Aeroporti toscani: il ruolo della Regione.

aeroporto-vespucci-firenzeComunicato stampa della Rete dei Comitati.

21 maggio 2014.

La Rete dei Comitati per la difesa del territorio ritiene negativo che la Regione Toscana venda, in toto o in parte, le azioni detenute di Sat e di Adf, le due aziende che gestiscono rispettivamente l’aeroporto Galileo Galilei di Pisa e l’Amerigo Vespucci di Firenze, a Corporacion America, il gruppo argentino del magnate Eduardo Eurnekian. La cessione delle quote è quanto prevede una delibera, già approvata nelle scorse settimane dalla Giunta toscana e ulteriormente modificata nella ultima seduta del 12 maggio quando è stata cassata la parte del testo in cui si parlava di “mantenimento di una quota societaria che consenta la verifica del perseguimento dell’obiettivo di integrazione, anche tramite la sottoscrizione di ulteriori accordi”.
Così facendo la Giunta toscana spiana la strada a Corporacion America, intenzionata ad acquisire la maggioranza delle azioni sia a Firenze che a Pisa su cui ha già lanciato due Offerte pubbliche d’acquisto (Opa), e rinuncia di fatto alla possibilità di far rispettare gli obiettivi strategici che sono alla base dell’integrazione tra i due scali, quindi a tutelare l’interesse pubblico in una questione di grande importanza come il sistema aeroportuale regionale, affidandone le sorti agli interessi multinazionali di impresa.
Inoltre, conseguenza diretta della cessione di quote sarebbe la possibilità di realizzare l’ampliamento della pista dell’aeroporto di Peretola, aggirando la normativa europea e utilizzando fondi pubblici.
“Prevedere nella Piana fiorentina una nuova pista da 2.400 metri, o in subordine da 2.000 metri – dichiara il Presidente della ReTe Mauro Chessa – significa non tener conto delle enormi criticità in termini di sicurezza e di inquinamento ambientale che già i cittadini della Piana e dell’hinterland fiorentino conoscono bene”. Si sottovalutano così i costi del riassetto dell’intero sistema di drenaggio e dell’interramento dell’autostrada, necessari alla nuova localizzazione della pista. Ciò contrasta inoltre palesemente con il progetto del Parco agricolo della Piana fiorentina che la stessa Regione ha predisposto, definito dal Piano stesso del Parco “principio ordinatore di tutte le politiche infrastrutturali”.

La ReTe ritiene che l’integrazione del sistema aeroportuale debba salvaguardare le peculiarità delle due infrastrutture, senza piani faraonici che rischiano di ripercuotersi seriamente sia sull’assetto del territorio sia sulle finanze pubbliche, visto che il progetto della pista allungata e parallela di Peretola sarebbe realizzato con il 50% di risorse pubbliche.
Secondo la ReTe le priorità devono riguardare la messa in sicurezza dell’attuale pista di Firenze, la complementarietà dei due scali toscani attraverso il potenziamento del collegamento ferroviario Pisa-Firenze e finalmente la razionalizzazione urbanistica della piana per mezzo del Parco agricolo.

Milano e Firenze, chiese a uso privato.

imagesdi TOMASO MONTANARI,
Il Fatto quotidiano, 16 Maggio 2014.

