Dentro il Sistema c’è la Orte-Mestre 

volantino_stop_orte_mestredi Luca Martinelli, 17 marzo 2015, da www.altreconomia.it

Il ministero delle Infrastrutture pare aver fatto di tutto per l’iter autorizzativo dell’autostrada tra Veneto e Lazio, un investimento di oltre 10 miliardi di euro, promosso da una società che fa capo a Vito Bonsignore, indagato dalla Procura di Firenze e compagno di partito di Maurizio Lupi. Perché lo ha fatto, se l’opera non è considerata strategica dall’Europa? Perché nello Sblocca-Italia c’è un comma ad hoc per quest’opera?

È indagato a Firenze, nell’ambito dell’inchiesta “Sistema”, anche Vito Bonsignore, già europarlamentare PDL, poi passato nel Nuovo Centrodestra del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi. Bonsignore è il promotore del progetto di una nuova autostrada tra Orte e Mestre, un’infrastruttura di quasi 400 chilometri, la più grande Grande Opera italiana, visto che dovrebbe costare oltre 10 miliardi di euro.

Dalle carte (che non abbiamo letto), secondo le ricostruzioni delle agenzie spunta il nome di Maurizio Lupi, che ha assunto l’incarico di ministro nel 28 aprile 2013, con il governo guidato da Enrico Letta, e lo ha mantenuto anche nell’esecutivo guidato da Matteo Renzi.

Stando ai dati forniti dei magistrati inquirenti, la Orte-Mestre vale -da sola- circa il 40 per cento del “budget” complessivo di interventi su cui avrebbero agito i soggetti arrestati (4) e indagati (47) dalla Procura di Firenze, tra cui Ercole Incalza, importante manager al ministero delle Infrastrutture.

Resta compito della magistratura quello di provare le accuse, ed analizzare in modo ancor più profondo il legame tra i soggetti coinvolti e il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi (che non è indagato).

Parlando di Orte-Mestre, vale però a nostro avviso la pena sottolineare un paio d’aspetti.

La prima: quando (era il novembre del 2013) il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) aveva approvato il progetto dell’opera, il ministero guidato da Lupi aveva diffuso un comunicato in cui sottolineava l’importanza della realizzazione di “un asse viario fondamentale per l’Italia (attualmente noto come E45), che rientra nei corridoi europei dei progetti  TEN-T”. Chiedemmo conferma alla Commissione europea, che si spiegò -però- che non era così, che “the more direct itinerary between Orte and Mestre does not belong to any Corridor” (“Il collegamento diretto tra Orte e Mestre non fa parte di alcun Corridoio ma alla rete di interventi complementari alla rete TEN-T”).

Oggi, alla luce dell’inchiesta, rinnoviamo la nostra domanda a Lupi e al ministero delle Infrastrutture: perché affermare che la Orte-Mestre sarebbe strategica per l’Europa se non fa parte delle Reti TEN-T?

La seconda: ogni progetto approvato dal CIPE ha bisogno di un “visto buono” della Corte dei Conti. Nel caso della Orte-Mestre, questo non era arrivato. Anzi, nell’estate del 2014 il progetto del novembre 2013 era stato bocciato, perché il Piano economico e finanziario allegato “fondava” la propria sostenibilità sull’accesso a un finanziamento pubblico indiretto di quasi 2 miliardi di euro sotto forma di una defiscalizzazione.
La risposta del governo Renzi, con Lupi saldamente ministro delle Infrastrutture, fu un comma ad hoc, inserito all’interno del decreto Sblocca-Italia di fine agosto, convertito in legge a novembre. Si è intervenuti a modificare una legge precedente, per consentire alla Orte-Mestre di poter accedere alle misure di defiscalizzazione, per garantire (quindi) un finanziamento pubblico all’opera promossa dal privato Vito Bonsignore.

La seconda domanda che ponemmo al governo, e che ribadiamo all’interno del libro “Rottama Italia”, è perché ri-abilitare la Orte-Mestre dopo la bocciatura della Corte dei Conti, inserendo un comma ad hoc nello Sblocca-Italia? Non era meglio lasciar perdere? Specie se l’opera è -come ebbe a dire il presidente della Commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci- una boutade.

Dopo la conversione in legge dello Sblocca-Italia, a inizio novembre, sono stati sufficienti tre giorni lavorativi perché la Corte dei Conti rivedesse la propria delibera, dando il la al progetto.  Di chi è la responsabilità? Chi avrebbe dovuto vigilare? Chi pagherà queste scelte? Domande che avremmo voluto non dover porre mai.