per garantirsi profitti parassitari
di Tiziano Cardosi, 4 dicembre 2018
Su Repubblica del 3 dicembre è apparsa una importante intervista a Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria. La pagina dedicata al club degli industriali italiani è apparsa proprio in occasione dell’inizio del Consiglio Generale di Confindustria che si tiene, in maniera assolutamente non casuale, a Torino.
Da notare come Boccia usi l’intervista su un importante quotidiano allo stesso modo di politici e rappresentanti degli ultimi governi per lanciare importanti messaggi al paese; come se fosse lui il vero leader italiano. Da notare come Repubblica si confermi ancora l’organo dei poteri forti e dei politici al loro servizio.
La scelta di Torino per questa riunione è chiaramente in opposizione alle resistenze residuali che ci sono ancora in questo governo allo scempio economico e ambientali della grandi opere. La scelta di Confindustria è chiara e dura: le infrastrutture sono e devono continuare ad essere il cardine delle politiche economiche, le grandi opere ci dovrebbero salvare da una nuova recessione ormai alle porte, visto che anche la locomotiva tedesca si è fermata; si millanta ancora la carenza infrastrutturale italiana in aperta contraddizione con la realtà che vede soprattutto nel degrado dell’esistente uno dei problemi principali.
Il vecchio dogma, oggi totalmente falso, che le infrastrutture siano volano per l’economia è ancora brandito quasi con ferocia, ma si dimentica che in passato le infrastrutture erano concepite soprattutto come strumento di redistribuzione di ricchezza, perché poi la DOMANDA sostenesse la crescita e i profitti delle imprese.
Oggi i grandi gruppi economici preferiscono saltare il passaggio che vede la crescita attraverso l’allargamento del mercato ai cittadini; infatti da decenni si assiste a continue facilitazioni fiscali, decontribuzioni e soprattutto alla battaglia per contenere e ridurre la componente salariale nei costi di impresa. Al tempo stesso si è costruito questo prodotto artificiale ed artificioso che è la “grande opera inutile” per garantire un mercato fittizio a quelle grandi imprese in crisi che non sono più capaci di competere nella vendita dei loro prodotti. A far sì che non ci debbano essere rischi di mercato o di impresa è sempre invocato l’intervento pubblico nel finanziamento finale.
Fa invero impressione che la parte di Confindustria composta da piccole e medie imprese, le associazioni di artigiani, commercianti, gli stessi sindacati confederali non si accorgano che questa politica di favorire solo i grandi progetti parassitari è la stessa che strangola tutti loro; le grandi imprese ormai controllano e dirigono la distribuzione di appalti e subappalti e tutti colore che lavorano poi concretamente nei cantieri sono stritolati da un meccanismo che garantisce profitti sicuri solo al vertice della piramide contrattuale.
Insomma la grande impresa italiana è diventata la grande parassita d’Italia, un mostro che divora risorse che potrebbero davvero rimettere in moto un meccanismo razionale di redistribuzione della ricchezza che andasse a garantire le necessità vere di una società fatta di uomini e donne, necessità che non sarebbero in contraddizione con il disastro ecologico in cui ci stanno conducendo questi stonati pifferai della crescita infelice.
L’obiettivo da abbattere, per Boccia e i suoi iscritti, è l’opposizione alla Torino Lione, una delle opere più ridicole che si potessero immaginare, che però ha trovato una forte opposizione come non esiste nel resto del paese. I NO TAV sono l’obiettivo di Confindustria; obiettivo strategico è distruggere il movimento più forte perché poi si mettano a cuccia tutte le migliaia di lotte territoriali che dilagano nel paese.
Resta da vedere se questa operazione avrà successo: sarà difficile mettere le briglie ad un movimento che, se ha la sua punta in Val Susa, è diffuso in maniera capillare in tutto il paese.
Tiziano Cardosi