Stasera la banca d’affari newyorchese Morgan Stanley accoglierà i suoi danarosissimi ospiti per una cena ultraesclusiva (organizzata dall’albergo di lusso Four Seasons) nel Cappellone degli Spagnoli, che è la sala capitolare trecentesca di Santa Maria Novella a Firenze. Si chiama così perché, a metà del Cinquecento, divenne la cappella dove si riunivano gli spagnoli del seguito di Eleonora di Toledo, moglie del granduca Cosimo I. È, insomma, una chiesa – con tanto di grande crocifisso marmoreo sull’altare – completamente coperta di affreschi che raccontano la spiritualità e le opere dell’ordine mendicante fondato da San Domenico. La brillante idea di usarla come location al servizio della grande finanza responsabile della crisi è del vicesindaco e candidato a sindaco Dario Nardella: la cappella è, infatti, compresa nel circuito museale comunale. Rispettando più il desiderio di discrezione del gruppetto di super-ricchi che non il diritto dei cittadini a essere informati dell’uso del loro patrimonio monumentale, il Comune ha tenuto finora segreto l’evento. Ma si apprende che il beneficio economico sarà minimo: meno di 20 mila euro, che dovrebbero essere destinati al restauro di un’opera d’arte. La precipitosa e silenziosa organizzazione della serata – gestita direttamente da Lucia De Siervo, responsabile della Direzione cultura di Palazzo Vecchio e membro del cerchio magico renziano – potrebbe comportare la temporanea chiusura della chiesa di Santa Maria Novella (eventualità che ha fatto infuriare il Fondo Edifici di Culto del ministero dell’Interno, proprietario del tempio), e obbligherà a collocare le cucine in un chiostro del convento ancora di proprietà dei frati, all’oscuro di tutto. Nardella, evidentemente, non cambia verso rispetto a Renzi: l’unico uso del patrimonio pubblico è ancora quello commerciale. Ma vista la grottesca esiguità del canone, è evidente che il vero movente è piuttosto quello di disporre di queste location per costruire e consolidare la rete dei rapporti politici ed economici del gruppo dirigente renziano, assai proclive a frequentare la più spregiudicata finanza internazionale. Colpisce che il connubio chiesa-lusso-affari non turbi i sonni di politici che non perdono occasione per esibire il proprio cattolicesimo. Negli affreschi del Cappellone i milionari vedranno San Domenico, ardente di amore per la povertà, che converte e confessa coloro che vivono nel lusso: ci si riconosceranno? Poco più in là vedranno rappresentato il trionfo di San Tommaso d’Aquino, il grande filosofo medioevale che scrisse che “il lucro non può essere un fine, ma solo una ricompensa proporzionata alla fatica”, e che “nessuno deve ritenere i beni della terra come propri, ma come comuni, e dunque deve impiegarli per sovvenire alle necessità degli altri”. Chissà cosa avrebbe pensato se avesse saputo che la sua immagine dipinta avrebbe un giorno decorato la location di un banchetto per i super squali che hanno costruito la più grande disuguaglianza della storia umana. Il prossimo passo quale sarà? Far sfilare modelle in biancheria intima su un altare? Ma si è già fatto, e proprio a Firenze: in Santo Stefano al Ponte, con la benedizione della Curia. Si arriverà a prestare pezzi di chiese gotiche a centri commerciali? Già fatto anche questo: Oscar Farinetti ha appena annunziato che porterà un pezzo del Duomo di Milano nel suo supermercato sulla Fifth Avenue, a New York, per la precisione “due guglie”. E sì, la Veneranda Fabbrica del Duomo (quella che voleva mettere un ascensore per fare una terrazza da aperitivi sul tetto della Cattedrale) gli presta due guglie da tempo musealizzate, con relative statue di santi. Non per un progetto scientifico, ma come attrazione: insieme a quattro di quelle che Farinetti ha chiamato “grondaie” (le gronde gotiche), e a quella che ha definito “una statua di Santa Lucia incinta”. Ora, Santa Lucia era vergine e finì martire: ma incinta non risulta, e probabilmente l’esuberante Farinetti ha frainteso la veste goticamente cinta sotto il seno della bellissima Santa Lucia del Maestro del San Paolo Eremita, che verrebbe strappata al circuito del Museo del Duomo. Ma il punto non è la gravidanza della statua, né la cultura del patron di Eataly: il punto è chiedersi se abbia senso portare pezzi di una grande chiesa medioevale in un supermercato di cibo a New York, o far banchettare i banchieri in una chiesa del Trecento. Il Vangelo dice che non si può servire a due padroni, e che si deve scegliere tra Dio e il denaro: bisogna riconoscere che sia la Veneranda Fabbrica sia Nardella hanno scelto. Ma anche chi non ha scrupoli religiosi dovrebbe preoccuparsi per la distruzione della funzione civile del patrimonio culturale. Chi crede nel marketing dovrebbe interrogarsi sulla ridicola entità degli utili, e chi immagina che questa privatizzazione sia la via del futuro dovrebbe farsi qualche domanda sulla mancanza di trasparenza. Gli unici che in nessun caso avranno dubbi sono i pochissimi che ci guadagnano: questo è certo.

