Il caso dell’ex Club Med di Donoratico.

downloadUna sconfitta per l’ambiente e per i cittadini.

Il Club Mediterranée di Donoratico, dopo una chiusura di 10 anni, riaprirà con il nome di Paradùvanificando le scelte urbanistiche del Comune di Castagneto Carducci che aveva previsto la trasformazione dell’ormai storico villaggio per 1.308 turisti, esteso su un vastissima area paesaggisticamente tutelata, in una struttura per 750 ospiti con una conseguente minore antropizzazione.

Quando cambiano i Piani Regolatori, la legge riconosce ai proprietari il diritto di mantenere in essere quanto di loro proprietà, anche se non più ammesso, facendo al massimo opere di ristrutturazione, in attesa di realizzare o meno quanto stabilito dal Piano regolatore.

In base a questo criterio la Medonoratico s.r.l. nuova proprietaria dell’ex Club Med. avrebbe potuto mantenere quanto legittimamente esistente: le strutture comuni in muratura e 654 piazzole con sopra 276 capanne polinesiane ammesse dalla Soprintendenza nel lontano 1966, fatte con paglia sostenuta da uno scheletro in legno e prive di luce, acqua, bagni e cucine private.

La proprietà Medonoratico s.r.l. ha invece sostenuto che le reti a servizio di tutte le piazzole erano già presenti e in base a questa affermazione ha proposto di sostituire le capanne con altre unità dotate di luce, bagno e cucina. Il problema è che non c’è alcuna prova dell’esistenza di un sistema di reti così capillare fin dal momento della realizzazione del progetto autorizzato nel 1965/66 e che anzi il fatto che una tipologia del genere sia stata e sia ancora estranea ai Club Mediterranée fatti nel mondo in più di cinquanta anni, dovrebbe spingere il Comune a ricerche molto approfondite per giungere alla sicurezza assoluta di non trovarsi davanti ad opere abusive in aree sottoposte a vincoli paesaggistici ed idrogeologici.

Non solo, la proprietà, richiamandosi alla legge regionale 42/2000 ha sostenuto che installare case mobili e temporanee in un campeggio si può fare senza alcun permesso e quindi al posto di capanne di circa mq. 11 fatte di un materiale non edile come la paglia, propone di realizzare vere e proprie casette in legno di superficie molto più che doppia e con coibentazione, impianto di aria fredda e calda, bagno completo e spazio cucina.Questa proposta non tiene conto del fatto che la previsione di campeggio non esiste più nel Piano Regolatore e che quindi non si può ampliare modificare il bene richiamandosi a norme vigenti per campeggi.

Di fatto non si avrà quindi il mantenimento di solo quello che era legittimo, ma al posto di 276 capanne di superficie di quasi mq. 3.000 si arriverà a coprire quasi mq. 7.000 per arrivare a coprirne quasi 17.000 nelle intenzioni della proprietà che ha dichiarato di volere installare case per 1.308 clienti.

La Soprintendenza ha già dato il nulla osta per installare 173 di queste casette e per coprire già quasi mq. 4.500, quando nel 1966 aveva ritenuto che la tutela del paesaggio dell’area non permettesse di installare più di 276 capannucce di paglia per metterci due letti e un armadio.

Il Comitato per Campiglia ha già inviato alla Soprintendenza di Pisa e Livorno, alla Direzione regionale del Ministero dei Beni Cultuali e a Italia Nostra una richiesta di attenzione per quella che rischia di diventare una enorme struttura turistica difforme da quanto previsto dal Regolamento Urbanistico e dalle norme di transizione.

Inoltre il Comitato si dichiara preoccupato per il fatto che il Comune sembra avere accettato acriticamente le affermazioni e le proposte interpretative della proprietà senza approfondire con opportuni pareri legali la legittimità di quanto sostenuto dalla Medonoratico e senza pretendere da questa le prove certe sulla legittimità di quanto dichiarato esistere.

Certo è che quanto sta sorgendo a Donoratico non è ciò che la proprietà ha trovato e che poteva mantenere facendo al massimo opere di ristrutturazione, ma è un qualcosa d’altro che rappresenta UNA SCONFITTA VERA E PROPRIA PER L’AMBIENTE E PER I CITTADINI.

