Della buona legge abbiamo già scritto, ma merita qui ricordarne almeno due aspetti virtuosi. Concettualmente, la legge supera il meccanicismo della LRT 1/2005 e introduce uno strumento di matrice ecologista: con il concetto di «patrimonio territoriale» infatti, quale risultato della coevoluzione di abitanti e ambiente naturale, da «promuovere e garantire» per le generazioni future, il territorio abbandona lo status di supporto inerte e diventa bene comune. Tecnicamente, la legge introduce un’invalicabile “linea rossa” tra città e campagna: nessun nuovo edificio residenziale su terreni fertili; né centri commerciali o capannoni che vìolino i princìpi del grande piano regionale (PIT): violazione o compatibilità saranno certificate da una «conferenza di copianificazione» in cui il parere sfavorevole della Regione è vincolante.
L’impugnativa governativa afferma che proprio quest’ultima norma contravviene al principio costituzionale di libera concorrenza tutelato dalla ripartizione delle competenze prevista dall’art. 117 Cost. Tuttavia, il Consiglio di Stato con la sentenza 2060/2012 stabilisce che «le prescrizioni contenute nei piani urbanistici, rispondendo all’esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio, possono porre limiti agli insediamenti commerciali, dunque alla libertà di iniziativa economica». Bene ricordarlo. Del resto, privata di potestà regolativa, che urbanistica sarebbe?
C’è da sperare che queste lodevoli iniziativi di Manzione abbiano più o meno, nella c.c., lo stesso successo di quelle che ha avuto nei confronti del sindaco di Pietrasanta che la rimosse dall’incarico di dirigente dei vigili urbani; in conseguenza di ciò, questo sindaco (v. Servizio Pubblico su “La 7” del giorno 15) è stato arrestato contestualmente alla ricezione delle 51 imputazioni di reato di cui la formidabile signora, che ha un fratello un procura, lo accusava, e, dopo aver subito circa sei mesi di carcerazione, è stato assolto da 48 capi d’accusa, mentre i 3 residui erano di scarso conto.