Come è andata a finire? Invece di 20.000 €, viste le polemiche, ne sono stati chiesti 40.000!

Lo leggiamo su: Repubblica 18 maggio Monumenti in affitto

Cave di Carrara: i beni estimati non sono privati.

imageSecondo il parere arrivato al Comune l’editto del 1751 sancì solo diritti di godimento e non di proprietà  ».

Da Il Tirreno, 8 maggio 2014. CARRARA I beni estimati non sono privati: questo il parere ufficiale del professor Emanuele Conte dell’Università di Roma Tre a cui l’Amministrazione Comunale si era rivolta per dirimere la questione delle cave intestate a soggetti privati e che il primo febbraio 1751 erano iscritte da oltre 20 anni negli Estimi dei Particolari. Con il suo famoso editto, Maria Teresa Cybo Malaspina duchessa di Massa e Carrara, volle disciplinare le concessioni degli agri marmiferi che facevano parte dei beni delle Vicinanze carraresi. E così tutelò i soggetti privati “possessori” ultraventennali delle cave vicinali. Le Vicinanze furono soppresse nel 1812 per volere del principe di Lucca e Piombino, Felice I Baciocchi, investito dei poteri anche sul ducato di Massa e Carrara. Il dominio delle Vicinanze si trasferì ai nuovi soggetti di diritto pubblico fino all’ordinamento attuale. La patata bollente è passata al Comune. Ieri 7 maggio il parere è stato distribuito ai membri della Commissione Comunale Marmo presieduta da Massimo Menconi. Secondo il professor Conte, l’editto di Maria Teresa non ha attribuito la proprietà piena e perfetta dei fondi concessi ai soggetti iscritti nell’estimo come possessori, ma ha consolidato il godimento di quei beni. C’è da ricordare che un tempo le concessioni erano perpetue e non onerose. Il Comune nel 1994 ha adotto un regolamento degli agri marmiferi abrogando, sottolinea Conte, la disciplina estense «benché sussistano in dottrina isolate voci dissenzienti». Insomma, le cave sono state identificate come patrimonio indisponibile del Comune, ma la questione dei Beni estimati, intestati al catasto come piena proprietà, è rimasta aperta. Non soggiacciono al regime concessorio pubblicistico che prevede l’acquisizione a titolo oneroso del diritto di escavazione. Cioè il canone comunale. Secondo le conclusioni dell’esperto incaricato dal Comune di dare il parere, «Conservando il dominio eminente sui terreni concessi, le Vicinanze hanno trasferito il proprio astratto diritto agli enti pubblici che hanno rilevato la titolarità pubblicistica dei territori in questione, giacché su di essi né il diritto comune degli ordinamenti previgenti, né successivamente il diritto pubblico e privato degli Stati preunitari, del Regno d’Italia e infine della Repubblica, ammettevano né ammettono usucapione né prescrizione acquisita». La relazione del prof. Conte, ricevuta dal Comune in aprile ma diffusa solo il 7 maggio, ha avuto ieri un primo passaggio nella Commissione Marmo dove sono intervenuti il vice sindaco Andrea Vannucci e il dirigente Marco Tonelli. Di fatto ora il Comune, confortato da tale parere, procederà ad una nuova regolamentazione, tesa a cancellare di fatto i beni estimati, in sinergia con la Regione che sta mettendo mano alle legge 78/98. Probabilmente ci sarà un periodo di transizione più o meno lungo.«Le conseguenze – ha detto Vannucci – sono: contenuto economico, possibilità di affidamento di tutte le concessioni con procedura di evidenza pubblica. Il parere ci conforta». Obiezioni da parte dei consiglieri De Pasquale (5 Stelle) e Bienaimé (Carrara bene comune, Idv, Verdi e Fabbrica della sinistra) la quale ha alzato i toni della discussione in Commissione contestando l’operato dell’amministrazione. Vannucci ha replicato che il regolamento degli agri marmiferi del 1994 si è occupato essenzialmente delle concessioni pubbliche, ma non risolse il problema dei Beni estimati. Il vice sindaco rispetto al parere avuto dal Comune, prevede ricorsi da parte di chi ha i Beni estimati: «Non credo ci siano intenzioni bellicose, quanto conservatrici. Ma, o si evolve il sistema o il sistema crolla. Il cambiamento è l’unica garanzia per la continuità dell’attività alle cave. Sì, ci aspettiamo ricorsi ma secondo me se ci saranno, faranno un danno alla collettività CARRARA. La consigliera comunale Claudia Bienaimé commenta: «I beni estimati non costituiscono diritti privati ma semplici diritti di godimento». Sostiene che il professor Conte «non fa che ribadire ciò che anche altri in passato avevano sostenuto, ricordiamo i pareri dei Dott.ri Battistoni Ferrara, Piccioli e Barile che affermavano un’unica verità: Maria Teresa con il suo editto volle ribadire che gli agri marmiferi erano di proprietà delle Vicinanze (oggi Comuni) e che gli occupanti senza titoli sarebbero stati iscritti in catasto ma prevedeva a loro favore solo un diritto di godimento e non un diritto di proprietà, stante che il dominio diretto rimaneva in capo alle Vicinanze. Questo principio della proprietà di tutte le cave in capo al Comune venne ribadito in tutti gli atti successivi in particolare nel Catasto estense del 1824 e nel regolamento comunale approvato nel ’94. Questa vicenda – conclude la consigliera – chiude una fase dove vi erano cavatori di serie A, di serie B; e chi paga e chi non paga».

