15 – 21 febbraio 2011

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La Maremma si divide sul nuovo progetto per la Tirrenica
Il Parco della Piana e le polemiche sulle piste alternative per l’Aeroporto
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Presentato il tracciato definitivo dell’Autostrada Tirrenica
Fotovoltaico su terreni agricoli: allarme per i progetti al via
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Convegno sull’Amiata e geotermia

Le Istituzioni non c’erano Le riflessioni di Alberto Asor Rosa pubblicate anche dal Corriere della Sera del 11 febbraio 2011
Il 5 febbraio U.s. si è svolto ad Abbadia S.Salvatore un appassionante e partecipato CONVEGNO sul tema: “L’ Amiata e la geotermia”. Ho avuto il privilegio di concluderlo, sintetizzando al massimo la ricca discussione in questo modo: oltre a problemi ambientali e paesistici più generali (che in una visione più ampia andrebbero anch’ essi affrontati), lo sfruttamento geotermico dell’ area dell’ Amiata sembra porre due problemi assai gravi:

1) L’abbassamento del livello,e possibile e relativo inquinamento, del bacino idrico di cui l’Amiata è prezioso depositario;
2) la pericolosità delle emissioni per la salute dei cittadini della zona.

Sul primo punto non appaiono esserci ragionevoli dubbi: gli stessi tecnici regionali, presenti al Convegno, lo hanno ammesso molto onestamente e illustrato. Qualche differenza di valutazione si manifesta invece a proposito della portata di tale abbassamento: attribuibile in ogni caso all’uso di tale riserva da parte delle centrali geotermiche.
Sul secondo punto il contrasto invece è aperto. Il Presidente Rossi, come sempre cortese e disponibile, ha dichiarato, intervenendo, che “i 43.000 abitanti di queste aree (vi comprende anche la zona geotermica a nord) hanno un livello di salute in linea con la Toscana, che ha un livello di salute tra i migliori del mondo (“la Repubblica”, 6 febbraio). Non pare che tale affermazione sia fondata, almeno per la parte che riguarda l’Amiata. I tecnici della Regione, che io ho ascoltato al Convegno, hanno parlato anche loro di un eccesso di morti “statisticamente significativo” nella zona in questione rispetto al resto al resto della Toscana; e i medici di base,presenti in gran numero, hanno avuto al proposito accenti molto preoccupati. I medici dell’ARS, tuttavia, sostengono che la geotermia non c’entra per niente; e per spiegare il fenomeno, chiamano in causa una categoria che si definisce “stili di vita” pregressi delle medesimi popolazioni categoria che io, da ignorante, avrei definito più letteraria che scientifica.
Come che sia (se potessi insisterei molto su questo “come che sia”), il mio ragionamento, che è anche lo stesso che ho ascoltato dalla grande maggioranza degli intervenuti al Convegno, spesso di alto livello scientifico, è il seguente: non bastano dei ragionevoli dubbi (e ce ne sono a iosa) sull’uno come sull’altro punto, – insomma, sull’insieme dell’emergenza in questione, – per mettere in discussione una strategia economica fondata, come del resto è ovvio, sul raggiungimento del massimo profitto e per ridurre progressivamente lo sfruttamento geotermia invece di prevederne, come sta accadendo, il suo allargamento? Questa è la domanda che rivolgiamo agli amministratori toscani. Lo avremmo fatto anche ad Abbadia se qualcuno di loro si fosse fatto vivo a discutere con gli scienziati e i cittadini presenti. Nella mia esperienza questa latitanza si ripete in maniera sistematica in tutte le preziose occasioni di dibattito e di confronto che i Comitati mettono in piedi. In compenso, il giorno dopo, dai bureaux del potere, roventi comunicati di scomunica e di riprovazione, del resto in sintonia con i contemporanei e trionfanti comunicati ENEL. Non è l’ ennesima riprova che, anche laddove sarebbe più lecito aspettarsi il contrario, politica e società, politici e popolo marciano ormai su due binari paralleli e incomunicabili?
A.A.R.
Versione integrale

Consumo di suolo, una legge per fermarlo



TERRITORI          Manifesto 6 gennaio 2011-02-06
CONSUMO DI SUOLO, UNA LEGGE PER FERMARLO
di Piero Bevilacqua

Ci sono almeno due buone ragioni per sostenere la proposta di Carlo Petrini (Repubblica del 18/1/2011) in consonanza con quanto già scriveva Paolo Berdini (il manifesto 21/11/2010) nella quale il presidente di Slow Food invoca una moratoria generale nel consumo di suolo in Italia. La prima di questa riguarda la natura del fenomeno. La distruzione del territorio, la cementificazione del suolo agricolo è pressoché irreversibile. Una volta ricoperto di asfalto o di manufatti quel territorio sarà perduto all’agricoltura e all’ambiente chissà per quante generazioni. La partita che si gioca sul territorio ha un’ampiezza temporale che trascende la nostra vita. Petrini spiega bene le ragioni profonde di questa difesa. Il manifesto del 28/11/2010 ha dedicato ampio spazio al tema, del «nuovo ambientalismo» introdotto da Asor Rosa e Viale. Ma occorre ritornare sull’argomento.