Alberto Primi

Comitato per Campiglia

11 aprile 2014

Si veda anche su questo sito un post dell’agosto 2012, relativo all’iniziativa del GRIG, Gruppo di intervento giuridico.

Il documento del CAI sulle Apuane

PrunoCLUB ALPINO ITALIANO. COMMISSIONE TUTELA AMBIENTE MONTANO TOSCANA

Presidente del Consiglio Regionale, Alberto Monaci, Presidente della VI Commissione Consiliare, Gianfranco Venturi

e p.c. Assessore Anna Marson, Presidente Enrico Rossi, Prof. Massimo Morisi, Garante per la Comunicazione per il Governo del Territorio

 

Il Club Alpino Italiano – attraverso la propria Commissione di Tutela Ambiente Montano, invia questo documento quale contributo per la consultazione promossa dalla VI Commissione del Consiglio Regionale sulla proposta di Piano Paesaggistico formulata dalla Giunta Regionale.

Il Club Alpino Italiano pone alla Vostra attenzione le seguenti riflessioni e contributi in particolare sulla “questione Apuane”

La proposta di Piano Paesaggistico della Giunta Regionale non può che essere letta e accolta positivamente. Innanzitutto perché finalmente pone l’accento e contestualizza, in un documento formale con valore di Piano sovraordinato, la grande contraddizione esistente nel territorio delle Apuane: l’esistenza di un Parco Naturale Regionale che racchiude all’interno del suo perimetro (anche se formalmente con l’escamotage della creazione delle cosiddette aree contigue di cava) attività industriali fortemente impattanti sul delicato sistema ambientale e naturale delle Alpi Apuane e, grande novità, cerca di trovare una valida soluzione alternativa.

Pur nella legittimità delle diverse posizioni espresse non si può rilevare come gli imprenditori del comparto lapideo di fronte alla proposta della Giunta Regionale

1. abbiano prima formulato alla Regione Toscana la proposta dello “stralcio” della parte riguardante l’attività estrattiva dall’approvazione del Piano Paesaggistico. Ma è bene ricordare che la Regione Toscana ha commesso un’errore con la legge regionale 63 del 2006 che ha stralciato dalla redazione del Piano del Parco quello relativo alle attività estrattive con il risultato che, a distanza di quasi 30 anni di Parco (sic!), non si ha nè il primo nè il secondo. Le attività estrattive hanno pertanto già goduto di deroghe su deroghe: ad iniziare dalla deperimetrazione del Parco, con esclusione di gran parte del territorio di Carrara per la presenza, appunto, delle attività estrattive; della deroga del Piano del Parco, ora vorrebbero toccasse anche al Piano Paesaggistico.

2. abbiano poi scomodato addirittura il Presidente della Repubblica e le testate giornalistiche di livello nazionale, per portare sotto i riflettori di livello più ampio rispetto a quelli locali/regionali una Regione (quella Toscana!) che in un momento di crisi economica globale vorrebbe togliere posti di lavoro piuttosto che garantirli. E a questo proposito: sappiamo bene di cosa stiamo parlando? E’ incredibile che nel 2014 dopo secoli di lavorazione del marmo, il cosiddetto primo comparto economico delle Province di Massa-Carrara e Lucca e l’istituzione di un Distretto Lapideo, non si abbiano ancora dati certi sulla incidenza dell’economia lapidea nel territorio apuo versiliese e si indichino con leggerezza dati che oscillano tra 1.500 e 5.000 occupati diretti! 
Ben vengano studi e ricerche se condotte con oggettività per definire veramente l’impatto che tale economia riveste nel territorio, un impatto che però deve essere analizzato e studiato anche da un punto di vista ambientale perché non si può più prescindere dalla tutela, parimenti degna di considerazione rispetto a quella economica, del valore Ambiente inteso come tutela della biodiversità che le Apuane racchiudono (le Apuane rappresentano circa il 50% di siti SIC e ZPS del territorio toscano), tutela dei crinali e delle vette delle Alpi Apuane, tutela delle acque e pertanto della Salute, bene costituzionalmente garantito, tutela delle popolazioni che in questo territorio vivono.

