Il documento del CAI sulle Apuane

PrunoCLUB ALPINO ITALIANO. COMMISSIONE TUTELA AMBIENTE MONTANO TOSCANA

Presidente del Consiglio Regionale, Alberto Monaci, Presidente della VI Commissione Consiliare, Gianfranco Venturi

e p.c. Assessore Anna Marson, Presidente Enrico Rossi, Prof. Massimo Morisi, Garante per la Comunicazione per il Governo del Territorio

 

Il Club Alpino Italiano – attraverso la propria Commissione di Tutela Ambiente Montano, invia questo documento quale contributo per la consultazione promossa dalla VI Commissione del Consiglio Regionale sulla proposta di Piano Paesaggistico formulata dalla Giunta Regionale.

Il Club Alpino Italiano pone alla Vostra attenzione le seguenti riflessioni e contributi in particolare sulla “questione Apuane”

La proposta di Piano Paesaggistico della Giunta Regionale non può che essere letta e accolta positivamente. Innanzitutto perché finalmente pone l’accento e contestualizza, in un documento formale con valore di Piano sovraordinato, la grande contraddizione esistente nel territorio delle Apuane: l’esistenza di un Parco Naturale Regionale che racchiude all’interno del suo perimetro (anche se formalmente con l’escamotage della creazione delle cosiddette aree contigue di cava) attività industriali fortemente impattanti sul delicato sistema ambientale e naturale delle Alpi Apuane e, grande novità, cerca di trovare una valida soluzione alternativa.

Pur nella legittimità delle diverse posizioni espresse non si può rilevare come gli imprenditori del comparto lapideo di fronte alla proposta della Giunta Regionale

1. abbiano prima formulato alla Regione Toscana la proposta dello “stralcio” della parte riguardante l’attività estrattiva dall’approvazione del Piano Paesaggistico. Ma è bene ricordare che la Regione Toscana ha commesso un’errore con la legge regionale 63 del 2006 che ha stralciato dalla redazione del Piano del Parco quello relativo alle attività estrattive con il risultato che, a distanza di quasi 30 anni di Parco (sic!), non si ha nè il primo nè il secondo. Le attività estrattive hanno pertanto già goduto di deroghe su deroghe: ad iniziare dalla deperimetrazione del Parco, con esclusione di gran parte del territorio di Carrara per la presenza, appunto, delle attività estrattive; della deroga del Piano del Parco, ora vorrebbero toccasse anche al Piano Paesaggistico.

2. abbiano poi scomodato addirittura il Presidente della Repubblica e le testate giornalistiche di livello nazionale, per portare sotto i riflettori di livello più ampio rispetto a quelli locali/regionali una Regione (quella Toscana!) che in un momento di crisi economica globale vorrebbe togliere posti di lavoro piuttosto che garantirli. E a questo proposito: sappiamo bene di cosa stiamo parlando? E’ incredibile che nel 2014 dopo secoli di lavorazione del marmo, il cosiddetto primo comparto economico delle Province di Massa-Carrara e Lucca e l’istituzione di un Distretto Lapideo, non si abbiano ancora dati certi sulla incidenza dell’economia lapidea nel territorio apuo versiliese e si indichino con leggerezza dati che oscillano tra 1.500 e 5.000 occupati diretti! 
Ben vengano studi e ricerche se condotte con oggettività per definire veramente l’impatto che tale economia riveste nel territorio, un impatto che però deve essere analizzato e studiato anche da un punto di vista ambientale perché non si può più prescindere dalla tutela, parimenti degna di considerazione rispetto a quella economica, del valore Ambiente inteso come tutela della biodiversità che le Apuane racchiudono (le Apuane rappresentano circa il 50% di siti SIC e ZPS del territorio toscano), tutela dei crinali e delle vette delle Alpi Apuane, tutela delle acque e pertanto della Salute, bene costituzionalmente garantito, tutela delle popolazioni che in questo territorio vivono.

