Appello a docenti, ricercatori e studiosi in sostegno all’esperienza di Mondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni, contro la vendita della fattoria di Mondeggi.
Era maggio dello scorso anno quando decine di figure accademiche provenienti da tutta Italia si produssero in un accorato appello contro la vendita della fattoria di Mondeggi, di proprietà pubblica, sostenendo apertamente il percorso del comitato Mondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni, identificandosi nella sua progettualità.
Il documento in questione si collocava nel preciso solco tracciato dal comitato e dalla sua Carta dei principi e degli intenti, riconoscendone, oltre agli effetti virtuosi e immediati sul territorio e la comunità circostante, anche il valore sperimentale e il potenziale effetto volano nei confronti di esperienze affini. L’auspicato futuro di Mondeggi, prossimo e non solo, veniva prefigurato attraverso la stesura di alcune linee strategiche che ne guidassero l’incedere; la richiesta era che esse ricevessero attenzione da parte di una molteplicità di soggetti, in primis quelli istituzionali, fino a quel momento piuttosto restii ad interfacciarsi in maniera palese e sincera col comitato.
Ad oggi, un anno dopo la pubblicazione di quel primo appello, molto è successo: qualcosa è cambiato, qualcos’altro continua invece a mostrarsi irriducibile ad ogni tentativo di trasformazione.
Mondeggi oggi
Formalmente parlando a Mondeggi, in questi mesi, quasi niente è avvenuto. I terreni e le coloniche continuano ad essere proprietà della Mondeggi S.R.L. in liquidazione; l’ammanco nel bilancio societario si protrae, impedendo la dismissione dell’azienda; le responsabilità politiche sollevate in passato, e in passato scaricate a vicenda tra i vari soggetti coinvolti, adesso vengono solo e soltanto taciute. Quello che una volta era l’ente di riferimento in quanto proprietario, la Provincia di Firenze, è ormai defunta lasciando il posto ad una Città Metropolitana che ancora è ben lontana dal farne pienamente le veci. Soltanto un fatto, sempre parlando dal punto di vista ufficiale, è stato degno di nota: il fallimento del bando di vendita della fattoria, emesso nel Settembre scorso, deserto di prospettive e -‐ per fortuna -‐ di compratori.
E’ scendendo di livello, uscendo dai palazzi per tornare nelle strade e, in questo caso, nei campi, che si scopre invece cosa l’azione formalmente illegittima di coloro che partecipano all’esperienza di Mondeggi Bene Comune ‐ Fattoria Senza Padroni ha prodotto.
Una prima cosa su tutte: finalmente Mondeggi è abitata e vissuta; l’agricoltura contadina, al di là di ogni retorica, è pratica quotidiana e attività primaria per coloro che in questo luogo hanno deciso di investire una parte del proprio tempo e del proprio futuro. Finalmente il cuore della fattoria pulsa di lavoro, e lo fa in misura sempre maggiore, più che proporzionalmente rispetto al trascorrere delle ore, dei giorni e dei mesi. Coltivazione di varietà antiche di grano, patate, alberi da frutto, orto, olivi e vigna, allevamento ovi-‐caprino, apicoltura, produzioni erboristiche e panificazione: sono queste le attività che per adesso sono in essere e che hanno già cominciato a fornire alla collettività i propri genuini prodotti; molte sono state avviate da zero, per altre è invece bastato lavorare sul recupero del patrimonio aziendale abbandonato da anni.
Attività, queste, attraverso le quali ripensare e rimodellare la storica struttura poderale, distrutta per far posto ai moderni impianti agro-‐industriali; lavoro di lungo periodo, ma sul quale è stato deciso di investire. Attualmente i nuclei abitativi, insediati in altrettanti casali, sono due e lavorano curando sia le pertinenze delle abitazioni che coordinandosi tra loro per svolgere le mansioni collettive.
In parallelo all’attività agricola Mondeggi sta finalmente assumendo il ruolo di nodo culturale, di interfaccia tra mondo urbano e rurale, nonché di esempio, a livello ideale e operativo, per altre realtà locali che stanno promuovendo percorsi simili. I corsi autogestiti della Scuola contadina, così come le conferenze e i seminari o gli appuntamenti ricreativi, sono quasi sempre gremiti da facce note e meno note, da cittadini della zona o abitanti della metropoli. Anche la collaborazione con l’Università di Firenze è decollata: ad una prima fase di conoscenza, suggestione ed elaborazione, che ha coinvolto docenti e studenti appartenenti a diverse facoltà e corsi di laurea, sta seguendo uno sviluppo in senso operativo, che ha già individuato in Mondeggi un luogo in cui realizzare ricerca finalizzata all’elaborazione di tesi di laurea.
Attraverso questo continuo e conviviale scambio di pratiche e saperi, di idee e braccia, ha cominciato a esprimersi la multifunzionalità potenziale di quella che una volta era soltanto un’azienda agricola dalla gestione industriale.