Il commento di Legambiente, su Greeen Report, 14 maggio

Cave, i beni estimati sono pubblici: inizia il coro dei piagnistei? Non si è ancora spenta l’eco della divulgazione del parere giuridico che conferma la proprietà pubblica dei beni estimati e già iniziano a levarsi le prime voci di quello che, immaginiamo, diventerà un coro straziante volto a impietosire i carraresi sul triste destino che ha colpito i titolari di beni estimati. Gara pubblica per le concessioni di cava: un vero esproprio? Apre il coro il titolare della cava Artana B, preoccupato dalla prospettiva che le concessioni siano assegnate mediante gara pubblica e, pertanto, la sua cava, acquistata dal nonno, domani possa essere assegnata ad altri. Gli alti lai, peraltro, sono accompagnanti dall’esclamazione «se il Comune la metterà a gara, sarà un vero e proprio esproprio!», rivelatrice della convinzione che i beni estimati siano proprietà privata, come i titolari hanno sempre rivendicato. Non mancano le solite argomentazioni, economiche (se acquisto macchinari e poi perdo la cava, come li ripago?) e perfino ambientali (se sapessi di avere la cava per un periodo limitato scaverei a man bassa senza curarmi delle conseguenze, lasciando i problemi al concessionario successivo). Segue la proposta: fateci pure pagare il canone come gli altri, ma non mettere a gara le cave e lasciatele alle famiglie che hanno pagato quei terreni. Primi appoggi politici: il soccorso azzurro. A loro supporto, in perfetta sincronia, interviene il centrodestra locale sostenendo che i beni estimati devono essere considerati come un “affitto perpetuo” e quindi i titolari di cava sono come inquilini che devono pagare l’affitto, ma non possono essere sfrattati. Concedi un dito e ti prendono il braccio. Sembra di assistere alla stessa recita già inscenata dai balneari contro la direttiva Bolkestein: in tanti anni di concessione demaniale abbiamo migliorato la spiaggia e fornito servizi, ed ora avete il coraggio di mettere a gara il frutto del nostro lavoro? È evidente il totale capovolgimento del concetto di concessione: anziché ringraziare perché è stato loro “concesso” di sfruttare (per un dato periodo e a certe condizioni) un bene pubblico, rivendicano il “diritto” di continuare ad usufruirne indefinitamente. Allo stesso modo, i titolari di beni estimati, anziché ringraziare per aver sfruttato per decenni le cave (senza peraltro pagare alcun canone!), si atteggiano a povere vittime e rivendicano di fatto la perpetuità della concessione (peraltro mai rilasciata). Sembrano dimenticare che da ormai venti anni la Corte Costituzionale ha sentenziato l’onerosità e la temporaneità delle concessioni e che il Comune (non solo per rispettare le direttive europee) è tenuto a mettere a gara le cave (suoi beni indisponibili), evitando rendite di posizione nell’interesse di tutti i carraresi. Gara pubblica: uno stimolo positivo anche per l’imprenditoria. Merita ricordare infine che l’assegnazione mediante gara pubblica delle concessioni (per le quali proponiamo una durata decennale) è uno stimolo al continuo miglioramento dell’imprenditoria del marmo e delle ricadute sulla città: se il Comune accoglierà la nostra proposta, infatti, le cave saranno assegnate a chi avanza la miglior offerta economica, garantisce la maggior percentuale di blocchi lavorati in loco (quindi maggior occupazione), il minor impatto ambientale e il piano d’escavazione più razionale. Se gli attuali titolari sapranno raccogliere la sfida non avranno nulla da temere: potranno addirittura assicurarsi la concessione di una cava migliore dell’attuale. Legambiente Carrara http://www.greenreport.it/news/urbanistica-e-territorio/cave-i-beni-estimati-pubblici-inizia-coro-dei-piagnistei/#prettyPhoto

