Rassegna Stampa

1 – 10 Aprile 2013

Tirrenica, tratto Fonteblanda Ansedonia, la Regione sceglieTirrenica tracciati Orbetello

Apuane: si fa dura la battaglia ambientalista per il regolamento delle concessioni degli agri marmiferi

carrara cave 01 13

Nuovi commenti al progetto di modifica della Legge Urbanistica

Segnalazioni

Autostrada Tirrenica

La Regione sceglie il tracciato blu.

La Giunta regionale toscana ha approvato oggi pomeriggio la delibera con la quale esprime la sua preferenza sulla proposta di corridoio relativo al tratto dell’autostrada tirrenica compreso tra Fonteblanda e Ansedonia. Rispetto al lotto, denominato 5B, la Regione opta per il tracciato blu, quello di minore lunghezza (circa 25 chilometri) e che si avvicina maggiormente all’Aurelia e alla linea ferroviaria costiera, considerandolo migliore rispetto all’altro, sulle mappe contraddistinto dal colore arancione, ovvero la cosiddetta variante a monte del massiccio di Orbetello.

Le due soluzioni presentano un primo tratto in comune, tra Fonteblanda e il torrente Osa e poi divergono: l’arancione segue un percorso più interno, ritornando a coincidere con l’Aurelia all’altezza del km 115 per proseguire fino ad Ansedonia e poi a Civitavecchia; il blu invece si innesta sull’Aurelia subito dopo Orbetello Scalo.

“La soluzione da noi preferita – spiega il presidente della Regione, Enrico Rossi – ovvero quella definita in affiancamento alla ferrovia con varianti a protezione dei centri abitati, pur avvicinandosi alla costa, lo fa ad una distanza tale da non creare impatti negativi sul sistema costiero e si colloca in corridoio dove sono già presenti infrastutture. Il percorso blu è dunque quello che crea minore impatto sull’ambiente. Noi lo preferiamo, a condizione che nella fase di progettazione sia posta la dovuta attenzione agli aspetti idraulici, individuando soluzioni che tengano conto di ciò che accaduto nel corso delle alluvioni dello scorso anno. Ribadisco ciò che ho sempre sostenuto: la Tirrenica va fatta e va fatta bene. La decisione di oggi costituisce un altro passo in questa direzione”.

La Provincia di Grosseto e il Comune di Orbetello finora si sono espressi in favore del percorso arancione, mentre il Comune di Capalbio appare favorevole alla soluzione blu, pur non avendo espresso alcun parere ufficiale in merito a questa ipotesi poiché il tracciato è posto interamente all’interno dei confini del Comune di Orbetello.

Il provvedimento è stato illustrato alla Giunta dal presidente Enrico Rossi, che ha sottolineato come nessun intervento può essere ritenuto perfetto, ma che una decisione va presa con senso di responsabilità, pur consapevoli che “le strade non risolvono i problemi del mondo, ma che sulla scarsa capacità di produrre ricchezza da parte della costa ha inciso la mancanza di infrastrutture” e poi che “ la tutela del paesaggio non è messa in discussione da un’autostrada, ma che all’ambiente fanno peggio certe politiche urbanistiche e gli ecomostri”.

L’assessore al welfare, Salvatore Allocca, ha chiesto di non partecipare al voto, consentendo però che venga assunta una decisione. Alla sua richiesta si è aggiunta quella dell’assessore all’ambiente, Anna Rita Bramerini, anch’essa grossetana, che si è associata a quanto detto dal suo collega. L’assessore alla pianificazione del territorio, Anna Marson è intervenuta per ricordare che nella delibera gli uffici regionali hanno inserito precise indicazioni su come passare dal tracciato al progetto, migliorandolo.

Al termine degli interventi la delibera della Giunta regionale è stata approvata all’unanimità e sarà inviata al Ministero delle infrastrutture, al quale il presidente Enrico Rossi ha chiesto di convocare un incontro con tutti gli enti interessati per scegliere il tracciato definitivo sul quale chiedere alla Sat, la Società autostrada tirrenica, e al Commissario straordinario del Governo per la costruzione della Tirrenica, Antonio Bargone, che della società è anche il presidente, di redigere il progetto definitivo, ai fini del successivo studio di impatto ambientale e della localizzazione del tracciato.

Scritto da Tiziano Carradori martedì 9 aprile 2013 alle 15:32.

Tratto dal sito della Regione Toscana

Cicerone

Terra bene comune

Manifesto per l’assemblea che si terrà a Firenze sabato 27 aprile, presso la Facoltà di Agraria alle Cascine.

