Un Piano di Alternativo per le Alpi Apuane,

salviamoleapuanea un anno dal terremoto.

Un incontro per dare speranza e futuro a chi vuol vivere le Apuane salvaguardandole.

Casola in Lunigiana 21 Giugno 2014 ore 15:00 Presso la sala consiliare del municipio.

Salviamo le Apuane si ritrova di nuovo a Casola in Lunigiana a un anno dal terremoto, l’incontro è per continuare dal basso la costruzione di un Piano Alternativo di Sviluppo per le Alpi Apuane duramente devastate dall’escavazione del marmo e del carbonato di calcio.

Oggi sui vari territori stiamo incontrando tante realtà che sono in moto per cercare di costruirsi un futuro sulle nostre montagne, purtroppo però il territorio e l’economia sono tenute in scacco dalla monocultura del marmo, invasiva e devastante per sua natura, tanto da non poter convivere facilmente con altre attività umane.

A fronte delle poche centinaia di occupati, crediamo fermamente che il nostro territorio possa sviluppare molti più posti di lavoro con economie durevoli che possano cioè svilupparsi in sintonia con l’ambiente ed il paesaggio senza distruggerli in modo irreversibile.

Sarà un incontro che prosegue, dopo il partecipatissimo convegno di primavera a Lucca, il percorso intrapreso dal movimento in questi anni, Salviamo le Apuane infatti non solo denuncia le estreme condizioni ambientali del nostro territorio, non solo si preoccupa di fare proposte alternative ma si impegna direttamente nella costruzione delle proposte presentate. L’unica via possibile per cambiare è produrre qualcosa che rimpiazzi ciò che ormai ci va stretto, quel qualcosa in questo caso è una nuova economia, un nuovo sistema solidale che faccia ritornare a vivere in pieno equilibrio nel paesaggio.

Il nostro movimento è costantemente in prima linea sui territori apuani per poter rendere speranza e forza alle nostre popolazioni e contrastare non solo la devastazione ma anche il progressivo abbandono.

Si festeggerà con questo incontro anche i quattro anni dal primo incontro pubblico del movimento dove fu redatta la famosa “Carta delle Apuane”. Con Salviamo le Apuane si è aperta di fatto una nuova fase per la difesa del territorio, portando la questione Apuane al primo posto nel dibattito politico, su alcuni delle maggiori testate europee e avviando un processo partecipato dal basso cose mai successa prima, questo è solo l’inizio del nostro lavoro che non molleremo perchè per noi apuani è a rischio il nostro futuro in questi luoghi che ci ospitano da millenni.

Un momento importante per le Alpi Apuane e per le comunità che ci vivono, un altro passo sul sentiero che ci conduce ad una ripresa della nostra terra e della nostra cultura.

Di seguito il programma:

Saluti istituzionali

Lettura della Carta delle Apuane
Giovani di Aeliante

Introduzione Mauro Chessa
Presidente ReTe dei comitati per la difesa del Territorio – Sul disastro Apuane

Giorgio Pizziolo
La Bioregione Apuana come ambito dello sviluppo economico-sociale alternativo

Fabio Baroni
Il Piano di Sviluppo Economico Integrato delle Apuane. La prima proposta.

Eros Tetti, Introduzione
Un piano di promozione per le Apuane

A seguire interventi dei vari portatori di interesse

Link all’evento facebook https://www.facebook.com/events/255454434645511/

Con preghiera di diffusione. In allegato foto significative del sisma e si Salviamo le Apuane ( by Fabio Gigli)

La Rete sul caso Apuane.

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LA DISTRUZIONE DELLE APUANE
È A RISCHIO IL PIANO DEL PAESAGGIO TOSCANO

Auditorium della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze
via Folco Portinari, 5

mercoledì 25 giugno, ore 11.30

La Rete dei comitati per la difesa del territorio convoca una Conferenza stampa per informare sul livello elevatissimo di distruzione del territorio delle Apuane, bene paesaggistico e culturale senza pari in Italia e in Europa, e per attirare l’attenzione sulle difficoltà che incontrano in questa fase i provvedimenti di legge in materia territoriale e ambientale nell’ambito della regione Toscana, segnatamente il Piano Paesaggistico.