3. Imprenditori che contestano la proposta di un Progetto Integrato di Sviluppo come riqualificazione e alternativa alla riduzione (c’è scritto riduzione nella Disciplina di Piano, non chiusura!) delle attività estrattive intercluse nel territorio del Parco. Dopo anni di estrazione e lavorazione questi lungimiranti imprenditori del lapideo non sono riusciti neppure a tutelare e valorizzare il “loro prodotto marmo” né attraverso la costituzione di una filiera di estrazione/lavorazione, che tuteli quindi una buona e piena occupazione, né con una tutela del bene in termini di “marchio” risolvendo l’escavazione così in un mero “saccheggio” del monte e un invio attraverso i porti toscani del semplice materiale scavato.

4. Infine, nonostante il dialogo aperto dalla Regione, in particolare del Presidente Rossi sulla questione, gli imprenditori del lapideo hanno presentato, è notizia di ieri, un ricorso al TAR contro la delibera della Giunta Regionale, con un documento uscito sulla cronaca locale di ieri in cui tacciano e minacciano di azioni legali chiunque la pensi diversamente (in particolare le associazioni ambientaliste, ma anche l’assessore Marson a cui va tutta la nostra solidarietà per il lavoro ad oggi condotto).

Alla luce di quanto sopra ci sembra di poter affermare che siamo di fronte a un soggetto economico che vuole salvaguardare i propri esclusivi interessi economici, la libera iniziativa economica privata, che, è bene rimarcare, incide però su una risorsa pubblica non ripetibile ed esauribile, a scapito di un dibattito necessario che riguarda la collettività tutta, perché attiene a beni e tutele che prescindono, vanno e devono andare oltre al mero interesse e profitto di una attività/categoria economica.

Un’ulteriore riflessione: con l’approvazione del Piano Paesaggistico e con l’attuazione di quanto previsto in termini di riduzione delle attività estrattive intercluse e di realizzazione di un Progetto Integrato di Sviluppo, il Parco delle Apuane, quel Parco che in quasi trenta anni di attività non è ancora riuscito a rendersi protagonista di una politica pubblica “tipica” di un Ente Parco, di una gestione “consapevole e sostenibile” del proprio territorio, potrebbe finalmente recuperare questo ruolo suo proprio.

E finalmente dare attuazione all’art. 3 del proprio Statuto “L’Ente persegue il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali” non solo (e quasi esclusivamente) in termini di un miglioramento che passa attraverso le attività estrattive presenti, ma anche in termini di tutela della biodiversità, della risorsa acqua, dei crinali e delle vette delle Apuane.

Un Parco motore di uno sviluppo alternativo che passa quindi attraverso turismo e cultura. Non a caso nel Piano del Parco, in attesa di approvazione, il turismo sostenibile e la valorizzazione culturale vengono posti come motore di sviluppo per le comunità locali, sviluppo che sicuramente rimarrà sulla carta se non si porrà una importante revisione della attività estrattiva all’interno dell’area Parco, cosa che temono anche molti degli operatori turistici del territorio che da anni attendono scelte lungimiranti in termini di uno sviluppo diverso e alternativo a quello lapideo.

Il Club Alpino Italiano, associazione di tutela ambientale riconosciuta dal Decreto di Istituzione del Ministero dell’Ambiente del 1986, non ha come esclusiva alternativa quella dello “stare contro” fine a se stesso, il rigetto nel trovare soluzioni, ma piuttosto si propone come un soggetto attivo, mettendo a disposizione le proprie competenze, conoscenze e risorse umane anche a supporto della stessa Regione Toscana, per la costruzione di quella valida alternativa per le Alpi Apuane, oggi non più rinviabile anche nella agenda politica del Consiglio Regionale.

09 aprile 2014

Per il CAI Gruppo Regionale Toscano

Riccarda Bezzi

Presidente Commissione Regionale Tutela Ambiente Montano del Club Alpino Italiano

Consigliera Ente Parco Alpi Apuane

 

LA FURIA CIECA DEI CAVATORI DELLE APUANE

apuaneDi Paolo Baldeschi, da Eddyburg, 9 aprile 2014.

