brutte notizie dall’Umbria
Testo presentato all’assemblea della Rete dei comitati del 16 aprila a Firenze.
La discarica è un enorme e indifferenziato accumulo di merci, il punto terminale di un sistema produttivo basato sul consumo continuo e crescente di risorse naturali e umane per produrre beni di durata sempre inferiore.Quindi battersi contro una discarica significa non solo difendere un territorio (e chi ci vive) dalla pressoché irreversibile compromissione, ma anche battersi contro un paradigma economico, culturale e politico che caratterizza il sistema capitalistico.
La storia della discarica di Borgogiglione è una storia di ordinaria distruzione
Inaugurata nel 1995 come piccola discarica a servizio dei comuni del Trasimeno, tramite successivi ampliamenti è diventata la discarica del Perugino (metà dei rifiuti arrivano dal capoluogo umbro) ed ora è uno degli impianti “strategici” per il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Umbria.
In essa vengono smaltite oltre 130.000 tonnellate di rifiuti all’anno (i piani regionali ne prevedevano 35.000!).
Metà della discarica è dedicata alla digestione anaerobica dei rifiuti organici (il cosiddetto “bioreattore”), attività resa possibile con il pretesto di una “sperimentazione” che ormai è diventata la norma e resa inevitabile da un sistema altamente inefficiente di gestione dell’umido nel Perugino e dintorni: l’impianto di “compostaggio” dell’Ambito Territoriale (Pietramelina) produce uno scarto solido che arriva al 70% e che viene conferito in discarica.
Il gas prodotto (il cosiddetto “biogas”) e captato è di 2,5/3 milioni di m3 all’anno e viene bruciato in loco per rivendere l’energia (incasso dichiarato 300/400 mila € all’anno).
Pertanto gli impatti di Borgogiglione sono quelli di tre tipologie di impianto: discarica; impianto a biomasse; impianto di combustione – esattamente la concentrazione considerata deleteria dal “position paper” dell’ISDE sul trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani (febbraio 2015) ma che in Italia costituisce ancora la norma.
Cominciano già a venire fuori i problemi sull’ambiente, ma il controllore (ovvero il gestore) e gli amministratori (imbeccati dal gestore) assicurano che tutto va bene.
Chi determina la politica dei rifiuti in Umbria
Ovviamente, mentre i tartassati pagano tariffe tra le più alte d’Italia, c’è chi beneficia di questa cattiva gestione.
A decidere la politica dei rifiuti umbra negli ultimi decenni, almeno per quanto riguarda il Perugino, è Manlio Cerroni, il re di Malagrotta.
L’azienda guida nei servizi rifiuti dell’Ambito Perugino è GESENU S.p.A., società a proprietà mista pubblico/privato di fatto controllata dal “Re della Monnezza”: il 55% delle quote societarie sono in mano a privati – 45% di Cerroni, 10% dell’amico Carlo Noto La Diega.
Quello che razionalmente risulta essere un sistema inefficiente, dannoso per l’ambiente e per la salute, e costoso per i contribuenti, è semplicemente il risultato dell’affidamento della politica dei rifiuti (e dei profitti ad essa legati) a chi è esperto nella creazione di montagne di rifiuti, più o meno controllate, e di trarre profitti da esse.
Ciò che succedeva a Malagrotta succede tuttora nelle discariche dell’Umbria: umido mescolato ad altri materiali, plastiche e vetro differenziati portati in discarica, rifiuti speciali smaltiti impropriamente, etc. Il tutto arricchito dal rischio di infiltrazioni mafiose che ha portato varie Prefetture d’Italia a porre l’interdittiva alle aziende del gruppo GESENU S.p.A. (29 dipendenti dell’azienda in Sicilia sono pregiudicati per reati quali: associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti).
Di quanto veniva denunciato da anni dai comitati ne abbiamo ora conferma dalle indagini degli ultimi mesi della Direzione Distrettuale Antimafia e dall’attività della Commissione Parlamentare d’inchiesta sui reati legati al ciclo dei rifiuti.
L’Umbria del PD: appendice del sistema romano
Senza disegnare un quadro esaustivo, si è già detto del ruolo chiave di GESENU S.p.A. nel Perugino. Nel Ternano a determinare le politiche sui rifiuti è ACEA S.p.A., che possiede l’inceneritore principale dei due attivi. La stessa ACEA S.p.A. possiede il 40% delle quote societarie di Umbra Acque S.p.A., il gestore del servizio idrico integrato (è il socio con la parte maggiore).
Per restare ai rifiuti, non si ravvisano elementi di concreta inversione di tendenza. In questo momento i principali impianti di smaltimento umbri sono in via di esaurimento (2/3 anni) ma non è stata avviata nessuna azione concreta per la prevenzione e la riduzione; piuttosto si tenta di procedere (con maggiori ostacoli di prima: ora non solo i comitati ma anche la magistratura) all’ampliamento degli impianti esistenti.
L’Umbria del PD, in linea con l’Italia del PD
La classe politica da decenni non amministra, ma si limita a delegare altri: i piani e le programmazioni per i servizi pubblici vengono dagli stessi gestori che li disegnano a proprio uso e consumo.
Non è solo pigrizia amministrativa, è la deliberata scelta di accentrare tutti i servizi pubblici in mano a pochi gestori privati (dopo il gestore unico di acqua e trasporti pubblici, ora si lavora anche a quello dei rifiuti) da parte di una “classe dirigente” che ha scelto di promuovere, tutelare e incentivare questi interessi privati, ricavandone anche benefici per sé stessa.
Questa classe politica, in Umbria, è quella che fa capo all’attuale Partito Democratico, e questi indirizzi si sono consolidati con la giunte regionali di Maria Rita Lorenzetti (2000-2010) e di Catiuscia Marini (2010-oggi).
Ora ricevono anche il supporto del governo Renzi (vedi Sblocca Italia, accordo per la produzione di tabacco).
Umbria: futuro immondezzaio del centro Italia
In Umbria vengono prodotte (e smaltite) annualmente circa 100.000 tonnellate di rifiuti organici. Gli ultimi progetti di ampliamento degli impianti dedicati portano ad una capacità complessiva che supera abbondantemente le 300.000 tonnellate annue.
Il piano, neanche celato, è quello di far fare alle aziende profitti smaltendo l’umido proveniente da fuori Regione. Sicuramente una parte da Roma, ma non solo.
Il decreto Sblocca Italia del governo Renzi impone all’Umbria di bruciare annualmente 130.000 tonnellate di rifiuti urbani. Siccome non esistono impianti che possano soddisfare la richiesta (quelli di Terni attualmente bruciano alcune tipologie di rifiuti speciali come il pulper), l’idea della giunta Marini è quella di uno scambio di rifiuti tra Regioni.
In particolare, l’Umbria importerà dalla Toscana umido che non riesce a smaltire; e la Toscana importerà dall’Umbria CSS (“combustibile solido secondario”, ovvero rifiuti bruciabili) per alimentare i propri inceneritori.
Sempre che ci riescano! Insieme possiamo fermarli!
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