Sempre in quest’ottica di allargamento e condivisione, di cammino verso la definizione concreta del concetto di bene comune, ha preso vita da alcuni mesi il progetto M.O.T.A., acronimo di Mondeggi Terreni Autogestiti. Esso prevede l’adozione di una porzione di orto e/o oliveta da parte di coloro che lo desiderano, in un ambito di collaborazione reciproca e rispetto di un fazzoletto di territorio che resta e deve restare proprietà collettiva. Le numerosissime adesioni, da parte di abitanti della zona e non, hanno confermato da un lato il valore insito nell’instaurare legami tra la terra e la comunità che la vive e la abita, e dall’altro la volontà palese della comunità stessa di prendersi in carico direttamente la gestione di Mondeggi, interrompendo un degrado e un’incuria oggettivamente inaccettabili.
Il percorso verso una nuova Mondeggi insomma continua, sviluppandosi per quanto possibile coerentemente al progetto iniziale, provando ad essere elastico, aperto e flessibile quanto risoluto e determinato nel rigettare soluzioni contrarie ai suoi principi. Le decisioni vengono prese solo ed esclusivamente in maniera assembleare col metodo del consenso, senza votazioni o schieramenti, fornendo la possibilità di esprimersi a chiunque abbia qualcosa da dire.
Mondeggi domani
Se ciò che è stato messo in piedi fino adesso dal comitato, in maniera totalmente autonoma, è pur qualcosa ed è destinato a potenziarsi, certo non esaurisce la ricchezza e la vastità di prospettive che ha innescato il suo percorso.
L’esperienza di MBC-‐FSP è nata da una realtà che si è data il nome di Terra Bene Comune; questa, partendo dall’opposizione alla vendita e alla conseguente monetizzazione delle terre pubbliche lanciata dal governo Monti, ha poi fatto dell’accesso alla terra il proprio ambito di lavoro. Lavoro che è culminato nella riappropriazione popolare della fattoria, ma che in essa non vede un traguardo sul quale cullarsi, bensì un punto di partenza verso ulteriori obiettivi. La vertenza in corso a Mondeggi rappresenta infatti un caso esemplare di conflitto che, utilizzando la terra come campo di confronto, vede fronteggiarsi l’interessata miopia istituzionale e le risposte che la collettività spontaneamente cerca di produrre alla crisi e alla conseguente assenza di prospettive, materiali e non; e dimostra come, in questa fase e col giusto lavoro alle spalle, sia tutt’altro che una battaglia contro i mulini a vento condotta da romantici cavalieri. É stato piuttosto il pragmatismo, associato ad una solida base di idee, ad aver condotto soggetti diversi tra loro,
giovani e meno giovani, spesso con un buon titolo di studio in tasca, ad intraprendere quello che è un reale e concreto percorso di emancipazione esistenziale e lavorativa.
Il suo essere esemplare, adesso e per ovvi motivi, deve quindi evolversi per diventare riproducibile; e lo sta facendo in maniera indiretta: già altre esperienze simili stanno nascendo, rinforzandosi a vicenda. Terre di Lastra Bene Comune e Il Rovo di via del Guarlone a Firenze sono quelle geograficamente più prossime, e altre se ne scoprono muovendosi sul piano nazionale all’interno della rete di Genuino Clandestino, il movimento contadino/urbano che si occupa di sovranità alimentare e accesso alla terra. Una molteplicità di realtà destinata a crescere e proliferare, a fronte dell’inadeguatezza endemica di fornire alternative praticabili da parte di un modello di governance ormai al collasso, incapace di mascherare ancora le asimmetrie di fondo che lo animano. La sfida, oggi, è probabilmente rappresentata dal re-‐inventare forme lavorative che forniscano un reale servizio al territorio e alla sua comunità, autonome e affrancate dalla coercizione del moderno mercato del lavoro e dai suoi ingranaggi inumani, capaci di generare ricchezza sociale e relazionale.
Non a caso queste esperienze, Mondeggi inclusa, sono accomunate da una peculiarità evidente: il rigetto radicale, laddove si parla comunque di lavoro e sostentamento, di quella struttura impresariale viceversa traslata ormai da tempo anche in ambito politico, diventando di fatto l’unico modello ammissibile – con i suoi schemi geometrici, le sue gerarchie, i suoi folli obiettivi di profitto -‐ di gestione del sociale. Lo stesso modello aziendale che ha rovinato la fattoria di Mondeggi, sostituendo la struttura poderale con impianti industriali e conducendola nel baratro di un debito che col tempo l’ha risucchiata fino ad annientarla.
Costruire e praticare alternative in questo senso è un lavoro lungo e difficile: si tratta di mettere in discussione, laddove la scelta non rimane confinata soltanto all’interno del proprio ambito di azione ma viene esportata al di fuori, l’assetto sociale sul quale costruiamo molte delle nostre relazioni vitali; si tratta di combattere contro pregiudizi e condizionamenti, ma è un lavoro necessario se riteniamo la creazione di un modello altro necessaria. E quanto sia imprescindibile riprodurre e conservare con rispetto le risorse che utilizziamo lo gridano le terre di mezza Italia, cementificate o inquinate irreparabilmente, o ancora abbandonate perché non redditizie a sufficienza, e in parallelo coloro che alla custodia di questo patrimonio sono interessati per motivi anche diversi tra loro, accomunati però da una visione di fondo condivisa.
