di Paolo Baldeschi, su Eddyburg, 23 maggio.
La Regione Toscana: virtuosa nei suoi rapporti con i cittadini, ma solo sulla carta. Si è dotata nel 2014 di una legge di governo del territorio (LR 65/2014) che dedica ben cinque articoli agli “istituti della partecipazione”. Nel 2013 ha reiterato una legge sulla promozione della partecipazione che prevede l’obbligatorietà del dibattito pubblico per le opere che contemplano una spesa al di sopra della soglia di 50 milioni, purtroppo mai applicata quando il proponente è stato un privato. Ha promulgato nel 2009 una legge di accesso agli atti amministrativi che consente ai cittadini di chiederne la visione senza obbligo di motivazione. E, adesso, ha preparato un “Regolamento sulla partecipazione del governo del territorio” che a fine maggio sarà presentato in un convegno organizzato dal Garante dell’informazione e della partecipazione.
Virtuosa, la Regione Toscana; però solo sulla carta, perché spesso si dimentica delle proprie leggi e gestisce in modo opaco le politiche del territorio. L’opacità decisionale, figlia della discrezionalità delle scelte politiche, è una minaccia alla democrazia reale. Tra le varie forme di opacità vi è anche quella di non rispondere alle domande dei cittadini su questioni cruciali: ad esempio con quali criteri venga accertata la conformità dei nuovi piani strutturali – quello di Lucca è il più importante – al Piano paesaggistico e alle leggi. Proprio su questo punto la Regione ancora non risponde alle associazioni ambientaliste – Fai, Italia Nostra, Legambiente, Rete dei Comitati, WWF – che già nel settembre del 2016 avevano rivolto al Garante dell’informazione della Regione un quesito su un punto critico riguardante l’applicazione della legge di governo del territorio.
I lettori di eddyburg sanno bene che tra i molti meriti (e taluni compromessi) della LR 65/2014, forse il più importante è avere introdotto la distinzione tra territorio urbanizzato e non. All’interno del primo, sono consentite le trasformazioni che comportano impegno di suolo non edificato a fini insediativi o infrastrutturali; all’esterno non possono essere previsti insediamenti residenziali e ogni nuovo consumo di suolo deve essere approvato da una Conferenza di copianificazione cui partecipano la Regione e gli enti locali interessati. Il quesito delle associazioni era motivato dal fatto che il Piano strutturale di Lucca (allora adottato, ora approvato) prevedeva cospicui insediamenti industriali al di fuori del limite urbano senza che la precedente Conferenza di copianificazione ne avesse disposto il dimensionamento. L’omissione deriva, tuttora, da una lettura capziosa della legge; ci si basa su un’omissione della voce “dimensionamento” nell’art. 25 e non su un’interpretazione complessiva della “ratio” della legge e, in fin de conti, sul buon senso. Che senso può avere una prassi – il caso di Lucca vale per tutti i Comuni – in cui Regione, Provincia e Comune si mettano d’accordo sulle destinazioni e le caratteristiche degli insediamenti extraurbani senza stabilirne né dimensioni, né carico urbanistico? Un accordo in cui mancherebbe la parte essenziale, l’entità dell’intervento e la quantità di nuovo territorio urbanizzato – come se un’area produttiva di dieci ettari fosse quantitativamente e qualitativamente uguale a una di cento. Lecito perciò chiedersi quale prassi segua la Regione Toscana nell’interpretazione della legge e se non ritenga illogico che in Conferenza di copianificazione, il parere – favorevole o meno – sull’impegno di suolo non edificato possa essere espresso in assenza dei dati quantitativi, lasciati successivamente alla discrezione del Comune, uno solo dei contrenti.
Al primo quesito il Garante risponde, incredibilmente, che la questione non è di sua competenza; al quesito, reiterato nel febbraio 2017 e rivolto anche all’Assessore all’Urbanistica, Vincenzo Ceccarelli, il Garante risponde di avere trasmesso la domanda all’ing. Aldo Ianniello, dirigente del settore Pianificazione del territorio; ma anche Ianniello non risponde. Stante il perdurante silenzio, in aprile, la stessa domanda viene rivolta al Presidente Enrico Rossi, con la richiesta di chiarire a livello regolamentare la corretta interpretazione della legge. Tutto finora tace sul fronte tecnico e politico.
L’atteggiamento delle istituzioni regionali nei riguardi dei cittadini, che alla fine può suonare sprezzante, il fatto di non sentire la responsabilità istituzionale di rispondere a un quesito decisivo per una corretta applicazione della legge è incomprensibile da un punto di politico. Il Presidente della Regione Toscana, in passato, ha mostrato attenzione alle richieste che venivano dal basso e le buone leggi, anche se poco o non applicate, sono sue leggi; si può capire che in questi giorni sia impegnato su un fronte nazionale di particolare complessità e per tali ragioni non abbia ancora preso in esame la domanda delle associazioni; dovrebbe, tuttavia, essere consapevole che la democrazia si basa essenzialmente sulla trasparenza delle istituzioni e che il muro di gomma è il tratto più tipico della peggiore destra. È vero che in un quadro nazionale in cui vi è un premier eterodiretto e un governo ultra debole, in cui le lobby e le clientele scatenate dettano leggi e decreti legislativi (si veda il depotenziamento della Via o il condono edilizio preventivo e permanente degli abusi edilizi), la questione può apparire poca cosa; ma ha, invece, un significato politico non trascurabile per chi crede ancora che la trasparenza delle istituzioni sia un importante valore democratico e, se proprio lo vogliamo dire, di sinistra.