Anomalie della falda e anomalie della politica.

Untitled-1COMUNICATO STAMPA DEL COMITATO NO TUNNEL TAV DI FIRENZE

(di seguito il precedente comunicato del 31 ottobre)

Firenze, 6 novembre 2013

Il Comitato NO TUNNEL TAV esprime tutto il proprio sconcerto di fronte alla dichiarazioni di alcuni politici sul problema del Passante TAV e del suo impatto con la falda. Forse l’aver portato alla luce quei dati, sperduti e difficilmente raggiungibili, che le stesse Ferrovie dello Stato hanno rilevato, fa saltare un po’ i nervi, crea disagi; ma quelli che vorrebbero essere messaggi rassicuranti da parte della politica, diventano ulteriore fonte di preoccupazione.

L’assessore alla mobilità Filippo Bonaccorsi avrebbe detto in Consiglio comunale: “I monitoraggi della falda idrica sono costanti e regolarmente pubblicati sul sito web dell’Osservatorio. E i risultati non destano preoccupazione tanto da ritenere inutili ulteriori opere di monitoraggio”.
Il Comitato concorda con l’assessore: non sono necessari ulteriori monitoraggi, quello che ARPAT commenta, sui dati forniti da Italferr, sono tali da poter già dire che la situazione è fuori controllo e molto pericolosa. Dove si innalza la falda si ha indebolimento delle fondazioni degli edifici, dove si abbassa ci sono forti probabilità di cedimenti del terreno su cui sorgono interi isolati.
Tutte le mitigazioni prescritte e propagandate dall’Osservatorio Ambientale non stanno avendo alcun risultato, sono un totale fallimento. In particolare presso la stazione interrata ai Macelli non è dato capire che tipo di mitigazioni sono state messe in atto, se addirittura sono state approntate e/o se sono state attivate. Alla faccia dei “cantieri di cristallo” sempre promessi.

Il capo gruppo del PD in Comune, Francesco Bonifazi, avrebbe detto: “Lo sanno anche i sassi che la Tav non è un’opera di competenza comunale. L’unica cosa che il Comune deve fare, e lo fa bene e con precisione e con costanza, è vigilare che l’opera sia realizzata come si deve e senza rischi”. Il Comitato sa che le competenze sulle grandi opere non sono del Comune (che averebbe comunque quelle urbanistiche), ma chiede a Bonifazi come sia possibile dire che il Comune ha fatto bene il lavoro di vigilanza su questa opera: forse il consigliere non sa che c’è una indagine in corso della magistratura per “bazzecole” come uso di materiali scadenti, gravi irregolarità nella fresa che avrebbe dovuto scavare, oltre che per corruzione, irregolare smaltimento di rifiuti, associazione a delinquere e infiltrazioni della Camorra?
Probabilmente Bonifazi non è un geologo, ma dovrebbe almeno capire che le alterazioni alla falda non sono come i movimenti di acqua in una vasca di bagno, ma concrete possibilità di cambiamenti in tutta la struttura del terreno interessato e lì si possono avere gravi pericoli. Su quel terreno, guarda caso, sorge un bel pezzo di Firenze. Ci si chiede ancora: su cosa ha vigilato il Comune?
Il sindaco Matteo Renzi sembra tacere, ma importanti pezzi della sua maggioranza stanno dicendo cose di cui ci si dovrebbe solo vergognare.
Oltre alla figura davvero misera del Comune c’è da chiedersi che senso ha aver nominato di nuovo l’Osservatorio Ambientale che non ha mai osservato nulla e adesso tace pure su quanto la stessa ARPAT è costretta ad ammettere.
Il Comitato ribadisce ancora le sue richieste che sono dettate solo dal buon senso: abbandonare questa opera e destinare gli stanziamenti fatti per potenziare tutto il sistema ferroviario toscano.

COMITATO NO TUNNEL TAV Firenze

 

Firenze, 31 ottobre

Sottoattraversamento TAV: rilevati preoccupanti impatti sulla falda.

SIAMO STANCHI DI AVERE RAGIONE.

Questo è il commento del Comitato che da anni si oppone alla realizzazione del Sottoattraversamento AV di Firenze, dopo aver visto la valutazione di ARPAT sul monitoraggio della falda nei pressi dei cantieri TAV.

Fin dal primo studio fatto nel 2006/7 dai tecnici del Comitato, in particolare dalla professoressa Teresa Crespellani, era emersa la pericolosità dei lavori e i rischi di impatto pesante sulla falda; soprattutto fu denunciata da subito l’inadeguatezza degli interventi tecnici progettati per mitigare il fenomeno. Fu denunciato che la serie di sifoni previsti, l’integrazione di pozzi drenanti collegati da pompe, non avrebbero potuto mitigare il pesantissimo impatto causato dalle paratie ai Macelli (profondi più di 40 metri) e a Campo di Marte (oltre i 30 metri).

