crollo-domus-pompei

L’Italia non è tutta Pompei.

E sulla cultura c’è molto da fare.

di Vittorio Emiliani.

Il ministro Bray eredita un macchinone scassato. Non c’è solo il problema del patrimonio artistico. Anche teatro e cinema sono al collasso.

C’è chi vorrebbe affidare ai privati la gestione. Ma sarebbe come mettere la volpe nel pollaio.

Il neo-ministro Massimo Bray dunque gestirà Beni e Attività culturali e Turismo. Abbia cura di non subordinare i primi al secondo: centri storici, musei, siti archeologici, chiese, il paesaggio in generale sono il motivo di attrazione per milioni di stranieri che praticano il “turismo culturale”. Se però questi beni irriproducibili li lasciamo distruggere, sfregiare, imbruttire, involgarire, anche l’indotto turistico ne risente pesantemente. Nel monitoraggio delle grandi agenzie siamo ancora al 1°-2° posto per le città d’arte, ma siamo stati retrocessi per la natura e per le spiagge.

On. Bray, il macchinone che lei – proveniente da un luogo di cultura come l’Enciclopedia Treccani – dovrà guidare con le Regioni è stato scassato da chi l’ha preceduta, soprattutto Bondi, Galan e Ornaghi, lasciato quasi senza olio e benzina, con le gomme consunte. In compenso ha a bordo una autentica folla di direttori generali (ben 25, più il Segretario generale), mentre i soprintendenti e gli ispettori che fanno la vera tutela, che gestiscono musei e aree archeologiche sono stati indeboliti, guadagnano infinitamente di meno e…restano a piedi. Capaci e meritevoli. Se un direttore generale percepisce 166.688 euro lordi l’anno, il soprintendente territoriale ne riceve 78.999 e il responsabile di un grande museo appena 35.000. Non so quanto tempo lei avrà davanti a sé, ma questi squilibri strutturali sono strategici. E’ la rete territoriale che conta, che va rafforzata.

Poi c’è l’impoverimento quantitativo/qualitativo del personale tecnico-scientifico statale: archeologi statali ridotti a 343 a fronte di oltre 2000 siti e musei archeologici (di cui oltre 700 statali), architetti a 487 per una montagna di pratiche di vincolo, di autorizzazioni urbanistiche ed edilizie, di condoni, ecc. per cui ne dovrebbero sbrigare 4-5 al giorno (addirittura 79 a Milano), storici dell’arte a 453 per oltre 460 musei statali, più la vigilanza su una marea di chiese, palazzi, ville, ecc. Pagati poco più dei custodi.

C’è chi vuole immettere i privati nelle gestioni pubbliche. Non gli dia retta. “E’ come mettere la volpe nel pollaio”, mi ha detto il direttore di un grande museo americano. Coi privati vanno invece attivati rapporti più chiari ed efficaci. Anzitutto con le Fondazioni bancarie, le uniche in soldi e che spesso li disperdono in tanti rivoli oppure nel “mostrificio”. Un discorso serio va fatto a loro, ai privati proprietari di dimore, ville e giardini storici (rilegga la benemerita legge Scotti, la n. 510/82 che tanti investimenti mobilitò) e agli aspiranti sponsor e/o mecenati. Norme chiare, incentivi e ritorni certi. Faccia studiare perché si formano i residui passivi, perché si inceppano gli appalti, se e come si usano i fondi UE.

Certo devono anche essere recuperati soldi al MiBAC, precipitato dallo 0,39 % del bilancio statale (2000) allo 0,20 % di quest’anno. Un suicidio per la cultura. Lo spettacolo dal vivo sta deperendo sempre più. La prosa, che produceva quasi 81.000 spettacoli (14,3 milioni di paganti), taglia allestimenti, repliche, tournée, i Comuni, proprietari dei teatri e promotori dei circuiti con le Regioni, non possono pagare. Il cinema boccheggia da anni ed è sempre meno presente al botteghino. Le Fondazioni musicali versano pure in angosciose difficoltà, a cominciare dal Maggio Musicale. Il balletto rischia addirittura di scomparire.

Nei teatri pubblici però vi sono vecchi e oggi inammissibili privilegi corporativi, accordi integrativi insostenibili (l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, una delle prime d’Italia, costa un 25% in meno delle orchestre degli ex Enti lirici). Inoltre la quota di burocrazia rispetto ai tecnici di scena e alle masse artistiche è, sovente, esorbitante, frutto di lontane clientele. Tutto questo, nel bene e nel male, va gestito dal MiBAC e dal Turismo insieme alle Regioni, co-pianificando (dove sono finiti i piani paesaggistici?) e co-riformando. Altrimenti, anche con più fondi, non c’è futuro. Le sbatteranno in faccia Pompei. Ma non tutta Italia è Pompei. Se ad Ostia Antica, paragonabile ad essa per vastità (anche se meno fragile), certe cose non succedono, una ragione ci sarà.

Unità, 29 aprile 2013

 

Lupo-cattivo

attenti ai Lupi!

Lupo-cattivoOtto anni dopo, si ritorna a un territorio da Lupi?