Le grandi opere che dividono l’Europa

P1018906-300x225e uniscono i popoli nella lotta,

di Daniele Forte,

Rosia Montana, Romania: seconda settimana di maggio, sotto un sole che non ha fatto mancare i propri favori: a sorpresa (per alcuni di noi) il IV Forum Internazionale contro le Grandi Opere Inutili ed Imposte (4° FAUIMP) si è tenuto in un contesto agricolo lontano dai centri congressi che ingenuamente siamo portati ad immaginare quale sede ordinaria per eventi di questa caratura. Riunione di apertura esaltante, un cerchio cosmopolita sorridente ed appassionato delimita con le panche il verde smeraldino del prato nella fattoria che ha ospitato il forum dell’edizione 2014, organizzato dal movimento Salvati Rosia Montana. La località montana è il centro del movimento di lotta che, da quattordici anni, con esito favorevole, combatte lo sfruttamento minerario aurifero da parte di compagnie canadesi che vorrebbe barattare laghi di cianuro e voragini a cielo aperto con pochi edifici ristrutturati ed una manciata di posti di lavoro. Uno schema noto alle centinaia di facce e volti di partecipanti, ciascuno recante testimonianza di lotte per la difesa dei propri territori, visi segnati dalle rughe di chi studia carte e dai calli di chi ha costruito barricate e presidi. Ma quanto colpisce di più è il senso di generale rispetto e responsabilità: sentieri obbligati (ma condivisi) per non rovinare il manto erboso (divenuto il bene comune per antonomasia), cautela nel raccogliere immagini video e fotografiche, misura e pacatezza nel dibattito anche acceso, sintonia tra esperienze di lotta mature e nuove istanze di giustizia e legalità. La disposizione circolare, il senso diffuso di parità, esaltano la percezione di trovarsi di fronte alla parte migliore dell’umanità, sopravvissuta al tracollo dei movimenti sociali di inizio millennio, all’introduzione dell’euro e pure allo stato di guerra permanente condotta entro e fuori i confini (comunque assurdi, quali essi siano). Delle dichiarazioni finali, delle petizioni e dei risultati istituzionali del Forum, lascerò che parlino penne più informate e competenti. Quanto voglio trasmettere al lettore è la grandezza del contatto con la natura e la solidarietà genuina e sincera, fatta di pane cotto a legna, tavolate collettive e turni per lavare i piatti. Non poteva esserci dimostrazione più concreta del fatto che si può parlare dei massimi sistemi in cinque lingue (EN, DE, RO, FR, IT) facendo esperienza tangibile della collaborazione tra persone e popoli. Per svolgere il “lavoro sporco” non sono stati fatti più di due appelli. Cibo ottimo, rigorosamente vegano: nemmeno mangiando i partecipanti hanno abbandonato coerenza ed impegno. Il collettivo in cucina