Dobbiamo ricordare un grande amico, Massimo Quaini, che ha dato alla nostra generazione di geografi un contributo paragonabile a quello di Lucio Gambi alla generazione precedente. Di Massimo va ricordata oltre alla sua qualità di geografo soprattutto la capacità di dialogare con le altre figure impegnate nelle scienze del territorio: gli storici, prima di tutto, e poi archeologi, urbanisti, ecologisti. E’ stato in prima fila nel tentativo, assai problematico, di dare alla geografia in Italia il peso culturale che meriterebbe: a questo erano dedicati i suoi lavori degli anni ’70 (il più noto fu Marxismo e geografia, del 1974) e la fondazione di riviste come “Hérodote-Italia”. I suoi contributi alla storia della cartografia sono sempre stati fra i più originali.Ma già con Dopo la geografia, del 1978, indicava nuove strade per le generazioni di geografi a venire, che poi si sono tradotte nella partecipazione di Massimo alla fondazione delle Società dedicate rispettivamente agli studi storico-geografici (1992) e alle Scienze del territorio (2012): una partecipazione sempre attiva, stimolante, critica.
Né va dimenticato l’impegno per la tutela del paesaggio nella ‘sua’ Liguria. In un’intervista del primo agosto sulla cronaca genovese di Repubblica così si esprimeva: “Bisogna partire dall’analisi delle parole, usate spesso in senso positivo per nascondere interventi di tutt’altro genere con indicazioni molto sfuggenti. C’è il grande ombrellone del “contenere il consumo del suolo” ma qui in Liguria, per esempio c’è stata anche la legge Crescita del 2016 che prevede semplificazioni per le procedure edilizie e piani urbanistici.”
Di seguito pubblichiamo l’articolo di oggi 21 novembre, di Marco Preve, sulla Repubblica di Genova:
E’ morto Massimo Quaini, tra i più noti geografi italiani e ambientalista controcorrente
Docente all’università, poco amato dalla politica, dieci anni fa denunciò il rischio di trasformare le Cinque Terre in una nuova Disneyland
Si è spento questa notte Massimo Quaini, 76 anni, uno dei più noti geografi italiani, docente in pensione all’università di Genova, interprete in maniera autonoma e spesso controcorrente dell’ambientalismo. Un suo libro degli anni ’70 “Marxismo e geografia” venne tradotto in diverse lingue.
Appassionato difensore del territorio senza mai però deviare nell’integralismo, Quaini aveva trasferito le sue conoscenze e i suoi studi anche nell’impegno sociale dando vita nel 2003 all’associazione ambientalista “Memorie&Progetti” di Pieve Ligure che aveva poi originato l’Osservatorio dei due Golfi Paradiso e del Tigullio.
Con alcuni amici come Carla Scarsi e Pietro Tarallo aveva dato vita ad un periodico, Creuze, luogo di analisi, dibattito e anche di denuncia di speculazioni edilizie e politiche.
Senza mai perdere lo sguardo critico e l’indipendenza aveva sempre accettato il confronto e le collaborazioni con la politica partecipando a convegni, studi, pubblicazioni.
Ma la politica non lo aveva mai amato, e anche quando il suo nome avrebbe dato lustro a livello internazionale alla Liguria come presidente del Parco di Portofino, il suo spirito libero si tramutò in insormontabile ostacolo.
D’altra parte le sue idee in tema di paesaggio e mutazioni sociologiche erano troppo critiche rispetto al pensiero dominante, ad esempio in tema di sfruttamento intensivo turistico. In un suo libro di oltre dieci anni fa, “L’ombra del paesaggio”, disegnava perfettamente il paesaggio morale dei liguri e dei loro esponenti politici, denunciando con largo anticipo il “rischio di trasformare le Cinque Terre in un Parco tematico stile Disneyland dove è possibile avere un surrogato di esperienza della geografia mondiale attraverso un simulacro. La differenza è che qui, accanto al simulacro abbiamo anche la realtà ma, potenza dei simulacri, nessuno la vive nella sua concreta dimensione storico sociale, al massimo la guarda”
Oggi che alle Cinque Terre si parla di numero chiuso il libro di Quaini andrebbe studiato nelle scuole e nei consigli comunali.