basta con le ipocrisie
di Fabio Zita, su la città invisibile, 12 agosto 2016
Sulle vicende che riguardano l’aeroporto di Firenze ho già ampiamente scritto in alcuni miei precedenti interventi. Pensavo di aver, come si dice, “esaurito la vena” avendo letto e detto tutto quanto era nelle mie conoscenze e possibilità. Mi devo oggi ricredere. La rassegna stampa sulla bocciatura del TAR degli atti regionali a favore della nuova pista è un florilegio di dichiarazioni scoppiettanti, colorite, irrituali, alcune preoccupanti, che generano in me l’esigenza di suggerire alcune riflessioni.
Propongo di approfondire quanto già detto in altre occasioni (perché a volte repetita iuvant) in merito ad un tema che è di grande attualità, sicuramente strategico per questo paese, ma che a molti governanti (e non solo) produce gli effetti di una “infezione da contatto”: il rispetto delle procedure.
Le statistiche ci dicono che quando la superficie corporea di un amministratore pubblico (o del suo più stretto collaboratore) si avvicina ad un atto tecnico-amministrativo i cui esiti contrastano con le loro aspettative, questa si riempie, per così dire, di bolle; le procedure, alla stregua di batteri, funghi, virus o parassiti, producono nell’ospite suscettibile una reazione allergica che deve necessariamente essere curata, pena la perdita di un patrimonio umano a cui noi non vogliamo rinunciare.
Le esternazioni di Enrico Rossi, Dario Nardella, Riccardo Nencini, dimostrano come il male sia pericoloso, e come rischi di trasformarsi in una pandemia che va combattuta con i necessari vaccini.
La medicina più efficace per evitare ai nostri politici queste fastidiose allergie prevede la rinuncia alle procedure: si potrebbe ipotizzare, ad esempio, l’approvazione di una norma, articolo unico, che dica:
Dalla data di pubblicazione della presente legge non si applica più la VAS, la VIA ed ogni altra autorizzazione ambientale e paesaggistica. Gli atti di pianificazione ed i progetti conseguenti sono approvati dai soggetti direttamente interessati.
Per soggetti direttamente interessati, in questo caso, si devono intendere sia chi ha necessità di raggiungere l’obiettivo politico di legislatura che si è posto, sia chi è interessato a trarne il dovuto profitto economico.
Così facendo chiudiamo definitivamente la stagione delle ipocrite dichiarazioni dei nostri governanti, infarcite con le solite frasi di circostanza, per cui “tutto deve essere fatto presto, bene, nel rispetto dell’ambiente, del paesaggio, dell’occupazione, della salute umana” e di chissà quale altra trappola o impedimento in grado di bloccare il processo di modernizzazione di questo paese.
Perché, sia chiaro, non esiste al mondo la possibilità di approvare un progetto nel rispetto di tutto ciò. Qualche compromesso deve essere accettato e a qualcosa la politica deve necessariamente rinunciare. E se i nostri amministratori non intendono rinunciare alle promesse fatte, cessino almeno di prendere in giro la gente con le solite affermazioni sulla incondizionata difesa del rispetto delle procedure, perché quello che si percepisce da tempo attraverso contatti con le amministrazioni, ci racconta tutta un’altra storia e ben altri comportamenti in atto o nelle intenzioni.
Un esempio? Il procedimento di Valutazione strategica della variante al PIT si è concluso positivamente, pur in presenza di un parere tecnico dell’apposito Nucleo di valutazione fortemente negativo. Il conseguente procedimento di VIA sul progetto dell’aeroporto di Firenze si è concluso positivamente pur in presenza di un parere tecnico dell’apposito Nucleo di valutazione che dichiara di non potersi esprimere per carenze documentali. Non solo: cosa ancora più grave il proponente, supportato dalla pubblica amministrazione, ha deciso di presentare per l’aeroporto un masterplan e non un progetto definitivo come impone la legge, motivando tale scelta come cosa fattibile per “prassi consolidata”.
Dopo tutto questo, dopo questa storia di fatti e misfatti, di cose dette e di cose nascoste, di certezze e di dubbi, di regole e di anarchia, dopo la sentenza del TAR, i nostri amministratori, per sopravvivere alla loro ignoranza e non affogare nel mare della loro incapacità, dichiarano che l’unica cosa certa e legittima a cui si affidano è – a questo punto – il parere VIA nazionale.
La loro ciambella di salvataggio è, per ironia della sorte, il Ministro dell’Ambiente e la sua Commissione per la VIA. Commissione che lavora all’interno di un procedimento analogo a quello già svolto a Firenze per l’espressione del parere regionale allo stesso Ministero, procedimento i cui esiti, come precedentemente descritto, hanno prodotto una chiara spaccatura tra le conclusioni tecniche e quelle politiche.
Vista l’analogia degli organismi c’è da chiedersi quali garanzie possano avere i nostri amministratori sull’esito favorevole dell’istruttoria ministeriale. Delle due l’una: o non hanno capito niente sui complessi meccanismi che regolano le pronunce di compatibilità ambientale e che si fondano, per quanto previsto dalle leggi, sulla ineludibile autonomia tecnico-amministrativa della Commissione, o sanno cose di un procedimento ancora in itinere che noi cittadini non conosciamo.
Se l’ipotesi più plausibile fosse quest’ultima, e la cosa sarebbe gravissima, non si può non constatare che le procedure non valgono per tutti alla stessa maniera. A qualcuno possono anche non essere applicate o essere applicate semplicemente con favor. Ma allora se è questo l’andazzo, se per governare un paese bisogna necessariamente utilizzare questi mezzi, a cosa servono le leggi, i regolamenti, le norme di attuazione, i tecnici e i loro pareri, le commissioni, gli studi approfonditi, i monitoraggi?
Facciano gli amministratori definitivamente a meno, e senza più infingimenti, di tutto questo, decidano in totale autonomia, si avvalgano soltanto dei più fidati interlocutori capaci di “accelerare” e “realizzare” gli obiettivi posti, ma se non altro ci garantiscano di risparmiare soldi e tempo, visto che su una cosa forse siamo tutti d’accordo, e cioè che i soldi sono finiti ed il tempo è oramai scaduto.
Fabio Zita
Fabio Zita, architetto, fino al 2014 dirigente del Settore VIA della Regione Toscana, membro della Commissione VIA nazionale, ha diretto in seguito il Settore Tutela, riqualificazione e valorizzazione del Paesaggio, coordinando fra l’altro la formazione del Piano Paesaggistico regionale