NO alla vendita delle terre pubbliche, SÌ alla custodia dei beni comuni

L’Art.66 del decreto Salva Italia prevede la vendita delle terre agricole pubbliche. Permettere questo significa impedire alle comunità locali di decidere territorialmente come gestirle, consegnare una risorsa vitale agli speculatori, accettare che l’interesse privato sia messo al di sopra del bene comune

Noi ci opponiamo a tutto ciò, spinti da 3 bisogni forti:

1 – SOVRANITÀ ALIMENTARE

È necessario ritrovare il senso di un’economia reale che metta in relazione in modo concreto le comunità locali e soprattutto urbane con il proprio territorio agricolo naturale e tradizionale. Un’economia fatta di relazioni creative e percorsi condivisi tra i produttori di cibo (contadini) e i co-produttori (cittadini) al cui centro stiano con pari dignità il rispetto e la custodia dell’ambiente e la giustizia sociale.

2 – ACCESSO ALLA TERRA e ai saperi contadini

Rivendichiamo il diritto di ogni individuo di poter trarre almeno una parte del proprio fabbisogno alimentare dal lavoro della terra e quindi il diritto di poter accedere alla terra a prescindere dalle proprie possibilità economiche.

Incoraggiamo e sosteniamo tutti i luoghi e le occasioni di scambio gratuito delle conoscenze tra vecchi e nuovi contadini, affinché pratiche agricole tradizionali e buone nuove pratiche si incontrino per arricchirsi a vicenda.

3 – NO ALLA VENDITA DEI TERRENI AGRICOLI PUBBLICI E DEGLI USI CIVICI

Partendo da quello che già appartiene alla collettività, vogliamo dare vita ad esperienze nuove e vitali di agricoltura rurale svincolate dal concetto di proprietà. Sono proprio i terreni pubblici quelli più “fertili” per far nascere un’economia alimentare sana e condivisa dalle comunità locali. Per fare questo è fondamentale che i terreni agricoli pubblici diventino BENI COMUNI soggetti ad uso civico, inalienabili e gestiti dalle comunità locali.

I beni demaniali rurali – e particolarmente quelli abbandonati ed incolti – sono risorse importanti con cui, senza alcun costo, le amministrazioni pubbliche hanno la possibilità di affidare spazi ed occasioni di vita, di lavoro, di progettualità a persone – e segnatamente a giovani – che intendono sperimentare modelli diversi di vita e di economia, potenzialmente utili a tutta la società e con ciò ricercare alternative praticabili e sostenibili ad un modello socioeconomico manifestamente in crisi.

Che cosa proponiamo

• una gestione sostenibile dei terreni e dei beni agricoli di proprietà pubblica, con i quali promuovere “progetti di neo-ruralità”, attraverso concessioni di lunga durata (min. 20 anni);

• la diffusione di un’agricoltura contadina, locale, naturale e di sussistenza; perché è l’unica in grado di assicurare alla comunità prodotti sani e genuini a prezzi accessibili, nel pieno rispetto dell’ambiente e del territorio;

• percorsi decisionali partecipati, che sappiano coinvolgere nella progettazione la comunità locale e le realtà contadine di nuovo insediamento;

• la nascita di piccole e diffuse realtà, volte al soddisfacimento delle esigenze della rete dei contadini locali, attraverso progetti concreti, come ad esempio la costruzione di piccoli vivai per la produzione di piantine da orto di varietà locali, usando metodi naturali e a risparmio energetico;

• una collaborazione con tutte le persone che si riconoscono nei principi di questo manifesto e sono disposte a lavorare per la sua attuazione.

Che cosa richiediamo

• Il riconoscimento del diritto ad abitare la terra da parte di chi pratica l’agricoltura contadina. Oggi le leggi impediscono di fatto la riconquista delle terre abbandonate o incolte da parte di soggetti diversi dalle medie-grandi aziende agricole tradizionali, sole titolari del diritto di edificare annessi o abitazioni rurali.

Chiediamo di poter auto-costruire con materiali naturali (come legno e paglia), fabbricati rurali a bassissimo impatto ambientale, totalmente degradabili e vincolati senza limiti di tempo all’attività agricola.

La Carta di Tunisi – La Charte de Tunis

Adottata al Forum Sociale Mondiale di Tunisi il 29 marzo 2013. Forum contro le grandi opere inutili e imposte.

