di Tomaso Montanari, La Repubblica Firenze, 7 settembre.
Sfido qualunque amministratore a dire su due piedi quanti e quali immobili monumentali pubblici siano in vendita a Firenze in questo momento: di fatto, si tratta di decine di edifici, alcuni importantissimi sul piano artistico, altri su quello delle potenzialità sociali. Tutti, infine, con una storia. Con quale criterio sono stati scelti? Con quale coinvolgimento dei cittadini? E – prima ancora – con quale coordinamento tra i veri enti pubblici proprietari?
La lista delle vendite comunali, infatti, si somma e si sovrappone a quelle della Regione: per non parlare del grande punto interrogativo che grava sul patrimonio immobiliare della Provincia.
Qualcuno ha studiato l’effetto combinato di questa perdita di spazio pubblico che insiste sullo stesso territorio, pur facendo capo a decisori diversi? Il rincorrersi di liste, l’improvvisazione con cui si devono concedere varianti urbanistiche ai compratori, la mancanza di un qualunque coordinamento fanno capire che la risposta è no: non c’è alcun piano organico. Siamo di fronte ad una dissennata stagione di vendite in ordine sparso, anzi di di svendite (visto l’andamento del mercato), Firenze è, letteralmente, in saldo: ed è la mancanza di un qualunque progetto l’aspetto più drammatico di questa stagione. Stiamo sacrificando alle esigenze (ma soprattutto all’ideologia dominante) dì oggi un patrimonio lentissimamente e faticosamente costruito nel secoli scorsi, che non passeremo ai nostri nipoti: il presente divora simultaneamente il passato e il futuro.
Possiamo decidere di farlo: possiamo pensare che il 2016 sia più drammatico (che so) del 1918 o del 1944. Ma dovremmo spiegare a noi stessi perché. E dovremmo affrontare questa svolta senza ritorno con un briciolo di consapevolezza di ciò che stiamo facendo.
Se alcune alienazioni molto ponderate fosser0 compensate da progetti carichi di futuro, se ne potrebbe almeno discutere. Ma non è questo il caso: in una città ìn cui l’indisponibilità di alloggi accessibili agli studenti è un problema capace di condizionare lo sviluppo stesso dell’università, apprendiamo che stanno per sorgere ben due lussuosi ostelli di lusso per studenti in ex immobili pubblici. Ci potrebbe essere un simbolo migliore dell’assoluta assenza di un progetto?
Si, c’è: ed è l’episodio surreale che ha al centro la Villa di Cafaggiolo, in Mugello. Questo monumento chiave della storia culturale del Rinascimento non era pubblico: era rimasto in mani private, ed è stato comprato dal magnate argentino Alfredo Mauricio Lowenstein. Ma pur di favorire la trasformazione di Cafaggiolo in un megaresort di extralusso, la Regione Toscana e i Comuni mugellani si stanno inginocchiando (in quella che Don Milani chiamerebbe l’idolatria della proprietà privata) fino a far spostare la Strada Regionale 65, che ‘interferisce’ con ìl progetto privato. In un’inversione che più simbolica non si potrebbe, è ora la rendita immobiliare a guidare il progetto urbanistico, fino allo stravolgimento delle infrastrutture pubbliche. Ebbene, lo stesso imprenditore si è poi comprato uno straordinario immobile pubblico: l’edificio con la vista più bella di Firenze. Alludo all’ex Scuola di Sanità Militare di Costa San Giorgio, che a sua volta unisce due complessi conventuali costruiti dal Trecento in poi, Ora è lecito immaginare che Lowenstein si aspetterà dal Comune la stessa accondiscendenza che ha ottenuto dalla Regione in Mugello: e così il modello Cafaggiolo si sta facendo strada nel centro di Firenze. Ma se l’unico progetto è fare cassa e sacrificare lo spazio pubblico al profitto privato, ciò che stiano svendendo non è un pugno di mattoni, ma il futuro stesso di una democrazia capace di perseguire l’interesse generale. Fermiamoci a riflettere, finché siamo in tempo.