Apre la Conferenza stampa: Mauro Chessa (Presidente della Rete)

Illustra il tema: Paolo Baldeschi (professore della Facoltà di Architettura di Firenze e membro della Giunta della Rete);

Interviene: Eros Tetti (Comitato “Salviamo le Apuane” e membro della Giunta della Rete)

Conclude: Alberto Asor Rosa.

Durante la Conferenza stampa saranno proiettate eloquenti immagini delle distruzioni in atto sulle Apuane.

Sono stati invitati a partecipare il Presidente Enrico Rossi e gli assessori regionali competenti.

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Una tre giorni di iniziative:

download27-28-29 giugno a Mondeggi (Bagno a Ripoli).

Quella di Mondeggi è una storia come tante, troppe altre; una di quelle che stimolano la gastrite, per quanto sono difficili da digerire. Una storia, per chi ancora non la conoscesse, fatta di sperpero e abbandono, di sfruttamento irresponsabile, di responsabilità eluse e poi riversate sopra una collettività ignara, ma che rischia di avallare, col proprio disinteresse, le scelte e le mire dei suoi amministratori. I 200 ettari della fattoria di Mondeggi, situati nel comune di Bagno a Ripoli, sono proprietà della Provincia di Firenze ed ospitano vigneti, pascoli, oliveti, boschi, giardini, fabbricati rurali e l’antica villa rinascimentale intorno a cui tutto ruotava; terra abbandonata ormai dal 2009, di cui ormai si tiene conto soltanto quando diventa possibile accaparrarsi i frutti pendenti che ancora, a scapito della sua gestione scriteriata, le piante continuano a produrre. Un degrado perpetrato negli anni, attraverso operazioni che vanno dalla devastazione dei poderi, sostituiti dalle colture estensive, alle sperimentazioni di meccanizzazioni spinte che hanno stravolto il territorio, ha coinvolto Mondeggi nella sua totalità; l’annegamento nei debiti (oltre un milione di euro) e il conseguente fallimento della società a controllo provinciale che l’amministrava non è stato altro che lo scontato epilogo. Così come scontata appare, per chi è avvezzo a relazionarsi con l’arroganza di chi gestisce in maniera privatistica gli enti pubblici, la scelta ultima della proprietà: vendere, o meglio svendere, per monetizzare un simile patrimonio immobiliare in nome della stabilità di bilancio, ingrassando tasche private già gonfie di capitali da investire, liberandosi così degli oneri di gestione ma anche dell’eccezionale potenziale in esso contenuto.
Quella del comitato “Verso Mondeggi Bene Comune – Fattoria Senza Padroni” (MFSP) è una piccola storia nella storia, che tenta di sovrapporsi con la propria attività a quella venale e miope appena descritta, che prova a determinare un cambiamento sostanziale di direzione all’interno di un percorso che si definisce ineluttabile. Impedire la vendita per donare nuova vita a Mondeggi è l’obiettivo; agricoltura contadina, sostenibile e naturale, multifunzionalità e orizzontalità totale i mezzi attraverso cui praticarlo; un documento, la Carta dei principi e degli intenti (http://tbcfirenzemondeggi.noblogs.org/carta-dei-principi-e-degli-intenti/) la bussola di cui ci siamo dotati per auto-guidarci, per non perdere il sentiero sul quale abbiamo deciso di camminare. Sappiamo di non essere soli, bensì di avere l’appoggio, per ora espresso sotto voce, di una comunità territoriale che desidera la rinascita di Mondeggi; e al di là di essa possiamo contare su una galassia di esperienze complici in campagna come nelle metropoli, in chi si batte contro la privatizzazione dei beni pubblici, sostanziando al contempo l’ancora aleatorio concetto di “bene comune”, nelle esperienze di autogestione, siano esse di spazi sociali piuttosto che abitative o produttive, nelle mille espressioni di lotta che si prefiggono trasformazioni concrete e produzione di immaginario alternativo. Insieme all’esperienza per certi versi gemella di Caicocci, Mondeggi è stato assunto come impegno collettivo e primario dalla rete di Genuino Clandestino, costituita da un arcipelago di realtà contadine e non solo, per attuare e dare corpo, in queste due situazioni e attraverso di esse, ai presupposti intorno ai quali il suo organismo si è coagulato.