Adesso giunge una nota dell’ARPAT che valuta l’andamento della falda dal gennaio 2012 al marzo 2013 dove è chiarissimo il progressivo impatto sulla falda col procedere dei lavori, fino ad un dislivello di 1,5 metri.

In particolare al Campo di Marte si vede come l’acqua si sia innalzata progressivamente con l’avanzamento della realizzazione delle paratie e della galleria artificiale (pagina 4 della nota ARPAT). A nulla pare siano valsi neanche i pozzi drenanti realizzati su prescrizione dell’Osservatorio Ambientale e su pressioni del Comitato

Nella zona della stazione ai Macelli risulta ancora più evidente come la variazione di livello tra la serie di pozzi a monte e a valle delle paratie/dighe sotterranee sia massima in corrispondenza del manufatto e minima al di fuori.

Val la pena di ricordare che gli effetti di queste variazioni della falda possono essere molto pesanti: a valle, dove si abbassa il livello dell’acqua, si possono avere cedimenti del terreno su cui poggiano interi isolati; a monte, dove si ha un innalzamento, si possono avere allagamenti di scantinati, ma soprattutto si riduce la capacità portante delle fondazioni degli edifici esistenti.

Restano da valutare i dati sull’inquinamento rilevato della falda; è probabile che i lavori abbiano messo in contatto la falda profonda (poco inquinata) con quella superficiale che risulta invece molto inquinata. La nota dell’ARPAT non aiuta a capire.

Di fronte a questi dati evidenti il comitato si chiede come sia possibile difendere ancora questo progetto assolutamente inutile e dai rischi enormi. Questi dati (pur forniti ad ARPAT dalle Ferrovie dello Stato) smentiscono ancora una volta tutti i proclami di politici e costruttori tesi a tranquillizzare l’opinione pubblica.

Sommando questo alla situazione economica in cui si trovano le principali imprese interessate, al quadro vergognoso che emerge dalle indagini della Procura (corruzione, associazione a delinquere, infiltrazioni camorristiche, materiali di costruzione scadenti, traffico di rifiuti…), il Comitato rileva lo stato disastroso in cui versa tutta la politica toscana: dalla Regione, che continua a sostenere l’impossibile ripresa dei lavori, al Comune, dove il sindaco Matteo Renzi tace da troppo tempo su questo disastro che tocca da vicino la sua città e le sue responsabilità.

Il Comitato ribadisce le sue richieste che sono semplicemente ragionevoli, dettate dal buon senso:

abbandono del progetto di sottoattraversamento

dirottamento delle risorse allo sviluppo del trasporto regionale e dell’intero nodo fiorentino

Una politica che non riesce in questo elementare obiettivo è totalmente inutile per la cittadinanza.

 

Comitato NO TUNNEL TAV Firenze

Quale destino per i capannoni abbandonati?

downloadBuone idee dal Friuli.

La giunta della regione autonoma Friuli Venezia Giulia pochi giorni fa ha approvato un disegno di legge che, tra le altre, affronta per la prima volta la tematica delle aree e degli insediamenti a carattere produttivo industriale e commerciale le cui attività cessano, magari per trasferire le stesse attività altrove o all’estero lasciando sul lastrico centinaia di famiglie. la finalità del meccanismo normativo proposto è quella di impedire che le aree e gli immobili possano essere oggetto di valorizzazioni fondiarie e immobiliari mediante la loro trasformazione urbanistica verso funzioni assai più remunerative. è la prima volta che una regione affronta questo tema con l’obiettivo di bloccare speculazioni immobiliari e rendite fondiarie facili.
Si tratta di una scelta coraggiosa e di grande valenza politica, pienamente in linea con il dettato della nostra Costituzione laddove pone precisi limiti all’iniziativa economica privata (art. 41) e alla proprietà privata (art. 42). ecco il testo del disegno di legge nella parte di interesse:

Consiglio regionale Friuli Venezia Giulia – 17 – XI Legislatura – Atti consiliari

DISEGNO DI LEGGE N. 24
Disposizioni urgenti in materia di tutela ambientale, difesa e gestione del territorio, lavoro, infrastrutture, lavori pubblici, edilizia e trasporti, funzione pubblica e autonomie locali, salute, attività economiche e affari economici e fiscali.
(…omissis…)
Art. 37. Riutilizzo aree dimesse.
1. La Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia disciplina il riutilizzo di aree con destinazione urbanistica produttiva e commerciale nel rispetto dei principi di tutela e valorizzazione del territorio, in attuazione dell’articolo 4, primo comma, numero 12), dello Statuto speciale, adottato con la legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, e successive modifiche, nel rispetto della Costituzione, in particolare degli articoli 41 e 117, e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
2. La tutela e la valorizzazione del territorio, considerato come bene finito e irriproducibile, è assicurata attraverso la riduzione del consumo del suolo, nonché la bonifica e il riutilizzo di aree già urbanizzate a fini produttivi e commerciali a significativo impatto territoriale, nelle quali le attività ammesse dagli strumenti urbanistici non sono più esercitate per gli scopi corrispondenti alla zonizzazione urbanistica.