In un comunicato di inaudita violenza il Coordinamento delle attività estrattive lapidee del Parco delle Apuane  chiede al Tar l’annullamento della delibera con cui la Giunta della Regione Toscana ha approvato il nuovo Pit con valenza di Piano paesaggistico, nonché del Piano stesso “pieno zeppo di errori procedurali, istruttori e legislativi” e – sempre secondo il Coordinamento – in violazione della Costituzione e di diritti incoercibili della proprietà privata. Al centro del fuoco Anna Marson, accusata di ogni nefandezza, “responsabile di un’azione violenta, illegittima, ….volta unicamente a ledere l’identità del territorio, della sua attuale realtà produttiva e del suo futuro”. L’Assessore Marson di cui le “aziende tutte, e i lavoratori, chiedono le dimissioni per i gravi danni che già sta provocando ad una realtà territoriale salda e solida da centinaia di anni”. E ce ne è anche per Italia Nostra, Legambiente e le associazioni ambientaliste, cui “qualora queste non interrompessero le loro azioni delatorie (sic), le imprese … domanderanno in sede giudiziaria risarcimenti per il danno economico e di immagine”.

La furia vendicatrice del Coordinamento, sia pure espressa in modo sintatticamente sgangherato e giuridicamente inconsistente, trova una spiegazione nella situazione di rendita super privilegiata in cui si trovano le imprese lapidee che dalle Apuane estraggono blocchi o, per lo più, detriti di marmo: canoni concessori minimi, il 13% di un valore del marmo generalmente sottostimato, e praticamente nulli dove – come nel territorio del comune di Massa – ancora vigono le leggi estensi del diciottesimo secolo. Concessioni perpetue (sempre secondo il diritto estense) e negli altri casi aggiudicate senza gara per un tempo lunghissimo e rinnovabili automaticamente. Una vera pacchia! A fronte sta un’occupazione ridotta al minimo (circa mille addetti e non cinquemila come il Coordinamento aveva millantato in un primo comunicato), la gran parte del materiale esportato, l’indotto locale sempre più esiguo. I costi tutti scaricati sul territorio, mentre il tunnel in costruzione, che migliorerà la situazione di inquinamento aereo nel centro di Carrara, sarà pagato dai cittadini a tutto vantaggio delle imprese che usufruiranno di una consistente riduzione dei costi di trasporto.

Naturalmente il Coordinamento dimentica di dar conto delle inadempienze sistematiche delle aziende impegnate nelle attività estrattive: la mancanza di raccolta delle acque a piè di taglio, l’assenza o il mancato utilizzo degli impianti di depurazione spesso esistenti solo sulla carta, i rifiuti abbandonati nelle cave dismesse, la mancata attuazione dei piani di ripristino, una diffusa e impunita inosservanza di regolamenti e prescrizioni. Si dimentica, altresì, il Coordinamento dell’inquinamento delle falde, delle sorgenti e dei torrenti, della diffusione di polveri sottili, degli innumerevoli danni ambientale e paesaggistici; considerazioni già contenute nell’articolo Le Apuane e lo scandalo del Piano Paesaggistico, ospitato da eddyburg.

Ma quale è il peccato mortale del Piano? La colpa è di cercare di frenare il taglio delle vette al di sopra dei 1200 metri e di limitare l’estrazione all’interno del Parco delle Apuane, facendo salve le concessioni esistenti, ciò che ha provocato la netta contrarietà del Presidente del Parco, (vicepresidente uscente, già segretario del Pd di Fivizzano), evidentemente più sensibile agli interessi dei cavatori che a quelli dell’ente da lui presieduto.