3. Imprenditori che contestano la proposta di un Progetto Integrato di Sviluppo come riqualificazione e alternativa alla riduzione (c’è scritto riduzione nella Disciplina di Piano, non chiusura!) delle attività estrattive intercluse nel territorio del Parco. Dopo anni di estrazione e lavorazione questi lungimiranti imprenditori del lapideo non sono riusciti neppure a tutelare e valorizzare il “loro prodotto marmo” né attraverso la costituzione di una filiera di estrazione/lavorazione, che tuteli quindi una buona e piena occupazione, né con una tutela del bene in termini di “marchio” risolvendo l’escavazione così in un mero “saccheggio” del monte e un invio attraverso i porti toscani del semplice materiale scavato.

4. Infine, nonostante il dialogo aperto dalla Regione, in particolare del Presidente Rossi sulla questione, gli imprenditori del lapideo hanno presentato, è notizia di ieri, un ricorso al TAR contro la delibera della Giunta Regionale, con un documento uscito sulla cronaca locale di ieri in cui tacciano e minacciano di azioni legali chiunque la pensi diversamente (in particolare le associazioni ambientaliste, ma anche l’assessore Marson a cui va tutta la nostra solidarietà per il lavoro ad oggi condotto).

Alla luce di quanto sopra ci sembra di poter affermare che siamo di fronte a un soggetto economico che vuole salvaguardare i propri esclusivi interessi economici, la libera iniziativa economica privata, che, è bene rimarcare, incide però su una risorsa pubblica non ripetibile ed esauribile, a scapito di un dibattito necessario che riguarda la collettività tutta, perché attiene a beni e tutele che prescindono, vanno e devono andare oltre al mero interesse e profitto di una attività/categoria economica.

Un’ulteriore riflessione: con l’approvazione del Piano Paesaggistico e con l’attuazione di quanto previsto in termini di riduzione delle attività estrattive intercluse e di realizzazione di un Progetto Integrato di Sviluppo, il Parco delle Apuane, quel Parco che in quasi trenta anni di attività non è ancora riuscito a rendersi protagonista di una politica pubblica “tipica” di un Ente Parco, di una gestione “consapevole e sostenibile” del proprio territorio, potrebbe finalmente recuperare questo ruolo suo proprio.

E finalmente dare attuazione all’art. 3 del proprio Statuto “L’Ente persegue il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali” non solo (e quasi esclusivamente) in termini di un miglioramento che passa attraverso le attività estrattive presenti, ma anche in termini di tutela della biodiversità, della risorsa acqua, dei crinali e delle vette delle Apuane.

Un Parco motore di uno sviluppo alternativo che passa quindi attraverso turismo e cultura. Non a caso nel Piano del Parco, in attesa di approvazione, il turismo sostenibile e la valorizzazione culturale vengono posti come motore di sviluppo per le comunità locali, sviluppo che sicuramente rimarrà sulla carta se non si porrà una importante revisione della attività estrattiva all’interno dell’area Parco, cosa che temono anche molti degli operatori turistici del territorio che da anni attendono scelte lungimiranti in termini di uno sviluppo diverso e alternativo a quello lapideo.

Il Club Alpino Italiano, associazione di tutela ambientale riconosciuta dal Decreto di Istituzione del Ministero dell’Ambiente del 1986, non ha come esclusiva alternativa quella dello “stare contro” fine a se stesso, il rigetto nel trovare soluzioni, ma piuttosto si propone come un soggetto attivo, mettendo a disposizione le proprie competenze, conoscenze e risorse umane anche a supporto della stessa Regione Toscana, per la costruzione di quella valida alternativa per le Alpi Apuane, oggi non più rinviabile anche nella agenda politica del Consiglio Regionale.

09 aprile 2014

Per il CAI Gruppo Regionale Toscano

Riccarda Bezzi

Presidente Commissione Regionale Tutela Ambiente Montano del Club Alpino Italiano

Consigliera Ente Parco Alpi Apuane

 

LA FURIA CIECA DEI CAVATORI DELLE APUANE

apuaneDi Paolo Baldeschi, da Eddyburg, 9 aprile 2014.

