Basta grandi opere inutili?

Ecco la lista per i 5 Stelle

Dal Tav alla Pedemontana, cosa (non) sopravviverebbe usando l’analisi costi-benefici che il MSS vuole applicare alle infrastrutture

Di Marco Ponti, Il fatto quotidiano, mercoledì 11 aprile.

Forse nei trasporti il Movimento 5 Stelle porta finalmente a termine quello che il ministro dei Trasporti uscente aveva promesso ma non fatto: valutare con tecniche adeguate (economiche, finanziarie e ambientali), gli investimenti infrastrutturali più costosi. Invece di queste opere ne è stata fatta una lista infinita, per 123 miliardi di euro, giudicate “strategiche”, e pertanto non necessarie di valutazioni. Opere principalmente ferroviarie, quindi molto onerose per le casse pubbliche (al contrario di altre infrastrutture di trasporto), e alcune di dubbia utilità, ma coerenti con lo slogan, ideologico, della “cura del ferro”. Lo stesso programma del MSS parla di accurate analisi costi-benefici sociali, prassi raccomandata dall’Ue, per la quale esistono metodologie internazionali consolidate. La speranza è che tali metodologie, rigorose anche per quanto concerne gli impatti ambientali e di sicurezza, non vengano distorte da fattori ideologici, facendo rientrare dalla finestra “l’arbitrio del principe” che si vuol buttar fuori dalla porta con le analisi quantitative.

Apparentemente poi delle 13 grandi opere che si pensano di abolire, il MSS sottovaluta molto i risparmi possibili: si parla di10 miliardi, ma da sole, tre linee ferroviarie – Brescia-Padova, Milano-Genova, e Torino-Lione (la Tav) – dovrebbero avvicinarsi ai 15 miliardi. Forse sottovaluta un po’ anche le sanzioni da pagare, comunque negoziabili dati gli affidamenti fatti senza gara. Vediamo ora qualche maggior dettaglio sulle opere più note, ma anche le più onerose.

La Tav. Per quest’opera, giudicata inutile anche dalla Corte dei Conti francese, si sfiora il ridicolo. Gli stessi promotori di recente hanno dichiarato che il traffico (come dicevano gli studi degli oppositori) era stato molto sovrastimato, ma “intendono costruire ugualmente l’opera”, con ragionamenti del tipo “infuturo può sempre servire”. Un totale disprezzo per le risorse pubbliche. L’opera è appena iniziata, quindi può essere fermata senza sprechi di rilievo.

Il Mose. Lo sbarramento anti-maree di Venezia è in effetti di dubbia utilità, e afflitto da gravi fenomeni di corruzione, ma, essendo realizzato all’80%, forse conviene comunque finirlo.

Il Ponte sullo stretto di Messina non è nemmeno partito, ma difficilmente reggerebbe un’analisi costi-benefici a causa della domanda: alle merci su lunghe distanze conviene andare per mare, e ai passeggeri per aereo. Per la domanda locale poi il ponte è localizzato in modo non funzionale.

Pedemontana  lombarda. È un progetto con un tracciato tortuoso, quindi molto costosa e poco funzionale, tanto da richiedere un pesante intervento pubblico. Non ne sono note analisi costi-benefici: interventi sulla ipercongestionata viabilità locale sarebbero meno onerosi e più efficienti.

L’Alta velocità Brescia-Padova è costosissima (8 miliardi tutti a carico dello Stato: le ferrovie lo sono sempre). È stata fatta una analisi indipendente seguendo le linee guida dello stesso Ministero, mai applicate, e i risultati sono disastrosi. I cantieri non sono ancora partiti, ed esistono alternative di potenziamento graduale della linea esistente molto meno costose.

L’Alta velocità Milano-Genova, detta “Terzo Valico” (perché ce ne sono già due sottoutilizzati) è afflitta anch’essa da costi elevatissimi (7miliardi) e da episodi di corruzione, si sa che i cantieri sono già partiti da tempo. Un’analisi indipendente ha sollevato forti dubbi sulla sua utilità (le stesse ferrovie ne dubitavano). Occorrerebbe rifare le analisi tenendo conto dei soldi spesi, ma la probabilità che vengano positive è scarsa.

La piattaforma off-shore del porto di Venezia risulta già non finanziata dal governo uscente.

La stazione sotterranea per l’Alta Velocita a Firenze è un altro progetto che si può tranquillamente definire grottesco: i treni in transito risparmierebbero solo 4 minuti, i costi sono di un paio di miliardi, e le stesse ferrovie hanno dichiarato di non essere più interessate al progetto (pur a loro non costando nulla). La recente decisione di proseguire comunque i lavori suona come un’offesa all’intelligenza (e al denaro dei contribuenti).

Data la localizzazione geografica del voto MSS, non si può non accennare al fatto che delle tre grandi opere destinate al Mezzogiorno, solo il Ponte sullo stretto venga cancellato. Rimangono però da valutare 5 miliardi per le ferrovie siciliane, che, date le condizioni demografiche e geografiche di quell’area, sembra impossibile possano trovare una qualsiasi giustificazione socio-economica. Forse è meglio puntare su altri modi di trasporto, sempre a valle di valutazioni terze, trasparenti, e che confrontino alternative. Considerazioni analoghe valgono per la nuova linea Napoli-Bari, di cui alcuni lotti sono già affidati e per la quale la domanda sia merci che passeggeri sembra lontana da giustificare una spesa superiore ai 5 miliardi. Anche questa linea è stata oggetto di analisi indipendenti, autofinanziate dagli studiosi interessati ad evitare sprechi di risorse pubbliche, con risultati negativi.

Infine, appare condivisibile l’idea di spostare risorse nei trasporti su piccole opere e sulle manutenzioni. Soprattutto andrebbero fatte sulle reti stradali più congestionate, dove le esperienze internazionali dimostrano che l’efficienza dell’uso delle risorse è massima, anche in un’ottica ambientale, anticiclica ed occupazionale. Speriamo infine che i fattori ideologici di cui si accennava sopra non facciano dimenticare al MSS, attentissimo all’ambiente, che nei trasporti il “cambio modale” in favore della ferrovia certo genera dei benefici ambientali, ma molto piccoli rispetto ai costi pubblici e alle alternative disponibili, soprattutto di tipo tecnologico, in cui l’Italia sta davvero “perdendo il treno”.