L’attacco forsennato del Coordinamento, contro tutto e contro tutti, rivela una concezione di rapina del territorio e tutto sommato la miopia di chi non capisce che sarebbe saggio accettare una contenuta riduzione dei profitti a fronte del vantaggio di essere coprotagonisti di uno sviluppo economico più equilibrato, diffuso, capace di valorizzare le risorse dell’intero contesto territoriale e di migliorare la qualità di vita delle popolazioni. Una miopia e una resistenza che annoverano il Coordinamento come socio onorario del movimento dei forconi, in un metaforico rogo di leggi, piani, regole e buon senso. In attesa che qualcuno spieghi ai cavatori che la tutela del paesaggio secondo la Costituzione (da loro impropriamente evocata) prevale sugli interessi economici e che , sempre secondo la Costituzione, la salute è un “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Ma forse dietro ai forconi apuani vi è qualcuno che soffia sul fuoco: si bombardano le Apuane per fare fuori la nuova legge urbanistica e il piano paesaggistico con le loro assurde pretese di contenimento del consumo di suolo e di tutela del paesaggio.

 

 

 

 

 

Alberto Asor Rosa

Il neoambientalismo italiano

di Alberto Asor Rosa, il manifesto, 27 marzo 2014

Vor­rei fare un discorso gene­rale. Ma par­tendo da un caso par­ti­co­lare. Sabato scorso, 22 marzo, mi è capi­tato di pre­sie­dere a Firenze un con­ve­gno (ilmani­fe­sto, dome­nica) orga­niz­zato dal Comi­tato NoTun­nel, Ita­lia Nostra e la Rete dei Comi­tati per la difesa del ter­ri­to­rio, che dirigo da qual­che anno, in merito al pro­get­tato sotto-attraversamento fer­ro­via­rio di Firenze per con­sen­tirvi il pas­sag­gio dell’Alta Velo­cità, che attual­mente sbarca alla sta­zione di Santa Maria Novella.

Le rela­zioni e il dibat­tito hanno por­tato alle con­clu­sioni, che io a que­sto punto con­si­dero scien­ti­fi­cis­sime e incon­tro­ver­ti­bili, che 1) sca­vare un gigan­te­sco tun­nel sotto quella città, quella città!, e costruirvi una grande sta­zione fer­ro­via­ria, è opera deva­stante, rischiosa, enor­me­mente anti­e­co­no­mica, e per giunta super­flua, per­ché 2) è pos­si­bi­lis­simo un pas­sag­gio alter­na­tivo di alta velo­cità in super­fi­cie, enor­me­mente meno inva­sivo e asso­lu­ta­mente più economico.

Que­ste posi­zioni, natu­ral­mente, sono soste­nute e dibat­tute da anni soprat­tutto ad opera e per merito del Comi­tato NoTun­nel. Ma ripeto: il con­ve­gno del 22 ha solo dato loro una visi­bi­lità finora non rag­giunta. Due domande: 1) Com’è pos­si­bile che le forze eco­no­mi­che e isti­tu­zio­nali che ne sono state respon­sa­bili e soste­ni­trici, — il governo, Tre­ni­ta­lia, il comune di Firenze, la regione Toscana, — non si deci­dono a rimet­tere in discus­sione la cosa, anche quando i dati pre­ce­den­te­mente elen­cati sono ormai di un’evidenza solare e per giunta i lavori intra­presi sono stati già inter­rotti da una meri­to­ria ini­zia­tiva della magi­stra­tura?; 2) Come mai il ceto poli­tico e civile fio­ren­tino, toscano, ita­liano e, euro­peo e mon­diale non si è ancora sol­le­vato con­tro un’opera la cui bestia­lità offende pas­sato e futuro di una delle culle più signi­fi­ca­tive della civiltà occidentale?

Evi­den­te­mente c’è un vuoto di coscienza poli­tica e civile, che va cor­retto alla svelta. Il com­pito delle forze ambien­ta­li­ste da que­sto momento in poi è riem­pire quel vuoto, met­tere il mondo intero di fronte al disa­stro che si sta compiendo.