Entra qui in gioco il concetto di bene comune, ossia tutto ciò che rappresenta una risorsa vitale per la comunità, e che dalla comunità di appartenenza non può essere alienato in alcun modo, la cui fruizione non può essere impedita: se si assume finalmente che la terra, per motivi intrinseci facilmente comprensibili, non può essere nient’altro che questo, come tale deve essere trattata.
Le modalità attraverso cui auto-‐gestire collettivamente i beni comuni sono in fase di continua definizione; MBC-‐FSP pratica una gestione per così dire bi-‐livellare: al suo interno coesistono due anime in continua interazione e scambio: quella costituita dai custodi/abitanti del presidio, da coloro che dai terreni della fattoria vorrebbero trarre il proprio sostentamento, e dalla comunità allargata che li sostiene e partecipa attivamente ai progetti collaterali. Ovviamente il tutto è fluido e in continua definizione, ma già s’intende come un modello simile, in cui la gerarchia è assente e le decisioni vincolanti passano per assemblee allargate, sia forse il solo in grado di integrare obiettivi “produttivi” e gestione rispettosa e condivisa della risorsa terra.
In ogni caso la sperimentazione non intende arrestarsi; piuttosto mette tra le proprie dita altri nodi, provando a districarli. Quello della circolazione alternativa dei prodotti, che bypassi i circuiti tradizionali di scambio, è un altro segno all’interno del quadro che MBC-‐FSP sta componendo con pazienza. Il progetto, condiviso a livello nazionale con altre realtà affini come la Ri-‐Maflow di Trezzano sul Naviglio, ex fabbrica recuperata ed autogestita dai dipendenti, è quello di dar luogo a interazioni che sappiano oltrepassare la dicotomia produttore-‐consumatore, dissolvendo queste figure l’una nell’altra, creando filiere complete, in grado di soddisfare i bisogni e indipendenti da logiche di profitto indiscriminato e sfruttamento.
L’appello
Di fronte al quadro che è stato delineato in precedenza, alla progettualità del comitato, alle sue richieste e ambizioni, il silenzio della controparte è assordante quanto comprensibile. Una diversa gestione di Mondeggi, aderente a quella appena proposta, non può che sovvertire, tra l’altro in maniera piuttosto palese, i paradigmi vigenti a livello sociale – i principi fondanti del capitalismo, se vogliamo – dei quali le istituzioni fanno troppo spesso da garanti. Trincerandosi dietro la necessità di liquidare la vecchia società o adducendo l’assenza di legittimità legale come scusa, queste fino ad ora hanno eluso il dialogo, chiudendo entrambi gli occhi di fronte alle istanze di coloro che per Mondeggi hanno in mente un futuro diverso dalla vendita e dal degrado. Eppure il presidio contadino prosegue nel pieno sostegno della popolazione, e con esso i lavori sul campo e l’attività aggregativa, con un’energia ogni giorno crescente.
A questo punto, quindi, Città Metropolitana, Comune di Bagno a Ripoli e Regione Toscana non hanno più alibi: possono scegliere di continuare a ignorare questa esperienza, procrastinando ancora la decisione sul futuro della fattoria, oppure riprendere con convinzione il pallido dialogo avviato lo scorso anno, e interrotto dalle stesse istituzioni in seguito ad accordi da esse mai rispettati.
La prima soluzione, giuridicamente parlando, è sicuramente più facile e comoda; la seconda invece è un sentiero difficile e ripido, una scalata in cui gli appigli mancanti devono essere costruiti ex-‐ novo, ma che può condurre alla scoperta di luoghi ancora tutti da immaginare e definire.
Per questo motivo chiediamo ai docenti, ai ricercatori e gli studiosi che già sostennero l’esperienza di MBC-‐FSP fin dai suoi albori, e ovviamente a tutti gli altri interessati, di sottoscrivere il presente appello, con l’obiettivo di esercitare una pressione sulla Pubblica Amministrazione per fare in modo che:
- si abbandoni ogni progetto di alienazione del bene in oggetto;
- si concluda la liquidazione della Mondeggi-‐Lappeggi S.R.L. e si apra finalmente una nuova fase nel futuro della fattoria;
- l’attività sperimentale del comitato Mondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni venga riconosciuta, sostenuta e valorizzata in quanto processo virtuoso di auto-‐gestione comunitaria del territorio;
- si riprenda il dialogo col comitato, interrotto mesi addietro, con la determinazione necessaria a raggiungere un accordo che funga da esempio, a livello nazionale, di gestione partecipata di un bene
Mondeggi, Bagno a Ripoli, 22 maggio 2015