Una fattoria abbandonata eletta a paradigma, quindi, di ciò che poteva essere e non è stato, per convertirla in ciò che potrebbe essere e che vogliamo diventi. Intendiamo riabitare Mondeggi e la sua terra per sottrarla alla speculazione, per guardare la realtà da una diversa prospettiva; vogliamo ripartire dalla radicalità di una proposta che intreccia al suo interno numerosi piani differenti, che in sé mescola cibo e gioco, salute e lavoro, socialità e agricoltura. Il nostro proposito è dimostrare che, ben oltre le parole vuote della retorica istituzionale, a cui piace spesso citare il ritorno all’agricoltura come risposta alla crisi senza però spendersi in alcun modo per favorirlo, processi auto-organizzati prendono vita e crescono sull’impulso non soltanto della mancanza di alternative, quanto soprattutto sulla volontà di spendersi in qualcosa di essenziale, rigettando il superfluo ridondante in cui siamo immersi. Accedere alla terra, quindi, per sperimentare in essa la gestione, o meglio l’autogestione, di ciò che un qualcosa del genere è necessario sia: un bene comune, una risorsa collettiva, la cui fruizione sia garantita a tutte e tutti, la cui economia sia decisa in maniera comunitaria, ben lontana dalle dinamiche di profitto imperanti. Autogestire un bene comune per autogestire un pezzetto della propria vita, in sostanza; un pezzetto che auspichiamo possa crescere e crescere ancora.
Fino ad ora abbiamo messo in atto interventi “clandestini” di cura e manutenzione del territorio agricolo e dell’area a parco, operando a Mondeggi da esterni: questo non ci basta più. I suoi 200 ettari racchiudono potenzialità enormi; su di essi vorremmo che confluissero le energie di chi condivide il nostro percorso, siano essi vicini o lontani, realtà organizzate o singoli, e soprattutto di una comunità locale minacciata della sottrazione di una porzione importante di territorio. Per questo motivo abbiamo deciso di lanciare una 3 giorni di iniziative, dibattiti, socialità e divertimento, prevista per il 27-28-29 giugno, da utilizzare come trampolino per balzare oltre, per dare inizio alla fase di custodia popolare del bene comune in questione. Per far nascere in maniera collettiva e condivisa quel presidio contadino che vuol essere il preludio all’insediamento sul territorio di una presenza che lo sappia gestire e valorizzare, amare e difendere.
Invitiamo quindi tutte le persone e tutte le realtà organizzate di resistenza ad aderire esplicitamente con un comunicato e a partecipare ad un’iniziativa che vuol essere aperta e trasversale, ma antirazzista, antifascista e antisessista nell’animo, così come la realtà che la promuove.
Infine vogliamo essere chiari: poiché ad oggi non vi è nessun accordo con le istituzioni non possiamo sapere ciò a cui andremo incontro, non ci è dato conoscere gli sviluppi che questa vicenda assumerà; ci auguriamo però che il nostro passo possa essere riprodotto quante più volte possibile, laddove la realtà e l’immaginazione lo permettano.

MFSP – verso Mondeggi rinasce in 3 giorni

La grande bruttezza.

Cave-Monte-Valerio-175x150Il 10 Giugno 2014 la Provincia di Livorno finirà in bellezza la sua esistenza approvando il Piano delle Attività Estrattive: un piano che, salvo qualche aggiustamento nel 2010, attua con sei anni di ritardo il Piano Regionale del 2007 redatto su dati ormai vecchi di dodici/quattordici anni.

