogeneo, ed è disciplinata da un regolamento troppo poco vincolante: così il pecorino di Pienza (che poi storicamente era chiamato pecorino della Val d’Orcia), è un marchio costantemente a rischio. Non esiste un disciplinare di produzione. Tutelare la produzione biologica della Valle valorizzazione del turismo che in Val D’Orcia si condensa principalmente nelle attività di Agriturismo. L’agriturismo è accessorio all’azienda agricola e non deve necessariamente diventare un esperienza a “cinque stelle”. Gli agriturismi dovrebbero aiutare il reddito dell’agricoltore, mentre tra molti balzelli e norme sempre nuove, sta diventando per molti operatori una nuova spesa in aggiunta alle altre spese aziendali.
  • toponomastica. Rimodulare e aggionare le indicazioni stradali, i cartelli descrittivi dei siti storici. Per le insegne commerciali e turistiche. è indispensabile formulare  una normativa chiara che ne spieghi fattezza e modalità d’istallazione.
  • centro astronomico. Il centro astronomico di Radicofani è attualmente un valido progetto incompiuto, unico nel suo genere per concezione e per visibilità, con grandi potenzialità turistiche
  • incrementare fiere ed eventi di promozione trovando le condizioni di dialogo con i consorzi (che giustamente spendono per fare conoscere i prodotti dei loro soci in tutto il modo )
  • creare la scuola di arti e mestieri della Val d’Orcia.  esiste già un progetto molto convincente
  • energie alternative. è difficile immaginare una prossima espansione a macchia d’olio di centrali a biomassa o di coperture a pannelli solari. Per aiutare a compiere investimenti fruttuosi, dovrebbe essere allestito un sito di monitoraggio, per confrontarsi e per selezionare le esperienze migliori.
  • comunicazione e promozione del Parco Agricolo: dar vita ad  un ufficio stampa  del Parco Agricolo unitamente ad un Ufficio per le informazioni sia turistiche che di ricezione alberghiera

Il Parco Agricolo sarà in grado di dare una risposta alle questioni accennate ad una sola condizione, che esso si costituisca grazie alla ferma convinzione delle Amministrazioni locali e della cittadinanza attiva. Solo da questa sinergia si potrà assicurare uno sviluppo armonioso che coniughi lo sviluppo delle attività economiche con il rispetto e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della Val D’Orcia.