(aggirando la legge Marson)
Di Giulio Gori, Corriere fiorentino, 22 luglio 2018
Il rapporto Ispra: in Toscana consumo di suolo al 7,1%, Prato cresce di più
La Toscana continua a consumare suolo, urbanizzando aree agricole e naturali. Ma l’avanzata del cemento rallenta la sua corsa. A dirlo è redizione 2018 del rapporto di Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sul «Consumo di suolo» in Italia. Le analisi satellitari raccontano che nel 2017, rispetto all’anno precedente, nella nostra regione sono stati occupati 167 nuovi ettari, pari a 234 campi di calcio, 3 metri quadrati al minuto. Ma nel 2016, l’aumento era stato ben più alto, 403 ettari.
La Toscana, al 2017, ha raggiunto un consumo di suolo del 7,1 per cento del suo territorio (a fronte di una media italiana del 7,65 per cento). L’aumento annuale è stato dello 0,1 per cento (contro lo 0,23 per cento nazionale). Secondo Ispra, ad aiutare la frenata sono le norme toscane, in particolare la legge urbanistica e il piano del paesaggio dell’ex assessore regionale Anna Marson, ma non mancano le ragioni di preoccupa-zione: a fronte di zone ancora poco urbanizzate, tra le aree più «consumate» d’Italia c’è «l’asse Firenze-Pisa»; inoltre, in Toscana negli ultimi cinque anni solo il 5,5 per cento delle trasformazioni avviene in aree già urbanizzate. Del resto, Ispra segnala che lo scorso anno 1,1 ettari di consumo di suolo sono avvenuti nel parco dell’Arcipelago Toscano e ben 14 in aree protette della costa e sugli argini di fiumi e laghi.
In assoluto, Prato (con 10 nuovi ettari) «presenta il maggiore incremento di consumo di suolo tra tutti i Co-muni toscani, con numerosi cantieri di dimensioni ridotte avviati all’interno della città».
Se l’Unione Europea chiede l’azzeramento del consumo di suolo», entro il 2050, la Toscana non avrà la maglia nera, ma sembra ancora indietro. Segno che le norme Marson iniziano a funzionare, ma al rallentatore. «Bisogna fare chiarezza: quelle norme consentono consumo di suolo per le infrastrutture pubbliche e per gli ampliamenti delle aziende produttive e agricole – dice l’attuale assessore regionale all’urbanistica, Vincenzo Ceccarelli – Lo stop al consumo riguarda, oltre alle aree protette, anche il residenziale, tranne specifiche eccezioni». Le norme Marson risalgono al 2013-2014, ma è ancora in corso la transizione verso la loro piena applicazione, per dare tempo al progressivo adeguamento dei piani strutturali dei Comuni: a pieno regime, nel 2022, dice Ciccarelli, «ci sarà il 30-40 per cento in meno di aree potenzialmente edificabili».
Tra i punti critici, c’è una norma transitoria che consente ancora per qualche anno una definizione blanda del concetto di «perimetro urbanizzato», permettendo di fatto di costruire in zone in cui il cemento non è quasi per niente presente. Ma la vera nota dolente è la difficoltà a rigenerare il suolo già consumato: «La Regione ha finanziato i piani di riqualificazione urbana per 44 milioni di euro, ma non basta, perché rigenerare costa più che costruire ex novo – dice Ceccarelli – servirebbero norme nazionali per incentivare, defiscalizzare, ad esempio il recupero delle periferie». Nel rapporto Ispra non manca un’accusa alle politiche regionali. In un articolo firmato da due ricercatori dell’Università di Firenze, il professor Alberto Ziparo e il dottor Andrea Alcalini, si dice, rispetto alle norme Marson, che «invece di applicarne dettami e politiche, si tenta di vanificarne prescrizioni e direttive, aggirando o modificando continuamente le norme operative. Se ne negano anche le strategie, per esempio insìstendo sulle grandi opere».
«In questi anni, la manutenzione di quelle norme è stata finalizzata a una loro migliore applicazione, non a rinnegarle – ribatte Ceccarelli – Certe posizioni sono integraliste, tanto da andare oltre la sintesi delle norme Marson. La Regione crede nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio, ma anche nella necessità dello sviluppo. Opere come la nuova pista di Peretola o la terza corsia autostradale sono fondamentali e non intendiamo rinunciarci».