Un Piano inutile perché appunto basato su dati vecchi e ormai insignificanti, su previsioni totalmente infondate che non tengono minimamente conto delle normative europee in materia di uso di materiali riciclati che dovrebbero raggiungere nel 2020 il 70% dei materiali impiegati contro l’attuale 14% della Toscana.

Un Piano pericoloso perché attua un Piano Regionale la cui validità è scaduta nel 2012, confermando previsioni di scavo assolutamente sovradimensionate in un periodo di crisi strutturale come l’attuale, in particolare per quanto riguarda gli inerti per i quali si ammette di estrarre nei prossimi otto anni dodici milioni di metri cubi (più di quanto è stato scavato nei quattordici anni passati).

Un Piano pericoloso perché andando oltre le indicazioni del Piano Regionale, propone di trasformare il Campigliese in un “distretto degli inerti” e auspica la realizzazioni delle “grandi opere” per usare tutto il materiale possibile immaginabile che ormai, nel ciclo produttivo industriale articolato, serve solo alla Solvay, visto che le Acciaierie di Piombino si sono fermate e l’edilizia è allo stremo.

Tutte le criticità del Piano sono state denunciate dal Comitato per Campiglia il 2 Dicembre 2013 alla Commissione Ambiente della Provincia e successivamente raccolte in un documento molto articolato del 28 Febbraio 2014. In quell’occasione la Provincia aveva formalmente promesso un incontro pubblico con i cittadini e amministratori dell’area della Val di Cornia per discutere i dati e le scelte del Piano Provinciale prima della scadenza dei termini di legge per presentare le osservazioni.

Nulla di quanto promesso è stato mantenuto e il Comitato non ha volutamente presentato alcuna osservazione per protestare contro un comportamento così irrispettoso nei confronti dei cittadini e nella convinzione che tutte le osservazioni sarebbe state inutili a modificare il Piano.

Che questa convinzione fosse fondata lo dimostra il fatto che nessuna osservazione che mettesse in discussione il Piano è stata accolta e in particolare quelle del Gruppo di Intervento Giuridico, del Comune di Campiglia, della Soc. Parchi Val di Cornia, della Regione Toscana e addirittura di un Consigliere Provinciale.

Per quanto riguarda i proprietari di cave e Confindustria è stato tutto un chiedere di ampliare i limiti delle cave, malgrado la crisi. In questo caso la Provincia non si è sbilanciata e non ha accolto le osservazioni rimandandole alla Regione per competenza.

Dalla analisi delle osservazioni si può infine capire che nella sostanza tutto il Piano è servito semplicemente ad ammettere l’apertura di una nuova cava di argille in località Gozzone nel Comune di Rosignano Marittimo.

Infatti su 73 osservazioni, 42 riguardano questo tema e ben 41 chiedono di eliminare la previsione in contrasto con gli strumenti urbanistici e i vincoli esistenti. Singoli cittadini italiani e stranieri, imprenditori del turismo, agricoltori, la C.I.A., comitati, M5S, amministratori denunciano i danni che questa attività porterà al paesaggio e ad attività turistiche e agricole che creano lavoro non meno della cava già esistente nel Comune. La Provincia di fronte a questo problema, la cui soluzione pare sia la vera causa del ritardo di anni nell’approvazione del Piano, respinge tutte le osservazioni senza dare alcuna vera motivazione.

Si dimostra allora ancora una volta che amministratori e i sindacati non sono in grado di dare alcuna risposta convincente di fronte ai ricatti occupazionali e preferiscono mandare avanti un processo di distruzione del territorio che impedisce un suo diverso sviluppo economico.

Possiamo allora concludere dicendo che se è vero che quando scompare un organo rappresentativo dei cittadini, come in questo caso la Provincia, è sempre un lutto per la democrazia, è anche vero che i casi come quelli del Piano delle Attività Estrattive della Provincia di Livorno non fanno certo rimpiangere quello a cui l’organo rappresentativo in questione si è ridotto.

Comitato per Campiglia
Arch. Alberto Primi