Discorso gene­rale. La Rete dei Comi­tati per la difesa del ter­ri­to­rio tiene a Firenze sabato pros­simo, 29 marzo (Affra­tel­la­mento, Via G.P. Orsini, ore 10), il pro­prio con­gresso (dibat­tito gene­rale, rin­novo delle cari­che sociale). La Rete vive da qual­che anno come pro­getto di uni­fi­ca­zione e orien­ta­mento dei comi­tati di base, soprat­tutto in Toscana, ma con rap­porti in Ligu­ria, Emi­lia, Mar­che e ora anche Roma.

La pro­spet­tiva della Rete è quella che ho defi­nito neoam­bien­ta­li­smo ita­liano, e con­si­ste fon­da­men­tal­mente di tre punti: 1) La Rete nasce dal basso e vi resta sal­da­mente anco­rata: i comi­tati ne sono gli irri­nun­cia­bili sog­getti; 2) La Rete serve a uni­fi­care le ini­zia­tive dei sin­goli comi­tati in una visione stra­te­gica comune, che aumenta anche il poten­ziale di cia­scuno di loro; 3) Impor­tan­tis­simo: la Rete fonde le spinte di cit­ta­di­nanza pro­ve­nienti dalla base e le diverse, neces­sa­rie con­tri­bu­zioni intel­let­tuali e tecnico-scientifiche nei mede­simi orga­ni­smi di dire­zione. Dei sin­goli comi­tati e della Rete mede­sima: gli intel­let­tuali smet­tono il loro tra­di­zio­nale, un po’ comodo lavoro di con­su­lenza sepa­rato, e diven­tano pro­ta­go­ni­sti del movi­mento, accanto a cit­ta­dini di ogni con­di­zione e pro­fes­sione (rinun­ciare a que­sto ora sarebbe gravissimo).

Non c’è qui né lo spa­zio né il tempo per trac­ciare un bilan­cio. Osser­ve­rei sol­tanto che nel frat­tempo il clima nei con­fronti del pro­blema ambien­tale almeno in Toscana è cam­biato, se è vero che a opera della Regione sono in gesta­zione avan­zata due impor­tanti ini­zia­tive legi­sla­tive, la nuova legge urba­ni­stica e il piano pae­sag­gi­stico, la cui ado­zione, auspi­ca­bil­mente entro i pros­simi mesi, potrebbe for­nire modelli di com­por­ta­mento per tutte le altre regioni ita­liane. Tut­ta­via altri pro­blemi immensi pen­dono. Per citare solo alcuni degli esempi più cla­mo­rosi: la deva­sta­zione, anzi la vera e pro­pria distru­zione di un gio­iello della natura come le Alpi Apuane; lo sfrut­ta­mento spe­cu­la­tivo della geo­ter­mia sull’Amiata; l’incompiuta difesa e il neces­sa­rio recu­pero di un luogo deva­stato come la Piana di Firenze.

Nasce da que­sto par­zia­lis­simo elenco un discorso anche di carat­tere più gene­rale. Anche in que­sto caso assai recen­te­mente, per farmi meglio capire, ho por­tato a un’altra assem­blea della Rete il reso­conto ste­no­gra­fico della seduta di mar­tedì 25 feb­braio 2014 della Camera dei Depu­tati, con­te­nente la discus­sione sulle dichia­ra­zioni del governo da parte di ben undici gruppi par­la­men­tari, la replica del can­di­dato Pre­si­dente del Con­si­glio, Mat­teo Renzi, signi­fi­ca­ti­va­mente ex sin­daco di Firenze, le suc­ces­sive dichia­ra­zioni di voto dei rap­pre­sen­tanti dei gruppi: insomma, cin­quan­ta­quat­tro inter­venti per com­ples­sive 86 pagine. Ebbene, in que­sta mole pres­so­ché ster­mi­nata di pro­fes­sioni di fede e nella rispo­sta del can­di­dato Pre­si­dente del Con­si­glio, la parola «ambiente» non viene mai, mai!, nomi­nata. Il pro­blema, cioè, per i nostri rap­pre­sen­tanti, di ogni colore e natura, evi­den­te­mente non esi­ste. Gli effetti si vedono sul nostro ter­ri­to­rio, sul nostro pae­sag­gio, sulle nostre città. Con­sumo di suolo e sfrut­ta­mento eco­no­mico indi­scri­mi­nato e deva­stante dei nostri più pre­ziosi beni cul­tu­rali restano le parole d’ordine, cui le nostre classi diri­genti anco­rano le loro fortune.