Art. 38. Riutilizzo delle aree produttive e commerciali.
1. Le aree classificate dallo strumento di pianificazione generale regionale vigente zona omogenea D2 (zone industriali di interesse comprensoriale e comunale), D3 (zona per insediamenti industriali e artigianali singoli) e HC (zona per centri commerciali al dettaglio e per grande distribuzione) assumono obbligatoriamente la classificazione di zona E (zona destinata a usi agricoli e forestali) qualora le attività produttive o commerciali in esse collocate non vengano esercitate con continuità per un periodo di sei mesi. Le stesse aree sono assoggettate, in ossequio ai principi di precauzione e di “chi inquina paga”, alle procedure di cui al Titolo V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia
ambientale), con obbligo delle attività di caratterizzazione ai fini dell’accertamento di situazioni di potenziale rischio ambientale, nonché della bonifica di siti contaminati, mediante la predisposizione eattuazione di un progetto di rinaturalizzazione delle aree e del ripristino delle condizioni idrauliche e geo-morfologiche antecedenti l’impiego delle stesse.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano qualora gli edifici e i manufatti insistenti all’interno delle aree siano di proprietà del soggetto che ivi esercitava l’attività produttiva o commerciale e abbiano una superficie coperta superiore a metri quadrati mille nonché una proiezione al suolo superiore a metri quadrati duecento.

Art. 39. Funzioni della Regione e dei Comuni.
1. La Regione, accertato anche su iniziativa di terzi, che gli edifici o i manufatti insistenti sulle aree non sono più utilizzati per le finalità previste dalla zonizzazione dello strumento urbanistico, notifica senza indugio alla proprietà, al gestore o ad altro soggetto obbligato, nonché al Comune sul cui territorio si trova l’area interessata la data dalla quale decorre il termine di cui all’articolo 38, comma 1.
2. Decorso il periodo di sei mesi senza che sia stata ripresa con continuità l’attività produttiva o commerciale, è sospesa per il periodo di tre anni ogni determinazione comunale sulle domande di rilascio dei titoli abilitativi edilizi che siano in contrasto con le previsioni azzonizative della zona E.
3. Il Comune adegua il proprio strumento di pianificazione generale, territoriale e urbanistica alle disposizioni di cui all’articolo 38, comma 1, primo periodo, entro i successivi centoventi giorni.
4. La Regione, nel rispetto del principio di leale collaborazione, esercita il potere sostitutivo sul Comune, nel caso in cui vi sia una accertata e persistente inattività nell’esercizio delle funzioni pianificatorie rese obbligatorie in forza della presente legge.
5. Ai fini di cui al comma 4 la Giunta regionale assegna all’ente inadempiente, mediante diffida, un congruo termine per provvedere, comunque non inferiore a trenta giorni, salvo deroga motivata da ragioni d’urgenza. Decorso inutilmente tale termine e sentito il Comune interessato, gli atti sono posti in essere in via sostitutiva dalla Regione, anche attraverso la nomina di un commissario.

Art. 40. Adempimenti dei soggetti obbligati.
1. La proprietà, il gestore o il soggetto comunque obbligato dalla legge, predispone per le aree assoggettate alla procedura di cui all’articolo 38, comma 1, secondo periodo, in relazione ai rispettivi obblighi di legge, il progetto di rinaturalizzazione e lo sottopone all’approvazione della Regione entro nove mesi dalla data di cessazione dell’uso dell’area per le finalità azzonizzative di PRGC, accertata ai sensi dell’articolo 39, comma 1.
2. Il progetto di rinaturalizzazione è assoggettato alla procedura di valutazione di impatto ambientale; gli interventi di rinaturalizzazione devono concludersi entro trentasei mesi dalla data di approvazione del progetto da parte della Regione.
3. La Regione ha la facoltà di sostituirsi al soggetto obbligato nella fase di predisposizione eattuazione del progetto di rinaturalizzazione quando accerti l’inerzia del soggetto obbligato, con diritto di rivalsa per gli oneri sostenuti.
4. La Regione al termine dei lavori accerta la regolare esecuzione del progetto anche ai fini liberatori del soggetto obbligato.

Art. 41. Accordi di programma.
1. In alternativa al disposto degli articoli dal 37 al 40 della presente legge, e ferma restando la responsabilità dell’autore della contaminazione, entro il termine di sei mesi di cui all’articolo 38, comma 1, l’Amministrazione regionale e il Comune territorialmente interessato possono stipulare accordi di programma con soggetti interessati ad attuare progetti integrati di bonifica, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo in siti inquinati, al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti e preservare le aree non contaminate.

(…omissis…)