Ciò che occorre dire con chiarezza, sul piano strettamente economico, è che una tendenza inarrestabile dall’industria manifatturiera è quella di produrre merci con sempre meno valore. L’aumento crescente della produttività, l’entrata in scena sul mercato mondiale dell’industria cinese e asiatiche, del Brasile, fra poco dell’India, stanno già producendo la riduzione del fenomeno della scarsità che dà valore alle merci. I capi di abbigliamento che si trovano sulle bancarelle anche a pochi euro testimoniano di questa realtà già in atto. Il destino della produzione manifatturiera sarà quello di inseguire una novità, un’unicità di prodotto nel mare delle merci standardizzate con sempre meno valore.
Per questa ragione, in Italia, dovremmo guardare al nostro territorio come a un patrimonio destinato a vedere crescere esponenzialmente il suo valore, che nella nostra epoca tenderà sempre più a rifugiarsi nei servizi e nei beni industrialmente non riproducibili. Il pregio del territorio da noi è già elevato, in certi casi è unico per ragioni naturali, storiche ed estetiche, ma diventerà ben presto inestimabile per via della domanda mondiale che ne farà richiesta. Milioni di nuovi ricchi, russi, cinesi, brasiliani, ecc. vorranno ben presto possedere una villa sulle Langhe, in Val d’Orcia, nelle Cinque terre, sul Lago di Como, vicino ai templi di Paestum o di Agrigento, per passarvi una settimana l’anno o per godersi una dorata vecchiaia. Ma verranno anche per poter godere dei nostri formaggi, del sapore della nostra frutta, per l’eccellenza dei nostri vini, per la varietà delle nostre cucine locali. Ci chiederanno tutto ciò che è frutto del nostro suolo agricolo, quello che noi continuiamo a distruggere per alimentare lo sviluppo. È evidente, dunque, che abbiamo di fronte una grave minaccia, ma anche una grande opportunità. Il nostro suolo diventa sempre più prezioso e occorre pensare a forme collettive di accoglienza per chi ne fa domanda.minaccia, ma anche una grande opportunità. Il nostro suolo diventa sempre più prezioso e occorre pensare a forme collettive di accoglienza per chi ne fa domanda.minaccia, ma anche una grande opportunità. Il nostro suolo diventa sempre più prezioso e occorre pensare a forme collettive di accoglienza per chi ne fa domanda.minaccia, ma anche una grande opportunità. Il nostro suolo diventa sempre più prezioso e occorre pensare a forme collettive di accoglienza per chi ne fa domanda.
Ma dobbiamo trovare forme concertate di decisione democratica del suo uso – non solo a livello locale – per rispondere a una così vasta ed elevata pressione.
La seconda ragione per sostenere la proposta di Petrini riguarda la modalità del fare oggi politica. Occorrerà ritornarci, ma intanto chiediamoci: che cosa possono fare le tante organizzazioni attive oggi nei territori del nostro Paese, spesso protagoniste di esperienze di vera democrazia partecipata a livello comunale? Come superare la drammatica separatezza tra la straordinaria, benché frantumata e dispersa, conflittualità sociale e la sua rappresentazione e voce nel cuore dello Stato? Occorre allora pensare a strumenti sempre più mirati di pratica politica, in cui dalla società si entra direttamente nelle istituzioni, mirando a trasformare i bisogni popolari e le ragioni delle lotte in leggi generali. Aggiungere alla vasta e sinistra sociale disseminata nei territori, o divisa in varie istituzioni, la capacità di percorrere il tratto finale del conflitto politico: ossia la capacità di imporre scelte di governo.

La mobilitazione per l’acqua pubblica, ad esempio, va in tale direzione. Bisogna rammentare che la nostra Costituzione prevede la legge di iniziativa popolare: uno strumento che gli esperti dovrebbero aiutarci a utilizzare anche per la salvezza del nostro territorio, bene comune per eccellenza. È vero che a valle si troverà poi la strozzatura di un Parlamento indifferente o apertamente ostile. Ma non bisogna dimenticare che le lotte così finalizzate hanno il merito di unificare le forze, di radunare conflitti e speranze sotto un orizzonte comune. E al tempo stesso schiudono tra le masse popolari e il ceto politico di governo divaricazioni sempre più nette e alla lunga insostenibili.