ha lavorato senza tregua con risultati eccellenti soprattutto sotto il profilo del gusto: sono certo che in tanti abbandoneranno per sempre il coltello da carne per passare al cucchiaio della zuppa di legumi. Una vera rivoluzione se si pensa al tradizionale menù romeno. Finanziamento: ad offerta libera, chiusura in attivo al netto del pagamento delle spese di viaggio di chi non poteva permetterselo (compreso un meraviglioso ospite marocchino). Poi c’è l’Italia (che poi è Europa ed Occidente liberista), che ti aspetta con il codazzo di corrotti, spartizioni, colate di cemento e situazioni surreali, compresa la militarizzazione di Torino per una manifestazione pacifica, lo stupore per le infiltrazioni mafiose nei cantieri dell’Expo, le notizie deviate sulla crisi Ukraina. Bastano cinque giorni di libertà per capire definitivamente che il mondo che ti accoglie al ritorno è un teatrino costruito ad arte, un apparato di controllo mentale, di offuscamento delle coscienze, un sistema di condizionamento che ti costringe ad accettare il macabro paradosso secondo il quale, per convivere pacificamente, occorra bombardare, picchiare, controllare, depredare e nella migliore delle ipotesi ridurre il dialogo interpersonale ad una perpetua bagarre da talk show elettorale. Quando assaggi il pane che ha il gusto del sudore di tutti, non puoi pensare di tornare indietro, il tuo unico pensiero è di coinvolgere le persone più care perchè sperimentino questi percorsi, perchè possano leggere i quotidiani con il medesimo disgusto che proviamo oggi al nostro ritorno, perchè possano pensare che riuniti in cerchio, su un prato d’erba, sotto un telone che a stento ripara dal sole, si possa costruire un mondo in cui i valori della solidarietà, della libertà e del rispetto siano i pilastri sui quali erigere una comunità nuova in cui si sia posto per tutti. Un posto per tutti: per chi lotta in strada ed intorno ai cantieri, per chi resiste nei tribunali ed in galera, per chi vive la politica con spirito di sacrificio ed onestà, per chi dà il buon esempio pensando che anche le attività economiche debbano essere condotte nella massima trasparenza in ottica di equità. Etinomia, presente, l’ha ribadito più volte, con forza, tra l’approvazione generale. Nel prossimo V Forum, che si tenga in Marocco, in Turchia o nei Paesi Baschi dovrà esserci posto per tutti, perché si parte e si torna insieme: è l’unico modo per vincere la lotta globale che vede tutti uniti contro la devastazione (ambientale ed economica), di cui il TAV, il fracking, lo sfruttamento minerario e le incondizionate colate di cemento sono solo episodi particolari. «Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.» (Bertold Brecht)

images13 maggio 2014