Se le cose stanno così, allora non ci si può accon­ten­tare di ciò che bene o male siamo finora riu­sciti a fare, La Rete o, ancora meglio, una Rete di Reti, deb­bono diven­tare un modello di com­por­ta­mento sem­pre più gene­ra­liz­zato. Cioè: non dob­biamo limi­tarci a difen­dere sin­goli punti dell’ambiente. Dob­biamo fare poli­tica, poli­tica nel senso più pro­prio del ter­mine, — tutto ciò che riguarda la polis, vale a dire noi e i nostri figli, sia pure nel nostro ambito: ambiente, pae­sag­gio, ter­ri­to­rio, salute pub­blica. Per­ché ambiente, pae­sag­gio, ter­ri­to­rio, salute pub­blica, non sono più que­stioni par­ti­co­lari e par­ziali: sono la nostra vita e ancor più il nostro modo di viverla. Gli spazi sono immensi, le forze mode­ste. Ma come dimo­stra l’esempio del sot­toat­tra­ver­sa­mento fer­ro­via­rio di Firenze, ancora tutto aperto, non c’è bat­ta­glia che sia per­duta in partenza

No al tunnel TAV

22 marzoIl Pd di Renzi-Nardella tira dritto: “La Tav va fatta sotto Firenze”,

di RICCARDO CHIARI, Il Manifesto, 23 marzo 2014.

Il Pd di Mat­teo Renzi non ha dubbi: il farao­nico, costo­sis­simo e rischioso pro­getto del sotto-attraversamento fio­ren­tino dell’alta velo­cità deve andare avanti. “La Tav è un pro­getto nazio­nale di Fer­ro­vie dello Stato, e ci augu­riamo che que­sto can­tiere riprenda il prima pos­si­bile”. Parole di Dario Nar­della, neo depu­tato tor­nato vice­sin­daco per­ché il lea­der lo vuole in Palazzo Vec­chio. Un can­di­dato sin­daco che, alla vigi­lia delle odierne pri­ma­rie di un par­tito che gli ha subito tolto dai piedi l’unico peri­colo (Euge­nio Giani), snobba l’invito del comi­tato “No tun­nel Tav” ad una gior­nata di ana­lisi — eccel­lente — sulle enormi cri­ti­cità della grande opera. Con in paral­lelo la pre­sen­ta­zione di quella alter­na­tiva, di super­fi­cie, esi­stente fin dagli anni ’90. Diven­tata oggi un raf­fi­nato e inno­va­tivo maxi­pro­getto di sistema fer­ro­via­rio inte­grato per l’area metro­po­li­tana fio­ren­tina. Meno impat­tante. Assai meno costoso. Ben più utile per un traf­fico fer­ro­via­rio che, dati alla mano, conta molti più pen­do­lari locali – pena­liz­za­tis­simi — che utenti Tav.

Per giunta sul nodo di Firenze, e più in gene­rale sull’intero per­corso dell’alta velo­cità che da Bolo­gna arriva nel capo­luogo toscano, pesano costi stra­to­sfe­rici per la col­let­ti­vità. Anche senza con­si­de­rare il sotto-attraversamento, con annessa una nuova, grande sta­zione sot­ter­ra­nea a soli due chi­lo­me­tri dalla cen­trale Santa Maria Novella, la tratta appen­ni­nica di 78,5 chi­lo­me­tri è costata la cifra record di 96,4 milioni al chi­lo­me­tro. Una somma enorme, cui dovrebbe aggiun­gersi almeno un altro miliardo e mezzo per il pas­sante fio­ren­tino. Di più: le inda­gini della magi­stra­tura, e il pro­cesso per le deva­sta­zioni ambien­tali in Mugello che si è appena (ri)concluso in corte d’appello dopo che la Cas­sa­zione ha fis­sato alcuni impor­tanti punti fermi, hanno sco­per­chiato un vaso di pan­dora da cui è uscito l’intero codice penale o quasi. Tanto da aver bloc­cato, da più di un anno, i lavori del pas­sante sotterraneo.

