Grandi Opere. Gli ultimi scandali nel settore dimostrano che l’Autorità anti-corruzione così com’è non serve.
Di Alberto Ziparo, il manifesto, 1 novembre 2016.
Non sorprende l’ennesimo scandalo sulle Grandi Opere. È un settore che necessiterebbe di una radicale bonifica politica, gestionale e normativa; ma in cui – al di là della formale abrogazione della “criminogena” Legge Obiettivo – tutto prosegue come e più di prima. Confermando anche la sostanziale inutilità – o peggio la funzione di “foglia di fico” – dell’Anac, l’Autorità nazionale anti-corruzione diretta da Raffaele Cantone.
Il comparto è infatti controllato da un oligopolio di imprese, banche e finanziarie infiltrato da associazionismi speculativi di tutti i tipi, che assume l’appalto di un’opera, consorziandosi, con alternanza tra grandi imprese per la direzione. E quindi – ancora con i meccanismi della legge Obiettivo – mette in piedi un meccanismo in grado di decidere quasi tutto, nonché di attrarre ingenti flussi di capitale, disponendo così di un immenso potere di condizionamento su politica e enti locali; fino alla capacità di imporre anche la più inutile e dannosa delle opere.
Spesso poi la necessità di abbattere tempi e costi aggiunge il sovramercato della cattiva progettazione e dell’ipersemplificazione illecita delle procedure. Valutazioni d’impatto ambientale (Via) inesistenti o fasulle; vincoli paesaggistici ignorati; o si «semplificano o simulano» le conferenze dei servizi. Un quadro di illegalità diffusa in cui, oltre a comandare la corruttela, si favorisce l’infiltrazione di mafia e ’ndrangheta.
Come dimostrano diverse inchieste giudiziarie, figure «affidabili» per il sistema assumono posti-chiave e quindi impongono decisioni, anche anomale e bizzarre. In non pochi casi pezzi di opere – o gli interi manufatti – sono decise da «accordi diabolici», con determinazioni condizionanti per la governance. Come nel caso del sottoattraversamento Tav di Firenze, di cui Ferrovie ammette finalmente l’inutilità e gli impatti, prospettando un nuovo progetto di superficie; ma senza cancellare il tunnel sotto il centro storico: uno spreco e un regalone alle lobby degli escavatori.
Il nuovo Codice degli Appalti doveva segnare una svolta, anche per il previsto ritorno alla pianificazione; ma è bloccato dalla mancanza dei molti provvedimenti attuativi. Continua invece a imperversare «l’eterna emergenza» che facilita sprechi, corruttele e criminalità alimentato – oltre che dalla «sopravvivenza» della Legge Obiettivo – dallo Sblocca Italia e del Decreto Madia. Materia su cui un’eventuale vittoria del Sì al referendum accentuerebbe confusione e distorsioni.
I casi di questi giorni (L’AV Milano-Genova, il People Mover di Pisa e l’eterna Salerno-Reggio Calabria, i cui lavori non finiranno, ma s’interromperanno a fine anno, con parata governativa di copertura dell’imbroglio), compreso ciò che la procura di Reggio Calabria ha rilevato su Expo nell’ambito di varie inchieste di ‘ndrangheta («oltre il 70% dei lavori eseguito da quel tipo di impresa»), dimostrano che l’Anac o si cambia o si chiude. Così com’è è inutile, anche per il suo clamoroso sottodimensionamento: ha accettato compiti e funzioni che avrebbero bisogno di 10 mila addetti. Certo, copre con dichiarazioni d’intenti e azioni inefficaci la prosecuzione di sprechi e corruttele. Anche le minacce di «commissariare» le opere crediamo facciano ridere gli interessati: come nel caso dell’Expo, l’eventuale commissario si trova a «lavorare con i soliti»,con l’esclusione magari di qualche dirigente «troppo esposto».
Specie quando un’opera – in tutto o in parte – è stata decisa per favorire determinate presenze, e in genere quando si deve davvero “bonificare” – l’unica strada è costituita dall’interruzione dei flussi di denaro; ovvero dell’annullamento dei contratti e dei relativi appalti.