Comunicato Stampa No Tunnel TAV

cantiere Macelli nel 2012

Firenze, 17 gennaio 2014.

A un anno dai provvedimenti della magistratura che ha sospeso i lavori TAV a Firenze nulla è cambiato, nemmeno la politica che non si vergogna di perseverare in un progetto folle.

Un anno fa, il 17 gennaio 2013, la magistratura fiorentina emise avvisi di garanzia per oltre 30 politici e manager, sequestrò la fresa e altro materiale dei cantieri dimostrando quanti problemi ci fossero nel cantiere più grande di Firenze denunciati più volte dalla società civile e anche dal Comitato NO TUNNEL TAV.

Il Comitato ritiene importante ricordare questa scadenza perché il silenzio e l’oblio sono diventati l’alleato più importante di chi vuol andare avanti con i lavori a dispetto della razionalità e del buon senso, mentre, giova ricordarlo, tutti i problemi denunciati restano pericolosamente presenti.

Le dichiarazioni del sottosegretario Erasmo D’Angelis di alcuni giorni fa, che prevedono la ripresa dei lavori nel cantiere della stazione ai Macelli, sono la dimostrazione ennesima di come i poteri forti controllino ormai il sistema politico locale e nazionale imponendo i loro desiderata al di fuori di ogni interesse pubblico e sociale.

La situazione del trasporto ferroviario, a parte quello dell’alta velocità, è a livello vergognoso e finalmente costringe anche il presidente della Regione Enrico Rossi a prendere posizione contro le Ferrovie; è però evidente come le dichiarazioni e le proteste cozzino contro il muro di gomma delle Ferrovie che sono ormai un potere cui viene concesso di operare senza alcun controllo o progetto pubblico. Le FS sono una società per azioni, ma la proprietà è totalmente in mano al Ministero del Tesoro; se l’amministratore delegato Mauro Moretti può agire senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze delle sue azioni vuol dire che il sistema delle grandi opere inutili e degli appalti è quello che controlla la politica dei trasporti e delle infrastrutture. Non si tratta solo di malgoverno e di sperpero di risorse pubbliche: la mancanza di controllo pubblico è sostanzialmente un furto di democrazia, una sottrazione di diritti (quello alla mobilità in primo luogo, ma anche quello alla salute).

Dopo un anno di sostanziale fermo per via dell’inchiesta della magistratura i problemi emersi sono tutti lì presenti e conviene essere noiosi, ma ricordarli:

• il reato contestato di corruzione è alla base di questo progetto; senza interventi dolosi di alcuni dirigenti ministeriali e politici questo progetto sarebbe già morto e sepolto, soprattutto per le pressioni fatte sulle normative per lo smaltimento dei rifiuti, sia a livello nazionale che europeo.

• Le gravissime falle nei controlli che hanno portato allo smaltimento di enormi quantità di terre contaminate (soprattutto in Mugello) sono tuttora presenti.

• Le infiltrazioni della camorra sono un rischio sempre presente, soprattutto quando è presente la figura giuridica del “general contractor” che fa dell’opacità uno strumento di gestione dei lavori.

• Materiali e strumenti di costruzione difettosi e pericolosi: dai conci delle gallerie alle strutture interne della fresa. La cosa non sarebbe emersa se non ci fossero state le intercettazioni telefoniche della magistratura. Ad oggi, invece, non si prevedono controlli seri dei lavori nemmeno dopo quanto emerso.

• Le principali società che dovrebbero realizzare l’opera sono in pessime condizioni economiche: SELI, la proprietaria della fresa, è in odor di fallimento, la Coopsette, vincitrice della gara per il Passante, avrebbe evitato il fallimento ricorrendo al concordato preventivo, sostanzialmente non pagando i fornitori e i debitori; in seguito si sarebbe salvata con una operazione simile a quella fatta per Alitalia ed Etruria, dividendo cioè la società in due imprese, una che si è presa gli appalti più remunerativi e una “bad company” cui sono stati attribuiti tutti i debiti.