In que­sto con­te­sto, tanto dram­ma­tico quanto abi­tuale per gli stu­diosi delle pato­lo­gie inva­ria­bil­mente con­nesse alle grandi opere ita­liane, il giu­di­zio di Alberto Asor Rosa è ful­mi­nante: “Se que­sti for­mi­da­bili errori non fos­sero com­messi per motivi di inte­resse eco­no­mico, non smet­te­reb­bero certo di essere di una gra­vità ecce­zio­nale. Se die­tro non ci fosse la cor­ru­zione, anche se fos­sero fon­dati solo su un ragio­na­mento sba­gliato dal punto di vista tec­nico, vor­rebbe dire comun­que che il cer­vello delle nostre classi diri­genti è finito in pappa”.

Anche Asor Rosa, che pre­siede la Rete dei comi­tati per la difesa del ter­ri­to­rio, ha fatto sen­tire la sua voce alla sala delle ex Leo­pol­dine in piazza Tasso. Insieme a quelle di Maria­rita Signo­rini di Ita­lia Nostra, Fau­sto Fer­ruzza di Legam­biente, e ad inge­gneri, urba­ni­sti, archi­tetti e geo­logi (Alberto Ziparo, Mas­simo Perini, Gior­gio Piz­ziolo, Vin­cenzo Abruzzo, Roberto Budini Gat­tai, Alberto Magna­ghi, Mauro Chessa, Teresa Cre­spel­lani, Enrico Becat­tini, Man­lio Mar­chetta e Ales­san­dro Jaff). Del resto fra gli orga­niz­za­tori della gior­nata c’era anche il “Lapei”, il Labo­ra­to­rio di pro­get­ta­zione eco­lo­gica degli inse­dia­menti, nato sotto l’egida dell’ateneo fio­ren­tino. Men­tre, sull’altro piatto della bilan­cia, a dare for­fait non è stato il solo Nar­della: il neo vice­mi­ni­stro Ric­cardo Nen­cini, mugel­lano, ha girato alla larga da piazza Tasso, così come Con­fin­du­stria, Con­far­ti­gia­nato, e gli stessi sin­da­cati confederali.

Sul punto, a nome del comi­tato No tun­nel Tav, l’ex fer­ro­viere Tiziano Car­dosi non ha nasco­sto l’amarezza: “Qual­cuno ci ha detto che aveva altri impe­gni. Qual­cun altro ha ammesso che non se la sen­tiva di rom­pere certi equi­li­bri. Ma se certi ragio­na­menti arri­vano anche dalle asso­cia­zioni di cate­go­ria, vuol dire che ad essere ‘malato’ c’è qual­cosa di più pro­fondo della sem­plice dina­mica partitico-politica”. Quest’ultima resta comun­que il fat­tore deci­sivo: “Abbiamo un nuovo pre­si­dente del con­si­glio che vuole agire con la spen­ding review per recu­pe­rare gli spre­chi di denaro pub­blico — osserva Ornella De Zordo — sce­gliere l’opzione del pas­sag­gio in super­fi­cie, in una città che lui cono­sce bene, sarebbe un’ottima occa­sione per pas­sare dalle tante parole ai fatti”. Con­ferma Asor Rosa: “Se Renzi volesse, nella sua posi­zione avrebbe la pos­si­bi­lità di eser­ci­tare una fun­zione molto rile­vante”. Se.