di Paolo Baldeschi, su Eddyburg, 23 marzo.
Qualcosa di interessante sta crescendo in Toscana; si tratta dell’’opposizione di sette sindaci al verticismo del giglio magico che viene dall’interno del Pd, non a parole ma su fatti concreti: un segnale non da sottovalutare, perché, se compreso e raccolto, potrebbe delineare un’importante novità politica.Il terreno del contendere si trova nella nevralgica area metropolitana, dove in questi giorni si sta assistendo a un tentativo di accelerazione delle pessime operazioni in corso – in primis il nuovo aeroporto e il sottoattraversamento Tav. Specularmente, le dichiarazioni di politici e notabili locali tradiscono la preoccupazione che i risultati delle elezioni e la conseguente crisi della nomenclatura renziana mettano in forse alcuni progressi faticosamente raggiunti a furia di strappi a leggi e procedure. «Senza la nuova pista non acquisteremo la Fortezza da Basso (sede delle manifestazioni espositive fiorentine)» dichiara Leonardo Bassilichi, presidente della Camera di Commercio. Concetto ribadito in tono ricattatorio nel titolo de La Nazione Firenzedel 13 marzo, «L’aeroporto non si fa? Allora niente Fortezza». E, ancora, si chiede La Nazione «Orfana del giglio magico, Firenze rischia la retrocessione?», rassicurando però i lettori con un «ma Renzi pensa al rilancio».
Ancora più chiaro il ministro Lotti: «Credo che sull’aeroporto si sia fatto tutto: mi auguro che si arrivi velocemente all’inizio dei lavori perché questo è il punto su cui il Pd e anche il nostro governo hanno fortemente lavorato e finalmente si è arrivati alla parte finale. Iniziamo i lavori: dopo resteranno solo le polemiche di chi dice sempre no». Una volta tanto siamo d’accordo: governo e Pd hanno fatto di tutto per togliere la parola ai cittadini: negando il dibattito pubblico previsto per legge, escludendo i Comuni interessati dall’Osservatorio che dovrebbe monitorare il rispetto delle prescrizioni Via sull’aeroporto, eliminando nel suo ruolo di controllore ambientale ogni terzietà all’Arpat, diventata una sub-articolazione della struttura direzionale della Giunta Regionale; con buona pace del legislatore nazionale, che aveva inizialmente concepito il sistema Anpa come un’authority completamente sganciata dal potere esecutivo.
Anche peggiore è la situazione del sottoattraversamento di Firenze da parte dell’alta velocità, con l’arresto di Duccio Astaldi, presidente del comitato di gestione di Condotte spa, sull’orlo del fallimento e i lavoratori non pagati in sciopero. Ma corruzione, malaffare e inefficienza nella Tav fiorentina, già denunciate nel 2016 in un’audizione della Commissione Ambiente del Consiglio regionale da Raffaele Cantone, hanno lasciato indifferente l’establishment politico-imprenditoriale fiorentino. Perché ora dovrebbe turbare la notizia che l’impresa appaltatrice dell’opera sia in drammatica crisi finanziaria e con i vertici indagati?
Tuttavia, qualcosa di interessante si sta muovendo in direzione opposta e non è casuale che proprio a Firenze e dintorni, dove il potere e l’ideologia renziana è più forte, si stiano manifestando le maggiori contraddizioni all’interno del partito. Da una parte l’establishment imprenditoriale che fa tutt’uno con i notabili del Pd, dall’altra sette sindaci dello stesso partito che, almeno su due questioni strategiche – aeroporto e nuovo inceneritore – si stanno opponendo alle decisioni dei vertici; ciò che al di là della sostanza delle specifiche operazioni, significa due politiche antitetiche: quella che decide dall’alto in nome del fare a ogni costo e rifiuta qualsiasi mediazione, anche nelle forme minimali di un dibattito pubblico; e la politica che ancora si ricorda che essere di sinistra significa tutelare gli interessi e la qualità di vita dei cittadini-elettori, il contrario del populismo che viene imputato a chiunque non la pensi nella scia del main stream della governabilità. Non si tratta di una contraddizione dettata da tattiche di corto respiro, ma nel merito: una spaccatura che potrebbe esaurirsi, soffocata dal potere dei vertici, ma cui potrebbe anche seguire una proposta politica che si leghi dal basso a comitati e movimenti, con una prospettiva diversa del ruolo del Pd, finora facilitatore delle politiche confindustriali.
I sindaci che si stanno ribellando ai diktat dei vari Lotti, Nardella, Nencini, Bassilichi, rivendicano il diritto-dovere di partecipare in rappresentanza dei loro quattrocentomila amministrati e indicano l’unica strada percorribile dal Pd se vuole dar senso alla parola “sinistra” e riconquistare il proprio elettorato: ripartire dal basso, ascoltare la gente, sostenere i diritti dei più deboli. I sette sindaci che hanno fatto ricorso al Tar su contenuti e procedure del progetto dell’aeroporto non si oppongono pregiudizialmente all’opera, ma vogliono che siano rispettate tutte le prescrizioni della Via; e se ciò non fosse possibile e se non vi fossero garanzie per la sicurezza e la salute delle popolazioni chiedono che l’opera non si faccia. Guardando più avanti, in prospettiva, propongono esplicitamente un diverso modello di sviluppo: una politica che punti sulla qualità dell’ambiente come fattore di crescita economica e sociale; aggiungiamo noi: che investa nell’università, nella ricerca, nella formazione del capitale umano; che assecondi e rafforzi gli ecosistemi naturali e non li violenti, con conseguenze disastrose. Noi, con loro, ci accontenteremmo di un partito che sappia comprendere le sfide del futuro e non guardi indietro, avendo come paradigma politico l’autostrada Bre-Be-Mi. Inutile, dannosa e costruita su rifiuti tossici.