Noi, cittadine e cittadini, associazioni e movimenti che lottano contro le Grandi Opere Inutili e Imposte

Constatiamo che:

– questi progetti costituiscono per i territori interessati un disastro ecologico, socio-economico e umano, la distruzione di aree naturali e terreni agricoli, di beni artistici e culturali, generano nocività e degradazione, inquinamento ambientale con gravi conseguenze negative per gli abitanti,

– questi progetti escludono la partecipazione effettiva delle popolazioni dal processo decisionale e le privano dell’accesso ai mezzi di comunicazione,

– di fronte ai gravi conflitti sociali che questi progetti generano, i governi e le amministrazioni operano nell’opacità e trattano con disprezzo le proposte dei cittadini,

– la giustificazione ufficiale per la realizzazione di queste nuove infrastrutture si basa sempre su false valutazioni di costi/benefici e di creazione di posti di lavoro,

– la priorità data alle grandi infrastrutture è a scapito delle esigenze locali,

– questi progetti aumentano la concorrenza tra i territori e si indirizzano verso il sempre “più grande, più veloce, più costoso, più centralizzato”,

– il sistema economico liberale che domina il mondo è in crisi profonda, i Grandi Progetti Inutili e Imposti sono strumenti che garantiscono profitti esorbitanti ai grandi gruppi industriali e finanziari, civili e militari, ormai non più in grado di ottenere tassi di profitto elevati nel mercato globale saturo,

– la realizzazione di questi progetti inutili è sempre a carico del bilancio pubblico, produce un enorme debito e non genera la ripresa economica, concentra la ricchezza e impoverisce la società,

– i grandi progetti permettono al capitale predatore di aumentare il suo dominio sul pianeta, generando così danni irreversibili all’ambiente e alle popolazioni,

– gli stessi meccanismi che aumentano il debito dei Paesi più poveri dalla fine della colonizzazione diretta sono ora utilizzati anche nei paesi occidentali.

Contestiamo:

– la logica della concentrazione geografica e funzionale che non permette lo sviluppo locale equo e i meccanismi che minacciano la sopravvivenza delle piccole e medie imprese e del sistema economico locale,

– le infrastrutture sovradimensionate per la produzione di energia non rinnovabile, la costruzione di enormi dighe la cui tecnologia comporta forte inquinamento del suolo, dell’acqua, dell’aria, dei fondali marini e la scomparsa di interi territori che compromettono la sopravvivenza delle generazioni future,

– le modalità di finanziamento di tali progetti che generano enormi profitti garantiti dalla disponibilità di denaro pubblico assieme ad architetture giuridico-finanziarie scandalose, a favore di imprese le cui azioni di lobby influenzano le decisioni politiche fino ad ottenere misure eccezionali per aggirare tutti gli ostacoli giuridici

– il supporto a questi progetti da parte dei vari livelli delle strutture politiche, locali, nazionali, sovranazionali e dalle istituzioni finanziarie globali che si oppongono ai diritti, ai bisogni e alla volontà dei popoli,

– la militarizzazione dei territori e la criminalizzazione dell’opposizione.

 

Affermiamo che le soluzioni si possono trovare :

– nella manutenzione e nell’ottimizzazione delle infrastrutture esistenti che rappresentano quasi sempre l’alternativa più accettabile dal punto di vista ambientale e dei costi rispetto alla costruzione di nuove infrastrutture, che devono rispondere all’interesse pubblico e non al profitto,

– nella profonda trasformazione del modello sociale ed economico oggi in profonda crisi, dando la priorità alla prossimità e alla rilocalizzazione dell’economia, alla tutela dei terreni agricoli, alla sobrietà energetica e alla transizione verso le energie rinnovabili decentrate, nostre priorità,

– nell’attribuzione in ultima istanza del processo decisionale alle popolazioni direttamente interessate, fondamento della vera democrazia e dell’autonomia locale nei confronti di un modello di sviluppo imposto, anche attraverso adeguate proposte legislative,

– attraverso nuove relazioni di solidarietà tra i popoli del sud e del nord che rompano definitivamente con la logica del dominio e dell’imperialismo.

Affermiamo la nostra solidarietà alla lotta contro tutte le Grandi Opere Inutili e Imposte e il nostro desiderio comune di recuperare il nostro mondo.


(*) Questa dichiarazione è stata preparata da associazioni e movimenti che lottano contro la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali (di trasporto di persone o di merci, energetici, turistici, urbanistici e militari) riuniti oggi al FSM di Tunisi per unire le loro forze e per alzare la voce, essendo i problemi gli stessi in tutto il mondo.