• La normativa sulle terre di scavo, introdotta nell’agosto 2012 (decreto 161) emanata per risolvere il problema di 3 milioni di m3 di terra che non si saprebbe dove mettere, confligge con le normative europee; su tutti i progetti mal fatti, che prevedono anomali quantità di terre contaminate, pende la spada di Damocle di un procedimento di infrazione.

• In risposta ad una interrogazione dell’onorevole Bonafede, il ministero dell’Ambiente ha ammesso di aver ritirato l’autorizzazione al piano di utilizzo delle terre di scavo delle gallerie che sarebbero dovute andare a Cavriglia; gli scavi delle gallerie non possono assolutamente iniziare nemmeno con le norme corrive applicate.

• Nel frattempo alcune rilevazioni dell’ARPAT hanno riconosciuto che l’impatto sulla falda è molto forte sia nella zona di Campo di Marte, sia ai Macelli nonostante tutti i proclami e le promesse tranquillizzanti fatte. Ad oggi non è dato sapere che provvedimenti si intendano prendere per ovviare a questo pericoloso inconveniente, anzi, invece di cercare di trovare rimedi si parla di riprendere con gli scavi ai Macelli! Ricordiamo che i rischi sono danneggiamento alle fondazioni degli edifici e possibili cedimenti del terreno.

A questi elementi emersi nell’ultimo anno ci sarebbero da aggiungere tutti problemi documentati e denunciati da esperti e dal comitato: cedimenti del terreno, possibili danni al patrimonio abitativo e artistico, errata progettazione sismica, errate previsioni degli effetti dello scavo, per finire alla mancanza di VIA (valutazione di impatto ambientale) proprio sulla stazione Foster, una grave lacuna sempre ignorata.

Davanti al disastro che si ricava dal noioso elenco riportato sopra, il governo, nella persona del sottosegretario al ministero delle infrastrutture Erasmo D’Angelis, non ha trovato di meglio che annunciare la ripresa dei lavori nella stazione Foster.

Il Comitato denuncia la forzatura di questa operazione: si rischia di gettare una quantità enorme di risorse per realizzare uno scavo che resterebbe solo una ferita nella città, per costringere l’opinione pubblica, in un secondo tempo, ad accettare l’inevitabilità della realizzazione dei tunnel. È un ricatto ignobile.

In questo quadro rifulge il silenzio del sindaco Matteo Renzi, attentissimo a curare mediaticamente la sua immagine; davanti alla vergogna e al disastro di questo progetto la miglior cosa è tacere facendo intendere che il Comune non c’entra nulla: invece c’entra eccome, urbanistica e sicurezza dei cittadini sono competenze del primo cittadino. Il silenzio è stato comprato con diverse decine di milioni di euro da Moretti e c’è anche la promessa di altri soldi per le casse sinistrate di Palazzo Vecchio se i lavori procederanno.

Nelle chiacchiere dei sostenitori dei tunnel di Firenze si è sempre detto che si doveva cominciare a scavare per fare “presto e bene”. Il Comitato si chiede perché non viene abbandonato questo progetto i cui tempi di realizzazione sono ormai fuori controllo (15, 20 anni?) e non si studiano interventi alternativi che avrebbero da subito tre effetti positivi:

  1. con le stesse risorse economiche si realizzerebbero più lavori e si potenzierebbe tutta la rete ferroviaria
  2. si creerebbero da subito molti più posti di lavoro, anche per le ditte toscane che adesso sono scavalcate dal general contractor
  3. si farebbero interventi parziali che hanno tempi di realizzazione molto inferiori e si avrebbero benefici in tempi molto più ravvicinati

Ma questo ormai sono domande affidate al solo buon senso, materiale che scarseggia nella politica italiana.

Il Comitato proseguirà nella sua opera di informazione presso i cittadini – soprattutto nei pressi dei cantieri – preparando un convegno sul Passante di Firenze, sui rischi e sulle possibili alternative.

 

Comitato NO TUNNEL TAV Firenze