Il commissario per le opere pubbliche fa a pugni

con una concezione democratica della politica

di Tiziano Cardosi, 16 marzo 2020 su www.perunaltracitta.
Mentre nel paese la vita normale si ferma per impedire il diffondersi del coronavirus la
Confindustria e le sue lobby del cemento non si fermano. Il denaro non dorme mai e nemmeno i suoi devoti: per esempio, Nicolò Rebecchini, presidente dell’Associazione Costruttori Edili di Roma e Provincia, a nome dell’ANCI, chiede soldi e il governo subito si mette sull’attenti. Per ora tutte le risorse sono dirette all’emergenza epidemia, ma qualcosa arriva anche alle grandi imprese di costruzioni e la ministra De Micheli vanta i cinque miliardi destinati ultimamente alle grandi opere.Il regalo più consistente però è la promessa di creare commissari che gestiscano e facilitino la
realizzazione delle opere. Per il momento si parla di 25 opere da sbloccare e di 12 commissari
da nominare per “semplificare”.
In bocca ai sostenitori dei grandi cantieri c’è ancora l’accusa di lentezza della burocrazia e della
giungla normativa, ma questa retorica è ormai stantia e non appare più nemmeno una posizione
ideologica, quanto una fake news vera e propria.
Il mondo dei costruttori, e soprattutto la politica asservita ai suoi interessi, ha subìto uno scacco
fortissimo a Firenze, prima con la sentenza del Consiglio di Stato, che ha rigettato il ricorso di
ministeri, Regione, Comune, imprenditori contro la sentenza del TAR che aveva annullato la
procedura di VIA per l’aeroporto di Carrai-Renzi, poi con la procedura di infrazione avviata dalla
Commissione Europea per il mancato rispetto delle norme europee da parte del decreto 104/2017,
che allentava sempre più i controlli sulle grandi opere.
Questi gravi smacchi per i padroni del cemento dimostrano una volta di più che i problemi non
sono le lentezze burocratiche o le normative complesse, quanto il fatto che ormai la politica si è
ridotta al ruolo di cane da guardia di una imprenditoria avulsa dalla realtà e vorrebbe
l’impossibile, come infilare un aeroporto dove non può entrare; a questo punto potremmo
paradossalmente parlare di conflitto capitale/buon senso.
A parte l’ironia che ci ispirano i fatti, queste vicende invece devono creare un allarme, non solo
per i possibili problemi ambientali, ma per il fatto che l’arroganza di questa lobby
politico/imprenditoriale/finanziaria tiene in nessun conto sia i vincoli che la scienza impone, tanto
meno le regole democratiche che dovrebbero guidare le realizzazioni di opere di interesse
collettivo.
Cosa fare, come farlo, dove farlo e quando è pretesa dei costruttori deciderlo, una mentalità
arrogante che deve preoccupare tutti i cittadini perché è foriera di una mentalità autoritaria se
non totalitaria.
A chi accusa coloro che cercano di difendere ambiente e democrazia “di essere quelli del no a
tutto” sarebbe bene illuminare la mente e far vedere che i critici dell’attuale politica sono
portatori di una progettualità sociale, ambientale importante e utile alla collettività, non solo
agli interessi di pochi. Sarebbe davvero necessario che i sostenitori di questo sistema si
rendessero conto che stanno lottando contro il buon senso e la realtà; l’esempio toscano del
fallimento di 30 anni di politiche delle infrastrutture dovrebbe illuminare anche i più ciechi:
aeroporto di Firenze, Tirrenica, TAV fiorentina, inceneritori, politica energetica sono una corona
di vergogne per tutti coloro che le hanno proposte e sostenute.
L’inadeguatezza delle politiche portate avanti finora è platealmente confermata dalle vicende di
questi giorni in cui emergono i frutti di 30 anni di lento e costante smantellamento del servizio
sanitario. L’ideologia liberista, che ha imposto come modello economico, culturale, e addirittura
morale l’impresa, ha trasformato ospedali e presidi sanitari in “aziende” con fini economicisti
che fanno a pugni con le necessità della salute pubblica; la conseguente politica di risparmi ha
ridotto drasticamente posti letto e favorito i servizi sanitari privati che mai come ora stanno
dimostrando la loro inefficacia davanti all’emergenza Covid-19.
Tiziano Cardosi