Conferenza dei Territori contro le Grandi Opere Inutili e Imposte
Firenze, 6-7 ottobre 2018
Qui i le Presentazioni degli oratori e i Video della Conferenza
La Conferenza dei Territori, un incontro tra i movimenti nazionali in difesa dell’ambiente e contro le Grandi Opere Inutili, Imposte e Dannose che opprimono il territorio e i suoi abitanti, si è tenuta a Firenze nei giorni 6 e 7 ottobre 2018.
All’inizio dei lavori sono state ricordate le tragedie del Vajont del 9 ottobre 1963 e il crollo del Ponte Morandi di Genova del 14 agosto 2018, entrambi simboli della hýbris degli uomini.
La Conferenza ha reso omaggio all’amico Ivan Cicconi, grande esperto di Lavori Pubblici, che molto ha contribuito alla conoscenza e critica alle Grandi Opere.
Lo slogan ideato mette in risalto il valore delle opposizioni popolari che svolgono un importante ruolo di tutela dei territori e di crescita politica e culturale: “Le resistenze nei territori difendono e rilanciano il Bel Paese”.
Se il profitto pare l’unico valore sopravvissuto a questa modernità, questi sono stati gli obiettivi della Conferenza:
- documentare, con la collaborazione di esperti e scienziati, in che modo gli obiettivi che animano le lotte popolari siano in grado di dare risposte efficaci per fermare devastazioni naturali e sprechi di risorse pubbliche e allo stesso tempo indicare soluzioni alternative di qualità per il futuro dei territori e la salute dei residenti,
- assumere che cura, risanamento e messa in sicurezza del territorio hanno bisogno di nuove “geografie mentali” e progettuali costruite dal basso e insieme agli abitanti, capaci di considerare il territorio come ecosistema complesso e vitale, arrestandone la morte ambientale, ecologica ed in fin dei conti economica e sociale,
- inviare un forte segnale di attenzione e di ascolto alle imprese, alla ricerca scientifica, ai sindacati, ai partiti e soprattutto al Governo affinché, in relazione agli investimenti infrastrutturali e di cura e risanamento dei territori, ognuno di questi soggetti riconsideri quali siano le scelte utili all’intera collettività,
- valutare assieme quali possono essere le strategie migliori per ottenere che le lotte rompano il muro di gomma che circonda il mondo tossico della politica delle grandi opere inutili e dannose
È evidente – è ormai un dato condiviso – che il sistema delle grandi opere inutili è connaturale a questo sistema economico che ha come dogma la ricerca del profitto e come concetto di libertà solo quello di garantire la ricerca dello stesso profitto. Territori e abitanti sono piegati a questo imperativo, tanto da mettere a rischio la sostenibilità stessa del pianeta.
In Italia, paese dotato di un patrimonio paesaggistico e artistico ricchissimo, l’esigenza della tutela diventa particolarmente sentita e questa si somma al diritto dei cittadini di godere di condizioni di vita sane e dignitose.
Nel confronto e scambio di esperienze è emersa nel corso di lavori l’esigenza di una reale democrazia che consenta alle popolazioni di decidere della loro vita, mentre l’esperienza mostra che il sistema di governo del territorio è purtroppo in mano alla élite finanziaria e industriale.
In particolare è stato evidenziato che, mentre le resistenze popolari nei territori difendono da decenni il Bel Paese con iniziative democratiche dal basso, tutti i Governi non ascoltano ma reprimono violentemente le iniziative dei cittadini e il quarto potere ha abbandonato il suo ruolo di controllore e di narrazione degli avvenimenti.
È stato constatato che soddisfare le reali esigenze di un territorio sarebbe molto più economico che non seguire i fantasmi di megaprogetti che servono solo a chi li realizza.
Emblematico è l’esempio della Calabria che vede quantificate in circa 7 Mld. di euro le reali esigenze, mentre si progettano infrastrutture e arrivano a costarne 24 (senza contare il ponte che ancora minaccia lo stretto).
Un altro capitolo del dibattito è stata la critica ai principali soggetti economici: Confindustria e sindacati. Entrambi chiedono a gran voce “grandi opere, grandi opere” ovunque e comunque. Particolarmente grave che lo chiedano i sindacati senza rendersi conto che i grandi cantieri richiedono, a parità di investimenti, molta meno mano d’opera, cioè posti di lavoro, che non diffusi cantieri di manutenzione e restauro.
Diversi contributi hanno riguardato il tema dell’energia, della sua produzione, del trasporto, dello stoccaggio, della gestione dei rifiuti, dei perversi sistemi di sovvenzione, della necessità di diffondere fonti di energia alternativa che siano comunque indirizzate verso l’autoproduzione piuttosto che verso mega impianti invasivi e pericolosamente monopolistici.
