Lo insegna il piano strutturale di Lucca
di PAOLO BALDESCHI 16 Ottobre 2016
Con la nuova legislatura e il licenziamento dell’assessore all’urbanistica Anna Marson, il PD, incarnato in amministratori e consiglieri regionali ex di tutto e ora renziani, ha iniziato l’opera demolitoria di quanto era stato fatto nella breve “primavera toscana”. Si procede in modo erosivo, cambiando alcuni articoli e commi della LR 65/14 (legge di governo del territorio), aggiungendovi codicilli derogatori ed eccezioni alle regole. Lo stesso vale per il Pit con valenza di Piano Paesaggistico; in questo caso il lavoro di demolizione non riguarda il testo ma la sua applicazione: un combinato – modifiche alla legge ed elusione del piano – che procede verso una definitiva normalizzazione delle politiche territoriali, asservite a una strategia che privilegia sempre e comunque le grandi opere, le infrastrutture impattanti, l’incenerimento, le messe in sicurezza fasulle, lo sfruttamento geotermico ubiquitario e a stretto contatto con oasi naturalistiche; che procede a testa bassa e a orecchie tappate, anche quando tutto ciò è contro il volere di Comuni e cittadini. Un paradigma di questo percorso è il Piano Strutturale di Lucca, adottato nel maggio 2016, e ora in fase di controdeduzione alle numerose osservazioni avanzate da associazioni ambientaliste, comitati e anche (flebilmente e strabicamente) dalla Regione Toscana.
Il piano di Lucca è esemplare di come in quattro semplici mosse si eludano leggi e Piano Paesaggistico; si propone quindi come modello per enti locali e professionisti che ne vogliano seguire la strada. Vediamo come. Prima mossa: allentare ed estendere il confine del territorio urbanizzato al cui esterno, per legge non sono permessi insediamenti residenziali, mentre qualsiasi previsione di nuovo consumo di suolo deve essere sottoposta a una conferenza di copianificazione che veda coinvolti Comuni limitrofi, eventuale Città metropolitana o Provincia, e Regione. Il nuovo PS include all’interno della “linea rossa” del confine circa cento ettari di suolo che nel piano precedente avevano una destinazione rurale o agricola; ora privi, perciò, anche della tutela offerta dalla classificazione di “area agricola interclusa” prevista dalla Legge 65/2014.
Seconda mossa: prevedere il consumo di suolo agricolo all’esterno del territorio urbanizzato, senza stabilire alcun dimensionamento in proposito. Questa incredibile omissione – si tratta di nuovi e presumibilmente consistenti insediamenti industriali – è avvenuta in sede di conferenza di copianificazione, senza che la Regione avesse alcunché da obiettare; la giustificazione addotta, che la legge non prevede esplicitamente tale dimensionamento, è evidentemente illogica, irrazionale e pretestuosa; né si capisce quale sia l’accordo cui si è pervenuti nella conferenza di copianificazione, dal momento che il dato essenziale – la quantità di suolo agricolo che si prevede di consumare – viene lasciato alla discrezione di uno solo dei contraenti, nella fattispecie del Comune di Lucca che, tuttavia, non ha fornito nel PS alcuna indicazione in proposito.
Terza mossa: sterilizzare le prescrizioni formulate come “indicazioni per le politiche” per ciascuna delle quattro invarianti nel Piano Paesaggistico adottato e poi conglobate in quello approvato in un’unica voce, come “obiettivi di qualità e direttive”. L’idea è stata di ripetere nella disciplina delle quattro invarianti (i caratteri idro-geomorfologici, i caratteri ecologici, il sistema insediativo e i sistemi agro-ambientali) letteralmente, non una virgola in più o in meno, quanto contenuto nel Piano Paesaggistico. Nessun approfondimento, nessuna indicazione più specifica, nonostante il salto dalla scala 1:50.000 a quella 1:10.000. La preoccupazione degli estensori del piano di Lucca è il rispetto formale delle leggi e l’adeguamento elusivo alle direttive del Piano paesaggistico, rimandando eventuali dettagli al Piano Operativo, di competenza esclusiva del Comune e di fatto incontrollabile.
Ma in realtà il PS di Lucca non si adegua neanche formalmente alle leggi regionali. Infatti, la Vas, obbligatoria per i piani strutturali, è soltanto una raccolta di dati provenienti da varie fonti e il relativo rapporto ambientale non contiene le informazioni richieste dalla LR 10/2010 sugli impatti ambientali del piano (sulla biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l’acqua, l’aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, ecc.), di nuovo rimandando politiche e azioni al Piano Operativo.
E la Regione Toscana? Ha osservato le pagliuzze, ma non le travi del Piano Strutturale; e anche in questi casi si limita a consigliare, usando prevalentemente condizionali e frasi ipotetiche (il PS “potrebbe” “è opportuno effettuare ulteriori verifiche”, ecc.). Quanto alla rispondenza del PS al Pit con valenza del Piano Paesaggistico, la Regione si limita a ricordare al Comune di Lucca che il Piano è stato approvato e che il Comune di Lucca ricade nell’ambito di paesaggio Lucchesia. Se il Comune di Lucca sembra credere poco al Piano Paesaggistico, la Regione, a quanto pare, non lo tiene in nessun conto.