In un comunicato di inaudita violenza il Coordinamento delle attività estrattive lapidee del Parco delle Apuane  chiede al Tar l’annullamento della delibera con cui la Giunta della Regione Toscana ha approvato il nuovo Pit con valenza di Piano paesaggistico, nonché del Piano stesso “pieno zeppo di errori procedurali, istruttori e legislativi” e – sempre secondo il Coordinamento – in violazione della Costituzione e di diritti incoercibili della proprietà privata. Al centro del fuoco Anna Marson, accusata di ogni nefandezza, “responsabile di un’azione violenta, illegittima, ….volta unicamente a ledere l’identità del territorio, della sua attuale realtà produttiva e del suo futuro”. L’Assessore Marson di cui le “aziende tutte, e i lavoratori, chiedono le dimissioni per i gravi danni che già sta provocando ad una realtà territoriale salda e solida da centinaia di anni”. E ce ne è anche per Italia Nostra, Legambiente e le associazioni ambientaliste, cui “qualora queste non interrompessero le loro azioni delatorie (sic), le imprese … domanderanno in sede giudiziaria risarcimenti per il danno economico e di immagine”.

La furia vendicatrice del Coordinamento, sia pure espressa in modo sintatticamente sgangherato e giuridicamente inconsistente, trova una spiegazione nella situazione di rendita super privilegiata in cui si trovano le imprese lapidee che dalle Apuane estraggono blocchi o, per lo più, detriti di marmo: canoni concessori minimi, il 13% di un valore del marmo generalmente sottostimato, e praticamente nulli dove – come nel territorio del comune di Massa – ancora vigono le leggi estensi del diciottesimo secolo. Concessioni perpetue (sempre secondo il diritto estense) e negli altri casi aggiudicate senza gara per un tempo lunghissimo e rinnovabili automaticamente. Una vera pacchia! A fronte sta un’occupazione ridotta al minimo (circa mille addetti e non cinquemila come il Coordinamento aveva millantato in un primo comunicato), la gran parte del materiale esportato, l’indotto locale sempre più esiguo. I costi tutti scaricati sul territorio, mentre il tunnel in costruzione, che migliorerà la situazione di inquinamento aereo nel centro di Carrara, sarà pagato dai cittadini a tutto vantaggio delle imprese che usufruiranno di una consistente riduzione dei costi di trasporto.

Naturalmente il Coordinamento dimentica di dar conto delle inadempienze sistematiche delle aziende impegnate nelle attività estrattive: la mancanza di raccolta delle acque a piè di taglio, l’assenza o il mancato utilizzo degli impianti di depurazione spesso esistenti solo sulla carta, i rifiuti abbandonati nelle cave dismesse, la mancata attuazione dei piani di ripristino, una diffusa e impunita inosservanza di regolamenti e prescrizioni. Si dimentica, altresì, il Coordinamento dell’inquinamento delle falde, delle sorgenti e dei torrenti, della diffusione di polveri sottili, degli innumerevoli danni ambientale e paesaggistici; considerazioni già contenute nell’articolo Le Apuane e lo scandalo del Piano Paesaggistico, ospitato da eddyburg.

Ma quale è il peccato mortale del Piano? La colpa è di cercare di frenare il taglio delle vette al di sopra dei 1200 metri e di limitare l’estrazione all’interno del Parco delle Apuane, facendo salve le concessioni esistenti, ciò che ha provocato la netta contrarietà del Presidente del Parco, (vicepresidente uscente, già segretario del Pd di Fivizzano), evidentemente più sensibile agli interessi dei cavatori che a quelli dell’ente da lui presieduto.

L’attacco forsennato del Coordinamento, contro tutto e contro tutti, rivela una concezione di rapina del territorio e tutto sommato la miopia di chi non capisce che sarebbe saggio accettare una contenuta riduzione dei profitti a fronte del vantaggio di essere coprotagonisti di uno sviluppo economico più equilibrato, diffuso, capace di valorizzare le risorse dell’intero contesto territoriale e di migliorare la qualità di vita delle popolazioni. Una miopia e una resistenza che annoverano il Coordinamento come socio onorario del movimento dei forconi, in un metaforico rogo di leggi, piani, regole e buon senso. In attesa che qualcuno spieghi ai cavatori che la tutela del paesaggio secondo la Costituzione (da loro impropriamente evocata) prevale sugli interessi economici e che , sempre secondo la Costituzione, la salute è un “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Ma forse dietro ai forconi apuani vi è qualcuno che soffia sul fuoco: si bombardano le Apuane per fare fuori la nuova legge urbanistica e il piano paesaggistico con le loro assurde pretese di contenimento del consumo di suolo e di tutela del paesaggio.