Ebbene, ora che abbiamo un nuovo ministro delle infrastrutture nella persona di Maurizio Lupi, andiamo a rileggere La controriforma urbanistica, Alinea editrice, Firenze 2005. Fra gli altri, troviamo i contributi di Vezio De Lucia, Alberto Magnaghi, Anna Marson: di quest’ultimo proponiamo un estratto (Un territorio da lupi). Il disegno di legge Principi in materia di governo del territorio andava sotto il nome di Legge Lupi, dal nome del suo presentatore principale, che aveva già operato in Lombardia come assessore al Comune di Milano ed era responsabile nazionale di Forza Italia per il settore ambiente e territorio.controrif_lupi2

Questa era la sintesi del dibattito sul libro svolto al Politecnico di Torino il 20 gennaio 2005, nelle parole di Edoardo Salzano:

L’ideologia della Legge Lupi 

Per concludere, vorrei cercare allora di riassumere gli elementi fondamentali dell’ideologia e della strategia espresse dalla legge Lupi. Elementi di fronte ai quali ci troveremo ancora, nei prossimi mesi e anni. 

Si sostituiscono gli “atti autoritativi”, e cioè la normale attività pubblica di pianificazione, con gli “atti negoziali con i soggetti interessati”. Un diritto collettivo viene dunque sostituito con la sommatoria di interessi particolari: prevalenti, quelli immobiliari. 

Si sopprime l’obbligo di riservare determinate quantità di aree alle esigenze di verde, servizi collettivi e spazi di vita comuni per i cittadini. Gli “standard urbanistici” sono sostituiti dalla raccomandazione di “garantire comunque un livello minimo” di attrezzature e servizi, “anche con il concorso di soggetti privati”. 

Si esclude la tutela del paesaggio e dei beni culturali dagli impegni della pianificazione ordinaria delle città e del territorio, contraddicendo una linea di pensiero che, da oltre mezzo secolo, aveva tentato di integrare con la pianificazione i diversi aspetti e interessi sul territorio in una visione pubblica unitaria. 

Una legge che rende permanenti le regole della distruzione del paese, avviate con i condoni. Una legge che rende evanescenti i diritti sociali della città, conquistati al prezzo di dure lotte. Una legge che rende dominanti su tutti gli interessi della rendita immobiliare.

Il disegno di legge, come è noto, non riuscì a passare al Senato  prima della fine della legislatura: i senatori di Alleanza Nazionale furono abilmente convinti che la nuova legge avrebbe affossato la gloriosa Legge Urbanistica del 1942…

Figuriamoci se il nuovo ministro non avrà in mente di ripresentarla: il territorio è la pattumiera della politica?

 

Rassegna Stampa

11 – 20 aprile 2013

Autostrada Tirrenica: quando anche i giornali alimentano la confusione

Quasi inesistente la copertura mediatica dell’incontro della Rete con la Giunta Regionale

Le battaglie dei comitatiPontassieve_Manif_PONTE

 SEGNALAZIONI

 

verso rifiuti zero

Pontassieve

Comunicato Stampa Rete Ambiente Valdisieve-Italia Nostra.

13 aprile 2013

La manifestazione di oggi, ultima iniziativa di un percorso iniziato nel 2005, dalle prime iniziative del Comitato Valdisieve e delle Associazioni Valdisieve e Vivere in Valdisieve, alle quali si è schierata anche Italia Nostra, mostra e rimarca nuovamente quanto è avverso il progetto del nuovo inceneritore dagli abitanti della Valdisieve.

L’Incenerimento rimane una pratica obsoleta, costosa, dannosa per la salute e l’ambiente e che reprime le grandi potenzialità economiche ed occupazionali della gestione virtuosa dei rifiuti, infatti denominati, MATERIE PRIME SECONDE.

Per questo la Rete Ambientale della Valdisieve CHIEDE:

1) IL BLOCCO IMMEDIATO DEL PIR (Piano Interprovinciale dei Rifiuti) e conseguentemente di tutti gli impianti di incenerimento previsti, a partire da quello di Rufina, localizzato, tra l’altro, in zona di pregio ambientale paesaggistico e in area golenale del fiume Sieve, ad alto rischio esondazione.

L’inceneritore è stato attivo dal 1978 al 2010 ma le sue tragiche conseguenze sulla salute degli abitanti della Valdisieve non sono mai state valutate, da una seria indagine medico scientifica.

2) ADESIONE DI TUTTI I COMUNI DELLA VALDISIEVE AL PROGETTO RIFIUTI ZERO. Adesione già data da tanti comuni Toscani, dall’apripista Capannori, sino all’ultima di Greve in Chianti.

3) ADESIONE DI TUTTI I COMUNI DELLA VALDISIEVE A ALTER-PIANO.

Progetto e proposta che confermano l’attività propositiva e innovatrice dei COMITATI sorti spontaneamente tra gli abitanti delle nostre terre.

4) TRASFORMARE A.E.R. in una vera e moderna società PUBBLICA di servizi ai cittadini e di gestione rifiuti, attraverso un sano e trasparente USO delle risorse pubbliche, direttamente controllata dai cittadini, che DEVONO avere FACOLTA’ DECISIONALE.

A FRONTE DI CIO’ SI PROPONE UNA COMMISIONE PUBBLICA DI CONTROLLO, le cui modalità, caratteristiche e competenze dovranno essere definite in seguito.

AER NON DEVE ESSERE PIU’ RICOVERO PER EX AMMINISTRATORI LOCALI E SPRECO DI RISORSE PUBBLICHE MA FONTE VIRTUOSA DI OCCUPAZIONE STABILE E TUTELATA.

L’ultimo invito per tutti gli abitanti della valdisieve a contribuire direttamente a questa battaglia ambientale, culturale, economica, di tutela della salute di tutti, e per l’occupazione.

INSIEME SI PUÒ VINCERE!!!!

LA RETE AMBIENTALE VALDISIEVE – ITALIA NOSTRA