Ma la priorità è rifare il ceto politico
di Paolo Baldeschi, 10 agosto 2016.
La sentenza del TAR che boccia l’iter seguito dalla Regione Toscana, da Enac e Toscana Aeroporti nella elaborazione e valutazione del progetto del nuovo aeroporto di Firenze – nello specifico la Vas della variante al Pit del luglio 2014 che ha dato via libera al progetto – è stata accolta con fastidio e dispetto, se non con vera e propria rabbia, dai diretti interessati e dallo stuolo dei loro sostenitori. “Cavilli burocratici” (Luigi Salvadori, vicepresidente di Confindustria Firenze), “giustizia impicciona?” (Paolo Ermini nel Corriere fiorentino), “siamo una Repubblica fondata sul Tar” (Stefano Fani, presidente Ance di Confindustria Firenze); queste sono alcune delle reazioni riportate dai giornali. Nessuno che entri nel merito dei rilievi del Tar, tutti protesi a trovare i mezzi di aggirarne la sentenza.
In questa gara il Presidente della Toscana, Enrico Rossi, e il Sindaco di Firenze, Dario Nardella, si contendono il trofeo della dichiarazione più strampalata. Dice Nardella che dal momento che il nuovo aeroporto vanificherebbe l’insediamento di Castello (un milione di metri cubi, eredità di Fondiaria acquisita da Unipol), il Comune è pronto a cancellare una previsione urbanistica, già approvata (e su cui, presumibilmente, il proprietario ha pagato ICI e IMU). Il Sindaco, come prima non si era accorto del contrasto tra i due progetti, ora non valuta il colossale indennizzo che il Comune dovrebbe versare a Unipol a seguito di un colpo di spugna che vanificherebbe un’operazione sciagurata, ma voluta in questi anni dagli amministratori fiorentini e ormai tradotta in diritti acquisiti.
Per non essere da meno Rossi, fattosi giurista, ha prima dichiarato che: «La sentenza del Tar confonde la valutazione strategica con la valutazione di impatto ambientale. Per questo faremo senz’altro ricorso al Consiglio di Stato»; poi l’ha buttata sulla politica: «Io mi sono presentato alle ultime elezioni, con tre proposte: la riforma della Sanità, la riforma del governo del territorio e il potenziamento dell’aeroporto di Firenze e sono stato votato anche dai cittadini delle città che a livello istituzionale erano contrarie, come a Sesto e Prato»; Il Presidente, a parte la boutade dei “cittadini delle città istituzionalmente contrarie”, è evidentemente convinto che i toscani fossero ansiosi di vedere realizzato un nuovo aeroporto di Firenze e per tale impellente ragione lo abbiano confermato nel secondo mandato. Conclude Rossi che «Non solo ha perso peso la politica, ma in questo caso anche lo stesso ruolo delle istituzioni entra in discussione, con tutti gli esiti politici immaginabili». Dichiarazione incredibile, ma che adombra una convinzione comune a tutti gli attori coinvolti nel processo: che le istituzioni siano al servizio dei politici e non dei cittadini e che la “Politica” possa fare strame di leggi e procedure cui è soggetta la gente normale, per non dire della “Tecnica”, sentita come un fastidioso inconveniente procedurale. In questa linea, “burocratica” è la richiesta di piani che valutino i rischi cui sono sottoposti i cittadini, “burocratiche” sono le analisi che prevedono, una volta realizzato il progetto, come inevitabile l’aumento della pericolosità idraulica e dell’inquinamento atmosferico. Tutto ciò che non asseconda lo sviluppo di Firenze, come è inteso da industriali, commercianti e politici, è etichettato – Renzi docet – come inutile burocrazia: il nuovo aeroporto si deve realizzare, costi quel che costi.
I proponenti, ENAC e Toscana Aeroporti, e una schiera di politici incompetenti, stanno già indicando al governo la strada per superare la sentenza del Tar: una approvazione “romana” della Via che sanerà (a loro parere) le lacune, le inadempienze e le contraddizioni della Vas; una susseguente Conferenza di servizi che, se necessario, ratificherà una nuova variante al Pit.
La strategia è quella brillantemente seguita nel progetto del sottoattraversamento di Firenze da parte della Tav: approvarne la Via rimandando al progetto esecutivo la risoluzione delle molte criticità segnalate; e poi se tutto si ferma avendo speso 760 milioni per lo scavo di una stazione sotterranea che non sarà mai realizzata e altre opere inutili, poco importa, nessuno sarà chiamato a pagare. Ciò che Nardella e Rossi non dicono nel loro straparlare, è che i politici possono agitarsi in modo confuso e, a seconda delle convenienze del momento, premere per l’uno o l’altro progetto perché sono irresponsabili delle conseguenze delle loro improvvisazioni; nella convinzione che la “Politica” possa piegare a proprio piacimento non solo le leggi degli uomini, ma anche quelle della natura. L’Italia, Repubblica fondata non sul Tar, ma sull’arbitrio e l’irresponsabilità dei potenti. Potrebbe essere un articolo della nuova Costituzione.