Il tema dei rifiuti ha messo in evidenza come la gestione finanziaria del settore provochi costi, sprechi nonché danni ambientali e sanitari. La necessità di salvare il pianeta e la vita che accoglie impongono un radicale cambiamento della gestione delle risorse che non devono più essere affidate alla mitica mano invisibile del “mercato” che mostra solo artigli rapaci.
È stato anche affrontato il problema dei rifiuti e quello dello stoccaggio delle scorie nucleari presenti nel nostro paese. Le spese militari sono state definite una colossale “opera inutile” che contiene un destino letale per l’umanità e nell’immediato presente per i territori devastati dalle installazioni militari. Il movimento No MUOS ha evidenziato bene questo problema.
Se dietro ogni tema illustrato è stata presente la denuncia della mancanza di reale democrazia nei processi decisionali e della corretta informazione, allo stesso modo è apparso evidente che dietro ogni resistenza, ogni lotta, è presente un progetto alternativo frutto di un concreto processo di partecipazione, dove l’imperativo non è il profitto ma il bene e l’utilità comune, quella di tutti, anche di quell’1% che sta razziando ogni risorsa naturale e umana.
Nel confronto è stata ricordata la novità di un nuovo governo espresso da due soggetti partitici uno dei quali ospita posizioni critiche nei confronti delle grandi opere. E’ stato ricordato che le opposizioni alla Grandi Opere hanno favorito il successo elettorale del M5S, grazie anche a queste sue posizioni. La realtà di oggi è un balbettio confuso che non rivela la linea politica che sarà seguita.
Dietro il paravento della necessità di sottoporre i grandi progetti ad una seria analisi costi/benefici si cela una dura realtà che svela come le lobby stiano assediando un esecutivo confuso che occhieggia pericolosamente al partito del cemento e delle privatizzazioni.
A partire dalle precedenti considerazioni, le Associazioni e i Comitati partecipanti alla Conferenza hanno inviato una Lettera Aperta a Danilo Toninelli, Ministro delle Infrastrutture, con la quale chiedono al “Governo del cambiamento” di tenere fede agli impegni elettorali:
- Che le risorse finanziarie risparmiate con la cancellazione delle grandi opere inutili e dannose siano destinate alla manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio, alla riduzione del rischio idrogeologico e alla mobilità sostenibile, come previsto dal Contratto per il Governo del cambiamento, in particolare al paragrafo 4.
- Che la Legge 21 dicembre 2001, n. 443. (Legge Obiettivo), definita “criminogena” dall’Autorità nazionale Anticorruzione, sia definitivamente cancellata e non applicata per tutte le opere in corso o programmate.
- Che sia abolito il Decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 che, con il pretesto di adeguare la normativa sulla Valutazione di Impatto Ambientale alle Direttive europee, si è mosso in direzione esattamente opposta, annullando gli spazi di partecipazione dei cittadini e permettendo a soggetti proponenti e autorità competente di mettersi d’accordo, in ogni fase del procedimento VIA, sul grado di definizione del progetto in esame, di fatto vanificando l’efficacia di osservazioni e prescrizioni. Si chiede, conseguentemente, che la procedura VIA torni a seguire quanto disposto dal Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’Ambiente) nella versione originale, considerando inoltre, per qualsiasi opera puntuale o lineare, l’opzione zero.
Nella lettera è scritto che oltre a questi immediati provvedimenti è indispensabile ritornare alla pianificazione della realizzazione delle infrastrutture altrimenti sprechi e disastri continueranno ad essere normalità.
Impegni semplici, di veloce realizzazione, una decisione che mette alla prova concretamente la volontà del Governo.
Nelle due giornate il dibattito ha richiamato la necessità della mobilitazione nazionale sul tema delle grandi opere e della sfida ambientale.
L’assemblea di Venezia del 29 settembre 2018 ha scelto di “non lanciare immediatamente una data di mobilitazione, ma di costruire alcuni appuntamenti intermedi, uno dei quali sarà in Val di Susa a breve”, per “gettare le basi per un percorso che non si esaurisca in una data di mobilitazione ma sia capace di costruire l’alternativa di cui parliamo”.
Questa riflessione è proseguita a Firenze con la Conferenza dei Territori nella quale è stato proposto, per dare più forza alle lotte locali, una manifestazione diffusa sabato 8 dicembre in ogni territorio in Italia dove si lotta, attraverso la quale si potranno approfondire i temi e consolidare l’unità delle opposizioni che da anni agiscono e crescono nei territori.
E’ stato ricordato che l’emblematica data dell’8 dicembre è diventata dal 2010 a livello europeo la “Giornata internazionale contro le Grandi Opere Inutili e Imposte” e commemora la sollevazione popolare del Movimento No TAV dell’8 dicembre 2005 per la liberazione di Venaus dal cantiere per lo scavo del tunnel geognostico per la Torino-Lione.